Così la re-industrializzazione dà nuova linfa alle imprese. Il caso Grimet-Socotherm. Con Vertus

di Laura Magna ♦︎ L’azienda guidata da Roberto Grigoli - produzione di barre di acciaio speciali per automotive, movimento terra e oleodinamica – ha inglobato la storica fabbrica di Adria. Obiettivo: trasformarla in un polo dell’acciaio e conquistare i mercati Dach. Investimento complessivo: 15 milioni e più 100 assunzioni. La consulenza di Vertus: piena ri-occupabilità del personale coinvolto. E sulle prospettive di crescita di Grimet… Ne parliamo con Roberto Grigoli e Maria Elena Brockhaus

Siderscal Adria Capannone C

Fatturato in raddoppio a 140 milioni di euro e cento nuove assunzioni al 2024. Sono gli obiettivi di Grimet, azienda veronese specializzata nella produzione di barre di acciaio speciali per automotive, movimento terra e oleodinamica. A Industria Italiana li ha svelati l’ad Roberto Grigoli, che dallo scorso maggio ha inglobato anche la storica fabbrica veneta di Socotherm, che da un lato è stata salvata e dall’altro è diventata motore di crescita per la stessa acquirente.

Un’acquisizione che è un caso di scuola di re-industrializzazione: Socotherm è infatti un’azienda con un patrimonio di know how – nella lavorazione di tubi per il trasporto di oil&gas – che rischiava di andare perso. Un patrimonio racchiuso proprio nello stabilimento di Adria, nella provincia di Rovigo che (insieme a un secondo stabilimento con sede nel ragusano, a Pozzallo) era passato sotto il controllo della multinazionale canadese Shawcor. Shawcor ne aveva annunciato la chiusura: un evento che sarebbe stato drammatico per gli 80 dipendenti ma anche per tutto l’indotto e per un territorio come il Polesine dove Socotherm era uno degli ultimi presidi industriali.







 

Un processo scientifico alla re-industrializzazione

Andrea (sinistra) e Roberto (destra) Grigoli

Con l’ingresso di Grimet è iniziata la re-industrializzazione completa del sito e la riconversione di macchine e personale per adattarli alla nuova produzione funzionale per Grigoli. Un contributo importante affinché l’accordo si chiudesse è arrivato da un terzo soggetto, Vertus, un gruppo di aziende che opera nella consulenza per la re-industrializzazione e che – come ci ha spiegato Maria Elena Brockhaus, project manager – ha sviluppato un approccio scientifico alla portata delle pmi. «Quando un’impresa ci contatta perché ha deciso di dismettere uno stabilimento, significa che desidera prospettare un futuro occupazionale per le persone che vi lavorano e per il territorio, mitigando gli effetti di tale decisione impattanti sulla sua reputazione: dobbiamo, quindi, comprendere bene e con una certa dose di creatività tutte le potenzialità dello stabilimento – anche e soprattutto in termini di riconversione, come in questo caso. Queste operazioni prevedono un passaggio di proprietà». Identificati i settori promettenti in cui ricollocare gli asset della fabbrica e i parametri economico finanziari da rispettare, il progetto viene avviato.

«Contattiamo le potenziali aziende subentranti, in media 500 per caso, per avere un match e raccogliere un primo interesse. Questa fase di scouting è molto meticolosa e time-consuming perché, per il successo dell’operazione, è fondamentale accertarci che i nostri target abbiano veramente valutato l’opportunità d’investimento. Evitiamo di fare turismo industriale: accompagniamo a visitare lo stabilimento dopo aver verificato il reale interesse». Il secondo goal è ottenere una manifestazione di interesse: se il progetto piace e sembra solido, interviene la divisione di finanza agevolata per favorire gli investimenti. E l’ultimo step è il closing. «Noi siamo consulenti di chi cede e dunque è il nostro cliente che sceglie con chi vuole negoziare e andare a chiudere. Uno dei parametri del successo dell’operazione chiusa è il numero di persone che mantengono il posto di lavoro. Il nostro progetto ideale è quello in cui proponiamo un servizio completo, integrando il supporto al cambiamento per il personale: in linea con le recenti indicazioni di politiche attive a carico dell’azienda, cerchiamo così di offrire la piena ri-occupabilità delle persone coinvolte».

 

Il caso Socotherm: dal rischio di essere cancellata alla nuova vita della fabbrica

Prodotti Grimet

Nel caso di Socotherm questo obiettivo è stato centrato in pieno. «Le multinazionali hanno spesso stabilimenti ridondanti. Così era per Socotherm nello stabilimento di Adria, nel Polesine, provincia di Rovigo, zona ormai piuttosto depressa sul fronte industriale. E questo stabilimento aveva annunciato la cessazione delle attività. Si lavoravano tubi, con rivestimenti per esempio anti-corrosivi, sia interni sia esterni con un know-how qualificante, i cosiddetti appesantimenti. In sostanza questa fabbrica era specializzata nel lavorare i tubi per oil & gas che devono stare in fondo al mare e vengono appesantiti con il calcestruzzo. Il personale era molto specializzato e abituato a trasferirsi sul luogo degli impianti. Competenze che andavano senza dubbio sfruttate». Socotherm conserva una seconda fabbrica a Pozzallo, che lavora solo su commessa. «L’attività è in ogni caso legata all’andamento delle commesse: se non ce ne sono di locali, non ha senso tenere uno stabilimento – spiega Brockhaus – E per Shawcor, che nella lavorazione dei tubi ha una decina di stabilimenti dedicati nel mondo, quello di Adria era ridondante: pertanto aveva deciso di chiuderlo perché le stesse lavorazioni erano fatte in Messico e, per l’Europa, in Scozia. Insomma, si trattava di una ristrutturazione aziendale globale».

