I segreti di Pietro Carnaghi, produttore di gigantesche fresatrici ed enormi torni

di Marco de’ Francesco ♦︎ L’azienda del quarto capitalismo a gestione familiare, leader nella produzione di fresatrici, torni verticali e celle flessibili vara nuove linee di business con l’aiuto di Siemens. Inaugurato un nuovo dispositivo – mastodontico – per applicazioni navali

L’obiettivo è il consolidamento della presenza globale nel mondo e la total quality come imperativo categorico, per la Pietro Carnaghi di Villa Cortese, Milano. L’azienda – che produce fresatrici, torni verticali e celle flessibili con una particolare vocazione per quelle di grandi dimensioni, anche enormi – ha due linee strategiche per conseguire il risultato: la managerializzazione dell’azienda, affiancando la proprietà a dirigenti internazionali con esperienze e visione globali; e il digital twin non solo di una macchina o di un impianto, ma anche di simulare e testare, attraverso il virtual commissioning, tutte le funzionalità della macchina prima che venga prodotta.

In quest’ultima operazione l’impresa intende avvalersi dell’esperienza del colosso dell’automazione Siemens, di cui è già cliente. La Pietro Carnaghi è un’azienda familiare, innovativa e globalizzata: un tipico esempio di Quarto Capitalismo. Ed è nota per le dimensioni straordinarie delle sue macchine da lavoro: a Kiel è operativa una gigantesca fresatrice di tipo gantry a portale mobile, che serve per lavorare sezioni di sommergibile.







Visitando la fabbrica, di tutto ciò abbiamo parlato con l’Amministratore Delegato Giuliano Radice e con il direttore commerciale dell’azienda Davide Lavazza, nonché con il Sales Manager Oem per la Lombardia di Siemens Italia, Massimo Consonni.

L’amministratore delegato di Carnaghi Giuliano Radice

 

Una fresatrice colossale per applicazioni navali

Bisognerebbe vederla in azione, per farsene un’idea. Basti immaginare una gigantesca fresatrice a portale mobile Gantry, chiamata Unimill 100 perché la distanza tra le due colonne del portale è di 10 metri. L’altezza della fresatura è di 11,5 metri, mentre l’asse longitudinale è di 51 metri, mezzo campo da calcio. La macchina è equipaggiata con una tavola di tornitura che ruota, larga 8,5 metri e in grado di sostenere pezzi da 100 tonnellate. Ma a che serve una macchina da lavoro di queste dimensioni? A lavorare componenti per l’industria navale, nel caso specifico. Una fresatrice è una macchina utensile usata per la lavorazione in forme complesse di parti metalliche. Con la Pietro Carnaghi Unimill 100 «si possono lavorare i vari componenti in interpolazione a 5 assi e completare il tutto con la tornitura» racconta Giuliano Radice.

Fresatrice a portale mobile Gantry, chiamata Unimill 100 perché la distanza tra le due colonne del portale è di 10 metri

La mobilità del portale e l’alto grado di automazione consentono un risparmio di tempo e di personale notevoli. I modelli Unimill (ce ne sono di varie dimensioni) permettono la “lavorazione in pendolare”, con l’allestimento di due o più aree separate sulla tavola: una di lavorazione, con relative protezioni e carenature mobili (opzionali) ed una di fissaggio pezzo, accessibile attraverso apposite passerelle ad altezza tavola. Il cambio degli accessori e degli utensili avviene in modo automatico, con sistemi di catene portautensili, dischi magazzino o pick-up mobili per gli accessori più pesanti. Un modello di Unimill 100 è operativo anche nello stabilimento di Pietro Carnaghi a Villa Cortese (Milano), impianto che di recente è stato ampliato in maniera significativa, aggiungendo nuove unità di produzione dedicate alle grandi macchine, con capannoni che raggiungono i 20 metri di altezza utile, arrivando ad una superficie totale coperta superiore ai 50mila metri quadrati. «Lo utilizziamo per le nostre lavorazioni interne, realizzate a temperatura costante» spiega Davide Lavazza. «Un modo per controllare la dilatazione termica, e quindi per garantire processi di qualità».

 

Davide Lavazza, direttore commerciale di Carnaghi

 

Torni, frese e celle flessibili

La Pietro Carnaghi è stata fondata nel lontano 1922. Con un fatturato attorno agli 80 milioni, occupa 260 persone, di cui 205 a Villa Cortese e le restanti tra Cina, Usa e Germania, dove l’azienda ha uffici di vendita e di service. Il cervello pensante – in fatto di progettazione e realizzazione delle macchine – è rimasto in Italia. Ma di cosa si occupa, esattamente? Produce torni verticali di tornitura e fresatura (tavola con diametro da 800 a 10mila mm); fresatrici a portale mobile (tipo Gantry, con luce tra le colonne fino a 14mila mm); e celle flessibili di produzione (Fms).

