Guida ai fondi di capitale e di debito per l’industria post-Covid

di Laura Magna ♦︎ Gli articoli 26 e 27 del Decreto Rilancio prevedono provvedimenti specifici per la manifattura. Cdp gestirà una dotazione di 44 miliardi che si rivolge alle aziende con oltre 50 milioni di fatturato. Invitalia amministrerà un plafond di 4 miliardi dedicato a imprese con massimo 250 dipendenti

Un fondo di capitale e uno di debito, gestiti rispettivamente da Cassa Depositi e Prestiti e Invitalia per rafforzare il patrimonio dell’industria italiana ferita dal Covid. È quanto prevede il Decreto Rilancio agli art. 26 e 27, che contengono tutto quanto si sa a oggi di questi strumenti di sostegno dedicati specificatamente alla manifattura (sono escluse banche, assicurazioni, finanza). Molte cose, anche fondamentali, attendono di venire chiarite dai decreti attuativi, che devono ancora essere emessi. In attesa di questi, Industria Italiana ha realizzato una breve guida pratica per capire che cosa è previsto e come avvalersene.

Cassa Depositi e Prestiti si occuperà, in particolare, di gestire il Fondo Patrimonio da 44 miliardi, il fondo di capitale dedicato alle imprese con oltre 50 milioni di fatturato che potrà effettuare sottoscrizione di strumenti finanziari, partecipazione ad aumenti di capitale e acquisto di azioni sul mercato. La novità più rilevante è proprio questa: la mano pubblica nel capitale delle aziende in difficoltà per la pandemia. Ma è un affiancamento temporaneo nel capitale – senza ingerenze sulla governance – ad opera del ministero dell’Economia e delle Finanze.







Il secondo fondo, denominato dal Decreto “Patrimonio” è dedicato alle imprese con ricavi tra 10 e 50 milioni ed è affidato alla gestione Invitalia che potrà sottoscrivere debito corporate fino a un valore di 4 miliardi di euro per il 2020. Come si è detto in precedenza, i dettagli sono demandati ai decreti attuativi e all’autorizzazione della Ue, necessaria perché le previsioni potrebbero configurarsi come aiuti di Stato. Intanto Industria Italiana ha voluto costruire una guida pratica per le industrie che di questi strumenti potranno avvalersi, spiegando quali sono i requisiti di accesso, le regole e i limiti, con l’aiuto di Marcello Romano, co-managing partner di Pirola Pennuto Zei & Associati, studio di consulenza legale e tributaria con operazioni in tutt’Europa.

 

Patrimonio Rilancio, fondi del Mef e gestione di Cdp (che non ha discrezionalità sugli investimenti e applicherà le linee guida del Mef per operare) 

Presentazione del Decreto Rilancio. Pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale il Decreto-Legge 19 maggio 2020, n. 34 recante “Misure urgenti in materia di salute, sostegno al lavoro e all’economia, nonché di politiche sociali connesse all’emergenza epidemiologica da COVID-19”. Phote credits governo.it

L’articolo 27 del Decreto Rilancio, n 34 del 19 maggio 2020 disciplina Patrimonio Rilancio, un patrimonio “destinato” che potrà essere costituito da Cdp al fine di attuare interventi e operazioni di sostegno e rilancio del sistema economico-produttivo in conseguenza dell’emergenza epidemiologica da Covid. «Patrimonio Rilancio è costituito mediante apporti di beni e rapporti giuridici esclusivamente da parte del Ministero dell’Economia e delle Finanze, il patrimonio è dunque completamente separato rispetto a Cdp che è alimentata dal risparmio postale e segue logiche molto diverse e prudenziali: questo fondo invece può usare leva finanziaria per compiere investimenti», dice a Industria Italiana una fonte vicina alla Cdp che specifica che si tratti di «una sorta di fondo di investimento, rispetto al quale Cdp ha il ruolo di gestore professionale delle risorse (pubbliche e quindi regolate da un successivo provvedimento attuativo che dovrà essere emanato entro 30 giorni dal Mef). La Cdp dovrà attenersi alle linee guida fornite dal Mef e non avrà discrezionalità». La durata del Patrimonio Destinato è di 12 anni dalla sua costituzione, e potrà essere estesa o anticipata con delibera del Consiglio di Amministrazione di Cdp su richiesta del Mef.

