I dipendenti preferiscono la flessibilità a posizione e salario. Parola di Ivanti

Il 71% dei dipendenti preferisce poter lavorare da remoto piuttosto che ottenere una promozione, ma lo smart working non è esente da problemi

Meglio una promozione o la possibilità di lavorare da dove si preferisce? Secondo un sondaggio condotto da Ivanti, lil 71% dei lavoratori non ha dubbi e sceglierebbe la flessibilità. È quanto emerge dal report Everywhere Workplace condotto da Ivanti intervistando 6.100 lavoratori.

Guardando ai potenziali modelli di lavoro futuri, la ricerca evidenzia che il 42% dei dipendenti preferisce modalità di lavoro ibride (+5% dall’ultimo studio). Il 30% dei medesimi opta invece per lavorare da casa in modo permanente (-20% dall’ultimo studio), dimostrando la volontà di interagire nuovamente con i propri colleghi. Nonostante i diversi benefici legati al lavoro da remoto, tra i quali il risparmio di tempo negli spostamenti (48%), un migliore equilibrio tra vita privata e professionale (43%) e un orario di lavoro più flessibile (43%), si sono verificati alcuni svantaggi. Infatti, il 49% degli intervistati afferma di essere stato influenzato negativamente dal lavoro a distanza a causa di una scarsa interazione con i colleghi (51%), della mancanza di collaborazione e comunicazione (28%), del rischio di rumore di fondo e di alcune distrazioni (27%).







A fronte di ambienti di lavoro sempre più complessi, l’automazione assumerà un ruolo centrale. Di fatti, il 15% degli intervistati preferirebbe lavorare da qualsiasi luogo (+87% dall’ultima indagine). È interessante notare che il 22% degli intervistati è diventato un “nomade digitale”, il 18% sta valutando di diventarlo contro il 13% che vorrebbe lavorare permanentemente in ufficio (-11% dall’ultima indagine).

La ricerca ha anche rilevato che poco meno di un quarto (24%) degli intervistati ha lasciato il proprio lavoro nell’ultimo anno mentre il 28% sta pensando di cambiare nei prossimi sei mesi. Analizzando gli intervistati tra i 25 e i 34 anni, la percentuale di individui che intende lasciare il proprio lavoro nei prossimi sei mesi è aumentata al 36%. Le policy di ritorno in ufficio sono determinanti nella scelta di rassegnare le dimissioni. Quasi un quarto (24%) degli intervistati ha dichiarato che lascerebbe la propria azienda se il proprio datore di lavoro richiedesse di tornare a lavorare a tempo pieno in ufficio.

Non mancano però alcuni aspetti negativi: il 70% delle donne che lavorano nell’It ha segnalato di aver riscontrato effetti negativi, a livello psicologico, legati al lavoro da remoto, contro il 30% degli uomini, appartenenti allo stesso settore. In aggiunta, molti dipendenti avvertono la perdita di contatto interpersonale con i propri colleghi (9%), aggiungendo di lavorare più ore rispetto a quando erano in ufficio (6%). Il report ha anche mostrato un ulteriore divario di genere: il 56% delle donne intervistate ha affermato come il lavoro da remoto abbia influenzato negativamente la loro salute mentale, rispetto al 44% degli uomini. Mentre il 52% delle donne riferisce di aver perso il contatto interpersonale con i colleghi, rispetto al 47% degli uomini.

«La ricerca di Ivanti mostra come il lavoro a distanza, sia per gli impiegati che per i professionisti Ir varia in base al genere. All’interno di questa cultura digital-first, molti uomini affermano di essere stati dimenticati per una promozione. Le donne invece, nonostante prevedano di lavorare più a lungo, hanno beneficiato maggiormente della flessibilità che contraddistingue questa nuova modalità di lavoro. Questo cambiamento nell’esperienza dei dipendenti non può essere ignorato. I datori di lavoro devono rispondere adottando una tecnologia che faciliti la collaborazione e riduca le disparità di esperienza tra generi. Tutto questo è possibile considerando il contributo dei dipendenti in ogni implementazione tecnologica», afferma Meghan M. Biro, fondatore e ceo di Talent Culture. «I dipendenti hanno a disposizione molteplici opzioni: possono spostarsi ovunque e lavorare per chiunque. Questo significa che per trattenere i propri talenti le aziende devono implementare tecnologie in grado di semplificare e rendere piacevole il lavoro di tutti».

Guardando al futuro, il 26% degli intervistati si augura che l’It fornisca nuovo hardware come PC portatili, desktop e dispositivi mobili nel 2022, e il 26% richiede una modernizzazione del service desk. Tra i team It, quest’ultimo aspetto raggiunge il 32%. Considerando l’aumento dei volumi delle richieste ai service desk durante la pandemia, gli alti costi operativi e una ridotta produttività dei dipendenti, questo non dovrebbe sorprendere.

«La pandemia ha introdotto un cambiamento enorme nelle modalità e nei luoghi di lavoro», ha affermato Jeff Abbott, ceo di Ivanti. «L’elemento vantaggioso è certamente nella progressiva implementazione dell’automazione per attività e compiti quotidiani. In questo modo le aziende possono ottimizzare l’equilibrio tra vita-lavoro dei propri team It e di sicurezza, prevenendo le violazioni dei dati e migliorando le esperienze dei dipendenti. La piattaforma Ivanti Neurons ad esempio permette ai reparti It di ridurre la complessità, anticipare eventuali minacce, ridurre le interruzioni non pianificate e risolvere i problemi degli endpoint prima che vengano segnalati dai dipendenti. Per riuscire a trattenere i talenti è indispensabile sviluppare una cultura vincente, diversa e inclusiva dove ogni individuo viene rispettato, e la mission e i valori di un’azienda sono presenti in tutti i livelli. Ad oggi le persone desiderano lavorare per aziende che fanno la differenza. Le aziende devono dimostrare che sono in grado di produrre valore globale e non solo profitti, prioritizzando anche il giusto equilibrio tra vita privata e lavoro».














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