Intelligenza Artificiale & co: come sfruttare l’enorme potenziale per far crescere la fabbrica e migliorare il lavoro di tutti

di Marco de' Francesco ♦︎ Se n'è parlato alla tavola rotonda “Il senso del lavoro che cambia. Tra Intelligenza Artificiale e umanità: reskill, up-skill e nuove frontiere del lavoro” organizzata da Confindustria Brescia a Futura Expo, dedicata alla sostenibilità industriale. Con Franco Gussalli Beretta, Raffaele Gaito, Reza Arabnia e Simone Sistici. Ha introdotto e moderato direttore di Industria Italiana Filippo Astone

C’è una collega geniale, negli uffici e nelle officine della manifattura. Grazie a lei, si può automatizzare una vasta gamma di processi, si possono migliorare l’efficienza operativa e la qualità dei beni, la sicurezza nello shopfloor e la competività; si può ottimizzare la pianificazione della produzione, l’allocazione delle risorse, la gestione dell’inventario e la catena di approvvigionamento; si possono prevedere i guasti, ridurre gli scarti e prendere decisioni più informate e reattive. Il potenziale è enorme. L’Intelligenza Artificiale sta già planando sulla fabbrica, e si prepara ad una conquista, che cambierà per sempre il nostro modo di concepire la produzione. Eppure, il dibattito pubblico in Italia si concentra perlopiù su ipotetiche disgrazie che dall’IA potrebbero derivare: milioni di posti di lavoro persi, intelligenza umana soggiogata dalla tecnica e altre amenità. Così, mentre in altri Paesi, come la Cina, si punta sul quantum computing e sull’IA con investimenti enormi, noi non ne parliamo neppure, e rischiamo pertanto di rimanere indietro nelle tecnologie essenziali per risollevare le sorti della nostra scarsa produttività.

E tutto ciò sulla scorta di un presupposto falso: quello del conflitto inevitabile tra l’umana creatività e la fredda e precisa tecnicalità dell’IA. Ma, anzi, per ottenere i migliori risultati dall’IA bisogna agire con intensità sulla formazione del personale. L’Intelligenza Artificiale è il campione più mediaticamente forte di quelle tecnologie che stanno dando vita a una Nuova Rivoluzione Industriale, potente come la prima. L’elenco è numeroso: Quantum Computing, Industrial Iot, Cloud Computing, Digital Twin, Robotica Collaborativa, Automazione di fabbrica a nuovi livelli, Mes, Mom, Big Data e tanto altro. Nel loro insieme: una bomba. Una bomba che – se ben usata e condotta formando il personale nel modo adeguato – potrebbe moltiplicare sia fatturato e redditività delle aziende, sia il numero di posti di lavoro e la loro remunerazione e qualità.







Questi concetti erano già emessi in questo articolo del direttore di Industria Italiana Filippo Astone, che partiva dall’assurdo dibattito italiano sul salario minimo. E di recente sono stati ribaditi da alcuni imprenditori ed esperti nel corso della tavola rotonda “Il senso del lavoro che cambia. Tra intelligenza artificiale e umanità: reskill, up-skill e nuove frontiere del lavoro” organizzata da Confindustria Brescia nel contesto di Futura Expo di Brescia, la più grande fiera italiana di incontro tra imprese e cittadini per parlare di sostenibilità. Sono intervenuti il presidente della Fabbrica d’Armi Pietro Beretta Franco Gussalli Beretta (padrone di casa perché anche presidente di Confindustria Brescia) il growth coach & fondatore di Growth Program Academy Raffaele Gaito, il chairmain e ceo del Gruppo Gecofin Reza Arabnia e il ceo di Gap Management Simone Sistici. L’evento è stato moderato dal direttore di Industria Italiana Filippo Astone.

Il falso presupposto

Serve che in azienda ci sia un grado di consapevolezza digitale elevato, per sapere in quale ambito inserire l’AI in modo da ottenere il massimo risultato.  Non è semplice, perché occorre lavorare sull’intero personale, e perché le conoscenze da infondere dipendono dal business dell’azienda.

Perché il presupposto è falso? Si può fare l’esempio di ChatGpt, di cui tanto si parla: la qualità della risposta dipende dall’intelligenza della domanda. Occorre, dunque, che il personale sia formato per utilizzare la nuova tecnologia utilmente, con profitto, in vista di nuovi traguardi di efficienza. Serve che in azienda ci sia un grado di consapevolezza digitale elevato, per sapere in quale ambito inserire l’AI in modo da ottenere il massimo risultato.  Non è semplice, perché occorre lavorare sull’intero personale, e perché le conoscenze da infondere dipendono dal business dell’azienda. Ma non è impossibile, e comunque non si può fare altro: l’IA arriva comunque. In ogni modo, questo passaggio non comporta di per sé la perdita di posti di lavoro, se non nei casi di funzioni burocratiche a bassissimo valore aggiunto.

