Intelligenza artificiale: rischi o opportunità di un mercato che vale oltre 110 miliardi (e ne varrà 2mila nel 2031). Con Bain

di Alberto Falchi ♦︎ Bain & Company è stata fra le prime a siglare una collaborazione con OpenAI per integrare l'Ia generativa nei processi di business. Il primo cliente: Coca-Cola. Il mercato cresce con un Cagr del 34%, ma non mancano ostacoli. Il caro energia, in primis. E, in Europa, la questione privacy, con il Garante italiano che ha già "bacchettato" ChatGpt. Se è parlato in una tavola rotonda con Lorenzo Ruggieri (Bain), Luca Morena (Nextatlas) e Maria Francesca Guardamagna, (Partner Studio legale Guardamagna e Associati)

Il mercato dell’intelligenza artificiale continua a crescere di valore con percentuali a doppia cifra. Secondo Idc, il mercato globale dell’Ia valeva nel 2021 110 miliardi di dollari, un valore che arriverà alla soglia di 2.000 miliardi di dollari entro il 2031, con un tasso di crescita Cagr del 34%. Bain stima che entro il 2026 gli investimenti relativi a Ia, machine learning e advanced analytics raggiungeranno quota 100/120 miliardi di dollari, con una crescita anno su anno compresa fra il 16 e il 18%. Se inizialmente le soluzioni basate su Ia erano appannaggio solo delle imprese più propense a investire in innovazione, in poco tempo alcune specifiche applicazioni di questa tecnologia sono diventate democratiche, soprattutto grazie agli sforzi di OpenAi, che ha reso disponibili soluzioni di Ia generativa per manipolare e generare testi e immagini, accessibili gratuitamente da chiunque. Questo specifico segmento del mercato dell’Ia, sempre secondo Idc, valeva poco più di 8 miliardi di dollari, e ne varrà 126,5 miliardi nel 2031. Ci sono però alcuni scogli, in particolare relativi alla privacy. L’Italia per una volta è stata fra i primi Paesi a muoversi: una lettera del Garante della Privacy ha sollevato alcune spinose questioni, tanto che OpenAi ha deciso di sospendere momentaneamente il servizio per gli utenti italiani. Anche gli altri Garanti europei stanno muovendo le loro critiche. Nel corso di una tavola rotonda organizzata da Bain & Company, che a febbraio ha stretto una collaborazione con OpenAi, si è discusso il tema, sia dal punto di vista legale, sia dal punto di vista tecnologico, evidenziando opportunità e rischi.

Lo stato dell’Ia

«È chiaro come I’intelligenza generativa sia assolutamente centrale nello sviluppo del business nei prossimi anni», spiega Emanuele Veratti, partner e digital practice leader di Bain & Company. «Come Bain stiamo avendo molteplici conversazioni con clienti di tutti i settori merceologici e in tutte le aree geografiche proprio sulle applicazioni di questa tecnologia ed emerge chiaramente, in ogni industria, una volontà nuova di profonda trasformazione digitale». Secondo Bain, Ia e machine learning vedranno una crescita rapida e massiccia del mercato: dal 25 al 30% Cagr. Lo dimostra il mercato delle start-up: a gennaio 2023 i finanziamenti per imprese innovative che propongono soluzioni di Ia o machine learning ammontavano a circa 10 miliardi di euro secondo Bain, e rappresentavano il 20% di tutti gli investimenti di round A, B e C. Il motivo è presto detto: l’Ia permette di risparmiare tempo e, soprattutto, soldi. Secondo Bain, la spesa per i servizi calerà di circa 5 punti percentuali grazie a questa tecnologia, che permetterà di automatizzare operazioni che oggi richiedono un grande dispendio di tempo: reportistica, web scraping, dashboard. E spingerà la crescita dell’outsourcing, che passerà dal 38% al 44%. Perché è vero che l’Ia semplifica i compiti più difficili e ripetitivi, ma per adottarla in azienda sono necessarie competenze specifiche, che spesso mancano. Le imprese dovranno quindi rivolgersi a terze parti per ottenerle.







