Viaggio alla scoperta di Greenlake, l’infrastruttura pay per use di Hpe

di Renzo Zonin ♦︎ Le soluzioni as a service di Hewlett Packard Enterprise riducono la complessità e garantiscono un'automazione più spinta, accelerando l'innovazione e offrendo maggiore sicurezza. Il modello a consumo funziona, ma non bisogna fare l'errore di considerarlo automaticamente Opex o Capex

Fra i trend dominanti dell’information technology degli ultimi anni ci sono sicuramente l’adozione delle tecnologie cloud e, ancora più recentemente, il diffondersi del modello XaaS o ”as a service”, grazie al quale le infrastrutture tecnologiche vengono fornite ai clienti non come “oggetti” da comprare ma come servizi cui abbonarsi. Queste formule sono particolarmente interessanti per le pmi e per chi, in questo momento di empasse finanziaria da Covid-19, non vuole rinunciare ai vantaggi delle tecnologie pur disponendo di risorse finanziare giocoforza limitate.

La soluzione GreenLake di Hpe, con gli ultimi aggiornamenti, rappresenta in qualche modo una sintesi di queste tendenze. GreenLake è una soluzione che abilita le aziende a utilizzare i propri workload e i propri dati in modalità cloud ibrida, indipendentemente dalla loro collocazione nel cloud, in un data center on premise o nell’edge, il tutto con un modello economico pay-per use. Hpe, che vanta 10 anni di esperienza sul modello pay-per-use, fornisce questi servizi in più di 50 Paesi, tanto che ha già contratti in essere per più di 3 miliardi di dollari, con una soddisfazione del cliente elevatissima (> 90% di retention). Per sapere qualcosa di più su GreenLake, da cosa è costituito, quali sono i suoi vantaggi abbiamo intervistato Claudio Bassoli, vicepresidente di Hpe Italia e Roberto Sordo, Sales Director di Hpe Pointnext Italy, e. E la prima cosa che abbiamo chiesto è, naturalmente, come nasce GreenLake, e che cosa è esattamente.







 

GreenLake, dalle origini a oggi

Roberto Sordo, Sales Director di HPE Pointnext Italy

«Hpe ha introdotto in Italia circa 8 anni fa un’offerta commerciale che si chiamava Flexible Capacity – ci spiega Roberto Sordo – Era una formula innovativa, un servizio di pay-per-use. Strada facendo, Hpe ha sempre più allineato questi servizi all’evoluzione tecnologica del mondo IT, fino a creare due anni fa un vero e proprio logo per questa soluzione. Da lì nasce Hpe GreenLake. Dal punto di vista tecnologico, diciamo subito che GreenLake è una soluzione, e la tecnologia è quella che veicoliamo all’interno di questa soluzione. GreenLake è il punto di arrivo rispetto al Flexible Capacity di 8 anni fa. L’obiettivo di Flexible Capacity era di rendere disponibile ai nostri clienti un’infrastruttura nel quale dovessero pagare solo quello che veniva effettivamente utilizzato. Era un vero e proprio pay per use. GreenLake invece fa molte più cose, e punta a soddisfare una serie di esigenze dei nostri clienti. È la soluzione che abbiamo sviluppato per abilitare le aziende a sfruttare l’esperienza cloud, per tutti i loro workload. Non parliamo di infrastruttura, essa è indipendente dalla scelta che fanno i clienti. Con GreenLake possiamo offrire un vero e proprio workload indipendentemente dalla infrastruttura. Per esempio, se parliamo di Backup as a Service, con il cliente non parleremo dell’infrastruttura, della tecnologia, o del software sottostante la soluzione, ma parleremo di un workload che mi permette di fare il backup. E l’unità di misura che andiamo a condividere con il cliente è la quantità di Gigabyte che vengono archiviati. E questa è l’unica unità di misura che useremo con il cliente per definire il valore del servizio erogato. Il GreenLake può essere abilitato nel datacenter, nel cloud o nell’edge, ma la cosa più importante è che è “as a service” e “pay per use”. Quindi ci sarà nella soluzione una componente fissa e una variabile, che verranno definite ad hoc per ogni cliente. Possiamo anche definire il periodo in cui il cliente usufruirà questo servizio, ad esempio 3, 4, 5, o più anni. Tutto questo in un’ottica di trasformazione che Hpe sta portando avanti, con l’obiettivo dichiarato dal nostro Ceo Antonio Neri di diventare una “as-a-service company” entro il 2022. I risultati fin qui raggiunti a livello mondiale sono importanti, perché abbiamo oltre 3 miliardi di fatturato su GreenLake e centinaia di clienti hanno già aderito. Un elemento fondante di questa soluzione è la soddisfazione dei clienti, le interviste fin qui condotte ci dicono che chi adotta una soluzione GreenLake continuerà a farlo nel tempo, perché tutti i vantaggi che dichiariamo hanno pieno riscontro».

