Luca Di Montezemolo attacca John Elkann e loda Giorgia Meloni: perché? Con quali progetti?

di Filippo Astone ♦︎ Ospite di Massimo Gramellini a “In altre parole” (La7) l’ex presidente di Confindustria e della Fiat attacca gli azionisti di minoranza di Stellantis, rei di aver ceduto un patrimonio industriale e di contribuire alla decadenza dell’Italia e Repubblica, che agirebbe sotto dettatura. Ed esprime il suo fortissimo appoggio per la presidente del Consiglio. Non è la prima volta. E forse nemmeno l’ultima

Perché Luca Cordero di Montezemolo sente il bisogno di andare in televisione per accusare la famiglia Agnelli-Elkann (alla quale deve tutte le sue fortune) e lodare la presidente del consiglio Giorgia Meloni? Dove vuole arrivare? Quali progetti bollono in pentola? Queste domande se le sono probabilmente fatte coloro che frequentano le cronache economiche e confindustriali e hanno assistito, o sentito dire, della performance dell’ex presidente di Fiat, Ferrari, Confindustria e tanto altro la scorsa domenica 28 gennaio alla trasmissione de La7 “In altre parole” condotta da Massimo Gramellini.

La sintesi del suo intervento è molto semplice: attaccare la famiglia Agnelli-Elkann nella sua ultima generazione, colpevole di aver venduto Fca ai francesi di Psa che hanno costruito Stellantis e di aver ceduto anche tanto altro come Marelli. E lodare Giorgia Meloni.







Chi conosce Montezemolo sa che non fa mai nulla per caso, per il gusto di dire la sua opinione o di togliersi qualche sassolino dalla scarpa. Tutto corrisponde sempre a un disegno strategico con precise finalità, preparato mesi prima, o anche anni prima. Perché dunque sta dicendo queste cose? Dove vuole arrivare? E se la prende con John Elkann per uno specifico motivo oppure semplicemente vuole far da eco a Giorgia Meloni che da tempo polemizza duramente con gli azionisti di minoranza di Stellantis nonché proprietari di Repubblica? E questa eco, a che cosa gli serve? A che cosa punta Montezemolo? Che cosa vuole dal Governo? Noi non lo sappiamo ma, da giornalisti, ci poniamo semplicemente la domanda. Pieni di curiosità per gli sviluppi futuri.

 

Montezemolo: «Oggi noi non abbiamo più un’azienda automobilistica in Italia (…) la verità è che tutte le decisioni che riguardano il mercato italiano sono prese a Parigi»

John Elkann, presidente di Stellantis e presidente e ad di Exor

«Oggi noi non abbiamo più un’azienda automobilistica in Italia – ha detto Cordero a Gramellini –. Non conta la proprietà, il fatto che sia stata venduta o non venduta; la verità è che tutte le decisioni che riguardano il mercato italiano sono prese a Parigi. Siamo arrivati a una cosa tra l’assurdo e l’umiliante, cioè che una macchina come la 600, un’icona dell’Italia al pari della 500, venga prodotta in Polonia» Stesse parole, più o meno, pronunciate qualche settimana prima a Corrado Formigli di Piazza Pulita, sempre su La7. Una specie di campagna di opinione. Quali saranno le prossime puntate? Parole dette davanti a un silente Gramellini, il cui ruolo, per tutta la trasmissione, è stato sempre e solo di porgere il microfono. Non solo non ha fatto nessuna domanda scomoda (cosa non facile, obiettivamente, con certi ospiti, che altrimenti si rifiutano di venire o creano problemi) ma non ha nemmeno contestualizzato l’ospite. Gramellini ha introdotto “l’avvocato Luca Cordero di Montezemolo” (lui, emulo dell’Avvocato Agnelli, ama farsi chiamare così) senza spiegare chi sia, che cosa faccia attualmente, quali cariche ha ricoperto e in quali periodi. Niente.

