Elettrotec, storia di una transizione meccatronica

Laura Magna ♦ Nata 30 anni fa grazie a un’intuizione industriale di Pietro Comaschi, l’azienda milanese - che produce strumenti per misurare pressione, temperatura, livello e portata dei fluidi - è guidata da Adriana Sartor. Artefice, in una manciata di anni, della trasformazione "precoce" della fabbrica in direzione 4.0. Qui i cobot lavorano sotto il controllo di giovani tecnici per produrre soluzioni richieste in tutto il mondo

«Abbiamo tre mesi di materiale pronto in magazzino, per questo il Coronavirus non ci fa paura. E tutti i miei dipendenti sono in stabilimento, con in dotazione l’opuscolo del ministero della Salute. Gli imprenditori devono investire se vogliono il bene del a propria azienda e devono assumersi le proprie responsabilità nel fare impresa». Ha un piglio deciso Adriana Sartor, milanese doc, Ceo della Elettrotec, ultimo avamposto industriale nel quartiere Turro a Milano, dove tutti gli altri capannoni sono stati trasformati in loft.

Adriana Sartor, Ceo di Elettrotec

Lo stesso piglio deciso che dieci anni fa le ha consentito di trasformare in un gioiello della meccatronica l’azienda fondata dal marito, Pietro Comaschi, 30 anni prima. «Mio marito progettava centraline e per ottenere prodotti che avessero lunga durata si riforniva di componenti dai tedeschi. In particolare, rilevatori di flussi capaci di mandare alert quando si superavano certi parametri. Erano device nati per i carri armati della seconda guerra mondiale, ma la produzione diventava sempre più di nicchia e difficile da reperire tanto che alla fine Pietro ha imparato a produrseli da sé. Elettrotec nasce dall’idea di applicare alla produzione industriale gli apparecchi per il controllo dei fluidi.»







Oggi Elettrotec produce in house tutti i suoi componenti basati sulla flussimetria che vengono usati per misurare pressione, temperatura, livello e portata dei fluidi. Si tratta di dispositivi che hanno una vasta applicazione nella meccanica industriale e trasversalmente a tutti i settori merceologici. Elettrotec – brand interamente made in Italy, occupandosi anche dei servizi post vendita – progetta e produce apparecchi per offrire ai propri clienti risposte a 360 gradi, mettendo in campo anche soluzioni personalizzate. Nel 2019 il fatturato si è attestato su 5,5 milioni di euro.

La Russia, un mercato in avanzata

Se il tema del blocco delle fabbriche cinesi non tocca Elettrotec al momento, grazie al suo magazzino, la Cina resta il principale mercato di sbocco per l’azienda, e il virus ha già causato una perdita di 100mila euro in vendite che sarà difficile recuperare nel corso del 2020. «L’area di Hubei in quarantena è uno dei principali acquirenti e abbiamo avuto un blocco degli ordini – dice Sartor – adesso piano piano, anche nella criticità, si sta ripartendo e stanno ricominciando gli ordini, ma verso Shenzen (Guangdong, ndr.); ordini piccoli, certo ma è uno spiraglio. Intanto, in questa situazione, si sono fatti avanti i clienti russi che sono arrivati direttamente, senza passare dalla Cina.»

In Russia la domanda dei prodotti di Elettrotec è aumentata vertiginosamente perché i componenti della società milanese vengono usati per costruire impianti di irrigazione che servono proprio nel primo trimestre di un anno con inverno insolitamente mite come quello attuale.