GreenLake quindi va oltre il pay-per-use tradizionale, dando la possibilità al cliente di definire le sue necessità con un maggiore livello di astrazione. Se con il sistema tradizionale si pagava per esempio in base alla potenza di calcolo e alla quantità di storage impegnate, con GreenLake si possono scegliere i workload in modo più specifico. Dal private cloud al Sap Hana, dai Big Data all’High Performance Computing, fino al recentissimo “5G as a service”, per ogni workload esistono formule specifiche e specifiche misure. Uno schema dei workload disponibili è riportato nella slide 1.

La soluzione GreenLake di Hpe, con gli ultimi aggiornamenti, rappresenta in qualche modo una sintesi di queste tendenze. GreenLake è una soluzione che abilita le aziende a utilizzare i propri workload e i propri dati in modalità cloud ibrida, indipendentemente dalla loro collocazione nel cloud, in un data center on premise o nell’edge, il tutto con un modello economico pay-per use

 

Vista in questo modo, però, si potrebbe pensare che GreenLake sia solamente una formula di servizio e che sia agnostica rispetto alle tecnologie sottostanti. Ma è davvero così? «Non è solo una forma di pagamento, che è solo uno dei numerosi vantaggi – puntualizza Sordo -Per esempio, un altro vantaggio è che diamo la stessa customer experience del cloud. È possibile integrare una serie di servizi – di progettazione, di gestione dell’infrastruttura – e quindi, pur rimanendo on premise, il cliente può in qualsiasi momento dimenticare le problematiche di gestione dell’ambiente. Questa è la linea di evoluzione che abbiamo dato a GreenLake nel momento in cui sono nate le opportunità hybrid cloud. I clienti ormai sono sul cloud, ma non tutte le applicazioni sono portate su cloud, il mondo IT è ibrido. Nel 2017 grazie all’acquisizione di Ctp (Cloud Technology Partners) e nel 2018 di Red Pixie che vantano un’esperienza importante in termini di competenze, abbiamo portato i principali brand a livello mondiale sul cloud e sviluppato tutta una serie di strumenti per aiutarli a capire quali sono i costi per andare sul cloud. Sulla base di questa esperienza abbiamo poi costruito una serie di soluzioni che abbiamo inserito in GreenLake. In questo momento GreenLake in Hybrid Cloud è un’evoluzione di GreenLake che dà un’ulteriore possibilità ai nostri clienti di poter gestire ambienti cloud o ambienti on premise nello stesso modo. Perché alcune applicazioni magari le terranno on premise per motivi di sicurezza, di non portabilità, per tutta una serie di motivi. Ma avranno la stessa esperienza, come se il data center on premise fosse sul cloud. Riassumendo i principali vantaggi: Pay per use, semplice, affidabile, time to market veloce, possibilità di aumentare la capacity, si evita di avere dell’over capacity in fase di progettazione come succede nel mondo tradizionale, quindi si evita di pagare capacità in più che non verrà utilizzata, ed è fondamentale.