Il mercato globale dell’Ia varrà 2.000 miliardi di dollari entro il 2031, secondo Idc. Il dato relativo all’Italia è di 500 milioni, sempre al 2031

Fra gli executive del settore tech, il consenso è quasi unanime: il 90% ritiene che l’Ia sia una tecnologia rivoluzionaria e fondamentale. Ma, va detto, l’87% ritiene che ancora non sia stata implementata adeguatamente. I rapidissimi passi avanti fatti da società come OpenAi (l’associazione che ha sviluppato ChatGpt) mostrano però come questa tecnologia si sta evolvendo rapidamente.

L’aumento di potenza di calcolo delle Gpu e il relativo costo della capacità di calcolo stanno trainando la crescita degli investimenti sull’Ia

Ma come mai solo negli ultimi anni, se non mesi, c’è stata questa velocissima accelerazione? Il merito è da attribuire ai passi avanti fatti nell’ambito delle Gpu (in particolare quelle di Nvidia, ma non solo), che permettono di accelerare enormemente i complessi calcoli alla base degli algoritmi di machine learning e deep learning, abbattendo di conseguenza i costi della potenza di calcolo necessaria a queste applicazioni. Costi che in ogni caso rimangono elevati, soprattutto a causa dell’enorme dispendio energetico di queste tecnologie. Per addestrare un modello di Ia su un set di dati molto ampio, come quelli utilizzati da OpenAI, si possono spendere decine di milioni e, secondo l’azienda, nel 2030 la cifra potrebbe arrivare sino a mezzo miliardo.

Il problema del caroenergia

 

Lorenzo Ruggieri, innovation & design expert partner di Bain & Company (Fonte: LinkedIn)

Uno dei primi problemi dell’Ia lo abbiamo già evidenziato: il costo dell’energia elettrica necessaria per addestrare i modelli, e il relativo impatto sulle emissioni di CO2. Ci sono però altri problemi da non sottovalutare, a partire dalla privacy delle informazioni sensibili, come dimostrano anche le varie osservazioni dei Garanti per la Privacy europei. Al momento in cui scriviamo, ChatGpt non è accessibile dall’Italia proprio a causa della segnalazione del Garante italiano. In seguito alle sue affermazioni, OpenAI ha deciso per uno stop provvisorio all’erogazione del servizio in Italia e, sempre al momento in cui scriviamo, non è possibile utilizzarlo dai confini nazionali, a meno di usare strumenti come le Vpn che simulano il collegamento da Ip di altre nazioni.
Lorenzo Ruggieri, innovation & design expert partner di Bain & Company, sottolinea anche altre criticità che andranno necessariamente risolte. A partire dal bias dell’Ia. È vero che l’Ia “ragiona” automaticamente, ma i set di dati utilizzati per addestrarla potrebbero contenere dei pregiudizi (spesso inevitabili, se sono degli umani a inserire le informazioni) che potrebbero portare a risultati discriminanti per specifici gruppi di persone. Il Washington Post ha pubblicato un elenco di alcune delle fonti utilizzate per il training (l’addestramento) di ChatGpt. E ci possiamo trovare Wikipedia, il Ny Times, il Guardian, lo stesso Wp, ma anche noti siti di propaganda russa (come Russian Times) o vicini all’estrema destra statunitense (Breitbart.com e vdare.com). Oltre a una grande quantità di blog personali su sites.google.com e medium.com.

Ruggieri si sofferma sull’impatto di questa tecnologia sul lavoro: l’Ia in futuro potrebbe portare a un aumento della disoccupazione, in particolare per quanto riguarda i ruoli a basso valore aggiunto. Uno dei nodi principali però è il rischio, per assurdo, di frenare l’innovazione, soprattutto negli ambiti più creativi: abituarsi ad avere immagini e contenuti testuali già pronti semplicemente scrivendo un prompt di poche parole potrebbero portare a un appiattimento. Ma questo, va precisato, non è un problema della tecnologia in sé, quando delle persone e di come si interfacciano con gli strumenti. Ruggieri segnala infine un potenziale rischio di crisi economiche globali, che potrebbero essere causate se si lascia troppa libertà agli algoritmi.