In realtà, grazie a strumenti incisivi come l’intelligenza artificiale, il personale può moltiplicare il proprio potenziale creativo, portando valore. Ma come implementare l’IA in azienda? È emerso che conviene partire da funzioni specifiche; solo quando il personale è pronto, e quando l’azienda ha capito bene come agire e in quale ambito, allora si può fare un passo avanti e fare dell’IA un fattore sistemico.

Con l’Intelligenza Artificiale c’è una nuova collega, molto smart

ChatGpt è un’Ia grado di dialogare. Può fornire informazioni, fare riassunti e traduzioni di testi, ma anche scrivere codice in vari linguaggi di programamzione

Il rapporto tra l’azienda e il personale è cambiato drammaticamente negli ultimi tempi. La carriera, i soldi, la posizione sociale, il futuro, la vita ad di fuori dell’azienda paiono avere un significato diverso per molti esponenti delle nuove generazioni. E il Covid sembra aver messo in moto meccanismi che riguardano anche i lavoratori maturi: non si assiste solo a casi di quiet quitting, che riguardano coloro che fanno il minimo indispensabile per concentrarsi sulla vita privata, ma anche di resignation, e cioè di dipendenti che dopo anni di lavoro decidono di buttare la spugna e, ad esempio, trasferirsi in India – presumibilmente alla ricerca di nuovi stimoli o di elementi che rafforzino l’identità personale.  E questa non è l’unica sfida Le esigenze delle aziende alle prese con le nuove tecnologie sono radicalmente cambiate. «Prima si assumevano braccia, poi competenze, e ora intelligenze e talenti» – afferma Sistici.

«Ma, ad esempio, sta mettendo piede in azienda ChatGpt, che fa segnare 250 di quoziente intellettivo (assai più di Einstein), che è veloce, non ha esigenze e organizza il pensiero» – continua Sistici. L’IA produce visioni, schemi, analisi; insomma, crea valore. E le persone allora, cosa ci stanno a fare? Sono il «lubrificante nel motore: l’azienda funziona anche grazie a ciò». Ora si apre una sfida grande: quella delle persone e delle aziende in generale, che possono potenziare il proprio apporto creativo grazie a strumenti digitali così potenti. Per far ciò, però occorre una riforma radicale dell’organizzazione delle imprese.

L’impatto dell’IA sulle imprese

Anzitutto c’è un primo impatto. «L’impresa comprende che queste nuove tecnologie stanno arrivando e cambiando lo scenario produttivo; ma si rende conto di non possedere le competenze interne per gestirle, e ciò comporta formazione o assunzioni», spiega Gaito. L’altro impatto si verifica nel momento in cui l’azienda acquista le tecnologie dotate di IA e le inserisce nello shopfloor. «Il problema è che tutti parlano di IA, ma in un secondo momento non si tratta solo di gestire la tecnologia: pochi sanno come utilizzarla utilmente, con profitto, per abbattere le tempistiche ed acquisire efficienza», continua Gaito. Per Gaito, sul primo impatto si può agire con una adeguata formazione; sul secondo, invece, si fatica: occorre riferirsi a società di consulenza specializzate, che facciano capire all’azienda in quale ambito inserire l’Intelligenza Artificiale per conseguire dei vantaggi di business.

Come implementare l’IA in azienda: il caso Beretta

Fabbrica d’Armi Pietro Beretta impianto automatizzato

«Io penso che l’implementazione dell’Intelligenza Artificiale avverrà in due fasi, in Beretta», afferma Franco Gussalli Beretta, che dirige uno dei gruppi manifatturieri più antichi d’Europa, e che ora lavora per conservare l’artigianalità da orologiai che li contraddistingue e farla convivere con le più moderne tecnologie di automazione industriale e Intelligenza Artificiale, cercando di estrarne il massimo valore. Industria Italiana nei mesi scorsi ha fatto un approfondito viaggio in più puntate in Beretta, che i lettori possono trovare qui.

La prima fase è in corso. «Si tratta di progetti distinti, che ad esempio riguardano la valutazione delle caratteristiche del legno per il calcio dei fucili, grazie a strumenti che uniscono la visione e l’IA».

Un altro esempio è il digital twin del prodotto. La modellazione digitale, attraverso un sofisticato software per il calcolo numerico, ha permesso all’azienda di costruire dei prototipi virtuali del’arma, simulando con il calcolatore le condizioni di funzionamento, e consentendo così di prevedere la vita attesa dei componenti, di valutare le prestazioni in determinati regimi di utilizzo; e tutto ciò senza realizzare prodotti fisici e senza sparare alcun colpo.

