I segreti del plant Abb di Genova, dove si producono i convertitori ausiliari per il mondo ferroviario

di Renzo Zonin ♦︎ Nella fabbrica ligure si sviluppano e costruiscono i convertitori ausiliari. Sono componenti fondamentali per il mondo ferroviario, che trasformano la corrente ad alta tensione in elettricità utilizzabile per i sistemi a bordo treno. E non solo: vengono usati sui tram di Toronto, le metropolitane di Medellin e sui treni ibridi Blues di Trenitalia. L'approccio Lean per ottimizzare la produzione. Ci guida nel viaggio Filippo Massariello, global product group manager rail auxiliaries e division manager traction Italy di Abb

Sapete cosa hanno in comune i tram di Toronto, le vetture della metropolitana di Medellin e i nuovissimi treni ibridi “Blues” di Trenitalia? Tutti quanti utilizzano i convertitori elettrici ausiliari progettati e costruiti in Italia, e precisamente dalla Abb nel suo stabilimento di Genova. Lo stabilimento, che iniziò la produzione nel 2016, è un polo ingegneristico e di progettazione avanzatissimo, tanto da rappresentare la punta di diamante di Abb per i convertitori ausiliari a livello mondiale. Nello stabilimento lavorano un centinaio di persone, una trentina delle quali si occupano della fase di progettazione e ingegnerizzazione.

Vista la particolarità del prodotto – un convertitore ausiliario, infatti, è un apparecchio che pesa svariati quintali, e va “personalizzato” per ogni rotabile al quale è destinato – la fase di progettazione è piuttosto lunga e prevede una stretta interazione fra progettisti, forza vendita, cliente (tipicamente un produttore di treni), e spesso anche il “cliente del cliente”, ovvero i vari gestori di linee come Trenitalia o Trenord.  Una volta messe a punto le specifiche si passa alla progettazione vera e propria, di solito partendo dalla libreria di moduli di potenza sviluppati dal centro di Ricerca & Sviluppo Abb in Svizzera. Scelto il modulo più adatto a rispettare le specifiche di potenza necessarie, esso viene ingegnerizzato e completato in modo da rispettare i requisiti “fisici” richiesti: dimensioni, layout, peso, efficienza, performance eccetera.







Arrivati al prototipo inizia una serie di test e collaudi estremamente gravosi che hanno esito distruttivo: il primo prototipo infatti viene “sacrificato” per appurare i veri limiti fisici del dispositivo. A seguito del superamento dei test, si arriverà alla versione definitiva del prodotto che andrà in produzione. In genere, visto il livello di personalizzazione, parliamo di piccole serie, fatte di poche centinaia di pezzi, che vengono costruite nell’area dello stabilimento di Genova dedicata all’assemblaggio. Quest’ultima è organizzata in isole di produzione, ottimizzate secondo i dettami di Lean Production, in modo da ridurre al minimo gli spostamenti di persone e componenti.

Una volta assemblato, ogni convertitore viene portato in una “gabbia di test” dove inizia una serie di collaudi che durano da un minimo di 24 ore a una settimana circa. Questa fase è fondamentale per rilevare anche il minimo difetto dell’apparecchio, che, una volta montato sul treno di destinazione, dovrà affrontare una vita operativa tipicamente intorno ai 30 anni, assicurando le proprie prestazioni in qualsiasi condizione d’uso, nei climi più estremi e sulle linee più sconnesse.

Abbiamo visitato lo stabilimento di Genova con Filippo Massariello, global product group manager rail auxiliaries e division manager traction Italy di Abb, che ce ne ha illustrato le principali caratteristiche e il modus operandi che porta dal progetto (anzi, dal pre-progetto) ai prototipi, ai collaudi e al prodotto finito pronto per la spedizione.

Cosa è un convertitore ausiliario?