Per questo motivo è importante secondo Bain è necessario sviluppare Ia etiche e valutare con attenzione la possibilità di delegare scelte a degli algoritmi: va bene usarla come supporto, ma sarà importante regolamentarla in modo che ci sia sempre un controllo umano in certi ambiti, per evitare risultati imprevedibili. Sia nel settore finanziario, sia nell’ambito sociale: le conseguenze di un uso indiscriminato del riconoscimento facciale potrebbero infatti essere molto negative. Non è un caso che in Europa il Gdpr impedisca un uso così massiccio dell’Ia applicata alla videosorveglianza, consentendolo solamente in casi molto specifici, per esempio per il ritrovamento di minori scomparsi. E sempre il Gdpr sta creando qualche grattacapo a ChatGpt.

Gdpr e ChatGpt sono compatibili?

Maria Francesca Guardamagna, Partner dello Studio legale Guardamagna e Associati (Fonte: LinkedIn)

Durante la tavola rotonda organizzata da Bain si è dibattuto a lungo sul blocco di ChatGpt in Italia voluto dal Garante della Privacy, con punti di vista anche molto differenti. Premettiamo che il Garante non ha bloccato il servizio, ma ha ingiunto la limitazione provvisoria del trattamento dei dati personali degli interessati stabiliti in Italia e, a seguito delle interlocuzioni con OpenAi, si è limitato a chiedere una serie di adempimenti affinché Open AI stesso si adeguasse alle norme europee. OpenAi ha preferito disabilitare il servizio tout court. Ma quali sono queste richieste? Lo spiega Maria Francesca Guardamagna, Partner dello Studio legale Guardamagna e Associati, indicando come il provvedimento del Garante richieda alcune modifiche tutto sommato semplici e altre meno. Alcuni vizi formali possono essere facilmente risolti da OpenAi semplicemente inserendo una informativa privacy (obbligatoria da tempo per tutti i siti in Ue), e implementando strumenti di age verification per bloccare l’accesso ai minori di 13 anni. Più complesso invece il tema del trattamento dei dati pre-acquisiti e della rettifica sugli stessi. Sicuramente, come sottolinea Guardamagna, «non si può prescindere dal consenso informato o altra valida base giuridica» per l’acquisizione dei dati che vengono trattati da ChatGpt. Consenso che effettivamente nessuno ha dato: OpenAi queste informazioni le ha ottenute facendo scraping dei contenuti liberamente disponibili in Rete, usando fra le fonti anche Wikipedia e le discussioni su Reddit. E questo è un problema che va assolutamente risolto, se OpenAi vuole continuare a operare in Ue. Sotto questo profilo sono stati fatti però alcuni passi avanti, ed è disponibile uno strumento che consente di rimuovere le informazioni personali dai set usati per addestrare l’Ia.

Luca Morena, fondatore e ceo di Nextatlas (Fonte: LinkedIn)

Un tema molto delicato è invece quello della rettifica delle informazioni o della cancellazione delle stesse. Il fatto è che ChatGpt sbaglia, spesso, talvolta inventando informazioni. Questo è un problema serio: se un giornale scrive che il signor X è un pregiudicato, esistono strumenti per rettificare l’informazione. Anche online. Nel caso di ChatGpt no. Anche perché non è come un motore di ricerca: è un servizio per manipolare testi, non per cercare informazioni. Ragiona su probabilità e statistiche, non su corrispondenze certe. «non è come un database dal quale puoi cancellare un dato», afferma Luca Morena, fondatore e ceo di Nextatlas, realtà che realizza analisi sui trend del mondo consumer facendo leva proprio sull’Ia. Secondo la sua interpretazione, condivisa soprattutto da ingegneri e informatici, la richiesta di correggere le informazioni degli output generati da ChatGpt e simili sistemi è tecnicamente impossibile.
La difficoltà tecnica a risolvere la questione però non può essere una scusa per ignorare il problema. Questo il punto di vista di chi opera nell’ambito legale, fra cui Guardamagna. Che pure è critica su come è formulato il comunicato del Garante, «in quanto laddove ipotizza il legittimo interesse come possibile base giuridica per il trattamento dei dati sembrerebbe lasciare scoperta la categoria dei dati particolari. Ma, forse, più semplicemente, lascia alla responsabilità di OpenAi di effettuare l’indicazione della base giuridica corretta».