Inoltre, a seguito della sensorizzazione delle macchine nello shopfloor, ora l’azienda dispone di una grande quantità di dati, che possono essere utilizzati «per elaborare strategie, e per la manutenzione preventiva e predittiva degli impianti. Stiamo già guadagnando punti in termini di efficienza».

Quanto alla seconda fase, invece, riguarderà «sistemi che coinvolgeranno più funzioni della produzione o dell’azienda. Questo passaggio segnerà un progresso molto evidente, perché significherà che abbiamo capito quali asset possono essere assistiti dell’AI» – afferma Beretta. Insomma, parliamo di IA sistemica.

La Fabbrica d’Armi Pietro Beretta, non ha bisogno di troppe presentazioni: l’azienda (le cui origini risalgono al 1526) è leader nel settore delle armi da fuoco leggere, munizioni, ottiche e abbigliamento dedicati alla caccia, allo sport e alla difesa personale, ovviamente tratta anche il legno, che serve soprattutto per il calcio dei fucili.  Peraltro, la Fabbrica è parte di un Gruppo che, guidato dal presidente e amministratore delegato Pietro Gussalli Beretta (fratello di Franco, e quindi anche lui della quindicesima generazione) riunisce ormai 50 società in tutto il mondo e fatturerà nel 2023 1,78 miliardi di euro.

L’azienda manifatturiera più antica d’Italia combina artigianalità e tecnologie evolute. A partire dalla lavorazione legno, le cui venature vengono analizzate e classificate dall’IA. Per arrivare alle modernissime macchine per la tomografia del partner Zeiss.

Ma come sono stati realizzati i risultati finora conseguiti? A parte lo sviluppo tecnologico, si è agito sulla formazione del personale.

«L’azienda ha intrapreso la trasformazione digitale anni fa con il progetto Industria 4.0, che ci ha fatto capire che il capitale umano poteva essere sia l’abilitatore che un ostacolo alla realizzazione di questo processo», afferma Beretta. Pertanto, l’azienda ha dato vita alle “Olimpiadi digitali”, «che prevedono sia l’assessment delle competenze che l’accompagnamento del personale verso nuove sfide», dice Beretta.

Avanguardisti per necessità di mercato: il caso Geico

Ali Reza Arabnia, presidente e ceo di Geico

Geico è un’azienda di Cinisello Balsamo, leader nei sistemi di verniciatura delle automobili. Già nel portafoglio di Comau è ormai da molto tempo di proprietà di Gecofin, la finanziaria di cui Ali Reza Arabnia è presidente e ceo. Nel 2017 Geico è la prima azienda al mondo a offrire un impianto di verniciatura a zero impatto ambientale. Si tratta di un risultato importante, perché in genere gli impianti di questo genere emettono particolato atmosferico, composti organici volatili, biossido di azoto e polveri sottili; e consumano una grande quantità di acqua e di energia. Ma come è stato conseguito questo obiettivo?

«Nel 2005 cercavamo un fattore che potesse distinguerci dagli altri fornitori per automotive, americani e giapponesi, senza puntare sui prezzi al ribasso. A seguito di un’analisi di mercato, abbiamo capito che, dato il grande consumo idrico e di energia degli impianti, e dato l’inquinamento, potevamo effettivamente differenziarci puntando sulla riduzione del danno. Va detto cha all’inizio ai nostri clienti della sostenibilità non importava nulla; ora è un must anche per loro. A quei tempi, peraltro, non c’era Industria 4.0, e quindi tecnologia disponibile», afferma Rezi Arabnia.

Nel 2009, Geico ha dato vita al Pardis Innovation Centre, Il più importante centro di ricerca e sviluppo al mondo nel settore della verniciatura delle scocche. È il fiore all’occhiello del Gruppo, premiato nei principali eventi di settore, come il Surcar Cannes.

Gli interni del Pardis Innovation Centre di Geico

«Abbiamo conseguito il risultato di impatto zero dell’impianto anche utilizzando energia rinnovabile, generata con pannelli sui tetti e nella fabbrica. Peraltro, dal momento che si trattava di gestire una pluralità di item, abbiamo sviluppato appositi algoritmi; e per far comunicare diversi pezzi tra di loro nello shopfloor, abbiamo dato vita ad un sistema che più tardi sarebbe stato definito IoT» – afferma Rezi Arabnia.

Ora si parla di Intelligenza Artificiale.  «Vedremo dove le aziende italiane, la nostra compresa, saranno in grado di arrivare grazie all’IA. Noi l’abbiamo implementata nel 2017. Ma sono fiducioso per le imprese del Paese: questo perché da noi la forza lavoro è speciale; e anzi per far quello che fa un italiano, occorrono quattro tedeschi o quattro giapponesi» – afferma Reza Arabnia. Insomma, c’è capacità e creatività, e l’IA è uno strumento utile.














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