Ey Capri Digital Summit 2020: focus su Infrastrutture, digitale e cambiamenti nei consumi e nella produzione

Da un’analisi realizzata a settembre da Ey e Swg emerge come la maggior parte degli intervistati (53%) manifesti ancora incertezza e mancanza di fiducia nel futuro, fatto che spinge le persone a limitare i propri acquisti. Da settembre si nota un aumento della tendenza ad acquistare online ma se inizialmente questo era dovuto alla paura del contagio e dalla difficoltà di recarsi in negozio, ora la scelta è dovuta ai costi più contenuti degli e-commerce. I cambiamenti più rilevanti che le persone si attendono nella fase post-pandemica sono inerenti alla rivoluzione della mobilità (per il 31% degli intervistati) e allo smart working (per il 23% degli intervistati). Il green si conferma in ogni caso il driver di scelta centrale dei nuovi stili di consumo (per il 57% del campione); inoltre le persone sono più propense (34%) ad acquistare da brand che salvaguardano il benessere di dipendenti e clienti e con una leadership concreta che agisce con un impatto positivo sulla società.

«La pandemia ha prodotto un cambiamento significativo dei valori e dei profili di personalità, che sono predittivi dei comportamenti di acquisto: quasi una persona su due si è spostata su valori collettivi e sociali rispetto a quelli individuali», ha dichiarato Donato Ferri, med consulting and people advisory services leader di Ey. «Si sta aprendo una stagione completamente nuova nella segmentazione della clientela e nelle strategie dei brand. Ciò si riflette anche sulle aspettative nei confronti di istituzioni e aziende: senza un positivo senso del futuro e la fiducia nelle abilità di istituzioni e organizzazioni di fare piani concreti per il benessere collettivo non ripartiranno consumi, innovazione e pratiche sociali positive e inclusive. Questi sono i presupposti che, guardando al Recovery Plan, ne consentiranno il successo».







Il Digital Economy and Society Index pone l’Italia al 25° posto su 28 Stati membri, imputandole l’assenza di una chiara roadmap digitale, scarsi progressi sull’utilizzo dei servizi internet, scarsa penetrazione dei servizi eGovernment e bassissimo livello di diffusione della conoscenza digitale. Secondo le analisi di EY, occorre direzionare gli investimenti su modelli di business in grado di esprimere un potenziale di crescita economica e di innovazione. Stimiamo che solo i modelli di business legati alla data economy per l’Italia potrebbero valere almeno il 2,8% del PIL pari a 50 miliardi di euro. Tuttavia – sebbene in Europa si producano circa 1 Zettabyte di dati all’anno e l’Italia da sola ne produca circa il 20% – il Paese sfrutta circa un 10% di questo potenziale. Con le opportunità offerte dal Recovery Plan è prioritario saper utilizzare reti fisse e mobili, 5G, cloud e dati per realizzare modelli integrati a vocazione industriale e di filiera che abilitino nuove soluzioni di business. Uno studio realizzato in collaborazione con Ict consulting evidenzia come oggi sia prioritario intervenire su pmi (meno del 30% sfrutta, ad esempio, soluzioni in cloud), pubblica amministrazione (per collegare 130.000 sedi con reti VHCN), scuole e ospedali (con soluzioni di prossimità IoT e 5G) ma anche sulle grandi aziende nel sapere stimolare in maniera diversa la domanda di servizi digitali di cittadini e clienti.

«Lo scoppio della pandemia ha reso evidente che tali gap costituiscono per l’Italia, prima ancora che un vulnus economico, un tema di inclusione sociale: secondo la Fondazione Agnelli, le difficoltà di connessione hanno generato una perdita di apprendimento per gli anni futuri che potrebbe valere fino a 10% del Pil», prosegue Ferri. «Inoltre, sebbene l’adoption tecnologica in fase di emergenza sia stata rapida, è necessario sanare il gap culturale per saperla gestire: dal nostro osservatorio sul lavoro del futuro è emerso che il 50% dei lavoratori in smart working si sente esausto e poco supportato da manager e aziende in termini di formazione, benessere e motivazione. È pertanto prioritario fare investimenti mirati, sfruttando anche le opportunità offerte dal Recovery Fund, per accelerare l’evoluzione e l’estensione delle infrastrutture digitali, che consentirebbero di recuperare competitività a livello europeo e superare il digital divide, e per accrescere la cultura tecnologica di imprese e cittadini».














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