Arpe: il Decreto Rilancio è un’enorme e insensata ipoteca

di Laura Magna ♦︎ In assenza di una politica industriale seria, saranno migliaia le attività produttive destinate a chiudere perché non più sostenibili. Bisogna ripensare infrastrutture, informatica, trasporti, turismo secondo le regole del nuovo mondo post Covid-19. La strategia del banchiere per la ripartenza

Il Decreto Rilancio? L’ennesima misura emergenziale che promette liquidità ipotecando il debito pubblico futuro, una toppa che non elimina lo strappo sottostante. Eppure lo strappo, causato da una pandemia con un tasso di mortalità molto basso, dovrebbe aver reso evidente quanto fosse fragile il nostro sistema economico. Che va totalmente ripensato per adattarsi a un mondo post Covid che sarà diverso da quello precedente.

In assenza di una politica industriale seria, saranno migliaia le attività produttive destinate a chiudere perché non più sostenibili, ma è lo stesso modello di vita della società Occidentale a essere in discussione. Non è più tempo di rimandare le decisioni strategiche: le famose riforme strutturali, dalla banda larga capillare su tutto il territorio nazionale, alla rifondazione della giustizia e di istruzione e sanità. Ne abbiamo parlato con Fabio Arpe, banchiere di lungo corso, a capo della società di advisory Arpe Group, con focus sulla piccola industria.







 

Ora ci vuole un progetto Paese

Fabio Arpe, CEO Arpe Group

«Ci vuole un progetto Paese con le migliori teste che abbiamo. Bisogna ripensare infrastrutture, informatica, trasporti, turismo, riorganizzare tutto secondo le regole del nuovo mondo post Covid-19. Non possiamo vivere rattoppando l’emergenza: 500 pagine, tante ne contiene il Decreto Rilancio, sarebbero state gradite se ci fossero state scritte le norme per ricostruire il paese, non per fare misure di emergenza che lasciano il tempo che trovano». È tranchant sull’ultimo Decreto del governo Conte Fabio Arpe, che ha dedicato gli ultimi sei anni della sua vita professionale a strutturare servizi di merchant bank per piccole e medie imprese.

I servizi di Arpe Group sono utili «soprattutto per le imprese con un giro di affari sotto i 30 milioni, tipicamente prive di un adeguato assetto amministrativo, contabile e gestionale per arrivare alle banche con domande di credito sostenibili. E che vengono scartate pur essendo meritevoli di ottenere un prestito». Un “assetto” che Arpe Group fornisce, rendendo disponibili una serie di software proprietari che, grazie al cognitive computing, ottimizzano l’analisi della banca sulla solvibilità delle imprese da un lato e dall’altro aiutano queste ultime a migliorare la visibilità sul business nel medio periodo. Una visibilità che può contribuire a sbloccare il credito alle piccole imprese riguardo a cui le banche tendono a essere molto caute dovendo assegnare al credito concesso ad esse, a parità di tutti gli altri parametri, un livello di rischiosità superiore.

 

Perché il decreto Rilancio non è sufficiente (e rappresenta un’ipoteca sul nostro futuro)

«Criticare è facilissimo e non intendo cadere in questo tranello. So bene che la situazione è complessa e questo va tenuto in considerazione. Ma ritengo francamente che non stiamo leggendo un grandissimo decreto. I contributi a fondo perduto, per esempio, sono briciole. I conti dello Stato non sono floridi e probabilmente di più non era possibile fare, ma presentare questa misura come qualcosa di rivoluzionario e risolutivo è errato. Succederà quanto già accaduto con il credito bancario del Decreto Liquidità: tutti sono inferociti perché non ricevono liquidità ma i motivi sono chiari». E i motivi sono che «il governo butta fuori tanti numeri, ipotecando il deficit dei prossimi anni. Ora viene data una garanzia, nel momento in cui viene escussa il deficit aumenterà. Ci stiamo ipotecando anche il futuro, non lo dico in maniera polemica ma il deficit è abbastanza condannato. Così, sulla carta è una manovra grande, ma nella pratica avrà effetti minimi. Non basta un milione di euro in un’azienda perché l’azienda riparta».

