Il Digital Transformation Index di Dell Technologies incorona le pmi italiane

Di Renzo Zonin ♦︎ Nell’edizione 2020 della ricerca le aziende nostrane risultano essere quelle che più di tutte in Europa hanno spinto sulla Digital Transformation in questo anno difficile. Dell Technologies si prepara a sostenerle dal punto di vista tecnologico e finanziario, grazie al programma che nel 2021 metterà a disposizione l’intera l’offerta dell’azienda di Round Rock in modalità “as a service”. Ne parliamo con Filippo Ligresti, General Manager per l’Italia

Il Digital Transformation Index è una ricerca che Dell Technologies conduce con cadenza biennale, intervistando 4.300 leader aziendali di 18 diverse nazioni, appartenenti a medie e grandi imprese.

I risultati dell’edizione 2020, appena resa pubblica, sono interessanti e incoraggianti per il nostro Paese. Secondo Filippo Ligresti, vice president e general manager di Dell Technologies Italia, «i numeri del nostro Digital Transformation Index descrivono un Paese con un tessuto imprenditoriale che rimane vivace e che interpreta l’attuale difficoltà globale, sia dal punto di vista sanitario sia economico, cercando di volgerla in positivo, di trovare delle opportunità per trasformarsi e rimanere competitivi nel medio-lungo periodo».







Secondo il report, che potete trovare qui, oltre l’85% delle imprese italiane quest’anno ha premuto sull’acceleratore nel processo di digitalizzazione, un dato nettamente superiore alla media europea (75,3%) e al risultato di Paesi come Germania (71,7), Francia (70,7) e Uk (72,3). Probabilmente sul dato ha inciso anche il fatto che l’Italia partiva da una posizione nettamente svantaggiata, e quindi ha dovuto spingere più di altri Paesi per portarsi a un livello adeguato di operatività durante il primo periodo di lockdown. Sta di fatto che i risultati delle aziende italiane sono confortanti, e Dell Technologies di riflesso ha registrato numeri positivi – anche se, per la normativa, ancora per qualche giorno non può divulgare le cifre.

Filippo Ligresti VP e General Manager Dell Technologies Italia

Dell Technologies ha gestito l’emergenza pandemia fin dai primissimi giorni, portando tutto il personale – circa 1000 persone – a lavorare da remoto. L’azienda è riuscita a non interrompere mai il dialogo con i suoi clienti, favorita anche dal fatto di disporre da sempre, oltre che di una forza vendita che va sul territorio, anche di persone specializzate nel contatto diretto da remoto. Non per nulla Dell Technologies era nata proprio dal concetto della vendita diretta via Web e telefono, e anche se nel tempo il modello di business si è evoluto (in Italia, in particolare, si è affiancato quasi subito un vero e proprio canale, con venditori e partner) per far fronte alle nuove esigenze create dall’ingresso nei settori dei server, dello storage enterprise, delle soluzioni cloud, dei servizi, la capacità di operare da remoto è rimasta nel dna dell’azienda. La velocità di reazione ha permesso a Dell Technologies di minimizzare le conseguenze della pandemia sui propri dipendenti, e di continuare a operare con efficacia.

Dall’ascolto continuo dei clienti sono emersi vari fatti: per esempio, che ora la digitalizzazione è finalmente diventata una priorità per la stragrande maggioranza delle imprese, ma anche che continua a permanere il problema della mancanza di skill sulle nuove tecnologie, risolvibile solo rivedendo i criteri con cui è organizzata l’università e la scuola superiore, per riuscire nei prossimi anni a formare un numero sufficiente di tecnici.

Altro problema che è emerso spesso è quello del costo degli investimenti in tecnologia: le aziende ne hanno bisogno per rimanere sul mercato, ma hanno le casse vuote per il calo di business creato dal lockdown. L’azienda di Round Rock risponderà a questo tipo di esigenze con il Project Apex, la strada Dell Technologies all’as-a-service. Annunciata lo scorso ottobre, verrà implementata mano a mano nel corso del 2021.

 

Qualche dato dal report

L’indice di accelerazione della digital transformation di Dell Technologies. L’Italia è 6 punti sopra la media europea. Fonte Dell Technologies

