Tutti i progetti di Lenovo nell’augmented reality

di Renzo Zonin ♦︎ Il valore complessivo del settore Ar/Vr dovrebbe passare dai 37 miliardi di dollari del 2019 a circa 1.275 miliardi nel 2030. Con un’impennata del mercato enterprise: dal manufacturing all’engineering, dall’energy alle utilities, tutte le industry stanno iniziando a utilizzare questi dispositivi. Gli smartglass A3 della multinazionale cinese con tre telecamere, il remote training e… Ne abbiamo parlato con Mike Lohse, hardware product manager delle soluzioni Ar/Vr

Quelle della Realtà Aumentata e della Realtà Virtuale sono due tecnologie contigue, anche se non del tutto sovrapposte. I loro utilizzi, fino a pochi anni fa, erano quasi sperimentali, e puntavano principalmente al mercato consumer. Ma negli ultimi anni, sono emerse le vere potenzialità di Ar e Vr nel comparto business. Recentissimo è il lancio, da parte di Lenovo, di un nuovo modello di smartglass ultraleggero e molto prestazionale – chiamato ThinkReality A3 – che l’azienda ha inserito nel suo portfolio dedicato all’utilizzo enterprise, che dovrebbe essere messo a catalogo, a seconda dei Paesi, nella seconda metà del 2021.

Disponibile in due versioni, una pensata soprattutto per i mobility worker e una ottimizzata per l’uso in azienda per compiti quali training e guided workflow, il nuovo nato è supportato da una libreria software composta da un Sdk che consente ai clienti di sviluppare le proprie applicazioni, ma anche da un ecosistema di partner in grado di produrre Soluzioni Certificate – ovvero programmi “chiavi in mano” fortemente personalizzabili dall’utilizzatore. La piattaforma software è inoltre agnostica nei confronti del sistema di cloud e dell’host hardware, consentendo un facile porting della soluzione verso qualsiasi ambiente. Lenovo al momento indirizza con la sua piattaforma ThinkReality vari settori verticali, dal manufacturing all’engineering, dall’energy alle utilities, ma non nasconde che, in futuro, potrebbe avere a catalogo anche prodotti più adatti al mercato consumer, più nel comparto Vr che in quello Ar.







 

Un mercato diviso fra consumer ed enterprise

Secondo una ricerca pubblicata da statista.com, nel 2024 le vendite di visori per realtà virtuale arriveranno a 25,3 milioni di unità, e quelle di visori per realtà aumentata raggiungeranno i 24 milioni di pezzi. Un mercato non da poco, che è letteralmente esploso l’anno scorso, complice la pandemia che ha costretto le aziende a cercare soluzioni innovative al problema dell’impossibilità di muovere il personale e all’obbligo del distanziamento sociale. Il valore complessivo del settore Ar/Vr dovrebbe passare dai 37 miliardi di dollari del 2019 a circa 1.275 miliardi di dollari nel 2030, con un Cagr del 42,9% (fonte: report di ResearchAndMarkets.com). Se vi sembra un trend di crescita troppo ottimistico, sappiate che dal 2016 al 2019 il solo mercato dell’Ar era salito con fatica da 3,5 a 4,3 miliardi, per poi quasi raddoppiare a 8 nel 2020 (fonte: statista.com).

E tutta la crescita registrata nell’anno appena trascorso è, di fatto, legata quasi esclusivamente all’utilizzo business dei dispositivi Ar/Vr; infatti, anche se indiscutibilmente nel lungo periodo i volumi si faranno soprattutto sui dispositivi pensati per il mercato consumer (in particolare per i videogiochi), a oggi questa è ancora una nicchia, e tale rimarrà ancora alcuni anni. Almeno fino a quando non saranno superate alcune barriere che limitano la diffusione di queste soluzioni al grande pubblico: costi elevati dei dispositivi, necessità di hardware di gioco potenti, scarsa disponibilità di giochi predisposti. Gartner, per citarne uno, prevede che l’Ar/Vr per il comparto consumer crescerà nei prossimi anni “solo” del 22% l’anno almeno fino al 2024. Nemmeno l’annuncio di un dispositivo di questo tipo da parte di Facebook sembra poter accelerare la diffusione in questo ambito, e se anche un leader nel segmento dei videogiochi come Microsoft ha preferito indirizzare il suo sistema Hololens 2 al segmento business un motivo ci sarà.

