Cef: innovazione è anche la formazione a distanza

Cef, Guido Galimberti con Antonino Cannavacciuolo
Cef, Guido Galimberti con Antonino Cannavacciuolo

di Laura Magna ♦ Decolla il business della formazione telematica: Cef, Centro europeo formazione, cresce del 30% con una formula sempre più apprezzata. Merito del mix tra formazione e innovazione, spiega a Industria Italiana l’amministratore delegato, Guido Galimberti.

Obiettivo 13 milioni nel 2016, con una crescita del 30% rispetto ai 10 con cui Cef, Centro europeo formazione, ha chiuso il 2015. La sua attività è “l’It della formazione professionale”, un settore per descrivere il quale non esistono numeri né analisi, perché di fatto “è un mercato che in Italia stiamo creando noi”, spiega a Industria Italiana l’amministratore delegato Guido Galimberti (nell’immagine in alto assieme ad Antonino Cannavacciuolo). “Inventiamo mestieri o, meglio, li codifichiamo per rendere più organizza la preparazione che conduce a fare certi lavori”. Cef era la costola di e-publishing dismessa dal gruppo editoriale De Agostini, che non la riteneva più una attività core e che attraverso un’operazione di buyout e successivo spin-off è stata acquisita a dicembre del 2013 dalla Ebano, società che oggi ne detiene il 75%, assieme a Galimberti.







Partecipazioni e innovazione
Ebano è una holding operativa di partecipazioni, fondata alla fine degli anni Ottanta dall’imprenditore Carlo Robiglio, che ha quote in una decina di società prevalentemente nell’editoria libraria e nell’editoria per la formazione professionale, che si avvale di corsi in modalità Fad (Formazione a distanza) e piattaforme e-learning. Ma anche nella comunicazione, nella business intelligence, nel direct marketing e in iniziative legate a startup innovative rivolte al mondo della sharing economy, con particolare attenzione al digital marketing. Tra gli investimenti c’è anche una start up di grande successo come Gnammo, nel settore del social eating. “Sono un imprenditore e non un investitore di venture capital, nell’accezione del finanziere che fa ragionamenti speculativi per trarre profitto nell’immediato”, spiega Carlo Robiglio. “Questo non vuol dire, ovviamente, che non valuti di vendere, magari al quintuplo del prezzo di acquisizione, qualche business che si è nel tempo valorizzato. Ma che per investire ragiono nell’ottica di un progetto complessivo. Con Cef, per esempio, ho visto fin dall’inizio una forte competenza nella formazione in un business piccolo, ma avviato, con un processo interessante sul web. L’operazione è stata di circa 1 milione di euro tra parte fissa e variabile, con l’obiettivo di pagare una put a De Agostini se avessimo raggiunto certi obiettivi. Gli obiettivi sono stati al di là di ogni aspettativa, il deal si è ripagato da solo e sta creando lavoro, competenze e crescita ulteriori: siamo passati da 3 milioni a 9,8 in tre esercizi e puntiamo ai 13 nel 2016”.

Carlo Robiglio
Carlo Robiglio

Metodi consolidati

Una crescita ottenuta semplicemente potenziando quello che Cef faceva già. “L’azienda ha dieci anni, la nostra offerta è quella di una metodologia consolidata nella creazione di supporti tecnologici per la formazione professionale oltre a un sevizio di tutoraggio. Il know-how editoriale deriva dalla De Agostini, ma la cosa interessante è che siamo riusciti a incrementare il giro di affari senza aver avuto bisogno del marchio”, continua l’imprenditore. Tutta la formazione avviene a distanza, tramite telefono, Skype, ed e-mail, con la possibilità di integrare le competenze acquisite de visu con esperimenti pratici. “In Italia siamo paurosamente indietro anche rispetto all’Europa sulla Fad: la formazione professionale è competenza delle Regioni e quasi nessuna prevede quella a distanza come standard formativo. Noi vogliamo dimostrare che invece può essere equivalente se non, in certi casi migliore, di quella presenziale”, continua Galimberti. E per farlo, è necessario puntare sulla qualità che, nel caso di Cef, è garantita da “supporti migliori di tanti che vengono offerti nella formazione presenziale, perché la distinzione va fatta tra buona e cattiva formazione e non tra modalità di fruizione e ci sono certificazioni si possono ottenere anche con corsi bidone di poche ore, seppure in presenza”.

Corso pratico Chefuoriclasse
Corso pratico Chefuoriclasse

Telematica formativa

Se per la formazione universitaria la semplificazione telematica può essere limitante perché priva lo studente degli aspetti di ricerca, laboratorio e confronto scientifico, la Fad nulla toglie alla formazione professionale. “Il nostro è un metodo complesso ed elaborato in tutte le sfaccettature”, continua Galimberti. “Ci sono esercizi a distanza e una parte pratica che è necessaria. Per esempio, per i nostri corsi di punta, quello di cucina professionale e quello per addestratore cinofilo. In entrambi i casi abbiamo accordi rispettivamente con la rete nazionale degli istituti alberghieri e con l’associazione degli addestratori per fare lezioni pratiche nei fine settimana”. Dei 30mila allievi che Cef ha formato in dieci anni, circa il 60% si è inserito nel mondo del lavoro. “Quando dico che stiamo creando il mercato lo dico con il supporto di dati certi”, sostiene il manager. “Nel 2007 abbiamo lanciato la nostra prima formazione, per segretarie di studio medico, e la professione non esisteva. Su Google Trend le ricerche con quella locuzione danno zero risultati fino al 2007, mentre dopo il numero inizia a crescere. Oggi i corsi per segretaria di studio medico sono decine”.
Il mercato della formazione professionale è enorme ma limitato nelle sue logiche: “Uno dei nostri progetti è lanciare un corso per estetista con un blend tra formazione telematica e in presenza: per farlo dobbiamo cambiare le regole del gioco. Ci sono situazioni surreali: prendiamo un altro caso, quello dell’operatore socio sanitario per cui esiste un titolo al quale si ha accesso esclusivamente con un corso in presenza di almeno 600 ore di aula”, obietta Galimberti. “Eppure la Ue ha sancito che le competenze debbano essere giudicate puntualmente e non in base al percorso. Voglio dire: se studio da autodidatta, ma a un esame obiettivo ho le stesse competenze di un Oss che ha seguito 600 ore di corso, avrei diritto al titolo”. Che ci sia un’azione di lobbying è evidente, visto il vantaggio che la diffusione della Fad porterebbe in Italia in termini di capillarità e accessibilità con un rilevante taglio di costi reso possibile dalla tecnologia che elimina l’aula. “Il nostro obiettivo è riuscire ad avere una legittimazione istituzionale per i nostri corsi. Stiamo conducendo uno studio a livello europeo che vorremmo utilizzare come strumento di pressione positivo per cambiare in Italia. E poi, una volta consolidato il business domestico, potremmo esportare il nostro modello all’estero. In particolare il corso di cucina professionale italiana CheFuoriclasse che potrebbe permetterci di formare persone in Regno Unito, Giappone, Russia. A un costo competitivo: i corsi similari sul mercato arrivano anche a 11mila euro, il nostro varia dai 2200 ai 3mila”, conclude il manager.














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