Come accennato più sopra, l’85,5% delle aziende italiane intervistate ha accelerato almeno uno dei processi di trasformazione digitale nel corso del 2020. Fra i progetti più gettonati, l’implementazione di sistemi per consentire ai dipendenti di lavorare da remoto (con il 72% delle aziende che hanno remotizzato oltre il 30% della forza lavoro, l’Italia risulta essere in linea su questo punto con la media europea del 71%), il miglioramento della cybersecurity e un utilizzo dei dati aziendali completamente nuovo. Ancora più significativo il fatto che l’81% delle aziende italiane sentite per la ricerca stia reinventando il proprio modello di business proprio in conseguenza della pandemia. Anche qui, potrebbe essere indice della maggiore dinamicità delle nostre imprese, ma anche del fatto che si partiva probabilmente da modelli di business ingessati se non obsoleti, e comunque poco adatti ai tempi attuali. A fronte di questi dati positivi, appare curioso il fatto che, nonostante anni di incentivi e di “spinta” mediatica, le aziende impegnate negli investimenti in ottica di Industria 4.0 siano ancora pochissime: solo il 4,7% degli interpellati. Si direbbe che la concreta minaccia di uscire dal business, rappresentata dal Covid, sia stata molto più efficace degli incentivi statali e delle prospettive di mirabolanti risultati dei vari piani 4.0. La battuta sul fatto che la Digital Transformation in azienda non è guidata dal Ceo o dal Cio, bensì dal virus, è insomma confermata.

I principali investimenti nei diversi paesi europei per Dell Technologies

Fra i manager italiani si respira comunque aria di ottimismo, anche per quanto riguarda un altro aspetto dell’inchiesta: solo il 23% di loro si dichiara preoccupato per la sopravvivenza della propria azienda da qui al 2022, e il 41% ritiene che la propria impresa possa superare il periodo contingente, anche se a prezzo della perdita di diversi posti di lavoro e se serviranno anni per tornare alla redditività pre-virus. Nel resto del mondo c’è meno ottimismo, con rispettivamente il 32% di manager che dubitano della sopravvivenza della propria azienda (28% in Europa), e il 60% (52% in Europa) che ritengono altamente probabile che si perderanno numerosi posti di lavoro e che il ritorno alla redditività richiederà anni. Anche qui, il dato italiano può avere due chiavi di lettura: manager ottimisti e fiduciosi nelle capacità di ripresa delle proprie aziende, o poco consapevoli che nell’economia globalizzata tutti siamo interconnessi e quindi ogni azienda che crolla rischia di portarne con sé molte altre, da quelle della sua supply chain che si ritrovano senza ordinativi, fino ai negozi che venivano frequentati dai dipendenti, ora disoccupati?

L’Italia dal punto di vista della trasformazione digitale negli anni secondo Dell Technologies

Comunque, al netto dell’ottimismo, la Digital Transformation rimane una strada irta di ostacoli, ma da percorrere necessariamente se si vuole mantenersi allineati alle aspettative dei clienti – basti pensare al boom dell’e-commerce nel segmento consumer. In Italia, i più importanti impedimenti al percorso di trasformazione sono individuati nella preoccupazione per la privacy e sicurezza dei dati, nei cambiamenti continui di leggi e regolamenti e nella mancanza delle giuste tecnologie per lavorare alla velocità richiesta dal business. E questo si riflette sugli investimenti di tecnologia programmati per i prossimi 3 anni, che riguardano principalmente l’infrastruttura 5G, le soluzioni di cybersecurity e l’hardware “5G Ready”.

Le principali barriere alla digital transformation secondo Dell Technologies

«Tutte le aziende guardano al digitale come lo strumento per modificare il proprio business model e riuscire a soddisfare le esigenze dei consumatori nei prossimi 10 anni – ha chiosato Ligresti – con degli impatti sui modelli di consumo che stanno accelerando in maniera significativa, in conseguenza dell’esperienza che stiamo vivendo. E quando uno si abitua ad avere tutto a portata di clic, è molto difficile per un’azienda che deve vivere del supporto dei propri clienti sopravvivere, se non si adegua a questo tipo di modello».

 

Sopravvivono solo le aziende con una “vita digitale”

Carlo Bonomi, presidente di Confindustria.
Carlo Bonomi, presidente di Confindustria

«Nel periodo di pandemia ho parlato con almeno 100 clienti, imprenditori o responsabili dell’It, e ho trovato un grande ottimismo – continua Ligresti – Li ho trovati molto impegnati e coinvolti perché sono al centro della revisione dei programmi aziendali, di ogni programma di rivisitazione della propria strategia, e il futuro si gioca su questo. Tutti i dati lo indicano. Non è un segreto per nessuno che in questa difficile fase il business digitale ha prosperato, mentre gli altri settori si vedevano chiudere tutti i canali di vendita. Oggi le aziende che riescono a creare un rapporto one-to-one con il consumatore sono quelle che riescono a sopravvivere meglio, mentre quelle che non si sono organizzate per avere una propria “vita digitale”, una resilienza a livello di processo che gli permetta di operare in modo efficace in questo contesto, e che gli permetta di raggiungere il cliente direttamente, hanno sicuramente dei grossi problemi».