Entrando nel merito delle parole di Montezemolo, va riconosciuto come siano vere al 100%. Fca non si è fusa con Psa costituendo Stellantis. Fca è stata venduta ai francesi, e gli Elkann hanno mantenuto una quota di minoranza. Tutte le decisioni vengono prese a Parigi, avendo come stella polare l’interesse dei francesi (il Governo d’Oltralpe è socio della casa automobilistica) e non certo quello degli italiani. La decisione di vendere è stata inevitabile: Fca non aveva alcuna tecnologia per produrre auto elettriche, perché i suoi azionisti del tempo (gli Agnelli-Elkann appunto) avevano scelto di non investire più. Niente aumenti di capitale. Nessun rischio. Il mandato dato a Marchionne era di trovare soluzioni ingegnose (alleanze, acquisizioni di società decotte, strategie varie) per tenere in piedi l’auto senza investimenti di capitale da parte degli azionisti. Si poteva investire solo il cash flow generato internamente. Senza tecnologie elettriche (Marchionne, per giustificare la situazione, a un certo punto si inventò uno scetticismo sul futuro dell’elettrico) l’azienda non poteva che essere venduta a un altro gruppo che ne fosse dotato.

 

Montezemolo è stato presidente di Fca tra il 2004 e il 2010, proprio negli anni in cui si è determinata la situazione che ha obbligato poi a vendere. Ma Gramellini non lo dice…

Montezemolo è stato presidente di Fca tra il 2004 e il 2010, proprio negli anni in cui si è determinata questa situazione. Se nell’intervista a La7 avesse avuto davanti un giornalista vero, non necessariamente avverso, gli avrebbe fatto notare la sua co-responsabilità fortissima in questa situazione. Ma c’era Gramellini. Sollecitato da Gramellini, l’avvocato Montezemolo sottolinea che «con Marchionne probabilmente non sarebbe successo». E insiste: «Vedere la 600 prodotta in Polonia, quando tutti gli stabilimenti ex Fiat sono in cassa integrazione, non mi fa bene». A parte il fatto che con i se e i ma non si fa la storia, ci sono forti dubbi che con Marchionne tutto questo non sarebbe successo. Il compianto amministratore delegato, infatti, agiva su mandato di un azionista, seguendo linee rigide impostate dall’azionista stesso. Ciliegina sulla torta, Montezemolo stigmatizza la lettera inviata da Stellantis ai propri fornitori italiani, lettera nella quale si promuoveva il Marocco come luogo ideale per delocalizzare.

Momenti epici si toccano quando si parla di lavoro di squadra. Montezemolo, con grande originalità, invita tutti gli imprenditori a «considerare i propri collaboratori parte integrante della propria azienda». Chi l’avrebbe mai pensato. La chiosa di Gramellini è che questo è un concetto molto importante «in tempi di intelligenza artificiale», come se l’intelligenza artificiale fosse un pericolo, qualcosa che toglie posti di lavoro e marginalizza le persone. E non invece un formidabile volano di aumento della produttività, creazione di ricchezza, valorizzazione della persona, chiamata a svolgere compiti non ripetitivi. Abbiamo così la certezza di quello di cui eravamo quasi sicuri: Gramellini non sa nulla di intelligenza artificiale, nuove tecnologie, economia. Come il 90% dei giornalisti, conosce solo i luoghi comuni da bar e li amplifica con grande sicurezza di sé. E così ottiene il consenso del 90% dell’audience, che è inconsapevole di tutto.