Altra evoluzione importante che abbiamo avuto quest’anno è GreenLake Central. È uno strumento che permetterà a tutti i clienti che hanno GreenLake di poter contare su una ulteriore serie di vantaggi. Uno su tutti il controllo dei costi. Con gli strumenti di GreenLake Central è possibile andare a verificare in maniera puntuale quali sono i costi del proprio cloud ibrido, quanto sto pagando effettivamente l’utilizzo, la sua infrastruttura, quanto stanno costando sul cloud le sue applicazioni. Non solo, potrò capire se, in termini di costi, una nuova applicazione sia più conveniente mantenerla on premise o portarla su cloud, o viceversa. Quindi si potrà analizzare la cosa e capire la tecnologia che conviene di più. Non solo, nella scelta ci sono degli automatismi che permetteranno di posizionare on premise oppure on cloud queste applicazioni, creando in maniera dinamica delle nuove sale virtuali o ambienti on premise o cloud in modo automatico, semplificando la vita a chi gestisce questi ambienti, passando da gestioni che richiedevano alcuni giorni a gestioni che richiedono pochi minuti». GreenLake Central è stata presentata nel dicembre del 2019, e ai primi di maggio è stata ufficializzata la disponibilità generalizzata della soluzione per i clienti che sono su GreenLake. GreenLake Central, oltre a quanto appena detto, consente di avere un cruscotto di gestione unico per le varie tipologie di risorse e per l’accesso alle varie metriche. Inoltre, grazie a una serie di partnership, si aggiunge una gestione sofisticata dei dati convergenti (grazie agli accordi con Cohesity) e una nuova offerta di servizi di archiviazione dei file (tramite partnership con Qumulo).

La continua crescita di backup e dati non strutturati sta rendendo più difficile per le aziende proteggere, gestire e ottenere informazioni dettagliate dai propri dati in ambienti ibridi e multi-cloud. Hpe GreenLake con Cohesity consente alle aziende di sfruttare la piattaforma di gestione dei dati convergenti di classe enterprise di Cohesity abbinandola al modello di consumo flessibile e pay-per-use di Hpe GreenLake. Questa offerta si basa sulla partnership Oem tra Hpe e Cohesity, che permette ai clienti di eliminare la mass data fragmentation, semplificare la gestione dei dati in tutte le sedi e sfruttare meglio i dati stessi, in modo che possano essere utilizzati al meglio per la business intelligence. Inoltre, quella di ottenere valore dai propri dati per guidare le decisioni aziendali, costruire prodotti e rimanere competitivi diventa una sfida sempre maggiore per le organizzazioni. L’Hybrid File Software di Qumulo consente ai workload attivi di creare, analizzare e collaborare in modo sicuro con applicazioni nel data center e nel cloud. Il software di Qumulo, fornito tramite Hpe GreenLake, consente innovazioni basate sui dati pur contenendo i costi. L’analisi dei dati integrata e in tempo reale di Qumulo, disponibile attraverso il modello on demand di Hpe GreenLake, aiuta le aziende a ottenere risultati risparmiando in modo significativo sui costi. Un’ultima novità è che i servizi di GreenLake sono disponibili anche in co-locazione, una soluzione che consente di ottenere un’esperienza identica a quella di un cloud pubblico, mantenendo il pieno controllo sul proprio IT ma eliminando lo svantaggio di dover investire risorse nella messa in linea e nella gestione di un proprio data center. Questo servizio sarà fornito in partnership con alcuni dei principali colocator, ma il cliente vedrà un unico contratto, un’unica fatturazione e un singolo punto di contatto, e non si troverà a doversi interfacciare con più aziende fornitrici di servizi, ma solo con Hpe. Le partnership citate sono solo alcune di quelle che formano l’esteso ecosistema di GreenLake. I principali marchi coinvolti nell’ecosistema sono visibili nella slide 2.

