Machine Vision: operazione software unificato! Come si sta orientando la filiera?

di Marco de' Francesco ♦︎ Il mercato mondiale è in costante crescita e nel 2027 raggiungerà i 74,9 miliardi di dollari (Allied Market Research). La sfida: realizzare un unico software di visione artificiale, che governi smart camera, 3d e machine learning. I vantaggi: costi inferiori di licenza, addestramento e manutenzione; tempi di sviluppo più brevi. La rete di Anie Automazione e il supporto di Smact nel Triveneto. Tra i fornitori di componenti e sistemi: Zebra Technologies, Images, Sick, Visionlink. Se n’è parlato all’Italian Machine Vision Forum, promosso da Anie Automazione e organizzato da Messe Frankfurt Italia

Sensori intelligenti Sick

Utilizzare un software unificato per tutte le applicazioni industriali di Machine Vision. È un obiettivo primario per le aziende manifatturiere: i dispositivi di visione sono componenti essenziali dei sistemi di automazione evoluti. Nessun altro elemento della linea di produzione cattura più informazioni o è più prezioso nella valutazione dei prodotti e nella ricerca dei difetti, nella raccolta di dati per dirigere le operazioni e ottimizzare la produttività dei robot e di altre attrezzature. Il problema è che nel tempo si sono sovrapposti molteplici layer di software: ad esempio, quello tipico della smart camera, quello per il 3D e quello per il machine learning. A causa di questa diversificazione, le aziende attualmente sono costrette a sostenere alti costi di licenza e di addestramento, tempi di sviluppo più lunghi e forti spese di manutenzione e supporto. Ma la strada che porta alla realizzazione del modello unificato è già intrapresa: le software house ci stanno già lavorando.

È probabile che la realizzazione di un modello unificato comporti la definizione di nuovi standard: l’adozione di questi ultimi, però, non è mai immediata a livello globale. Tuttavia, il mercato mondiale del Machine Vision è in costante crescita e nel 2027 raggiungerà – secondo una analisi di Allied Market Research – i 74,9 miliardi di dollari. Sarà questa potente leva a spingere verso il modello unificato?







Se ne è parlato all’Italian Machine Vision Forum, l’evento promosso da Anie Automazione e organizzato da Messe Frankfurt Italia alla Fiera di Padova il 18 novembre. Un’occasione di confronto tra gli attori della filiera della Visione Artificiale: i fornitori di componenti e sistemi (Zebra TechnologiesImagesSickVisionlink e altre) hanno incontrato i costruttori di macchine (OmronBeckhoff e altre) e gli utilizzatori finali per presentare le più innovative soluzioni tecnologiche disponibili sul mercato e gli sviluppi tecnologici futuri che interesseranno l’industria e i servizi. I lavori sono stati introdotti da Donald Wich, Amministratore Delegato Messe Frankfurt Italia, e da Antonio Santocono, presidente della Camera di Commercio di Padova (che detiene il 49,2% di Padova Hall, che gestisce la Fiera).   

 

L’hardware: lo stato dell’arte

Telecamera Sick

Le tecnologie 3D, oggetto di una innovazione continua e sostenuta, impattano sempre di più sui processi automatizzati, perché consentono controlli precisi e in tempo reali sulla produzione. Una rapida carrellata delle tecniche 3D attualmente più utilizzate. Anzitutto, il Tempo di Volo – che misura il tempo necessario perché la luce emessa dal dispositivo sia riflessa dall’oggetto inquadrato e ritorni al sensore per ogni punto dell’immagine. «I vantaggi sono l’ampio raggio, la facile implementazione e i bassi costi» – afferma Mattia Alberto Salomao, technical manager di Visionlink. Lo svantaggio è la precisione attorno al millimetro, un grado assai insufficiente in certi settori della meccanica.

In secondo luogo, il profilometro laser (laser scanner). Funziona con un fascio laser perpendicolare alla superficie e con una telecamera angolata rispetto ad esso. Si rilevano immediatamente i punti x e z; per il terzo occorre una movimentazione.  Pertanto, sono stati inventati profilometri a 2 telecamere: eliminano le carenze nella scansione. «La visione simultanea della linea laser dai due sensori ottici opposti riduce le zone d’ombra, frequenti in giunture critiche di superfici» – afferma Salomao.  I dati vengono fusi in un’unica immagine 3D molto fedele alla realtà. Infatti, tra i vantaggi del modello c’è la precisione inferiore ai 10 nanometri e la velocità di acquisizione; tra gli svantaggi, la citata movimentazione e il campo inquadrato limitato. 

In terzo luogo, la stereoscopia, basata sul principio della triangolazione. Occorrono due telecamere con angolazioni diverse, che rilevano i punti x, y, e z. non è necessaria la movimentazione. Tra i vantaggi, l’ampio campo inquadrato e il basso costo; tra gli svantaggi, la scarsa precisione, l’implementazione complessa e l’attenta calibrazione.