In pratica, se prima diventare “virtuali” era una scelta, ora è una necessità. «È suonata un’importante sveglia per la nostra imprenditoria. Ricordo due o tre anni fa a un incontro in Smau con i giovani di Confindustria, dove mi ero reso conto che il digitale non era in cima alle loro preoccupazioni. Bene, oggi posso garantirvi che il digitale è diventato prioritario per ogni impresa italiana, cominciando da quelle più grandi, ma sicuramente anche nella piccola e media. Conoscendo la velocità di adattamento e nel rivedere le proprie priorità delle nostre aziende, mi auguro che riescano a cogliere questa opportunità».

Gaetano Manfredi, Ministro dell’Università e della Ricerca Scientifica

Un’altra difficoltà che emerge fra le righe della ricerca è l’annoso problema della carenza di personale qualificato nelle nuove tecnologie. Una mancanza endemica di know-how, che strozza le aziende rallentandone lo sviluppo e la modernizzazione. «Sul fronte degli skill, le imprese italiane si stanno muovendo con grande difficoltà. Negli ultimi anni c’è una grande pressione, da parte per esempio di Confindustria e di altre associazioni, perché il Governo e segnatamente il Ministero per l’Università e la Ricerca orientino i corsi in modo da produrre più tecnici, sia in ambito di scuola secondaria sia in ambito universitario. Ma guardando i dati, siamo ancora lontani dall’ottenere risultati. Nel sistema purtroppo c’è poca programmazione. Se vogliamo avere in futuro più ingegneri, dobbiamo attrezzarci per avere più studenti che si iscrivono a ingegneria. Ma se ci organizziamo per far iscrivere un numero limitato di studenti, sarà molto difficile un domani avere numeri adeguati. Lo abbiamo visto anche con i medici, entrare a medicina è difficile e quindi sappiamo già che fra sei anni i medici scarseggeranno. Bisogna rivedere la pianificazione sulle competenze di cui ha bisogno il Paese, e rendersi conto che per riuscire a ottenere queste competenze e modificare questi trend ci vogliono anni, e si deve lavorare con una visione di lungo periodo».

 

La performance di Dell Technologies nel periodo della pandemia

Percentuale di aziende che prevedeva smart working prima della pandemia e durante il lockdown. Fonte Dell Technologies

Ma come si è comportata Dell Technologies nel periodo pandemico, come ha reagito al lockdown, e come ha operato per mantenere attivo il suo business? «Nel contesto incredibile in cui abbiamo operato quest’anno, possiamo essere molto soddisfatti. C’è stata una grande spinta dal mondo del personal computer, è un’area che è andata molto bene, la domanda è sempre stata fortissima e continua a esserlo. Però abbiamo fatto molto bene anche nella parte dell’infrastruttura, quella che riguarda i server e lo storage. Nei primi 9 mesi abbiamo aumentato il nostro fatturato rispetto all’anno precedente e abbiamo mantenuto un ottimo equilibrio dal punto di vista del mix di ciò che abbiamo venduto. Dal punto di vista aziendale abbiamo avuto un impatto molto basso dalla pandemia, nel senso che pochi nostri collaboratori (in Italia siamo quasi 1000 persone) sono stati contagiati dal virus, anche grazie al fatto che abbiamo cominciato a lavorare da remoto il primo lunedì a valle del weekend nel quale è esplosa la pandemia, a fine febbraio.

Abbiamo avuto una ventina di colleghi positivi, nessuno dei quali ha avuto conseguenze serie, quindi siamo riusciti ad assicurare massima continuità operativa alla nostra attività e massimo livello di supporto ai nostri clienti. Abbiamo reagito bene, abbiamo gestito nel migliore interesse della salute dei nostri dipendenti e dei nostri clienti in una situazione emergenziale. Prevediamo di continuare a operare in questa modalità, privilegiando il lavoro da remoto per il futuro prevedibile, sicuramente fino a febbraio, pur garantendo a tutti i nostri dipendenti la possibilità, qualora ne avessero bisogno, di accedere ai nostri uffici, che sono aperti e a disposizione – ovviamente in condizioni di estrema sicurezza: lo spazio che prima ospitava in due uffici 500 persone, oggi è agibile per una decina, quindi non c’è il problema di entrare in contatto con il collega.

Ovviamente si seguono gli obblighi di legge, si usano i dispositivi di protezione e si sanifica l’ambiente due volte al giorno». Quindi anche Dell Technologies conferma l’andamento generalizzato dei fornitori di Ict, che sono stati fra le aziende meno colpite dal Covid dal punto di vista delle vendite. Tanto che per alcuni di loro il vero problema è stato di soddisfare gli ordinativi, visto che molte fabbriche in Cina erano state chiuse o lavoravano a ritmi ridotti, e anche i trasporti via nave risentivano del problema virus. Per questo era difficile acquistare notebook aziendali in Italia nei primi mesi di lockdown. Ma l’incremento della domanda non sembra essersi ancora esaurito.

