Great Wall Motor sbarca in Italia! Grazie a elettrificazione, technology for money e…

di Marco de' Francesco ♦︎ Il più grande carmaker cinese - 29 miliardi di dollari di fatturato – arriverà nel nostro Paese nel primo semestre 2023. Strategia a tre pillar. Sviluppo di una seconda generazione di modelli elettrici: Gwm è green-native. Focus sul range e non sull’heritage: prestazioni, design, connettività, sicurezza, garanzia quinquennale. Portafoglio competitivo nei segmenti lifestyle e premium: “Ora” e “Wey”. Ne parliamo con Vittorio D’Arienzo

Wey Coffee 01

È tutto pronto per lo sbarco di Great Wall Motor (Gwm) in Italia: avverrà nel primo semestre del 2023. Lo conferma Vittorio D’Arienzo, direttore della pianificazione del prodotto in Europa del carmaker cinese per entrambi i brand coinvolti, “Ora” e “Wey”. Infatti, dopo la discesa in campo nel più importante mercato europeo, quello tedesco, la casa automobilistica di Boading (140 chilometri a Sud di Shanghai) – public company quotata ad Hong Kong, 29 miliardi di dollari di fatturato, nonché il più importante costruttore di Suv in Cina, presenza in 60 Paesi (molti dei quali “in via di sviluppo”), 11 milioni di veicoli venduti dall’anno di fondazione (1984) – ha come target gli altri quattro Paesi dei Big Five del Vecchio Continente: Regno Unito, Francia, Italia e Spagna.

Nel complesso, “l’invasione europea” è un’operazione al passo serrato, ma ponderata e definita negli scorsi tre anni. Quanto alla strategia, si fonda su due pillar – tenendo presente che il campo di battaglia è quello dei segmenti lifestyle e premium.  







Anzitutto, dal punto di vista cinese, i carmaker europei si sono quasi “suicidati” aprendo le porte ai costruttori asiatici. Come? Abbracciando una tecnologia, quella dell’elettrificazione, per la quale non avevano competenze avanzate. Ora sono costretti a inseguire il green, e al contempo a mantenere in vita le linee per il motore endotermico. Gwm è invece green-native, e può concentrare tutte le sue risorse per lo sviluppo di una seconda generazione di modelli elettrici, incrementando la propria competitività sul mercato. Il secondo è “technology for money”. Con l’elettrificazione l’heritage significa poco o nulla. L’utente finale compra il range, le prestazioni, il design, la connettività, la sicurezza e la garanzia quinquennale. Il tutto è frutto della tecnologia, e sotto questo profilo i cinesi ritengono di avere una marcia in più. Quanto al mercato italiano, è esigente, ma aperto alle novità e ai brand stranieri. Ne abbiamo parlato con D’Arienzo, che abbiamo intervistato.

 

D: Per ora, in Europa Great Wall Motor è molto presente in Bulgaria, Romania, Macedonia del Nord, Serbia. Ora, Gwm sta per lanciare “Ora Funky Cat” “The Next Ora Cat” “Wey Coffee 01 e 02” sui mercati di Germania, e di altri Paesi europei. Quale strategia ha definito l’azienda per conquistare il Vecchio Continente?

Vittorio D’Arienzo, direttore della pianificazione del prodotto in Europa di Great Wall Motor per i brand “Ora” e “Wey”

R: Anzitutto, queste sono linee di prodotto concepite per lo sbarco nel Vecchio Continente, nei maggiori mercati; prima, invece, ne erano state realizzate per il mercato locale cinese: le auto erano stati esportati in Paesi europei meno rilevanti, dove la domanda era, come dire, meno esigente. Poi, tre anni fa, abbiamo deciso di studiare un portafoglio competitivo con i migliori Oem di settore.

D: I brand “Ora” e “Wey”?

R: Sì. “Ora”, invece, è un marchio più lifestyle, full electric. Quanto a “Wey”, porta il nome del fondatore dell’azienda, Wei Jianjun; ed è un brand premium elettrificato, per realizzare il quale ci siamo indirizzati sulla migliore tecnologia possibile per il plug-in; ma un plug-in appetibile per l’utenza, proprio come prodotto, e non solo per ottenere gli incentivi.

D: In che senso: un plug-in appetibile per l’utenza?