In quarto luogo, la luce strutturata. È una tecnica di rilevamento tridimensionale che fa uso tipicamente di raggi laser, lenti a corta focale e telecamere da ripresa: consiste nel proiettare un pattern noto (spesso righe orizzontali o verticali) su una scena. Il modo in cui l’immagine proiettata si deforma investendo un oggetto permette ai sistemi di visione di calcolare la profondità degli oggetti colpiti ed ottenere altre informazioni sulla superficie. Non necessita di movimentazione. Nella versione “con scansione” la lama laser crea diversi profili e permette la rilevazione di grandi superfici e di oggetti in movimento.  Tra i vantaggi, l’ampio campo inquadrato; tra gli svantaggi, la complessa implementazione e la necessaria calibrazione.

Crescita del machine vision

Obiettivo: l’unità di tutti i software di visione artificiale

1)      L’evoluzione dei sistemi di visione e la creazione dei layer di software dedicati

Mobile Computer TC52ax di Zebra

La storia dei sistemi di visione nasce nel 1960, quando Larry Roberts, studente del prestigioso Massachusetts Institute of Technology (Mit) scrive una tesi di dottorato che ha per oggetto la possibilità di estrapolare informazioni geometriche 3D a partire da acquisizioni 2D. Si lavora su oggetti semplici. Nei primi anni Sessanta, vengono rilasciati i primi brevetti su sensori in grado di raccogliere le immagini, il Cmos e il Ccd. Nel decennio successivo il Mit apre un corso dedicato alla Machine Vision. «I ricercatori iniziano a lavorare su oggetti del mondo reale e a risolvere task semplici» – afferma Luca Gallo, Matrox Imaging Business Development manager Italy and Eastern Europe Zebra Technologies. Nascono i primi istituti dedicati allo studio dell’image processing, come l’Usc (University of Southern California) Signal and Image Processing Institute – quest’ultimo grazie all’opera degli scienziati William K. Pratt e Harry C. Andrews. Così, negli anni Ottanta la ricerca di settore cresce in maniera esponenziale. Si sviluppano i primi sistemi di Optical Character Recognition (Ocr, programmi dedicati al rilevamento dei caratteri contenuti in un documento e al loro trasferimento in testo digitale leggibile da una macchina). Negli anni Novanta il Machine Vision si fa più strutturato. È costituito del desktop pc, da un frame grabber analogico, e cioè da un dispositivo hardware che converte un frame video in un’immagine bitmap. Lo strumento per raccogliere il frame è una telecamera Pal/Ntsc. Si crea un primo livello di software per l’elaborazione: librerie C/C++ e quindi con codice testuale. «Solo gli informatici sono in grado di utilizzarlo» – afferma Gallo.

Negli anni Duemila al desktop Pc si associa la smart camera digitale con sensori di visione. In pratica, si dà vita ad un sistema di visione compatto che integra entro un unico contenitore una telecamera ed un sistema di digitalizzazione ed elaborazione delle immagini, oltre a dispositivi accessori per l’interfacciamento col mondo esterno (porte di comunicazione, ingressi e uscite digitali, uscita video e altro). Sotto il profilo del software, si crea un altro strato. «Ora il Pc serve soltanto per la programmazione, dal momento che la camera dispone di processori dedicati» – commenta Gallo. Dal 2010 la Machine Vision è sempre più legata al 3D, e all’industria. tipicamente, si assiste all’associazione tra il Pc industriale (che ovviamente ha ben altre potenzialità rispetto a quelle del modello di casa) e i 3D scanner device. Tante le applicazioni: si pensi alla profilatura laser. Anche qui, si crea un layer di software dedicato al 3D vision environment. Infine, dal 2020 entrano in scena l’intelligenza artificiale, il machine learning e il deep learning. Sempre in un contesto industriale, ad esempio, con l’elaborazione delle immagini da parte dell’AI si possono evidenziare difetti assolutamente impercettibili ad occhio nudo. I sistemi di visione diventano il cavallo di battaglia del controllo di qualità. Anche qui, ovviamente, si crea uno strato di software nuovo, quello del deep learning e delle reti neurali.

Diversi layer di software

2)      L’obiettivo: un solo software

«La verità è che alla fine il responsabile della visione artificiale dell’azienda si trova ad utilizzare almeno quattro software diversi. Non va bene. Oggi ci sono le competenze per unificare i software: questa è la sfida che il settore sta affrontando» – afferma Gallo. L’idea è quella di dar vita ad un solo software in grado di governare gli ambienti di sviluppo ad alto livello delle smart-camera, le misurazioni di quelle 3D, le attività del ML, la visione con camere multiple, i vecchi supporti frame grabber e le applicazioni di bin-picking. Quali sarebbero i vantaggi? Per Gallo, «almeno quattro: minori costi di licenza; minori spese per l’addestramento; tempi di sviluppo più brevi e costi di manutenzione e supporto inferiori». L’applicazione derivante potrebbe essere distribuita su qualsiasi hardware: Pc con camere 2D e3D, sistemi di visione e smart camere industriali.

