Tra iper tecnologie e smart working… Cisco e le mille sfumature del mondo del lavoro

di Piero Macrì ♦︎ La multinazionale offre nuovi strumenti e studia gli scenari del futuro. Industrial IoT applicato allo spazio fisico. Soluzioni di networking, security e collaboration per l’hybrid work. Cisco Spaces. Webex Panorama. Veniwhere: laboratorio per i nomadi digitali. Con Gianmatteo Manghi, Michele Dalmazzoni, Gianpaolo Barozzi

Non una, non cento, ma mille sfumature di grigio. Il mondo del lavoro è ibrido, in presenza, a distanza e in mobilità. Posti di lavoro che si materializzano e si smaterializzano in una dimensione digitale, digital workplace pensati per digital worker, spazi dove l’intelligenza umana si ibrida con l’intelligenza artificiale, manodopera basata su software in grado di eseguire in modo indipendente parti significative di processi complessi attraverso l’apprendimento automatico, la visione artificiale e l’elaborazione del linguaggio naturale. «L’obiettivo è permettere alle aziende di dare ai propri dipendenti l’opportunità di vivere un’esperienza digitale indipendentemente dal luogo in cui si sceglie di lavorare, da una parte fornendo tutti gli strumenti digitali necessari e dall’altra ridisegnando l’ambiente fisico. Smart working non è lavoro da distanza, è creare spazi di lavoro flessibili e adattativi», afferma Gianmatteo Manghi, amministratore delegato di Cisco Italia.

I principi cui si ispira il digital workplace? Il primo è il ribilanciamento degli spazi. «In passato circa il 70% era dedicato a singole persone, ora è tutto il contrario: gli spazi sono pensati in termini di collaborazione, per ridurre consumi di energia e delle emissioni, con un’attenzione verso l’ergonomia delle postazioni e l’ottimizzazione della luce naturale, della qualità dell’aria, del rumore esterno», spiega Manghi. Una trasformazione digitale che introduce il concetto di nomad worker, dove la persona sfrutta le tecnologie per avere un approccio mobile, indipendente e creativo al lavoro, esercitando la propria professione secondo un modello itinerante. Rispetto al remote working, con il quale ha peraltro molti punti in comune, il nomad working prevede la dimensione dello spostamento. «Persone, nuove tecnologie e riprogettazione degli uffici sono le leve strategiche per i modelli di lavoro del futuro, dice Manghi. Modelli in cui la flessibilità è la parola d’ordine che deve accompagnare l’attenzione ai risultati». E’ quanto emerso nel corso della “Future of Work Week”, la settimana milanese dedicata al futuro del lavoro. Di strada, però, ce n’è ancora tanta da fare perché i nuovi modelli ibridi si estendano e si diffondano nelle aziende. Secondo i dati della quinta indagine Inapp, l’Istituto Nazionale per l’Analisi delle Politiche Pubbliche, che ha coinvolto 15.000 occupati e 5.000 datori di lavoro, la quota smart working varia dal 25% per le professioni intellettuali o esecutive al 2% di quelle non qualificate.







Insomma, dai dati disponibili a livello nazionale non emerge ancora un vero cambiamento del paradigma lavorativo. Come se durante la pandemia avessimo vissuto in una grande bolla e il ritorno alla normalità stesse vanificando le potenzialità del lavoro a distanza, a causa di una ridotta capacità di introdurre radicali innovazioni nell’organizzazione del lavoro che preveda una combinazione di fasi di lavoro da remoto con fasi di lavoro in presenza. Ma chi può realisticamente lavorare in smart working? Secondo l’indagine, l’80% dei lavoratori svolge mansioni che non possono essere eseguite a distanza. Eppure, osservando la dimensione aziendale lo scenario cambia. La quota di lavoratori che svolge attività non telelavorabili diminuisce all’aumentare della dimensione: è l’84,4% per le aziende fino a 5 addetti; il 79,9% in quelle fino a 9 addetti; il 68,6% nelle realtà con 10-49 addetti; il 56,4% in quelle con 50-249 addetti; e solo il 34,2% nelle grandi aziende con più di 250 lavoratori.

 

Veniwhere, il laboratorio Cisco per il nomad working e per un lavoro flessibile, creativo e adattativo

Gianmatteo Manghi, amministratore delegato di Cisco Italia

Un esempio del lavoro ibrido e nomade è il progetto Venywhere, lanciato lo scorso anno da Cisco cui hanno partecipato 16 dipendenti. Hanno vissuto e lavorato a Venezia per tre mesi. «È stata una esperienza di grande successo, in termini di performance delle persone e valore dato a città ed ecosistema», afferma Gianpaolo Barozzi, Director Purpose Innovation di Cisco. Il progetto vivrà una seconda fase coinvolgendo altre aziende, e sarà esportato in altre località, come l’isola greca di Rodi, Los Angeles, il Sud Africa e alcune regioni del Sud e del Nord Italia. «Nuove modalità di lavoro remoto e ibrido stanno cambiando profondamente il modo in cui le persone vivono le città. Allo stesso modo, le aziende stanno cambiando la propria organizzazione, la valutazione della capacità ed efficienza dei collaboratori, i valori proposti e i fattori che possono trattenere i talenti o attrarne di nuovi», dice Barozzi.