E’ a questo punto che si riesce ad intercettare il progetto espansivo di Grigoli. Il business di Grimet, nella produzione di barre e tubi cromati per l’oleodinamica e la cilindristica, era affine a quello di Socotherm ma non sovrapponibile. «In sostanza – spiega la project manager di Vertus – Grigoli ha avviato un progetto di riconversione dell’area in cui insistono tre capannoni e delle 40 persone rimaste al momento dell’acquisizione, il nuovo imprenditore ha assorbito tutti gli operai e una quota dei white collar (per i restanti, Socotherm ha avviato un processo di outplacement con Confindustria Rovigo). Questa collaborazione virtuosa, anche con Regione Veneto, ha dato davvero buoni frutti». Ma il valore di questa operazione sta soprattutto nel fatto che è l’esempio di un processo virtuoso, locale, di re-industrializzazione. «Ed un imprenditore italiano del territorio che ha visto opportunità da una crisi e, congrinta esemplare, ha capitalizzato il valore residuo. Anche le istituzioni sono state partecipi e collaborative per dare futuro alla fabbrica. È un’azienda con una visione, un’azienda familiare che vuole crescere e guarda avanti», conclude Brockhaus.

 

La strategia di crescita di Grimet e la sua storia

Maria Elena Brockhaus, project manager Vertus

Il processo di re-industrializzazione marcia. Spiega Grigoli: «Ci interessava l’area e il fatto che a differenza che a Verona o a Todi nella bassa Polesine c’è una discreta offerta di personale. Abbiamo investito 12 milioni nel progetto industriale e completeremo l’investimento tra due-tre mesi con altri tre milioni. Prevediamo di fare un laminatoio a caldo che autofornirà le lavorazioni locali e anche le altre due nostre fabbriche. Con le cento persone che miriamo ad assumere il personale complessivamente arriverà a quota 250, nelle tre sedi. Negli altri due capannoni abbiamo smantellato le macchine presenti e stiamo istallando quelle nuove mentre formiamo il personale per fare un lavoro che è diverso da quello a cui erano abituati». Il laminatoio a caldo che sarà avviato in primavera è andrà a regime in autunno è il cuore del progetto. Intanto Grimet ha annunciato a inizio settembre l’avvio della prima fase di produzione e a stretto giro una seconda linea di trafilatura e una terza di trattamento termico e di tempra ad induzione.

Le prospettive di sviluppo sono interessanti: l’obiettivo è ampliare la gamma dei prodotti offerti, facendo leva sulle competenze industriali dei lavoratori dell’ex Socotherm, e assumendone di nuovi. Grigoli prevede anche di collaborare con le scuole locali per offrire occasioni di formazione e occupazione del territorio. Un impegno che è antico e che risale a quello di prima generazione: il papà di Roberto, Franco Grigoli – ex operaio di acciaierie – ha fondato la sua azienda nel 1969: il primo laminatoio produceva barre di acciaio per edilizia e poi nel 1977 ha diversificato nella produzione di acciai speciali da costruzione e per forgia. Una passione che è stata tramandata a Roberto, che nel 1991 ha fondato la Società Sps Sider Plating Scaligera che produce, appunto, barre e tubi cromati. «In breve Sps è diventata una delle più importanti aziende nell’industria della cromatura, famosa per l’alta qualità dei suoi prodotti e le competenze per ottenere le omologazioni dei maggiori leader mondiali nella fabbricazione di cilindri», dice Grigoli. Nel 2016 si è aperta una nuova fase, quella delle acquisizioni: la famiglia Grigoli ha rilevato per prima la società perugina Aisa – ora Grimet Chromed Bars – e nel 2019 un altro dito di 16mila mq nel veronese. «Ad Adria siamo arrivati a dicembre 2021 e dopo due mesi avevamo siglato la compravendita e a maggio siamo subentrati nella gestione», ricorda Grigoli.

 

Obiettivi: trasformare Adria in un polo dell’acciaio e conquistare i mercati Dach

Il progetto in testa a Grigoli è chiarissimo: trasformare Adria in un polo produttore a cui faranno capo le tre fabbriche di lavorazione del gruppo. «A Verona e a Todi si effettua la fase finale, la verticalizzazione del prodotto che è la barra cromata. Adria si occuperà del semilavorato che sarà inviato alle altre due sedi e che sarà trattato con la finitura che si svolgerà anche al suo interno. Abbiamo chiuso la filiera». Attualmente il fatturato di Grimet (56 milioni nel 2021 in raddoppio sui 25 del 2020, mentre il 2022 è atteso a 84 milioni di euro) dipende per il 60% dall’Italia e per il dall’40%, ma punta ad accrescere la quota internazionale. «Puntiamo in particolare sul mercato Dach – Germania, Austria, Svizzera», dice Grigoli. «E per questa ragione abbiamo stretto un accordo di fornitura della materia prima con un’importante multinazionale austriaca europea, che produce un acciaio di prima qualità». Ma nei prossimi anni tutte le forze di Grigoli si concentreranno su Adria: «dal momento che c’è parecchio spazio: 130mila mq di cui 30mila coperti e gli altri edificabili al 50% – ci fermeremo per un bel po’ sui progetti di Adria».














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