 

Luca Cordero di Montezemolo: “Sono preoccupato della deindustrializzazione del paese”

Luca Cordero di Montezemolo, intervistato a In altre parole: «Sono preoccupato della deindustrializzazione del paese, l’Italia insieme al turismo è l’azienda manifatturiera è stata fondamentale […] Vedere una Seicento prodotta in Polonia quando gli stabilimenti ex Fiat sono in cassa integrazione non mi fa bene»

 

Le opinioni che Montezemolo va ripetendo sugli Elkann combaciano totalmente con quelle della presidente del Consiglio Giorgia Meloni…

Le opinioni che Montezemolo va ripetendo sugli Elkann combaciano totalmente con quelle della presidente del Consiglio Giorgia Meloni, che da tempo è impegnata in un aspro confronto dialettico con gli azionisti di minoranza di Stellantis e proprietari di Repubblica. Il conduttore manda in onda un intervento della premier: «Bisogna produrre in Italia almeno un milione di veicoli l’anno con chi vuole investire sulla storica eccellenza italiana. L’auto è un gioiello italiano e deve essere prodotta in Italia». Montezemolo conferma entusiasta: «Ha assolutamente ragione». Su Meloni, Montezemolo dice: «mi ha stupito la chiarezza e il coraggio istituzionale, anche a livello internazionale». Che cosa significhi, nella pratica, tutto ciò, Montezemolo non lo dice. E Gramellini non lo chiede.

Montezemolo poi plaude al piano di Meloni per cedere quote di minoranza di aziende statali, a cominciare da Poste Italiane: «Se di un’azienda, invece del 100%, hai il 95, il 93 o il 97 e puoi incassare del denaro senza perderne il controllo, per me è giustissimo». L’ex presidente di Fiat e di Confindustria poi ironizza su un titolo di Repubblica, il giornale degli Elkann: «L’Italia in vendita». Il titolo del giornale diretto da Maurizio Molinari in effetti è privo di senso, un attacco a Meloni completamente sganciato dai fatti. Non si capisce come si faccia a parlare di “Italia in vendita” solo per la cessione di quote minime di Poste Italiane o di Eni. Un insulto al buonsenso e al giornalismo.

 

Luca Cordero di Montezemolo, intervistato a In altre parole, affronta il tema dell’imprenditoria in Italia dicendo: «I collaboratori devono essere visti come una componente essenziale dell’azienda; anche l’imprenditore più competente non può ottenere nulla senza il contributo delle donne e degli uomini che vi lavorano»

 

Forte appoggio per la presidente del consiglio Giorgia Meloni

Ma a Montezemolo quel titolo livoroso e insensato serve per criticare gli Elkann e ribadire il suo forte appoggio per la presidente del consiglio Giorgia Meloni: «Quel titolo, poi, è fatto da un giornale posseduto da chi ha venduto gran parte dei cespiti industriali italiani, a cominciare da un’azienda come la Marelli… mi metto nei panni del presidente del Consiglio e mi chiedo da che parte venga la predica».

Insomma, tutto quello che viene scritto su Repubblica è sotto dettatura di Elkann. Invece, quando lui era presidente della Fiat (all’epoca azionista totale della Stampa e socio forte del Corriere) e di Confindustria (azionista del Sole 24 Ore) non c’erano interferenze. Lui, sostiene di non aver mai chiamato i direttori del tempo per comandarli. E, anzi, di aver fatto da schermo rispetto a tutti coloro che volevano interferire. Può essere. Certo che la campagna pro-antipolitica cavalcando il libro di Stella e Rizzo “La Casta” è stata ispirata da Montezemolo stesso, che chiamava tutte le redazioni e i giornalisti amici, con grande impegno. Quella campagna, nelle sue intenzioni, serviva a preparare il terreno per una discesa in politica dei tecnocrati della sua “Italia Futura”. Invece, suo malgrado, servì poi, nei fatti, a spingere i 5 Stelle. Ma questa è un’altra storia.

 

 Tutta la trasmissione integrale è ascoltabile qui.














Articolo precedenteL’occupazione continua a crescere, ma a ritmi più lenti. L’analisi di Adapt
Articolo successivoTavolo automotive: dal Mimit nuovi incentivi per 950 milioni euro






LASCIA UN COMMENTO

Per favore inserisci il tuo commento!
Per favore inserisci il tuo nome qui