L’Italia ha il fiatone. E occhio all’Iran

di Aldo Agosti ♦︎ Secondo la congiuntura flash di Confindustria, il Pmi a dicembre è crollato (46,2), e gli investimenti non decollano. E se ci si mette dimezzo anche l'Iran, ci sarebbero rischi per le forniture petrolifere

Raffineria petrolio

Italia col fiatone, tanto per cambiare. La nostra economia continua a viaggiare appena sopra lo zero. Secondo la congiuntura flash di Confindustria, si conferma anche nel 4 trimestre 2019 il persistere di una sostanziale stagnazione. L’industria è ancora in difficoltà: a dicembre gli ordini sono in parziale recupero, ma il Pmi (Purchasing Managers’ Index) è crollato ancor di più (46,2). Nei servizi, invece, il Pmi è salito a dicembre, in area di debole crescita (51,1).Confindustria sottolinea come i mercati extra Ue siano “cruciali”, ma mette in guardia dai rischi crescenti. In Italia, gli investimenti non ripartono. La spesa delle imprese è attesa ancora debole, sia nel 4 trimestre 2019 che a inizio 2020.

A dicembre, infatti, gli ordini interni dei produttori di beni strumentali hanno recuperato un po’ e la fiducia nel manifatturiero è rimasta stabile, ma entrambi gli indicatori sono su livelli molto ridotti. Inoltre, le condizioni per investire restano piuttosto incerte.Anche il credito è in calo. Invariato ai minimi il costo del credito per le aziende italiane (1,3% a novembre), ma il calo dei volumi di prestiti si sta ampliando pericolosamente (-1,9% annuo). L’indagine qualitativa Istat, infatti, indica che le condizioni di offerta sono state, al margine, ancora ristrette nel 4 trimestre. Si è ridotta solo di poco la quota di imprese che non ha ottenuto il credito richiesto (5,3% a dicembre).







Se poi ci si mette di mezzo anche l’Iran. “Rischi per le forniture petrolifere”, avverte Confindustria. “Per ora le conseguenze economiche sono contenute, ma in caso di escalation militare i rischi sarebbero elevati. Seri problemi potrebbero nascere se l’instabilità conducesse all’interruzione dell’estrazione di petrolio in giacimenti di Iraq, Libia e Iran. Nel 2019 l’import di greggio che prima proveniva dall’Iran è stato sostituito in Italia, in gran parte, proprio con quello iracheno, arrivato a contare il 20%: se si infiammasse anche l’Iraq sarebbe difficile trovare rapidamente altri fornitori. Lo scenario peggiore è quello del blocco delle forniture petrolifere che passano dallo stretto di Ormuz, già minacciato in passato: nel 2019, il 27% del petrolio importato dall’Italia proveniva dai Paesi che si affacciano su tale stretto. Ciò potrebbe creare problemi anche per i volumi di approvvigionamento di petrolio, oltre che per il prezzo. Se si considera l’intera area cosiddetta “Mena”, ovvero Medio Oriente e Nord Africa, la dipendenza petrolifera italiana è molto alta: nel 2019, il 44% del petrolio importato veniva da tali paesi (54% nel 2018)”.














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