Quali sono stati i principali programmi sviluppati nei diversi Paesi. Fonte Dell Technologies

«Io vedo la prospettiva ancora positiva, abbiamo chiuso il terzo trimestre 10 giorni fa molto bene, abbiamo un outlook per il quarto trimestre (che termina a gennaio) positivo, la domanda che vediamo per i nostri prodotti e servizi è forte – a maggior ragione in un momento come questo. Credo che la nostra strategia, di presentarci al cliente con la capacità di indirizzare un set di problematiche molto ampio, di poter affrontare dei progetti in modo organico, di poter risolvere le problematiche tecnologiche dei nostri clienti a 360 gradi, in un momento come questo sia un grande vantaggio per il cliente in primo luogo, e questo si riflette positivamente sulla domanda. Altra cosa che ritengo per noi essere un grande vantaggio competitivo è che da sempre abbiamo ritenuto fondamentale mantenere una costante relazione bidirezionale con i nostri clienti, che sono circa 5.000 aziende italiane. Abbiamo una forza vendita di circa 200 persone, tra venditori che andavano sul territorio e persone che erano in contatto con il cliente dagli uffici Dell Technologies, e questo ci dà il vantaggio di poter ricevere feedback con continuità, di poter modificare il nostro approccio, di presentare le nostre soluzioni al cliente in maniera tempestiva, senza avere impatti da eventuali problemi sulla supply chain. Questo contatto diretto consente di dare sempre al cliente un punto di riferimento, una risposta, e anche di presentargli le nostre idee, le nostre strategie e di mostrargli il supporto che possiamo dargli in questo momento di grande trasformazione».

 

Verso le soluzioni “as a service” con il programma Apex

Supportare il cliente è senza dubbio importantissimo soprattutto ora, che le aziende sono deboli finanziariamente. A livello europeo, la mancanza di budget e risorse è indicata infatti come primo ostacolo alla Digital Transformation. Ma Dell Technologies cosa sta facendo per venire incontro alle aziende che, nel loro processo di digitalizzazione, si trovano ad affrontare queste problematiche? «Almeno per il prossimo trimestre e per il semestre che segue abbiamo rinnovato i programmi di finanziamento per i clienti, sul quale abbiamo stanziato 9 miliardi di dollari. Se andassero esauriti, inseriremo nuove risorse. Inoltre, abbiamo annunciato il più importante programma della nostra storia, lo abbiamo chiamato Apex e renderà accessibili tutte le nostre tecnologie, hardware e software, in una modalità cloud-like, come servizio a consumo, nel giro di qualche trimestre. L’idea è di avere tutto ciò che vendiamo disponibile in questa nuova modalità entro la fine dell’anno prossimo, partendo dalla nostra offerta storage. Questo è un altro modo di consentire alle aziende di fare investimenti senza dover impegnare tutte le proprie risorse finanziarie, ma spendendo solo quello che è strettamente necessario. Il programma è annunciato a livello mondiale, ma la nostra offerta è vastissima e quindi la cosa richiederà tempo. Non lo renderemo disponibile contemporaneamente in tutte le zone geografiche dove operiamo, però nel giro di qualche trimestre sarà così e quando si avvicinerà la data di disponibilità per l’Italia, e penso sarà all’inizio dell’anno prossimo, avremo la possibilità di annunciarlo come merita».

Michael Dell, fondatore e ceo di Dell Technologies

Siamo appena usciti dalla “prima ondata” e sta iniziando una seconda serie di lockdown. L’incertezza sul come andrà a finire sta aumentando, ma come pensate sarà il futuro di Dell Technologies? «Sono fiducioso rispetto al futuro. Ci sono settori dell’industria che nella prima parte dell’anno sono stati fortemente impattati, la Pmi per esempio. Abbiamo visto una buona ripresa nel terzo trimestre, vedremo cosa succederà ora che si entra ancora in una fase delicata. Sulla grande impresa abbiamo avuto un momento di stallo di tutti i progetti importanti, in generale le grandi aziende sono rimaste in una posizione di attesa per capire meglio cosa succedeva e per tenere la propria situazione di cassa più alta possibile, in vista delle evoluzioni dell’economia. Ora stiamo vedendo una importante ripresa dell’attenzione sull’investimento nel digitale, proprio perché è diventato ancora più chiaro che la risposta passa da lì. Mettere mano all’infrastruttura per renderla pronta, più flessibile, più adattabile, più utile a supportare il business e qualsiasi mutamento di business che verrà implementato è una priorità anche per la grande impresa. Quindi penso che per il nostro settore in generale, e per la nostra azienda in particolare ci siano delle grandi opportunità. Essendo ottimista per natura, mi piace pensare che, con le difficoltà che stiamo vivendo, ci troviamo di fronte a una situazione che ci offre anche delle grandi opportunità. Speriamo di essere in grado, come sistema Paese, di coglierle».














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