Space economy, così D-Orbit lancia la logistica spaziale tra le stelle

di Laura Magna ♦︎ L'azienda, leader mondiale nel comparto, ha avviato le attività nel 2011 in seguito a un bando della Nasa. Il fondatore, Luca Rossettini, si è concentrato sul ridurre i costi delle operazioni: missione raggiunta, visto che oggi si paga fino al 40% per lanciare in orbita dei satelliti e il tempo si è ridotto dell'85%. Così l'Italia si affaccia in una partita da 400 miliardi di dollari

A Fino Mornasco, nella provincia di Como, c’è un’azienda che è leader mondiale della logistica spaziale. Ovvero si occupa di trasportare, laddove servono nell’orbita celeste, satelliti che hanno funzioni e applicazioni diverse, per la raccolta di dati a terra e la loro analisi in campo telecomunicazioni o marketing per esempio; o per effettuare esperimenti scientifici o ricerche in quota. Si chiama D-Orbit e nasce nel 2011 da un’idea che al ceo Luca Rossettini viene ispirata da un progetto Nasa di deorbiting, nell’ambito di un programma Fulbright-Hays al quale partecipava come scienziato.

«L’idea iniziale era focalizzata sul rientro dei satelliti – dice a Industria Italiana Monica Valli, VP of Operations del gruppo – Rossettini era focalizzato sulla sostenibilità dell’accesso allo spazio, per cui i primi progetti miravano a sviluppare una soluzione per il fine vita dei satelliti, per rimuoverli dall’orbita quando non più funzionanti. Dopo diverse validazioni della tecnologia, progredendo nella Roadmap aziendale, abbiamo acquisito la capacità di costruire sistemi satellitari per il lancio e lo spostamento in orbita di altri satelliti “ospiti” o device diversi. E abbiamo sviluppato un centro di controllo missione da cui comandiamo la nostra flotta di satelliti che una volta completato il posizionamento del carico in orbita continua a lavorare per noi con funzioni diverse». L’azienda è nata totalmente con il supporto di capitale venture e nel territorio dove ha la sede principale ha una rete di fornitori molto forte.







 

D-Orbit, un identikit dell’abilitatore del business satellitare

Monica Valli, VP of Operations D-Orbit

Insomma, se si volesse fare un paragone, potremmo dire che D-Orbit opererà, in piccolo, la Starlink italiana. Perché, a tendere, potrebbe avere una costellazione sul modello di quella di oltre 1300 satelliti firmata da Elon Musk. Per ora, va detto, i satelliti in orbita sono solo tre, lanciati dallo scorso autunno a oggi. Ma l’innovazione corre veloce e le prospettive appaiono interessanti. E inoltre, il legame di D-Orbit con il visionario della vita su Marte non si limita all’idea di una costellazione di satelliti lanciati dalla terra. «Molti dei nostri Ion (così di chiamano le piattaforme satellitari che muovo i carichi dei clienti nello spazio, ndr) vengono lanciati con il Falcon9 di SpaceX. Ma anche con lanciatori europei, tra cui spicca il Vega dell’italiana Avio», dice Valli.

 

La prima azienda al mondo al servizio del trasporto in orbita dei satelliti

D-Orbit, che oggi conta 130 dipendenti e un fatturato di 2,2 milioni nel 2020, «che si prevede potrebbe raddoppiare nell’anno in corso», è stata la prima azienda al mondo a rispondere alle esigenze logistiche del mercato spaziale. Oltre alla sede italiana, dove esiste anche una fabbrica di produzione, l’azienda ha uffici in Portogallo, Regno Unito e Stati Uniti; e ultimo, ma non meno importante, è la prima azienda spaziale certificata B-Corp al mondo.

«In Regno Unito stiamo lavorando per aprire un sito autonomo produttivo collegato allo spazioporto di Cornwell che inaugurerà a breve – dice Valli – in Portogallo invece abbiamo la software house dell’azienda che si occupa dello sviluppo del software per il controllo e la gestione di centri di controllo missione. E infine negli Usa c’è un hub commerciale». E se i competitor oggi si moltiplicano, D-Orbit conserva il ruolo di pioniera. «Siamo stati i primi al mondo a dimostrare che il servizio di lancio in orbita da satellite di un satellite funziona. Abbiamo effettuato il test a settembre 2020», racconta la manager.