Smartglass A3 è disponibile in due modelli, chiamati “Pc Edition” e “Industrial Edition”, sulla base della macchina con la quale si interfacciano e del relativo software, che è poi il vero fattore di differenziazione

Oggi, realtà aumentata e realtà virtuale sono dunque strumenti prevalentemente business, e in questa direzione si sta muovendo da qualche anno Lenovo con la sua linea ThinkReality, un portfolio di soluzioni hardware e software dedicato proprio all’uso dell’Ar/Vr in ambito aziendale. Tuttavia, la multinazionale di origine cinese sembra decisa a giocare un ruolo di primo piano, in futuro, anche nelle applicazioni consumer; non per niente ha scelto il Ces (Consumer Electronics Show, quest’anno anch’esso “virtualizzato”), quale palcoscenico per annunciare l’ultima aggiunta alla sua gamma, gli smartglasses ultraleggeri modello A3, che vanno ad aggiungersi a una famiglia che comprende già il visore immersivo VR S3, il visore Ar modello A6 e naturalmente la piattaforma software ThinkReality.

 

Gli smartglass A3

Lenovo A3. I nuovi smartglass A3 con i loro 130 grammi scarsi sono nettamente più leggeri e “vestibili” non solo rispetto al visore S3, ma anche rispetto al modello A6 già in catalogo, tanto da poter essere indossati esattamente come dei normali occhiali. Infatti non necessitano della fascia di sostegno allacciata dietro la nuca, o tantomeno della fascia superiore usata per tenere nella corretta posizione il visore S3. La scelta fatta da Lenovo è stata chiaramente di privilegiare la maneggevolezza e la “wearability”, rinunciando per esempio all’utilizzo wireless che avrebbe richiesto l’aggiunta di una batteria

I nuovi smartglass A3 con i loro 130 grammi scarsi sono nettamente più leggeri e “vestibili” non solo rispetto al visore S3, ma anche rispetto al modello A6 già in catalogo, tanto da poter essere indossati esattamente come dei normali occhiali. Infatti non necessitano della fascia di sostegno allacciata dietro la nuca, o tantomeno della fascia superiore usata per tenere nella corretta posizione il visore S3. La scelta fatta da Lenovo è stata chiaramente di privilegiare la maneggevolezza e la “wearability”, rinunciando per esempio all’utilizzo wireless che avrebbe richiesto l’aggiunta di una batteria (presente nel modello A6).

La leggerezza si accompagna dunque a una maggiore “vestibilità”, favorita dalla miniaturizzazione dell’elettronica, basata sul Soc ad alte prestazioni Qualcomm SnapDragon Xr1, e completamente contenuta all’interno delle stanghette di sostegno. Dal punto di vista hardware, gli A3 si collegano al Pc oppure a determinati smartphone della gamma Motorola tramite un cavo Usb-C che fuoriesce superiormente dalla stanghetta destra; la stanghetta sinistra ospita invece alcuni pulsanti di controllo. Ma la parte più interessante è ovviamente il frontale, dove troviamo due lenti che incorporano due display Full HD (1080p) in grado di fornire immagini immersive stereoscopiche, senza però isolare il soggetto dal mondo esterno, come invece succede con i visori Vr.

Inoltre, sono presenti ben 3 telecamere. Quella centrale è da 8 Mpixel, quindi sarebbe tecnicamente in grado di trasmettere in diretta video in formato 4K, sebbene le specifiche si limitino a parlare anche in questo caso di “fino a 1080p”, probabilmente per una limitazione firmware introdotta per non sovraccaricare il sistema di invio e trasmissione dei dati, fino a che non si potrà utilizzare un codec più efficiente tipo l’h.265. Questa telecamera permette a chi indossa gli A3 di inviare a un corrispondente con il quale è in comunicazione l’immagine di ciò che sta guardando in ogni momento. Le due telecamere laterali, posizionate proprio di fronte all’attacco delle stanghette, sono invece dotate di obiettivi fish-eye e hanno la funzione di trasmettere un’informazione di tipo “spaziale”: Lenovo parla di tecnologia di “room scale tracking”. In pratica, creano una vista stereoscopica che consente ad appositi programmi di conoscere il posizionamento esatto dell’operatore che indossa gli occhiali smart nei confronti dell’ambiente, e quindi di eventuali strumenti o macchinari presenti. Con questa informazione, un programma dedicato per esempio ai manutentori potrebbe visualizzare davanti agli occhi del tecnico una freccia che indica, per esempio, il pezzo da oliare o sostituire, mentre lateralmente può far apparire nella stanza un “monitor virtuale” dove scorre un video che mostra l’operazione da compiere. Infine, l’A3 incorpora una sezione audio completa di altoparlanti e microfono.