“Ora” è un marchio lifestyle, full electric. The Next Ora Cat

R: Non credo che sia sfuggito ai più che i plug-in sono stati realizzati in Europa in vista dell’incentivo. Per lo più, garantiscono quei 40 o 50 km di autonomia elettrica, e una guida frustrante per l’utente. Invece questo mercato particolare è in crescita e richiede veicoli che non solo siano dotato dei tipici attributi premium – e quindi l’Adas, la sicurezza, il comfort, gli interni sofisticati e la silenziosità – ma anche prestazioni. Gwm su Wey Coffee 01 e su Wey Coffee 02 ha montato batterie da 30 e da 40 Kwh, che consentono una autonomia da 120 ai 150 km in modalità elettrica. La prima, lunga 4,85 metri, va da 0 a 100 kmh in 7 secondi, e con il green supera i 120 kmh di velocità. La 02, che lanceremo nel primo semestre dell’anno prossimo, rappresenta lo step successivo: portare la stessa tecnologia della 01 anche in un corpo vettura un po’ più compatto (4,68 metri), e questo ha interesse in quei Paesi dove le vetture molto lunghe hanno un mercato più limitato. Ci sarà la versione a due ruote motrici, con una potenza superiore ai 300 cavalli, che sarà la versione d’attacco della Coffee 02, soprattutto diretta alla clientela di Italia, Spagna, e Francia, dove il 4 per 4 non è un contenuto molto richiesto nel caso di Suv compatti.

D: In definitiva, quando arriverete in Italia?

“Ora Funky Cat” è già configurabile, e le vendite iniziano a novembre

R: Il mercato d’ingresso, per il quale abbiamo già firmato accordi con il car dealer Emil Frey, è la Germania. D’altra parte abbiamo gli headquarters a Monaco, e poi la Germania è il Paese più avanzato per l’elettrificazione, sia quanto ad incentivi che quanto a strutture di ricarica. Lì la nostra “Ora Funky Cat” è già configurabile, e le vendite iniziano a novembre. È però prevista però una “seconda ondata”, quella del primo semestre 2023, considera alcuni mercati prioritari tra i quali c’è senz’altro l’Italia – che è un mercato premium, esigente dal punto di vista dello stile, del design, della sicurezza e dei contenuti; ed è molto aperto ai Suv e ai brand esteri. C’è una grande varietà di brand, ma non c’è più una preferenza per quelli nazionali. Certo, l’Italia sconta un gap di infrastrutture green, ma in città come Torino, Milano, Roma, le cose si stanno muovendo più velocemente. Insomma, nello Stivale ci sono le condizioni ideali per il nostro sbarco. Personalmente ritengo che il brand Ora, quello puramente elettrico, si imporrà velocemente; e penso che la 02 sia tagliata per il mercato italiano, appunto perché offre gli stessi contenuti della 01 in una macchina un po’ più compatta. Al Nord andrà più forte il 4 per 4, al Centro-Sud più le due ruote motrici.

D: Siete appena sbarcati in Europa, ma state andando velocissimi.

Ora Funky Cat ha ottenuto cinque stelle in Euro Ncap. Ora Funky Cat Gt

R: In effetti, entro la fine del 2023 saremo nei maggiori mercati europei. Anzitutto, nei Big Five: che in quest’ordine sono GermaniaRegno UnitoFranciaItalia e Spagna. Il Regno Unito rappresenta però un lieve ostacolo, dal momento che la guida è a destra. Poi c’è il resto del Vecchio Continente, con Paesi piccoli come il Belgio, la Svizzera, i Paesi Bassi – che presentano volumi piccoli, ma che sono molto avanti con l’elettrificazione. Ma è evidente che se vogliamo conseguire un business profittevole in Europa dobbiamo puntare soprattutto sui Big Five.

D: Le auto di Gwm per il vecchio Continente sono per lo più “premium”. Anche i produttori europei sono ormai focalizzati in questo segmento di mercato. Non c’è il rischio che diventi un luogo troppo affollato?

R: In questo momento tutti i carmaker puntano sul premium, perché è lì che si ottiene la maggiore profittabilità. Solo che fino a ieri questo segmento era solo prestazioni e brand; ma ora l’elettrificazione sta producendo una variazione dei parametri vincenti: serve connettività, e un commitment forte per l’electrification. Il marchio non basta più.

D: Perché il marchio non basta più? 

È tutto pronto per lo sbarco di Great Wall Motor (Gwm) in Italia: avverrà nel primo semestre del 2023

R: I costruttori del Vecchio Continente hanno aperto la porta a quelli giapponesi, coreani e cinesi – dal momento che sono arrivati in ritardo sulle tecnologie chiave dell’elettrificazione. Proporre vetture plug-in ibride con un range di 40 km riadattando auto già esistenti, è una cosa che è servita per garantire volumi grazie agli incentivi, ma non ha generato nell’utenza la cultura e il piacere di utilizzare questi veicoli. È vero, il segmento sarà affollato: ma non saranno molti quelli che potranno dire di essere premium con il mild hybrid, con motori piccoli o con piattaforme nate per altri scopi. Sono cose che possono addirittura danneggiare alcuni marchi storici.