 

Il mercato globale dei servizi in orbita (di cui fa parte la logistica)

ION Satellite Carrier. Molti Ion (così di chiamano le piattaforme satellitari che muovo i carichi dei clienti nello spazio, ndr) di D-Orbit vengono lanciati con il Falcon9 di SpaceX. Ma anche con lanciatori europei, tra cui spicca il Vega dell’italiana Avio

La logistica spaziale si inserisce nel contesto dei servizi in orbita che valgono nel mondo circa un quarto degli oltre 400 miliardi di dollari dell’intera economia spaziale (i numeri sono di Statista), ma che nel 2040 sono destinati a crescere fino alla metà di un valore che allora avrà superato il trilione di dollari. «Quello che noi facciamo – spiega Valli – è gestire essenzialmente tutti gli aspetti di logistica e trasporto dalla terra allo spazio, nello spazio e dallo spazio alla terra per conto dei nostri clienti che sono operatori satellitari». Se fino a qualche anno fa a dominare la scena erano solo grossi player istituzionali e programmi istitutional driven, con le agenzie spaziali nazionali che investivano per la manifattura dei satelliti, sia per i lanci sia per la raccolta e l’elaborazione dei dati, di recente le cose sono cambiate radicalmente.

«Sia per gli investimenti privati che si sono affiancati a quelli delle agenzie sia per il conseguente fiorire di player piccoli o differenti che hanno iniziato utilizzare asset in campo spaziale per erogare i loro servizi in un mercato commercial driven. Parlo degli operatori satellitari che fanno osservazione della terra, comunicazione, IoT. O aziende che costruiscono nano satelliti, da qualche chilo o meno a 50-60-70 chili per erogare questi servizi». A questo punto restava però un collo di bottiglia: «tutte queste aziende hanno come focus quello di arrivare in orbita il prima possibile e iniziare a fatturare. Questo è il loro punto. Noi ci occupiamo di tutto ciò che aiuta e supporta queste aziende ad arrivare in orbita il prima possibile e nel modo più efficace possibile».

 

Come funzionano gli Ion D-Orbit

Render ION Satellite Carrier. D-Orbit, che oggi conta 130 dipendenti e un fatturato di 2,2 milioni nel 2020, è stata la prima azienda al mondo a rispondere alle esigenze logistiche del mercato spaziale

E D-Orbit lo fa con una serie di tecnologie e device proprietari. «Ion Satellite Carrier, per esempio, è un veicolo spaziale proprietario che può trasportare satelliti in orbita e rilasciarli individualmente in slot orbitali distinti, riducendo il tempo dal lancio alle operazioni fino all’85% e i costi di lancio di un’intera costellazione satellitare fino al 40% – spiega Valli – Nella stessa missione, Ion può inoltre ospitare numerosi carichi di terze parti di aziende e istituzioni che richiedono un test della loro tecnologia in orbita». Insomma, una sorta di passaggio in orbita che di fatto abilita un business. «Arrivare in orbita dove serve non è scontato. Perché i razzi tipicamente sono disegnati per uscire dall’atmosfera ma non ottimizzati per fare l’ultimo miglio. Noi siamo come i distributori dell’ultimo miglio: il Falcon è la nave cargo che da un altro continente porta la merce al porto, noi siamo quelli che la distribuiscono porta a porta». Il sistema che si occupa di questo ultimo miglio si chiama InOrbit Now, ed è sostanzialmente una famiglia di soluzioni end-to-end fornite attraverso la tecnologia proprietaria. «Nell’ambito di questa famiglia di servizi c’è quello di approvvigionamento, hosting e distribuzione end-to-end, lo Ion Launch Service che sfrutta i già citati Ion Satellite Carrier, veicoli cargo prodotti e gestiti da noi che ospitano un lotto di veicoli spaziali nei suoi distributori di bordo, li trasporta durante la sua missione e li rilascia singolarmente in precisi slot orbitali in base alle esigenze dei clienti».

Durante la missione, i payload imbarcati su Ion per cui non è richiesto il rilascio in orbita, verranno accesi dalla navicella spaziale ospitante, di cui si potrà controllare l’orientamento durante le operazioni, e iniziare la loro fase operativa, testando il carico utile in diverse condizioni operative richieste dal cliente. «I costi di lancio e di esercizio variano da 100mila e un milione di dollari ma il maggior vantaggio per il cliente è che gli consentiamo di esternalizzare processi lunghi, imprevedibili e costosi, connessi alla licenza di frequenza, all’autorizzazione al lancio e alla certificazione di idoneità al volo». La piattaforma proprietaria è progettata e prodotta nello stabilimento di Fino Mornasco, dove vengono assemblate tutte le varie parti fino al completamento. Per ogni lancio viene prodotta una piattaforma diversa, ma la vita di ognuna di esse non si esaurisce con il trasporto. «A oggi abbiamo già in orbita tre piattaforme e ne lanceremo una a inizio del prossimo anno e stiamo aumentando la cadenza di lancio di anno in anno. Questo ci permette di avere una costellazione in orbita. È un bene che continuiamo a operare per nostre necessità, per eseguire test. Insomma le piattaforme hanno una vita operativa più lunga del puro lancio dei satelliti. La prossima frontiera che stiamo sviluppando è quella dell’in orbit service. Una possibilità interessante perché consentirà, per esempio, l’ispezione di satelliti già in orbita avvicinandovisi in maniera precisa, l’avvicinamento e l’esecuzione di diverse operazioni su di essi.














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