Tutto l’occhiale può interfacciarsi, dicevamo sopra, con i principali modelli di laptop ThinkPad e con le workstation mobili sia con processori Intel, sia basate su Amd Ryzen. A dire il vero, lo smartglass utilizza un’interfaccia standard: il cavo è un Usb-C e il protocollo audiovideo è quello DisplayPort, quindi la compatibilità dovrebbe esser pressoché universale. Al momento, Lenovo sta certificando mano a mano vari modelli di ThinkPad e workstation per assicurarsi che le applicazioni software girino correttamente, per cui non si può escludere che in futuro vengano certificate anche macchine terze. Inoltre, A3 è collegabile con alcuni smartphone Motorola – anche qui, di fatto il software richiede Android, ma Lenovo sta certificando mano a mano vari modelli di smartphone, e ovviamente ha iniziato da quelli prodotti dalla sua divisione cellulare. In effetti, l’A3 è disponibile in due modelli, chiamati “Pc Edition” e “Industrial Edition”, sulla base della macchina con la quale si interfacciano e del relativo software, che è poi il vero fattore di differenziazione.

Lo smartglasses A3 presenta due lenti che incorporano due display Full HD (1080p) in grado di fornire immagini immersive stereoscopiche, senza però isolare il soggetto dal mondo esterno, come invece succede con i visori Vr. Sono presenti 3 telecamere. Quella centrale è da 8 Mpixel, quindi sarebbe tecnicamente in grado di trasmettere in diretta video in formato 4K, sebbene le specifiche si limitino a parlare anche in questo caso di “fino a 1080p”, probabilmente per una limitazione firmware introdotta per non sovraccaricare il sistema di invio e trasmissione dei dati, fino a che non si potrà utilizzare un codec più efficiente tipo l’h.265. Questa telecamera permette a chi indossa gli A3 di inviare a un corrispondente con il quale è in comunicazione l’immagine di ciò che sta guardando in ogni momento. Le due telecamere laterali, posizionate proprio di fronte all’attacco delle stanghette, sono invece dotate di obiettivi fish-eye e hanno la funzione di trasmettere un’informazione di tipo “spaziale”: Lenovo parla di tecnologia di “room scale tracking”.

Due edizioni, stesso hardware, software diversi

Mike Lohse, hardware product manager delle soluzioni Ar/Vr Lenovo

Dal punto di vista hardware, le due edizioni dell’A3 sono identiche, anche se in realtà è possibile differenziarle tramite l’aggiunta di accessori. «Per esempio abbiamo un’Industrial Front Frame, una montatura frontale più robusta, che si aggancia a scatto e fornisce una maggiore protezione per gli occhi» ci ha detto Mike Lohse, hardware product manager delle soluzioni Ar/Vr Lenovo. La Pc Edition è studiata principalmente per connettersi ai notebook e per mettere a disposizione dell’utente diversi monitor virtuali (al momento fino a 5), sul quale far funzionare applicativi Windows. La Pc Edition «è pensata per privacy, portabilità e produttività», riassume Lohse. Pensate a un utilizzatore di notebook che, dovunque si trovi, in aggiunta al piccolo schermo del suo Pc, si ritrova a poter sfruttare cinque monitor FullHD che gli compaiono davanti a mezz’aria e si spostano a comando, visibili solo a lui e a nessun altro – azzerando il rischio che qualcuno riesca a “sbirciare” documenti riservati, anche se dovesse visualizzarli in un luogo pubblico. E pensate una cosa di questo tipo quale incremento di produttività potrebbe dare in situazioni di mobilità a un professionista che, occupandosi di finanza, fosse abituato a lavorare in ufficio con 3 o 4 monitor, mentre in viaggio finora si doveva accontentare di un solo schermo da 15”. O a chi deve lavorare in treno o in aereo, o in un coworking dove si paga a seconda dei metri quadri utilizzati. Ma anche semplicemente a chi si ritrova a lavorare da casa per via del lockdown e non ha spazio per impostare una postazione di lavoro comoda e tranquilla, assediato da figli in Dad, moglie in smartworking eccetera. Con gli A3 lo spazio prima appena sufficiente per il laptop può alloggiare una stazione multimonitor.