D: Dunque, chi vincerà?

R: Chi sarà in grado di proporre una vettura premium non basata sull’heritage ma sui contenuti: range, prestazioni, cinque stelle in Euro Ncap (L’European New Car Assessment Programme, organizzazione che si occupa di definire le modalità di valutazione della sicurezza passiva delle automobili nuove tramite l’introduzione e l’uso di specifici protocolli di prova; Ora Funky Cat ha ottenuto cinque stelle; Ndr), cinque anni di garanzia – e tutto ciò ad un prezzo corretto, senza sorprese. La Coffe 01 costa 56mila euro; 60mila al top di gamma. Technology for money: si acquista la tecnologia senza pacchetti nascosti. La Ora Funky Cat costa 36mila euro; la 02 costerà meno della 01 perché è più piccola. 

D: The Next Ora, invece, quanto costa?

The Next Ora Cat

R: Non abbiamo ancora rilasciato i prezzi ufficiali. D’altra parte, ha batterie importanti, sulle quali si riscontrano, attualmente, fluttuazioni di prezzo. È prematuro rilasciare queste informazioni, che potrebbero non essere attendibili fra sei mesi – né al rialzo né al ribasso. Comunque è un coupé quattro porte, con 300 Kw di potenza, 4 x 4, con una batteria di oltre 80 Kwh: è una gran turismo, lifestyle, con un posizionamento più o meno equivalente a quello della Tesla Model 3; anche se, a mio avviso, le finiture della nostra auto sono più ricercate. Posso solo dire che il prezzo sarà competitivo.

D: Lei afferma che nella battaglia per la conquista del segmento premium il Brand non conterà così tanto. Tuttavia, in Germania e in Italia ci sono marchi che hanno un’enorme ascendente nell’immaginario collettivo.

R: Di sicuro l’heritage ha avuto un peso, finora; ma, come si accennava, in un momento di transizione veloce è un’arma a doppio taglio. L’innovazione, per marchi storici, può essere un rischio. Si pensi ad un noto brand tedesco, che ha una customer-base molto consolidata, fondata sulla sportività, sui motori, sui sei cilindri, e che ha dovuto creare una linea per non perderla e per accompagnarla nella transizione. Non tutti i costruttori possono voltare pagina alla velocità richiesta dal mercato. Inoltre chi è vincolato dall’heritage parte con il mindset sbagliato, perché prima la meccanica del motore conferiva un’identità che non esiste più; ed è veramente difficile ricostruire una brand identity basandosi su fattori diversi. Alcuni costruttori fanno appello alla nostalgia, come la 500 elettrica, per creare il trait d’union tra il dna del marchio e le nuove tecnologie, ma mi sembra una cosa molto complessa. Gwm arriva invece vergine sul mercato: non deve mantenere il piede in due staffe, un po’ elettrico e un po’ biturbo.

D: Il periodo del piede in due staffe sta per terminare anche per i costruttori europei, se non altro perché dal 2035 sarà impossibile produrre auto non green in Europa.

Wey, porta il nome del fondatore dell’azienda, Wei Jianjun; ed è un brand premium elettrificato. Wey Coffee 01

R: Tutti i carmaker arriveranno allo stesso traguardo; il punto è: come? Quante risorse potranno investire le case europee sulla trasformazione green? Questa, quanto al mondo dell’auto, sta avvenendo in maniera disorganica, perché lo scenario normativo e quello degli incentivi non sono comuni a livello continentale, e le infrastrutture si stanno sviluppando a macchia di leopardo. Dunque, razionalmente, i carmaker europei sono costretti a fare degli sforzi finanziari e progettuali molto consistenti e su più fronti: elettrico, ibrido e combustione interna. Ciò rende la loro trasformazione molto meno incisiva.

D: Dunque, cosa secondo voi porterà l’utente a preferire le auto di Gwm, rispetto ai colossi storici europei?

R: Noi nasciamo elettrici; e le nostre tecnologie non sono degli adattamenti successivi, ma sono il frutto di piattaforme native green. Possiamo dedicare tutte le nostre risorse alla connettività, all’elettrificazione, al software, perché non dobbiamo mantenere una line-up di vetture a combustione. Questo ci consente un’agilità difficile da eguagliare da parte dei costruttori del Vecchio Continente. Insomma, il nostro vantaggio competitivo è la velocità nella trasformazione – e quindi l’offerta di prodotti sempre al passo coi i tempi, senza le catene dell’heritage. Gwm ha un’altra capacità di sviluppo, rispetto alla concorrenza europea, e infatti sta già lavorando su una prossima generazione di auto. E ciò è importante in un contesto in cui si parte o si riparte tutti da zero.  