 

Possono accedere al Patrimonio Rilancio le aziende non finanziarie con fatturato 2019 sopra i 50 milioni. I dettagli sono demandati a un Decreto interministeriale di prossima emanazione

Marcello Romano, co-managing partner di Pirola Pennuto Zei & Associati, studio di consulenza legale e tributaria

Ma quali aziende possono accedere a questo fondo? Risponde Marcello Romano che «gli interventi del Patrimonio Destinato hanno a oggetto società per azioni, anche con azioni quotate nei mercati regolamentati, comprese quelle costituite in forma cooperativa che hanno sede legale in Italia; non operano nel settore bancario, finanziario o assicurativo; presentano un fatturato annuo superiore a 50 milioni di euro (voce A1 del conto economico)». Requisiti di accesso, condizioni, criteri e modalità degli interventi del Patrimonio Destinato sono definiti con decreto del Ministero dell’Economia e delle Finanze sentito il Ministero dello Sviluppo Economico.

 

Sottoscrizione di convertibili, partecipazione ad aumenti di capitale, acquisto di azioni quotate sul mercato secondario: cosa può fare il Fondo gestito da Cdp

Quanto alle tipologie di intervento, in via preferenziale il Patrimonio Destinato effettua i propri interventi

  • mediante sottoscrizione di prestiti obbligazionari convertibili;
  • partecipazione ad aumenti di capitale;
  • acquisto di azioni quotate sul mercato secondario in caso di operazioni strategiche.

«La menzione dei prestiti obbligazionari convertibili segnala che è preferita una partecipazione in qualità di socio-investitore attuale o potenziale e che va considerata in via residuale, non vietata, la sottoscrizione di titoli obbligazionari tout court», secondo Romano.

Infine, Patrimonio Destinato opera nelle forme e alle condizioni previste dal quadro normativo dell’Unione Europea sugli aiuti di Stato per fronteggiare l’emergenza epidemiologica da Covid-19. Infatti, qualora necessario, gli interventi del Patrimonio Destinato sono subordinate all’approvazione della Commissione Europea ai sensi dell’art 108 del Trattato sul Funzionamento dell’Ue, ovvero a condizioni di mercato, operatività in tal caso precisata nel Decreto Ministero dell’Economia e delle Finanze e nel Regolamento del Patrimonio Destinato da emanarsi. Per entrambe le tipologie di operatività il Decreto terrà in considerazione l’incidenza dell’impresa con riferimento a sviluppo tecnologico alle infrastrutture critiche e strategiche, alle filiere produttive strategiche a sostenibilità ambientale. Possono essere effettuati interventi relativi a operazioni di ristrutturazione di società che, nonostante temporanei squilibri patrimoniali o finanziari siano caratterizzate da adeguate prospettive di redditività.

 

Il 13 maggio, Il Presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, ha tenuto una conferenza stampa a Palazzo Chigi con i Ministri Roberto Gualtieri (Economia e Finanze), Roberto Speranza (Salute), Stefano Patuanelli (Sviluppo Economico), Teresa Bellanova (Politiche Agricole Alimentari e Forestali) per presentare il Decreto Rilancio

 

Fondo Patrimonio Pmi, la misura pro-pmi industriali: ne hanno diritto le imprese con fatturato tra 10 e 50 milioni e meno di 250 dipendenti