Il GreenLake può essere abilitato nel datacenter, nel cloud o nell’edge, ma la cosa più importante è che è “as a service” e “pay per use”. Quindi ci sarà nella soluzione una componente fissa e una variabile, che verranno definite ad hoc per ogni cliente

 

I vantaggi tecnologici

Claudio Bassoli, vicepresidente di Hpe Italia

Spiegare cos’è e cosa fa GreenLake richiede tempo, ma fortunatamente i vantaggi si riassumono rapidamente, almeno se ci si limita a quelli tecnologici/organizzativi. «Per i Cio, i principali vantaggi tecnologici di GreenLake sono legati alla facilità con cui si realizzano scale up e scale down, al poter rimodulare la struttura rispetto alla capacità di workload necessaria. Ma l’altra cosa interessante per i Cio è la gestione di mondi ibridi. Avere una console centralizzata che gli permette di tenere sotto controllo il mondo cloud e quello on premise è fondamentale. Lo facciamo con i principali cloud provider, che si tratti di Amazon o Microsoft Azure o Google o altri provider, abbiamo la capacità di dare gli strumenti al cliente per controllare questi ambienti». Quindi si riduce il numero di persone necessarie a gestire l’IT? «Si riduce molto la complessità, abbiamo introdotto una automatizzazione molto spinta. Inoltre GreenLake Central  con la funzionalità di Continuos Compliance ha la capacità di effettuare oltre 1.500 controlli di governance, rischio e conformità, e questo rende l’ambiente sicuro. La velocità, l’automazione sono fondamentali, ma lo è anche il fatto di essere compliant con tutti i criteri di sicurezza che devono avere i data center.

Nella sicurezza in particolare abbiamo fatto molti passi avanti, usando risorse e software interni, abbiamo sviluppato Infosight per controllare una serie di parametri, ma GreenLake Central ha anche la capacità di controllare diversi parametri che riportano tutti alla sicurezza, i workload, chi ha avuto accesso, come e quando, dando indicazioni ai clienti per essere compliant rispetto alle linee guida di sicurezza che ogni azienda ha». Ma quali tipi di infrastruttura si trovano più spesso in Italia? Si trovano prevalentemente aziende ancora solo on premises, o anche clienti che hanno già soluzioni in cloud ibrido, iperconvergenti eccetera? Insomma, com’è il parco installato? «Molti clienti in realtà sono partiti avendo un proprio data center tradizionale. E qui le soluzioni più richieste erano la possibilità di avere as a service in ambito storage, server e Hpc. Hpc (High Performance Computing) è un’altra soluzione molto apprezzata dai nostri clienti, vedono il grande vantaggio di avere Hpc as a service. Negli ultimi due anni vediamo una tendenza ad avere GreenLake in ambienti hybrid cloud. Quindi sia on premise che in cloud, attraverso sistemi automatizzati come GreenLake Central.

Abbiamo poi delle situazioni di clienti, più all’estero che in Italia, dove i clienti ci chiedono non solo il GreenLake, ma ci demandano anche la gestione vera e propria dell’infrastruttura. Per esempio in Giappone tutti i clienti cui stiamo proponendo GreenLake ci richiedono la gestione dell’infrastruttura, come se fossimo dei cloud provider. Tanto è vero che quello che un nostro servizio di gestione, che si chiamava Adaptive Managed Services, adesso è rientrato nella divisione GreenLake e si chiamerà GreenLake Managed Services. È un’ulteriore opzione del GreenLake: non solo ti do questa soluzione flessibile “as a service”, ma sono in grado, se vuoi, di gestirtela, lasciando alle tue persone IT la possibilità di focalizzarsi su attività più vicine al core business della tua azienda».

GreenLake va oltre il pay-per-use tradizionale, dando la possibilità al cliente di definire le sue necessità con un maggiore livello di astrazione. Se con il sistema tradizionale si pagava per esempio in base alla potenza di calcolo e alla quantità di storage impegnate, con GreenLake si possono scegliere i workload in modo più specifico. Dal private cloud al Sap Hana, dai Big Data all’High Performance Computing, fino al recentissimo “5G as a service”, per ogni workload esistono formule specifiche e specifiche misure

 

Costi e aspetti finanziari

Le aziende che si rivolgono a un fornitore di servizi pay-per-use spesso non sono start-up, e quindi capiterà che abbiano già in linea un sistema informativo, o un vero e proprio data center. Cosa succede dunque se un’azienda con IT non Hpe decide di adottare GreenLake? «Attraverso i nostri servizi finanziari possiamo fare diverse cose. Se vogliamo rendere omogeneo l’ambiente, quindi usufruire del concetto as a service anche per cose non Hpe, possiamo fare un progetto di lease back per riacquistare l’infrastruttura che il cliente ha installata presso di sé. Tuttavia, la preferenza è arrivare a creare un ambiente tutto GreenLake».