Filippo Massariello, global product group manager rail auxiliaries e division manager traction Italy di Abb

Il convertitore ausiliario è un componente tecnologico fondamentale per i rotabili attuali: esso si occupa di trasformare l’energia elettrica ad alta tensione in arrivo dalla linea aerea (tecnicamente “catenaria”), dai generatori diesel/elettrici di una motrice o dalle batterie di bordo in un’energia che, per voltaggio, intensità e frequenza, sia utilizzabile dai servizi di bordo. Servizi che vanno dall’aria condizionata al riscaldamento, dall’illuminazione delle carrozze ai display informativi, dall’apertura servoassistita delle porte alle telecamere di sorveglianza, e così via fino all’alimentazione delle prese Usb ed elettriche che consentono ai passeggeri di ricaricare i loro cellulari e usare i propri notebook.

Lo stabilimento di Genova, situato nella zona di Sestri Ponente, è il punto di riferimento di Abb per questo tipo di convertitori. I treni montano anche un altro tipo di convertitore, detto “di trazione”, che si occupa di fornire energia ai motori che muovono il convoglio. ABB produce i convertitori di trazione in un polo industriale in Svizzera.

Il lavoro inizia prima della progettazione, ma come nasce un convertitore?

Progettare un convoglio ferroviario è un lavoro complesso che coinvolge spesso più aziende, specializzate nei vari sottosistemi, per un lungo lasso di tempo. «Dal primo interesse dimostrato da un cliente alla definizione del prodotto, così come verrà ordinato, possono passare anche due anni – chiarisce Massariello – condizionati dalla progettazione dell’intero treno e dalla definizione delle specifiche del convertitore».

Ma perché serve tutto questo tempo? «Il nostro cliente principale è il costruttore dei treni – spiega Massariello – che a sua volta ha come cliente l’operatore, per esempio Trenitalia. È quest’ultimo a indire una gara per una nuova flotta e a definire quelle che saranno le performance richieste al convertitore. Alla gara partecipano i vari costruttori dei treni, che interagiscono con il nostro team tecnico per identificare la soluzione più efficace ed efficiente da offrire».

La fabbrica è il centro di sviluppo della multinazionale per la tecnologia dei convertitori ausiliari: forniscono energia a tutti i servizi di bordo

Dal lavoro congiunto di questi team usciranno le specifiche definitive del convertitore, e una volta ufficializzato l’ordine, la palla passerà ai progettisti.

«Da quel momento abbiamo circa 9-10 mesi di lavoro per arrivare alla consegna del primo pezzo che è fondamentale perché permette al cliente di procedere con l’omologazione del veicolo» prosegue Massariello. Dopo l’omologazione è difficilissimo fare modifiche, in quanto sarebbe necessario ripetere la procedura di omologazione.  «In questa fase la pressione sul rispetto dei tempi è altissima ed è fondamentale che sia gestita da professionisti del project management. L’ingegneria si serve di moduli di potenza predefiniti che garantiscono l’affidabilità del prodotto che andremo a personalizzare in così breve tempo».

La fase successiva è quella della realizzazione del prototipo, dove interviene l’ingegneria di produzione che ha il compito di ottimizzare tecniche e materiali prima dell’industrializzazione definitiva.

«La bravura sta nel riuscire a fare questo in tempi brevissimi – puntualizza Massariello – abbiamo un piccolo reparto che se ne occupa, un’area dedicata proprio alla prototipazione, perché mentre costruiamo il prototipo dobbiamo già intuire quali potrebbero essere i problemi per la serie, per non creare un prodotto troppo complesso da costruire. Questo si fa con l’esperienza e soprattutto con le persone, perché avendo un prodotto che ogni volta viene reindustrializzato, la competenza delle persone fa tanta differenza. In ABB cerchiamo di selezionare sempre persone che ci permettano di fare la differenza, che siano i migliori nel loro ruolo».