Fabrizio Palermo, amministratore delegato di Cdp

Il decreto Rilancio ha previsto un fondo diverso al servizio delle pmi con fatturato tra 10 e 50 milioni: tutta la disciplina  è contenuta nell’art 26, ma il comma 3  specifica che le agevolazioni saranno efficaci solo se la Commissione europea darà il suo benestare, in quanto parliamo di previsioni in odore di aiuti di Stato. «Siamo dunque ancora in una fase di sospensione e questa è una premessa necessaria – spiega Romano – Ciò detto, in attesa che la Ue autorizzi a goderne le persone giuridiche a cui la norma è indirizzata, possiamo esaminarne il funzionamento e le condizioni». Innanzitutto il Fondo patrimoniale ha una dotazione per il 2020 di 4 miliardi, come limite massimo erogabile ed entro questo limite ha la finalità di sottoscrivere entro il 31 dicembre 2020 obbligazioni o titoli di debito di nuova emissione da parte delle società. Il supporto va a tutte le società di capitali con qualsiasi forma giuridica ma con alcune esclusioni. Sono esclusi gli intermediari finanziari, incluse le assicurazioni, le Sim e le Sgr di emanazione non bancaria, così come le holding finanziarie. Si guarda alla produzione industriale. Tuttavia i criteri per potere accedere al beneficio sono abbastanza rigidi.

 

I tre requisiti per accedere al Fondo di debito: fatturato tra 10 e 50 milioni; ricavi ridotti di almeno un terzo tra marzo-aprile 2020 e 2019; aumento di capitale di almeno 250mila euro deliberato e versato entro il 2020

Le aziende che possono accedere all’aiuto devono rispettare alcune metriche.

  • Innanzitutto devono avere un fatturato (voce A1 del conto economico) tra 10 e 50 milioni e un numero di dipendenti non superiore a 250. «Questi criteri sembrano abbracciare un vasto numero di società di medie dimensioni: però, se queste società fanno parte di un gruppo, la platea di soggetti interessati si riduce notevolmente perché si fa riferimento ai ricavi su base consolidata, al più elevato grado di consolidamento, senza tener conto dei ricavi infragruppo. Questo restringe volutamente il campo dei potenziali beneficiari (perché i soldi non vadano sempre ai soliti nomi, che già, a partire da Fca si sono messi in fila per i prestiti garantiti del Decreto Liquidità, ndr)»;
  • Le aziende devono aver avuto una riduzione dei ricavi almeno pari al 33% nei mesi marzo aprile 2020 su marzo aprile 2019;
  • Un ulteriore requisito è che abbiano deliberato un aumento di capitale pari ad almeno 250mila euro, già eseguito ed integralmente versato, tra la data di entrata in vigore del decreto, che è il 20 maggio, fino al 31 dicembre 2020. La ratio di questa ipotesi è che ricevano le sovvenzioni le aziende i cui soci o azionisti siano disposti a impegnarsi anche finanziariamente.

 

Criteri di accesso: nessun debito contributivo e fiscale, rispetto delle norme edilizie, urbanistiche sul lavoro; finanziamenti pubblici integralmente versati 

Queste sono le tre caratteristiche base che devono avere le aziende per poter accedere al Fondo. Ma non basta: è necessario che esse siano virtuose. E questo parametro si misura sulla base di una serie di metriche oggettive:

  • le aziende richiedenti devono aver pagato tutti i contributi e le imposte, devono essere non in difficoltà, cioè non presentare crisi strutturali economiche e finanziarie con riferimento a previsioni di regolamenti specifici, quali i Regolamenti Ue 651/2014, 702/2014 e 1388/2014.
  • Devono risultare in regola con le norme edilizie, urbanistiche, con le norme sul lavoro, con quelle relative alla salvaguardia dell’ambiente.
  • Un’impresa virtuosa è un’impresa che ha integralmente rimborsato finanziamenti pubblici ricevuti.
  • Ancora, ovviamente, non deve esserci collusione con la criminalità organizzata e non devono trovarsi nelle condizioni ostative di cui all’articolo 67 del Decreto legislativo 159/2011;
  • infine, gli amministratori e i soci della società non devono aver subìto delle condanne definitive per reati commessi in violazione delle norme per la repressione dell’evasione fiscale.