Data center Hpe

L’aspetto finanziario è sicuramente uno dei più importanti nella decisione di adottare uno schema pay-per-use. Nel caso di GreenLake, che condizioni ci sono? Ci sono per esempio minimi di capacità o di durata del contratto? «La soluzione può essere customizzata, si definisce cliente per cliente quale soluzione risponde meglio al suo fabbisogno. Ci sono per esempio delle start-up che crescono velocemente e non hanno una grossa capacità di prevedere la componente variabile del servizio, quindi si parte con una parte fissa di costi molto bassa per andare a modificarla dando la maggiore capacità variabile possibile. Sono tutte soluzioni che vengono condivise con le necessità dei nostri clienti. Ci sono poi clienti più stabili, dove il bisogno di componente variabile è legato a determinati periodi dell’anno, quindi può bastare un fisso 80/20 per esempio; e altri in cui invece il variabile si spinge oltre. Bisogna tenere presente che oltre alla parte variabile, noi diamo un ulteriore buffer del 10% che consente di avere ulteriore potenza in maniera immediata e permette di programmare in maniera puntuale ulteriore infrastruttura per rispondere alla crescita del fabbisogno. Inoltre abbiamo un software (Cloud Cruiser) che consente di monitorare continuamente l’utilizzo di tutte le varie componenti dell’infrastruttura, ed è in grado di fare poi un capacity planning accurato. Quindi riusciamo a tenere sotto controllo il fabbisogno del cliente, il quale ha a disposizione un portale dove giorno per giorno vede il fabbisogno utilizzato dell’infrastruttura. Questo sia per la componente fissa che per quella variabile. Inoltre, visto che parliamo di una formula basata su un noleggio operativo, la possiamo tagliare su misura sulle esigenze del cliente, che possono essere 2, 5 anni, anche 6 in alcuni casi dove magari ci sono strutture con applicazioni devono sostenere un business per diverso tempo».

 

Da Capex a Opex e ritorno

Stefano Venturi, Presidente e Amministratore Delegato di Hpe Italia

Al di là degli aspetti puramente contrattuali, è abbastanza evidente che soprattutto in Italia molte aziende avevano iniziato a incamminarsi sulla strada delle formule di noleggio operativo, pay-per-use, o XaaS principalmente per spostare una serie di costi dal Capex all’Opex. Questa tendenza, negli ultimissimi anni, ha conosciuto un certo rallentamento perché i provvedimenti governativi legati ai vari piani di Industria 4.0 eccetera, con i vari piani di iperammortamento e similari, hanno in alcuni casi spostato la bilanca della convenienza finanziaria e fiscale di nuovo verso il Capex. Tanto che oggi non c’è una risposta univoca su cosa sia più conveniente, se acquistare o noleggiare. Come si inserisce Hpe, che dispone di un proprio servizio finanziario (Hpe Financial Services) in questa diatriba? E in particolare, come si inseriscono le soluzioni GreenLake? «Non bisogna assolutamente confondere, come spesso avviene in Italia, il modello “as a service” con Capex e Opex – ci spiega Claudio Bassoli, VP di Hpe Italia – non è che questo modello è Opex e il modello di acquisto tradizionale è Capex, perché il modello as a service, in funzione della legislazione del paese, lo puoi trattare come Capex oppure come Opex. Ci sono delle regole, e puoi portare a Capex o a Opex parte o tutto il contratto. L’Italia è l’unico paese in controtendenza rispetto al resto del mondo, in particolare anglosassone, ma non solo. In America, Paesi del nord, ma anche Spagna o Giappone, la tendenza è di passare da Capex a Opex, al di là del modello di acquisto. In Italia ci sono dei filoni pre-covid (le utilities, le telco, parte della sanità, le banche) nei quali la strategia dei vertici è di investire a Capex per far vedere che fanno investimenti nel Paese. Che è, dicevo, totalmente in controtendenza rispetto a quello che fanno all’estero, in particolare per il settore bancario, dove la strategia è passare da Capex a Opex. Ma il modello as a service non è di per sé Capex od Opex: in funzione delle regole fiscali del paese il cliente può metterlo a Capex o Opex. Il cliente deve decidere cosa gli conviene fare con l’aiuto del proprio advisor fiscale, che consigliamo sempre di consultare».