Insomma, si occupa di macchine utensili, talora, come abbiamo visto, di dimensioni ragguardevoli. Macchine per lavorare turbine o motori di aerei. In un contesto in cui la qualità è quasi tutto. Errori, non sono ammessi. D’altra parte, il settore in cui l’impresa opera presenta barriere molto alte: «per entrarvi occorrono mezzi, soldi, expertise, know how. Noi siamo anche fortunati, perché nell’area milanese ci sono piccole aziende fornitrici di alto livello» continua Radice. La Pietro Carnaghi è un’azienda del Quarto Capitalismo: origine e gestione familiare (siamo alla quarta generazione, Radice è un Carnaghi da parte di madre), proiezione internazionale e attenzione all’innovazione. Sono ormai più di 1.500 le macchine che l’azienda ha in giro per il mondo. Tra i maggiori clienti, Rolls Royce, Caterpillar, General Electric, Boeing, ThyssenKrupp, Volkswagen.

Stabilimento Pietro Carnaghi

 

Uno sguardo allo stabilimento

Anzitutto, un reparto di assemblaggio dove si mettono insieme componenti già elettrosaldati e successivamente lavorati dal punto di vista meccanico. Le macchine sono assemblate sopra giganteschi piani di ghisa: «lì si verificano la geometria e la funzionalità della strumentazione» precisa Lavazza.

Piano di ghisa

«Le macchine sono singolarmente lavorate in diverse isole autonome, che ricevono materiali dal magazzino solo quando è necessario. Ogni isola è una commessa, con un proprio layout. Sono presenti, peraltro, due reparti dove si realizza l’assieme dei sottogruppi della macchina. In pratica, dal momento che il mercato punta sulla riduzione del lead time (tempo di attraversamento), si portano avanti le operazioni di assemblaggio in maniera parallela. Sempre nello stabilimento, sono presenti due grosse macchine in lavorazione di collaudo col cliente. Una per il settore Difesa della Francia, «che fa 9 metri di tornitura e 8 metri di altezza».

Macchina per il settore Difesa della Francia

Ha un design particolare: «è chiusa su un solo lato, a bandiera, in modo che il componente possa essere caricato sui tre lati» precisa Radice. Un’altra è destinata ad applicazioni per aerospazio e difesa.  È molto grande. «È destinata a lavorare componenti navali. A breve cominceremo le simulazioni con il cliente». C’è un reparto verniciatura e sbavatura (eliminazione delle impunità); ed uno per le spedizioni e il packaging. La logistica è una faccenda non trascurabile: «qui si realizzano i container che devono essere in grado di contenere l’umidità in mesi di viaggio sul mare» afferma Radice. Una cosa che colpisce molto, a Villa Cortese, sono le dimensioni dei carrelli: uno può trasportare sino a 60 tonnellate, l’altro sino a 150. Sono enormi, elettrici e radiocomandati.

Carrello trasportatore

 

Obiettivi e strategie

L’obiettivo di rimanere sempre all’avanguardia può essere raggiunto «cambiando il mix produttivo, e integrando più automazione e tecnologie. Si pensi all’additive manufacturing: aggiungere materiale, invece di toglierlo». Non che la Pietro Carnaghi non sia aggiornata in fatto di innovazione. «Per esempio, lavoriamo la fibra di carbonio. Si utilizzano macchine utensili adattate a questo compito, visto che la fibra non può essere contaminata da acqua e da olio, e che bisogna raccogliere la polvere con un particolare aspiratore». E poi c’è il Cms, Carnaghi Machine Supervisor, «il pacchetto 4.0 dell’azienda». Si tratta di un software sviluppato internamente grazie al quale vengono elaborate enormi quantità di dati provenienti da sensori di vibrazioni, temperatura, pressione, applicati alla macchina del cliente. «Il quale riceve informazioni sotto forma di alert». Un sistema che consente l’ottimizzazione dei processi; e il confronto costante tra i dati rilevati e i parametri di riferimento. Gli alert possono suggerire i tempi della manutenzione. «Si procede verso il miglioramento continuo». Ma allora, cos’altro si può fare? «Anzitutto, punto sulla managerializzazione dell’azienda; noi siamo un’impresa familiare, ma anche con manager internazionali dotati di grande apertura mentale».

E poi c’è la questione del virtual commissioning. «È una partita nella quale Siemens è coinvolta». Ed in effetti il colosso dell’automazione, e della digitalizzazione, è già molto avanti su questo tema. Che è complesso. Non si tratta solo di realizzare il gemello digitale della macchina, ma di simulare e di testare tutte le funzionalità della macchina prima che sia prodotta. Si convalida il progetto dal punto di vista operativo. Va detto che la Pietro Carnaghi è già parte di MindSphere World Italia, l’associazione promotrice del sistema operativo aperto per l’IoT basato su cloud MindSphere, per guidare e partecipare a questo rapido sviluppo, dagli utenti agli esperti agli sviluppatori di app. Ma Pietro Carnaghi già utilizza numerose tecnologie e soluzioni Siemens, per la precisione quelle curate dalla operating company Digital Industries (guidata in Italia da Giuliano Busetto). Ne cita alcune Massimo Consonni: «A partire ad esempio, dai sistemi di controllo numerico Sinumerik, soprattutto il Sinumerik 840D sl, ma anche i drive, come la famiglia di azionamenti Sinamics; o ancora i motori sincroni Simotics 1FT7. Quanto al progetto sul virtual commissioning, è di vasta portata, e credo che cambierà il modo di lavorare della Pietro Carnaghi e dei suoi clienti».

Massimo Consonni, Sales Manager Oem per la Lombardia di Siemens Italia













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