D: In che senso si riparte tutti da zero?

La strategia di Gwm si fonda su due pillar – tenendo presente che il campo di battaglia è quello dei segmenti lifestyle e premium. Wey Coffee 01

R: Le nuove generazioni cercheranno macchine emozionali, ma elettrificate. Mentre chi ha 40 o 50 anni vive la transizione obtorto collo, con il pensiero ancora un po’ rivolto al rombo dei motori, le nuove generazioni saranno presto abituate al silenzio e alle manovre dell’auto elettrica che si parcheggia da sola.

D: Quest’anno tuttavia le azioni di Gwm hanno subito un calo, quasi il 50% nei primi sei mesi. A cosa è stato dovuto?

R: Anzitutto in Cina c’è stato un rallentamento generale dell’economia, per via del Covid che ha imperversato nel Paese e a causa della carenza dei semiconduttori, delle batterie e altro. Inoltre gli investimenti che l’azienda sta facendo sul mercato europeo sono consistenti. E poi anche in Cina il marchio Wey è relativamente nuovo, e quindi abbiamo riscontrato la difficoltà di diffondere il brand premium, dal momento che il nostro nuovo posizionamento non è stato ben compreso. Ma ci stiamo lavorando e siamo ottimisti: in Cina la transizione elettrica avviene all’ordine del giorno; ed è un mercato molto diverso da quello europeo: il turnover delle macchine è molto più veloce e i white collar trentenni comprano auto importanti; ma anche un mondo più competitivo, perché c’è un numero enorme di brand. La Cina acquista di tutto: nei territori rurali vendiamo i Suv Tank, che hanno capacità off road a livello di Land Rover, mentre nelle città vendiamo le Ora e le Wey.    

D: E come vi aspettate che sia il mercato europeo?

L’invasione europea del più grande carmaker cinese – 29 miliardi di dollari di fatturato – procede su tre pillar. Sviluppo di una seconda generazione di modelli elettrici: Gwm è green-native. Focus sul range e non sull’heritage: prestazioni, design, connettività, sicurezza, garanzia quinquennale

R: Un mercato più complicato di quello cinese. È potenzialmente più appetibile della Cina, in termini di profittabilità, visto che come si è detto sui marchi premium i margini sono superiori; ma i volumi sono più piccoli, e resta il problema normativo: ogni Paese si gestisce la propria infrastruttura elettrica, i propri incentivi – e ciò per un new comer crea difficoltà. È difficile pianificare vetture diverse per i singoli Paesi. L’Europa dovrebbe avere una politica comune su queste cose. Per fare una macchina ci vogliono da uno a tre anni, con scenari normativi così diversificati e mutevoli, non è facile per tutto gli Oem. In definitiva, l’Europa è un mercato di sostituzione, dove tutti hanno già una macchina, la Cina è uno in crescita.

D: Il vostro sbarco in Europa è stato lungamente pianificato. Prima la sede europea di Monaco. Poi Svolt Energy Technology, una sussidiaria di Gwm, ha ufficialmente selezionato Saarland, in Germania, per costruire due impianti di batterie con un investimento totale di 2 miliardi di euro, tra cui un impianto di moduli cellulari e un impianto di moduli Pack. È così?

R: Sì. Già nell’ottobre 2019 il Gruppo aveva presentato delle vetture al salone di Francoforte. Dal gennaio 2020 ho contribuito a definire la strategia per l’Europa; peraltro, avevamo già un piccolo ufficio a Francoforte. In realtà le operation sarebbero partite prima; ma il Covid non ha aiutato.

D: Che fate negli headquarters di Monaco?

R: La pianificazione strategica e il sales & marketing. C’è una parte di ricerca e sviluppo, ma è dedicata alla “localizzazione”, e cioè a tradurre in realtà le specifiche esigenze del mercato europeo e a questioni di omologazione: la stessa vettura può avere un differente tuning di sospensioni, di sterzo; può avere una diversa taratura di guidabilità, mappa pedale, risposte del motore e altro.

D: Quante persone lavorano a Monaco?

R: Circa 300 persone, ma in tutte le citate funzioni. Una goccia nel mare rispetto a Baoding, dove lavorano 10mila ingegneri.    














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