La produzione

Uno scorcio della sala principale dello stabilimento. A sinistra alcune isole di assemblaggio, A destra le gabbie di collaudo

Lo stabilimento Abb di Genova è piuttosto recente, anche perché Abb è entrata sul mercato italiano dei convertitori nel 2012, tramite l’acquisizione del relativo ramo d’azienda di Rgm. L’idea fin dall’inizio era di costruire attorno a questo nucleo un’unità che fosse responsabile dei convertitori ausiliari per tutto il mondo, permettendo così alla fabbrica svizzera di focalizzarsi sui convertitori di trazione. «Inizialmente, la produzione era in buona parte in outsourcing, ma questo rendeva difficile la gestione dei processi, della qualità e anche dei tempi – commenta Massariello – Per questo nel 2016 si è deciso di portare la produzione all’interno del Green Building dove abbiamo la nostra sede a Genova. Da allora l’obiettivo è stato quello del miglioramento continuo».

L’assemblaggio dei convertitori avviene per isole di lavoro posizionate nell’area principale dello stabilimento, contigue al magazzino della componentistica e dei sottoinsiemi preassemblati. Trattandosi di produzione in piccola serie, l’automazione delle operazioni di assemblaggio è limitata; al contrario computer e digitalizzazione sono ampiamente impiegati per il funzionamento delle gabbie di test.

Nonostante la manualità di molte operazioni, qualità e sicurezza sono garantite attraverso l’implementazione della metodologia di lavoro Six Sigma.

La fase di test

Foto04 Un convertitore in fase di collaudo nella gabbia Andromeda. Tutti gli strumenti sono collegati con l’esterno solo tramite un cavo in fibra ottica, che trasmette i dati e consente di inviare comandi al conver

Considerato che lo stabilimento produce circa 350 convertitori l’anno e che ogni singolo convertitore viene collaudato a lungo, è chiaro che le gabbie di test debbano hanno un ruolo fondamentale e occupano una buona fetta della superficie della fabbrica.

Anch’esse si sono evolute negli anni, e se prima la strumentazione di ogni gabbia era posizionata vicino all’operatore, e connessa via cavi ai convertitori da testare, nelle gabbie di nuova generazione (se ne vede una nella videointervista che abbiamo girato durante la visita, la trovate sul nostro canale YouTube) l’impostazione è cambiata radicalmente: ora gli strumenti di misura sono tutti all’interno della gabbia, e la trasmissione dei dati all’esterno avviene via fibra ottica (garantendo quindi la separazione galvanica) e poi in wireless, grazie a una rete wi-fi che connette la fabbrica.

«Abbiamo deciso di isolare al 100% l’operatore dall’apparecchio in fase di test, perché la tensione può arrivare anche a 5.000 volt – racconta Massariello – e per questo abbiamo sviluppato internamente una strumentazione computerizzata e un’interfaccia grafica per raccogliere le misurazioni e permettere all’operatore di modificare i parametri di test senza interagire fisicamente con il convertitore.

Inoltre, abbiamo standardizzato le nuove gabbie, così la fase di setup per i vari convertitori, che prima durava due giorni, oggi richiede solo un paio d’ore».

In realtà, le gabbie di test Abb hanno anche un’altra caratteristica interessante: sono in grado di recuperare e rimettere in circolo circa i due terzi dell’energia elettrica impiegata durante il collaudo, energia che con le vecchie strumentazioni veniva completamente dissipata tramite carichi resistivi, producendo consumi molto elevati (oltre a qualche grattacapo per lo smaltimento del calore in eccesso).

La consegna non è l’ultima fase del lavoro…

Il sistema di alimentazione delle gabbie di nuova generazione puo_ rimettere in circolo fino al 70Þll’energia usata nel test

Una volta consegnato il primo esemplare i tempi di consegna del lotto possono richiedere svariati anni. Tipicamente gli ordini consistono massimo di qualche centinaio di convertitori.

Una volta che il prodotto è nelle mani, anzi sul treno del cliente, il lavoro non può ancora dirsi finito perché un apparato che ha una vita tipica di 30 anni ha bisogno di una serie di interventi, dalla manutenzione ordinaria e straordinaria, alle eventuali riparazioni, per non parlare di eventuali aggiornamenti funzionali.  Ecco perché, se il primo cliente di Abb è il costruttore del treno, il secondo cliente è l’operatore, chi gestisce il servizio ferroviario, con il quale ci si andrà a interfacciare nel post-vendita.