Come Bain supporta i suoi clienti a integrare l’Ia nei processi

A febbraio, Bain ha annunciato una collaborazione con OpenAi per mettere le capacità di prodotti come ChatGpt e Dall-E (il generatore di immagini) al servizio dei propri clienti. La prima collaborazione sotto questo profilo è stata con Coca-Cola (ne abbiamo parlato qui), dove è stata applicata per migliorare le attività di marketing del noto produttore di bibite.

Bain sta collaborando con OpenAi per integrare l’intelligenza artificiale nelle operazioni dei suoi clienti e per supportare i cambiamenti necessari per migliorare la tecnologia, i processi, il modello operativo e i data asset. La prima azienda a usufruire di questa alleanza è stata Coca-Cola

Bain sta collaborando con OpenAi per integrare l’intelligenza artificiale nelle operazioni dei suoi clienti e per supportare i cambiamenti necessari per migliorare la tecnologia, i processi, il modello operativo e i data asset. Oltre a use case già consolidati, la collaborazione ha l’obiettivo di supportare le aziende dei diversi settori nell’adozione dell’intelligenza artificiale generativa attraverso le loro specifiche value chain. Fra le proposte dell’azienda, l’idea di utilizzare ChatGpt e Dall-E per sviluppare testi pubblicitari altamente personalizzati, ricchi di immagini e caratterizzati da messaggi mirati allo specifico utente. In finanza, Bain suggerisce che l’Ia generativa può aiutare il lavoro dei consulenti attraverso l’analisi dei dialoghi con i clienti.

Durante l’incontro, Ruggieri ha citato due casi d’uso concreti, partendo da una soluzione per velocizzare le attività di assunzione del personale. Adottandola, i reparti Hr possono sfruttare l’Ia come assistente per la scrematura iniziale dei profili, così come le successive fasi del processo di assunzione. A quanto dichiara l’azienda. Il modello standard dell’algoritmo utilizzato per queste attività offriva un’accuratezza dell’81%, migliorata all’86% solo con alcune personalizzazioni a opera di Bain stessa. Un ulteriore fine tuning dell’algoritmo porterebbe a un’accuratezza superiore al 90%.

Un altro esempio concreto è un sistema sviluppato da Bain che sfrutta l’Ia di OpenAi per l’ottimizzazione dei prezzi di prodotti e servizi (price optimization), in grado di adattare il prezzo a seconda dello specifico utente e di vari fattori, così da incrementare le possibilità di vendita.

Elon Musk non sta a guardare

Elon Musk, ceo di Tesla, è stato fra i fondatori di OpenAi. Recentemente ha lanciato una nuova start-up, X.Ai

Il miliardario Elon Musk è stato fra i primi a credere nel potenziale dell’intelligenza artificiale, tanto che è stato fra i fondatori di OpenAi e l’ha inizialmente finanziata con 10 milioni di dollari. Per alcuni anni ha ricoperto anche il ruolo di chairman di OpenAi, posizione che ha poi lasciato per potenziali conflitti con le sue attività in Tesla. Recentemente, l’istrionico personaggio ha pubblicato una lettera aperta ai fondatori di OpenAi (firmata anche da personaggi di spicco, fra cui Steve Wozniak, cofondatore di Apple), chiedendo l’interruzione dell’addestramento del modello di Ia di ChatGpt 4 (quello più recente ed evoluto, utilizzato nella versione a pagamento), così da dare tempo al settore di sviluppare protocolli di sicurezza e di governance e cercare di risolvere le principali incertezze. Una lettera alla quale ha risposto Sam Altman, ceo di OpenAi, sottolineando come pur condividendo alcune osservazioni di Musk, l’appello fosse un po’ troppo generico e allarmista, privo dei fondamentali dettagli tecnici. Volendo essere maliziosi, si può anche vedere nella lettera di Musk un classico esempio di Pr stunt. Perché se da un lato Musk chiede una momentanea moratoria sullo sviluppo dell’Ia, dall’altro contemporaneamente ha fondato una nuova azienda attiva nel settore, X.Ai. Della quale, al momento, si conosce poco, praticamente solo il nome.














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