Un solo software

La crescita del machine vision è continua

Anne Wendel, di Vdma Machine Vision

Si è già accennato alle attese sul valore del mercato globale del Machine Vision. Del resto, in Europa solo il Covid ha fermato, per un anno, l’avanzamento del comparto. Tra il 2015 e il 2017 è cresciuto a doppia cifra, come d’altra parte nel 2021 (+ 17%). Per l’anno in corso è previsto un rialzo dell’8%. «Il manufacturing rimane il maggiore settore di destinazione» – afferma Anne Wendel, di Vdma (associazione che rappresenta 3.550 aziende tedesche della meccanica) Machine Vision.  

 

Il machine vision sempre più nel mirino di Anie Automazione

Anie Federazione è una delle maggiori organizzazioni di categoria del sistema confindustriale per peso, dimensioni e rappresentatività: vi aderiscono 1.400 aziende del settore elettrotecnico ed elettronico. Il settore occupa 500mila addetti con un fatturato aggregato (a fine 2021) di 76 miliardi di euro. In questo contesto la citata Anie Automazione, con oltre 100 aziende associate, rappresenta in Italia il punto di riferimento per le imprese fornitrici di tecnologie per l’automazione di fabbrica, di processo e delle reti. Il fatturato aggregato e di 5,6 miliardi di euro. Anche Anie Automazione sta cambiando: ci si occupa sempre più di interconnessione e controllo, e quindi di 5G, wireless e networking industriale; e ancora di digitalizzazione dei processi e dei prodotti, e quindi di software, di telecontrollo e di telematica applicata a traffico e trasporti; e inoltre di automazione di processo e di meccatronica, e quindi anche di encoder e di safety. «I sistemi di visione sono sempre più collegati all’automazione e incrociano diversi campi di interesse delle nostre aziende associate» – afferma il segretario di Anie Automazione Marco Vecchio.  

Tecniche di visione 3D a confronto

In Triveneto lo sviluppo del machine vision è portato avanti dallo Smact

1)      Che cos’è lo Smact

Sensore fotoelettrico di Sick

I Competence Center sono poli di eccellenza nati su impulso del Mise per realizzare attività di orientamento, formazione e progetti innovativi d’aiuto alle imprese. Lo Smact è uno degli 8 Centri di Competenza industria 4.0 in Italia. È una partnership pubblico-privata che mette a sistema le competenze in ambito 4.0 della ricerca, dei provider di tecnologie e delle imprese early adopter. «In pratica, è una piattaforma, un ecosistema per la creazione e condivisione di valore nei processi di digital transformation delle imprese» – afferma Matteo Faggin, direttore generale di Smact. Nell’ecosistema sono coinvolte 11 università (Padova, Bolzano, Trento e altre), 19 end user (Carel, Danieli, Electrolux, Save e altri), 22 tech provider (Dassault Systèmes, Corvalis, Azzurro digitale, Schneider Electric, Tim e altri) e 8 realtà diverse, ad esempio banche e camere di commercio. L’ecosistema, con 25mila addetti e 11mila ricercatori, fattura 4 miliardi di euro.

Quanto al focus tecnologico e operativo, Smact è l’acronimo di SocialMobileAnalytics & Big DataCloudInternet of Things. Al centro, dunque, è la citata AIoT, l’artificial intelligence of things. «Si intende dimostrare le opportunità di Industry 4.0; formare i manager e gli operatori; gestire i progetti di innovazione; puntare sull’innovazione human-centered; e quindi su strategia, design, sociale e ambientale» – afferma Faggin. Ma che fanno le imprese con lo Smact? Il motto è: osserva, impara, fai. Quanto alla prima attività, ci sono diverse Live Demo, fabbriche scuola diffuse nei territori per vedere e toccare con mano il potenziale della digital transformation: a Bolzano (H2M manifatturiero: esoscheletri, guida laser e altro), Rovereto (machine 2 machine), Trieste (digital twin), Verona (la Fabbrica del Vino), Venezia e Padova (IL Farm 2 Fork, in tema food). Quanto alla seconda, «si fa una formazione, pratica ed esperienziale: l’azienda assume competenze tecnologiche, operative, strategiche, sui processi di digitalizzazione, mettendo a sistema imprese e ricerca» – afferma Faggin. L’offerta formativa è differenziata, e sono state già erogate 27mila ore-persona. Quanto alla terza e ultima, si tratta dei progetti di innovazione (ricerca industriale e sviluppo sperimentale). Ne sono stati avviati 30, anche grazie alle competenze dei ricercatori e delle aziende partner.

2)      Lo Smact e i sistemi di visione

«Lo Smact non interviene, quanto a computer vision, nella fase della ricerca pura, ma in quella del plateau industriale, e cioè per superare esigenze concrete delle aziende con applicazioni industriali. Si lavora bene, perché si creano dei team misti fra imprese e università, e ognuno porta le proprie competenze. Tra i progetti che abbiamo portato avanti, uno riguardava la sensor fusion, l’altro sfruttava l’associazione tra reti neurali e Fpga, che è un particolare dispositivo logico-programmabile» – afferma infine Andrea Albarelli, docente al dipartimento di scienze ambientali, informatica e statistica dell’Università Ca’ Foscari di Venezia.  














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