Il quantum: la liquidità ottenibile deve essere pari al minore tra tre volte l’aumento di capitale effettuato o il 12,5% dei ricavi 2019

Se 4 miliardi è la capienza massima, quanto può ottenere la singola società? Risponde ancora Romano: «Va fatta una distinzione tra le società che non hanno mai ricevuto finanziamenti garantiti dallo Stato e le altre. Le prime hanno accesso a un quantum pari al minore tra due parametri: o tre volte l’aumento di capitale effettuato, oppure il 12,5% dei ricavi 2019. Le seconde, ovvero le aziende che hanno avuto già ricevuto aiuti sotto forma di garanzia su prestiti o di interessi agevolati su prestiti devono fare un esercizio leggermente più complesso: possono chiedere un ammontare complessivo di aiuti che non sia superiore al maggiore tra tre parametri. Il 25% dei ricavi 2019, il doppio dei costi del personale della società nel 2019 (alla voce B9 del conto economico) oppure il fabbisogno di liquidità per i 18 mesi successivi alle misure di concessione di aiuti autocertificato dal legale rappresentante. Il maggiore di questi tre valori è il tetto massimo di aiuti complessivamente ottenibili a vario titolo».

Gli impegni della società: no a cedole e buyback, obbligo di destinare parte del finanziamento ricevuto a personale o fabbriche italiane, rendiconto periodico a Invitalia 

Domenico Arcuri, ceo Invitalia

Ancora, quali sono gli impegni che le società si devono assumere? «Per ottenere i finanziamenti, le società devono assumersi alcuni impegni: non deve essere deliberata la distribuzione di dividendi, né si possono acquistare azioni proprie o procedere al rimborso dei finanziamenti concessi da azionisti e soci fino a integrale rimborso degli strumenti finanziari. Si devono, quindi, sospendere tutte le forme di rimborso di finanziamento o cash flow in uscita verso i soci e la ratio è chiara: nessuno finanzia una società per pagare i soci, tantomeno lo Stato. C’è poi un concetto legato all’impegno sul territorio: la società deve destinare il finanziamento ricevuto a spese per il personale o al capitale circolante, o a investimenti su stabilimenti produttivi o attività imprenditoriali localizzate in Italia. Infine, il terzo impegno è quello di fornire un rendiconto periodico a Invitalia su come viene impiegata la liquidità del finanziamento sovvenzionato, rendiconti i cui contenuti, cadenza e modalità sono ancora da definire».

 

Il piano di rimborso: in sei anni dalla sottoscrizione o in tre anni decorsi tre anni dalla sottoscrizione

Il piano di rimborso può avvenire in due modalità. O in sei anni dalla sottoscrizione o in tre anni decorsi tre anni dalla sottoscrizione. «E qui c’è un punto dolente: un Decreto attuativo del Mef di concerto con il Mise dovrà fissare caratteristiche, condizioni e modalità di rimborso dei finanziamenti di cui non siamo oggi al corrente. Non sappiamo se la modalità sia “bullet”, ossia in una sola tranche o con dilazioni ulteriori. Quello che viene precisato è che il finanziamento prevede la maturazione annuale di interessi che devono essere rimborsati in un’unica soluzione alla data del rimborso. Il tema è che oggi la misura degli interessi (il tasso) non è stabilita». Ed è un tema non banale, «perché non conoscere il costo dei finanziamenti può rappresentare un ostacolo all’accesso degli stessi».

 

Accesso qualitativo all’agevolazione (non c’è click day)

Un ultimo appunto procedurale: se un’azienda ha tutti i requisiti e vuole accedere a questa agevolazione, deve trasmettere un’istanza al gestore Invitalia con un modello scaricabile dal sito dello stesso. «Il gestore fa tre verifiche: la sussistenza dei requisiti oggettivi e soggettivi, la conformità della deliberazione di emissione degli strumenti alle disposizioni dell’articolo 26 e che la società si sia assunta gli impegni di cui sopra. Se le verifiche hanno esito positivo, il gestore deve procedere ad effettuare il versamento del finanziamento entro l’anno 2020, il che potrebbe confliggere con la finestra temporale prevista per effettuare gli aumenti di capitale, prevista anch’essa entro il 31 dicembre 2020. Per fortuna in questo caso non c’è un click day e, quindi ci sarà un accesso qualitativo all’agevolazione».














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