E intanto ci sono evidenti corto circuiti per esempio sul tema della Cassa integrazione che non è partita (tanto che nel Decreto Rilancio si prevede per le settimane aggiuntive concesse una procedura semplificata che salti il passaggio delle Regioni e veda un filo diretto tra aziende e Inps). «Intanto per le nove settimane del Cura Italia le aziende stanno anticipando i soldi ai lavoratori: un problema del problema. Il ritardo della cassa integrazione non si spiega… dovrebbe essere molto più facile accedere agli ammortizzatori sociali».

Arpe Group fornisce una serie di software proprietari che, grazie al cognitive computing, ottimizzano l’analisi della banca sulla solvibilità delle imprese da un lato, e dall’altro aiutano queste ultime a migliorare la visibilità sul business nel medio periodo. Fonte Arpe Group

Senza strategia non c’è rilancio (e le imprese scaricano i maggiori costi sul consumatore)

Non ci troviamo insomma di fronte a provvedimenti che permettono di ripartire. E il problema centrale è sempre la mancanza di un pensiero strategico a monte. «Dal 18 maggio le attività hanno avuto il permesso di ripartire, ma con tanti e tali paletti, a partire dai due metri di distanza, fino alla fornitura di presidi per la sicurezza e la sanificazione, che fanno sì che non sia scontata la loro sostenibilità. Molti modelli di business non reggono e non mi riferisco solo ai piccoli esercizi commerciali o ai ristoranti, ma anche, per esempio alle Ferrovie dello stato che non riescono a coprire i costi se possono trasportare il 30% dei viaggiatori dell’era pre Covid-19. Insomma, siamo di fronte a un cambiamento epocale che, se non si trova una cura per la malattia, richiederà che si ristrutturi la società e i modelli di business in modi che forse non abbiamo ancora capito».

Il presidente del Consiglio dei Ministri Giuseppe Conte

Non solo i negozi al dettaglio dunque ma i grandi centri commerciali non stanno in piedi, così le palestre, a meno di «non scaricare sul consumatore i maggiori costi, cosa che in parte già sta avvenendo, e che sarebbe in ogni caso un suicidio in un momento in cui si calcola la perdita di centinaia di migliaia di posti di lavoro e un generale abbattimento del potere di acquisto. Questa soluzione farebbe emergere una ulteriore polarizzazione delle fasce sociali. Ritorneremo a un mondo forse meno globalizzato ma in cui i poveri aumenteranno e i ricchi diventeranno più ricchi. Sono preoccupato per il futuro del paese».

E la preoccupazione di Arpe è condivisibile perché al momento nessuno sembra pensare a cambiare realmente marcia. «La pandemia al momento è parte della normalità: bisogna adattarsi subito. E trovare un sistema perché andare da Roma a Milano non sia un lusso per pochi. Perché il rischio reale è questo, mentre ipotechiamo i costi di un debito che sarà spaventoso. Cambieranno tutti gli equilibri e la cosa che lascia esterrefatti è che è bastato un virus aggressivo sì, ma con mortalità bassa, perché questo avvenisse, a dimostrazione della nostra fragilità. Dalla Commissione Colao mi aspettavo qualche indicazione più precisa su come riorganizzare il Paese, mentre non è uscito più che qualche provvedimento di breve respiro».