L’Industrial Edition invece si collega anche agli smartphone, e sfrutta un parco software molto più sofisticato e differenziato. Essa è stata pensata soprattutto per chi lavora sul campo, per i cosiddetti “remote field worker”, ma di fatto la piattaforma software ThinkReality – e l’ecosistema di partner che creano applicazioni basate su di essa – permette di abilitare un’incredibile varietà di utilizzi.

A partire dal remote training, ovvero corsi virtuali con insegnanti che da remoto fanno interagire l’allievo con ambienti completamente virtuali (gemelli digitali per esempio) o con macchinari reali. Per passare poi al Guided Workflow, nel quale un operatore riceve in tempo reale le istruzioni sulle operazioni da compiere in una postazione di montaggio, fornite sotto forma di istruzioni testuali e audio, disegni tecnici, evidenziazione “virtuale” degli oggetti e strumenti reali con cui interagire, e via di questo passo. Ci sono applicazioni che mostrano a un operaio come montare le parti di un motore, a un magazziniere il percorso esatto da fare per arrivare a prendere un determinato articolo (fino a indicare il pacchetto fisico con una “freccia” virtuale), e altre che consentono a un team di progettisti di interagire in gruppo (anche da location differenti) con un plastico virtuale. Il tutto è permesso dalla tecnologia di spazializzazione contenuta direttamente nell’occhiale.

«Nella Industrial Edition viene sfruttata pienamente la capacità del chipset Qualcomm SnapDragon Xr1 di generare una spazializzazione con sei gradi di libertà a partire dalle immagini stereoscopiche, e di fornire quindi all’utente un’esperienza consistente di realtà aumentata» aggiunge Lohse.

 

Una strategia con tre pilastri

Nathan Pettyjohn, Commercial Ar/Vr Lead di Lenovo

Lenovo vuole fornire ai suoi clienti una soluzione end-to-end, e quindi la sua strategia in ambito Ar/Vr si muove lungo tre direttrici. «Vogliamo offrire una soluzione completa per la Ar e la Vr nelle aziende» ci ha detto Nathan Pettyjohn, commercial Ar/Vr lead di Lenovo. «I nostri clienti ci hanno detto chiaramente che hanno bisogno di software, hardware e servizi, e questi quindi sono i tre pilastri del nostro portfolio. Sono tutti e tre presenti sotto il marchio ThinkReality, che si coordina con il resto della nostra offerta per l’enterprise. Infatti con ThinkReality oggi siamo molto focalizzati sulle aziende. Copriamo in particolare alcuni mercati verticali: manufacturing, logistica, architettura e engineering, aziende di costruzioni, e settori come le utility e l’energia. Con l’A3 abbiamo potuto creare un dispositivo particolarmente versatile, che ci dà opportunità uniche, come la creazione di monitor virtuali in connessione con un Pc. E che una volta connesso con un dispositivo mobile dà accesso a una varietà di use case per le aziende, che si tratti di stabilimenti o magazzini, di produzione o riparazione, di assistenza o workflow guidati».