La gamma di prodotti Elettrotec

«Noi produciamo, in buona sostanza, apparecchi di controllo per fluidi, indicatori di livello, di portata e di temperatura», spiega Sartor. «In particolare, nella nostra gamma ci sono pressostati, ovvero misuratori di pressione che controllano le elettrovalvole in modo che gli impianti abbiamo livelli di pressione costante e in caso di variazione mandino alert. Ma anche indicatori di livello: se un serbatoio si riempie troppo o rimane a secco questo può creare un problema nella macchina. Pure in questo caso entra in funzione un alert che consente di far fronte al pericolo. Ancora, costruiamo indicatori di flusso che misurano la portata, e cioè la quantità di fluido che passa all’interno di una certa area nell’unità di tempo, garantendo il controllo del processo. Il materiale del flussimetro va scelto in relazione al tipo di fluido che scorre al suo interno. Si tratta di un dispositivo usato per esempio nelle torri di raffreddamento delle pale eoliche, che necessitano di un passaggio di acqua costante perché la parte che genera calore resti refrigerata. Nella nostra gamma ci sono infine misuratori di vuoto, che misurano l’assenza di pressione e termostati, che rilevano il calore e intervengono quando supera determinate soglie: vengono impiegati, per esempio, nelle macchine agricole che hanno ventole che scambiano calore e devono avere una temperatura costante. I dispositivi di Elettrotec sono usati anche nei treni per aprire e chiudere le porte: non c’è l’elettronica perché tutto ciò che è legato a sicurezza uomo è basato sull’elettromeccanica».

L’internazionalizzazione al centro

Non ci sono solo Cina e Russia. L’internazionalizzazione di Elettrotec, che è stata segnata dalle trasformazioni della produzione, ha visto Sartor ristrutturare uno showroom a Shanghai, presente dal 1999, tramutandolo in una trading company nel 2015; nel 2014, intanto, l’azienda ha aperto in Usa il primo ufficio a Manhattan per poi fare il bis l’anno dopo nel New Jersey.

Una trasformazione in direzione meccatronica

Elettrotec in campo a pochi anni ha avviato una profonda trasformazione della produzione – completata nel 2016 – imboccando la strada della meccatronica. Tutto prende inizio nel 2009. E da lì parte Sartor: «Mi sono trovata alla guida dell’azienda all’improvviso, quando mio marito è venuto a mancare. Avevo avuto una carriera in 3M, Montedison e Siemens, ed ero già entrata in azienda dopo un Master in Bocconi per cui mi occupavo della gestione di tutta la parte amministrativa e questa competenza mi ha aiutata, anche se non sapevo nulla di mercato e produzioni». 

Quando Sartor prende in mano le redini la produzione era demandata a terzisti e le vendite in mano a distributori esterni. «Allora ho fatto due cose: la prima, mi sono affiancata a un direttore generale, un ingegnere meccanico, perché mi mancavano competenze tecniche; e poi ho fatto tutto il necessario per conoscere il mercato. La seconda, ho ridotto i distributori e ho assunto agenti e venditori, organizzando una rete commerciale interna. Nel frattempo mi sono resa conto che anche il sistema dei terzisti faceva acqua da tutte le parti e allora ho deciso di portare anche la produzione all’interno, il che ha comportato un periodo durissimo in cui ho dovuto pagare sia i terzisti sia la ristrutturazione delle linee di produzione». Ma è proprio in questo faticoso passaggio che avviene la transizione verso la meccatronica.

«Una scelta decisiva è  stata quella di introdurre automazione: a partire dalla prima macchina automatica per il montaggio che ci ha consentito di passare dalla sera alla mattina da una produzione di mille a 3mila pezzi, disimpegnando il personale sulla linea per affidargli altre funzioni. I cobot di cui disponiamo sono di fatto braccia meccaniche che servono per posaggi, assemblaggi e saldature. Il cobot è fantastico perché libera l’operaio da un lavoro deprimente che nessuno è in grado di fare a lungo senza perdere la testa. Il cobot fa il lavoro sporco e allo stesso tempo necessita di un monitoraggio umano. Grazie a un tablet, soprattutto i ragazzi lo gestiscono con una facilità estrema e vedo grande passione per questo nuovo genere di lavoro. Una rivoluzione che renderà sempre meno richieste figure come tornitori e montatori, e sempre più farà emergere un mondo di giovani tecnologicamente avanzati che cercano opportunità per applicare il loro skill e con essi crescere. Ed è in questo mondo che, nel mese di gennaio, abbiamo trovato quattro under 25 per assumerli. Questo è il futuro. Di più, questo è il presente».

 














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