 

I cambiamenti dei business model

Alle industrie sarà richiesta una serie di cambiamenti comportamentali perché esiste una cesura netta tra l’era pre Covid e quella post Covid. «Quello a cui assisteremo è innanzitutto un cambiamento nei comportamenti sociali, in tutto simile a quello che aveva provocato Bin Laden nel decennio del terrorismo. Se fino al 1999 si andava in aereo senza controlli, la minaccia terroristica ha reso normale adottare sistemi di controllo preventivi antiterrorismo. La stessa cosa provocherà la minaccia del virus, per cui diventerà un’abitudine che qualcuno ci misuri, ad esempio, la temperatura corporea al gate. La minaccia impatterà in maniera decisiva su turismo, trasporti, centri commerciali, cinema, stadi: ci sarà un prima e un dopo, una nuova normalità profondamente diversa da quella a cui siamo abituati. Sarà necessario per le imprese arginare in anticipo i rischi di nuove epidemie, soprattutto in vista della possibile seconda ondata a ottobre che molti scienziati immaginano, e a fronte della quale un nuovo blocco delle attività sarebbe insostenibile per qualsiasi economia. Le imprese di qualsiasi settore, quelle industriali in particolare, dovranno affrontare costi aggiuntivi per assicurarsi che non si porti in azienda – o in aereo – malattie oltre che armi».

Decreto Rilancio- le misure per le imprese

La ricetta Arpe per la ripartenza

Allora cosa si dovrebbe fare? «L’orizzonte è chiaro», risponde Arpe. «Si parla tanto di smart working, ma perché funzioni realmente la fibra ci deve essere dappertutto, il backup internet deve essere disponibile in centro a Milano come sul lago di Como o in Puglia. Bisogna fare investimenti seri e cogliere questa occasione di cambiamento per migliorare cose di cui ci saremmo dovuti occupare anche prima, senza rimandare a oltranza». Un altro esempio sono le piste ciclabili: «con le piste ciclabili risolviamo il problema del distanziamento sociale sui mezzi? Non direi, la bicicletta non va bene per tutti, come fa un sessantenne con la pioggia ad andare a fare la spesa in due ruote? Deve prendere il mezzo pubblico e avere la certezza che i mezzi pubblici siano potenziati, soprattutto perché ora possono accogliere a bordo meno persone».

Dobbiamo ripensare lo sport, «a partire dal calcio su cui si fanno polemiche e tifo, ma nulla di concreto. Gli esperti che paghiamo come contribuenti devono studiare e partorire un grande programma di rilancio del paese. Il nostro turismo come lo trattiamo? Come compensiamo il fatto che dai paesi esteri su cui si basa tutto l’introito di Venezia, per fare un esempio concreto, per sei mesi non arriverà nessuno? Venezia per reggere economicamente deve avere quel flusso di turisti che invade le strade a frotte. Se no Cipriani non apre e se non apre non paga i dipendenti. Allora dobbiamo capire come facciamo a garantire flussi di milioni di persone a Venezia.

Decreto Rilancio: Dopo il pacchetto di misure da 25 miliardi di euro del Decreto “Cura Italia”, il Governo con il “Decreto Rilancio” stanzia ulteriori 155 miliardi per avviare la Fase 2 dell’economia italiana che dovrà affrontare la crisi senza precedenti innescata dalla pandemia del Covid-19 e sostenere la ripresa del Paese.

Riaprire agli spostamenti tra regioni il 25 maggio o il 2 di giugno è indifferente, dobbiamo sapere come dobbiamo organizzarci, altrimenti ci trascineremo i problemi al 2021. La cosa drammatica è che siamo la società più opulenta del pianeta e non riusciamo a riorganizzare una ripartenza dignitosa. Vedo in tutti questi Decreti, e l’ultimo ha la medesima impostazione di quello precedente sulla Liquidità, la mancanza di un disegno unitario di fondo. E questo può portarci alla rovina, altro che Rilancio».














Articolo precedenteIoTWins: maxi progetto UE per gemelli digitali nelle pmi, con Bonfiglioli, Siemens e…
Articolo successivoSDProjet: nuovo versione del Cad elettrico di progettazione per automazione industriale






LASCIA UN COMMENTO

Per favore inserisci il tuo commento!
Per favore inserisci il tuo nome qui