Ma al di là dell’aspetto puramente contabile/fiscale, ci sono altre motivazioni finanziarie che possono portare le aziende verso le soluzioni Xaas? «È il miglior momento per allineare i costi e i consumi, – afferma Bassoli – le aziende vogliono sempre più concentrarsi sul proprio core business e non allocare risorse su cose come il Ced, certo importanti ma che non sono il loro core business. È come se, per avere l’energia elettrica, comprassimo una centrale elettrica invece di pagare una semplice bolletta a un fornitore. Un altro vantaggio enorme è che non ci sono barriere d’ingresso. Se per esempio parliamo di Hpc, puoi far partire un servizio per te stesso e per i tuoi clienti, siano consumer o business, tramite una soluzione basata su app con minimi investimenti sull’infrastruttura. Servizio che ti porterà delle revenue che potrai usare per espanderlo in modo lineare, per te e i tuoi clienti. Quindi puoi agganciare la tua redditività con i costi dell’infrastruttura, che a loro volta ti garantiscono redditività e crescita dell’infrastruttura stessa. Oltre ad avere un meccanismo molto veloce per far avvenire tutto questo. Altro punto, se prendiamo il periodo che stiamo vivendo, ci sono molte aziende che stanno avendo grossi problemi di cash flow, e le proiezioni di Cdp prevedono per il futuro perdite molto importanti, quindi fatturato in meno per le aziende. Ma utilizzando questo meccanismo puoi continuare a fare progetti strategici. Ci saranno aziende che avranno un problema perché i pochi soldi dovranno dedicarli al core business, ma d’altra parte dovranno fare investimenti importanti per digitalizzare, in modo che l’azienda possa continuare a operare finché non ci sarà una cura o un vaccino per il Covid-19. Questo sistema del “as a service” risolve totalmente questo problema. E per venire incontro alle esigenze delle aziende, alcune settimane fa siamo stati i primi a lanciare una campagna, con la quale abbiamo messo a disposizione dei clienti due miliardi di dollari per iniziare ad approvvigionarsi delle soluzioni tramite strumenti finanziari tradizionali, pagando solo l’1% del valore della infrastruttura, su base mensile, fino alla fine del 2020 posticipando oltre il 90% del valore del noleggio dal 2021 in avanti. Altra soluzione prevede anche la possibilità di approvvigionarsi subito e iniziare a pagare il noleggio tra 90 giorni. Questi sono elementi che abbiamo annunciato dopo che abbiamo visto ciò che i nostri clienti stanno vivendo non solo in Italia ma in tutto il mondo. Questi strumenti sono importantissimi soprattutto per continuare a lavorare e trasformare l’azienda, rendendola sempre più digitale in questo periodo di transizione. Gli scienziati ci dicono che questa fase durerà almeno un anno/un anno e mezzo, e quindi è un periodo lungo nel quale è fondamentale impegnarsi per far vivere l’azienda e cercare di far fronte alla decrescita del fatturato».

Servizi finanziari, servizi di noleggio delle infrastrutture, servizi di gestione delle infrastrutture stesse, il Ceo che dichiara che la società diventerà completamente “as a service” entro il 2021… Ma non è che Hpe vuol diventare un’azienda di servizi? «Hpe è e rimarrà un’azienda focalizzata su fornire soluzioni “Edge to the Cloud” – chiarisce Bassoli – ovvero fornire soluzioni là dove vengono generati i dati. È necessario memorizzare, elaborare e estrarre valore da questi ultimi, utilizzando forme e tipologie di cloud eterogenee che, grazie a piattaforme software come Hpe GreenLake Central, permettano una gestione integrata dell’infrastruttura tecnologica dell’azienda, in modo economico, trasparente e “a consumo”».

 

(Ripubblicazione dell’articolo pubblicato il 26/08/2020)














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