«Al momento, la nostra strategia è mirata all’ambito aziendale – conferma Lohse – che è quello dove l’Ar/Vr oggi presenta il migliore Roi. Abbiamo anche dei piani per il consumer, ovviamente, più per la parte Vr che per quella Ar, ma mentre il segmento consumer è ancora ai primi passi, il mercato aziendale è già oggi ricettivo e pronto a sfruttare questi nuovi strumenti per rendere i workflow più smart e più produttivi». È interessante notare, comunque, che la presentazione ufficiale del modello A3 è avvenuta in un contesto che più consumer non si può: il Ces, ovvero Consumer Electronics Show, che quest’anno – per ovvi motivi – è andato in scena in versione totalmente virtuale invece che, come d’abitudine, da quello strano universo parallelo che è Las Vegas.

 

La piattaforma software e i partner

A3 con monitor virtuali come li vede l’utente. La Pc Edition degli smartglasses Lenovo è studiata principalmente per connettersi ai notebook e per mettere a disposizione dell’utente diversi monitor virtuali (al momento fino a 5), sul quale far funzionare applicativi Windows

Sviluppare applicazioni di augmented reality non è certo alla portata di qualsiasi azienda, anzi, richiede competenze che spesso solo software house e integratori altamente specializzati hanno internamente. Come funziona quindi l’offerta Lenovo riguardo a software e servizi? Secondo Pettyjohn, «il nostro portfolio di soluzioni ThinkReality è agnostico al cloud e all’hardware, quindi a seconda dell’use case possiamo collaborare con differenti terze parti, con le quali possiamo essere molto flessibili. In base a cosa ci richiede il cliente finale, possiamo fornire vari strumenti e componenti software che implementano per esempio gesture, controller, riconoscimento vocale, riconoscimento d’immagini e riconoscimento di oggetti (questi ultimi sviluppati dal nostro partner austriaco Wikitude), e un vero e proprio Sdk per lo sviluppo di applicazioni».

Di fatto, è a disposizione delle aziende un Software Development Kit che include tutta una serie di Api sofisticate, che rendono la realizzazione di applicazioni, se non semplice, almeno non più complicata di quanto non lo sia programmare un robot o una macchina utensile. Certo, molte aziende non dispongono internamente nemmeno di questo livello di competenze – del resto, chi fa manufacturing vuole dedicarsi al suo core business, non a diventare sviluppatore It. «Sappiamo che i clienti hanno anche bisogno di applicazioni “chiavi in mano”- prosegue Pettyjohn – e per soddisfare questa esigenza, invece di adottare il solito approccio dell’app store, abbiamo preferito essere molto selettivi e scegliere alcuni partner con i quali abbiamo definito delle “Certified Solutions”, che sono dei veri e propri punti di single sign-on. Infatti accedendo a esse si accede all’intero ecosistema ThinkReality, c’è l’identificazione dell’utilizzatore e quindi si è in un ambiente protetto e sicuro dove i nostri clienti troveranno soluzioni certificate. In pratica, noi permettiamo all’utente finale di usare un Sdk per creare applicazioni su misura, ma mettiamo anche a disposizione tramite partner applicazioni chiavi in mano per coloro che vogliono partire rapidamente, e offriamo tutto il back-end  e l’infrastruttura necessaria a supportare le applicazioni a livello globale. Queste applicazioni sono comunque altamente personalizzabili. Per esempio, quella per il Guided Workflow consente al cliente di disegnare il proprio ciclo di lavorazione, modificando l’applicazione e integrando le informazioni necessarie per conformarla precisamente alle sue esigenze».

Insomma, dopo i primi esperimenti pionieristici di 10 anni fa (ricordate i Google Glass?), e dopo anni passati facendo la parte di “soluzioni in cerca di problema”, sembra proprio che finalmente le tecnologie legate all’Ar e alla Vr abbiano trovato il loro ruolo, complice anche la pandemia e le limitazioni da essa provocate agli spostamenti e all’effettuazione di operazioni in presenza. Da questo punto di vista, i prossimi tre anni saranno cruciali per l’impiego di queste tecnologie in ambito business: solo quando (o se) le limitazioni ai viaggi verranno tolte potremo vedere se il ritmo di crescita sarà mantenuto. Vista l’efficacia e i costi competitivi della tecnologia, è molto probabile che l’uso di queste soluzioni diventerà il nuovo standard per training, manutenzione, mobility worker, manufacturing guidato e via discorrendo. Sempre in attesa che l’arrivo dell’Ar nel settore consumer faccia definitivamente esplodere il mercato.














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