«Le persone esprimono molto più chiaramente il loro desiderio di flessibilità e le aziende devono prendere coscienza del fatto che, se vogliono attrarre talenti e trattenere i migliori professionisti, devono offrire modalità di lavoro ibride, aggiunge Manghi. Devono inoltre considerare in modo olistico lavoro, produttività e benessere dei dipendenti. La collaborazione che abbiamo attivato con Venywhere ci permette di raccogliere sul campo indicazioni concrete su ciò che si potrebbe realizzare, grazie all’esperienza maturata in una città storica che sta ridefinendo il proprio futuro». Il progetto è supportato dalle tecnologie Cisco, tra cui Webex e la sua funzione Collaboration Insights che permette di avere un maggior controllo sulla giornata lavorativa, aiutando gli utenti a capire come e quando sono maggiormente produttivi. Questi dati, una volta aggregati, permettono di comprendere come i lavoratori utilizzano lo spazio e i tempi, come gestiscono flessibilità e autonomia e come tutto ciò impatta sulla produttività ma anche sulla soddisfazione personale. «Organizzazioni più produttive e qualità della vita si possono conciliare, sostiene Manghi. Abbiamo un’opportunità straordinaria. Siamo passati da una situazione di emergenza, dettata dalla pandemia, alla possibilità di progettare come possano evolvere i processi e l’organizzazione del lavoro per esser sempre più competitivi, creando al tempo stesso, un ambiente di lavoro attrattivo che migliora la qualità della vita delle persone». Per Michele Dalmazzoni, direttore della divisione Collaboration Sud Europa & Future of Work Leader di Cisco, perché si possa introdurre un vero cambiamento, si deve creare consapevolezza e cultura nelle aziende: «I modelli che ci hanno accompagnato negli ultimi 50 anni non sono più validi. Dobbiamo sperimentare nuove forme che si adattino al nuovo scenario post-pandemico affinché non debba più esserci una scelta tra produttività, benessere e sostenibilità».

Industrial IoT applicato allo spazio fisico. Soluzioni di networking, security e collaboration per l’hybrid work

Michele Dalmazzoni, Director Collaboration South EMEAR, France and Israel di Cisco

«Il grande upgrade tecnologico fatto grazie alla pandemia è servito a migliorare una modalità tutti a casa, dice Dalmazzoni. Pc portatili, connettività, sicurezza. Oggi la sfida è ibrida. Coniugare chi sta in presenza con chi si collega da remoto. I dati ci dicono che più del 40% degli incontri virtuali hanno dei problemi tecnologici, tanto che spesso le persone tornano in ufficio per fare i meeting davanti al proprio pc. Servono tecnologie adeguate per digitalizzare spazi fisici, che siano coworking o sale riunioni. I sistemi di comunicazione si sono evoluti. Soluzioni di networking, security e collaboration per l’hybrid work, nonché di device – dai tool Webex alle camere Meraki, agli access point wi-fi, fino ai sensori per qualità dell’aria, occupazione degli spazi, modulazione della luce, creano le condizioni per una nuova progettualità».

E’ l’industrial Iot applicato allo spazio fisico e la piattaforma Cisco Spaces va proprio in questa direzione, fornendo un collegamento tra i dati disponibili nello spazio fisico e le informazioni che possono aiutare a creare un ambiente di lavoro sicuro e senza soluzione di continuità. «Ogni laptop, telefono, fotocamera e dispositivo IoT che si connette alla rete fornisce dati e approfondimenti che possono agevolare l’ottenimento di risultati migliori, ottenendo un edificio intelligente e una connettività più fluida, aggiunge Dalmazzoni. La piattaforma, in questo senso, garantisce uno spazio di lavoro sicuro e intelligente monitorando e condividendo i livelli di occupazione in tempo reale. Integra inoltre dispositivi e applicazioni multivendor per operazioni sostenibili e connette gli utenti alla rete in modo semplice, offrendo esperienze digitali personalizzate. E’ possibile visualizzare in tempo reale le condizioni ambientali interne, individuando facilmente sale riunioni e spazi di collaborazione disponibili».

 

La dimensione digitale interconnessa per un lavoro liquido e senza confini

Giampaolo Barozzi, Director Purpose Innovation di Cisco

Il workplace cambia per tutti. Siamo nella dimensione dell’internet of everything, dove le persone sono parte di un ecosistema digitale fatto di sensori, piattaforme digitali. Un network distribuito di intelligenza umana e artificiale che va ormai pensato mettendo al centro la flessibilità. Smart working non è lavoro da casa è la capacità di riorganizzare una forma lavoro intelligente, che di per sé è senza forma, perché non esiste più un contenitore, l’ufficio, ma uno spazio che si modifica nel corso della giornata e della settimana. Il nomad worker abita spazi a seconda delle opportunità ed esigenze. Flessibilità vuol dire mettere le persone nella condizione migliore per essere produttive, il che vuol dire creare un digital workplace adattativo, per lavorare a distanza, on site e in mobilità.

Un’esperienza digitale e un digital thread comunicazionale end-to-end. Le persone, ovunque esse siano, hanno la possibilità di avere accesso a dati, ricevere informazioni, grazie a un mondo iperconnesso, in cui funzioni sono svolte dal network e piattaforme digitali. «L’esperienza degli ultimi anni è stata una reazione all’emergenza. Si è data risposta alle necessità fondamentali per assicurare una continuità produttiva. Ora si può progettare il modo di lavorare pensando per obiettivi, per migliorare le performance d’impresa, e quindi, più e qualità dei risultati, afferma Manghi. Al centro, la soddisfazione delle persone, perché il capitale umano è ciò che fa la differenza. Non ultimo, dare un contributo di sostenibilità ambientale. Per attrarre le persone dobbiamo inventare un nuovo spazio di lavoro. In altri termini, disaccoppiare la creazione di valore dal luogo di lavoro».














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