«L’operatore è l’altro nostro cliente – conferma Massariello – perché ovviamente, avendo i convertitori una vita di 30 anni, spesso magari dopo 15 anni hanno bisogno di un rinnovamento, anche perché nel tempo possono essere cambiate le esigenze; basti pensare ai treni che venivano costruiti 15 o 20 anni fa che mancavano di tutta una serie di servizi di bordo.

In questo caso le opzioni sono due: o vengono completamente sostituiti, oppure semplicemente rinnovati. In questa fase noi di solito parliamo direttamente con l’operatore, ma non sempre. Alle volte c’è il costruttore che si prende carico del rifacimento del treno, altre volte è l’operatore stesso che lo fa». La maggior parte degli operatori, infatti, dispone di strutture apposite, di reparti di ingegneria e manutenzione e cerca quindi di eseguire all’interno la gran parte di questi lavori. In questo, il settore ferroviario è un po’ un unicum, nel quale gli operatori hanno competenze importanti non solo sulla gestione del servizio, ma anche sui mezzi che utilizzano. Alla fine, tutto dipende dal contratto di manutenzione che si è firmato con il costruttore e l’operatore. Abb in ogni caso dispone di un reparto tecnico specializzato nell’assistenza post-vendita, che può operare in varie modalità, sia svolgendo direttamente i lavori di manutenzione, riparazione e retrofit, sia collaborando a vari livelli con i tecnici del costruttore o dell’operatore ferroviario.

Un mercato mondiale… con qualche distinguo

Il Green Building di Sestri Ponente, dove ha sede lo stabilimento Abb dove si producono i convertitori ausiliari per uso ferroviario

Abbiamo già detto che lo stabilimento di Genova è il punto di riferimento mondiale di Abb per i convertitori ausiliari, per i quali viene detenuto qui il know-how aziendale. Tuttavia, non tutti i convertitori qui progettati vengono anche prodotti nello stabilimento. Questo accade perché in molti Paesi il comparto ferroviario impiega finanziamenti di provenienza pubblica, e deve quindi sottostare a regole che richiedono, per esempio, la localizzazione della spesa. Per dirla in parole povere, percentuali importanti del budget vanno spese localmente. «Per esempio, negli Stati Uniti se i fondi per la realizzazione delle ferrovie sono federali c’è il cosiddetto “buy America” – spiega Massariello – e quindi magari il 70% del costo deve essere sostenuto negli Stati Uniti. A quel punto bisogna avere per forza un’unità di assemblaggio locale, di cui disponiamo. Adesso abbiamo due stabilimenti. Lo stesso vale per l’India, che è un altro mercato dove bisogna per forza costruire localmente».

In aggiunta il settore ferroviario è sottoposto a un’infinità di normative, per la maggior parte riguardanti la sicurezza, oltre a tutta una serie di standard per quanto riguarda alimentazione, sistemi di segnalamento e via discorrendo, i quali variano pesantemente da Paese a Paese tanto che nella fase di preprogetto e di progetto, parecchio tempo viene investito proprio nel garantire la compliance delle apparecchiature e nel produrre i relativi documenti e certificazioni.

Da qualche tempo, poi, si sono aggiunte le norme “green”. Rispetto a queste ultime, in Abb sono tranquilli. «Il nostro stabilimento si chiama Green Building perché è di colore verde – scherza Massariello – ma in realtà siamo degli antesignani del green. Credo che il nostro sia il primo stabilimento italiano a “zero CO2”, perché abbiamo completamente eliminato il gas, e funzioniamo solo con energia elettrica prodotta da fonti sostenibili. Inoltre, in questi anni abbiamo lavorato alla riduzione dei consumi elettrici, soprattutto in produzione con le nuove gabbie di test» conclude.














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