Artes 4.0: una nuova pelle artificiale e sensorizzata per i robot collaborativi

di Barbara Weisz ♦︎ Il cobot acquisisce la capacità dell'essere umano di localizzare il punto in cui è stato toccato o con cui sta interagendo, e la forza dell'agente esterno. I campi più immediati di applicazione: robotica medica e chirurgica, Industria 4.0. La ricerca è coordinata dall'Istituto di BioRobotica del Sant’Anna

Per il momento è “solo” (si fa per dire) un passo avanti nella ricerca sulla pelle artificiale sensorizzata. Ma la presenza, nel team di ricerca, del competence center Artes 4.0, e delle imprese associate, ne consente il trasferimento verso applicazioni industriali innovative di interazione persona-macchina-ambiente. Il punto di partenza è uno studio, tutto italiano, su una nuova pelle biomimetica per i robot collaborativi, che è stato pubblicato su Nature Machine Intelligence, rivista scientifica internazionale, e rappresenta un passo avanti in una delle ultime frontiere della robotica collaborativa. Il titolo dello studio: «Il mimetismo funzionale dei recettori Ruffini con reticoli di Bragg in fibra e reti neurali profonde consente una pelle sensibile al tatto e di ampia area bio-ispirata».

Autori: Luca Massari, Giulia Fransvea, Jessica d’Abbraccio, Mariangela Filosa, Giuseppe Terruso, Andrea Aliperta, Giacomo D’Alesio, Martina Zaltieri, Emiliano Schena, Eduardo Palermo, Edoardo Sinibaldi & Calogero Maria Oddo. La ricerca è stata coordinata dall’Istituto di BioRobotica della Scuola Superiore Sant’Anna, in collaborazione con l’Istituto Italiano di Tecnologia, le Università Sapienza di Roma e Campus Bio-Medico di Roma e Ca’ Foscari Venezia, e appunto con il centro di competenza Artes 4.0. «Queste nuove tecnologie abilitanti – sottolinea Paolo Dario, direttore scientifico di Artes 4.0 e professore emerito della Scuola Superiore Sant’Anna – saranno trasferite dal laboratorio di ricerca fino all’applicazione e all’impatto sociale». L’applicazione fondamentale è la robotica collaborativa, che prevede appunto l’interazione fra la macchina (anzi, il robot) e l’ambiente che la circonda. Campi più immediati: robotica medica, robotica chirurgica, robotica per l’assistenza personale, Industria 4.0.







 

Come funziona la nuova pelle artificiale per i robot

L’innovativa pelle artificiale emula una famiglia di recettori della pelle umana che si chiamano corpuscoli di Ruffini

Cosa hanno scoperto con precisione i ricercatori del team? Spiega Calogero Oddo, coordinatore dello studio: «abbiamo presentato il funzionamento di un’innovativa pelle artificiale che emula una famiglia di recettori della pelle umana che si chiamano corpuscoli di Ruffini. In particolare abbiamo mostrato la capacità di codificare su un’area larga del braccio robotico due proprietà fondamentali: la codifica del punto di contatto, quindi dell’interazione fisica fra robot e agenti esterni, e la codifica dell’intensità della forza con cui il robot interagisce». In pratica, il robot acquisisce la capacità dell’essere umano di localizzare il punto in cui è stato toccato (esempio, il braccio, e quale parte di esso), o con cui sta interagendo, e la forza dell’agente esterno (esempio, la differenza fra una carezza e un pugno). «La pelle biomimetica che abbiamo realizzato – aggiunge Mariangela Filosa, co-autrice dello studio – è costituita da una matrice polimerica soffice che integra sensori fotonici a reticolo di Bragg. Questi sensori sono sensibili alle deformazioni, e quindi con un algoritmo di deep learning costituto da una rete convoluzionale, e da un processo di integrazione neuronale multigriglia, siamo riusciti a ricostruire punto e forza di contatto con un’elevata accuratezza».

Lo stato dell’arte sulla pelle artificiale

In realtà, si legge nello studio pubblicato su Nature Machine Intelligence, nell’ultimo decennio sono state sperimentate, e anche realizzate diverse soluzioni di soft e-skin per l’applicazione in robot antropomorfi collaborativi e neuroprotesi. «Tuttavia, le pelli artificiali non sono ancora una componente integrante delle tecnologie robotiche, a differenza dei sensori di visione. I sensori tattili e di prossimità convenzionali sono stati generalmente sviluppati utilizzando componenti ingombranti e rigidi». Per questo i robot vengono spesso usati in spazi ristretti, e (in fabbrica) separati dall’uomo. «la classe emergente di dispositivi soft sensing, dotati di substrati deformabili come polimeri, gel e fluidi, in combinazione con sensori miniaturizzati, suggerisce un approccio per la crescente richiesta di flessibilità».

La sfida è la seguente: «coprire l’intero corpo dei robot antropomorfi con componenti di rilevamento morbidi e curvi». Esempi già utilizzati:

l’umanoide HRP-2 incorpora un sistema di sensori artificiali multimodali che imita gli strati funzionali della pelle umana per mezzo di un sensore di prossimità ottico, un accelerometro a tre assi, un sensore di forza normale e un elemento sensibile alla temperatura.

L‘iCub integra una pelle morbida dotata di elementi sensibili alla forza su tre assi.

Un array di transistor a 347 elementi per la mappatura della forza, che utilizza una combinazione di funzionalità elettroniche avanzate e elasticità simile a una pelle.

Un array di condensatori all’interno di una matrice in poliuretano e testata quando montata sull’effettore finale di un braccio robotico, che ha ottenuto la stima della forza sia normale che di taglio in tempo reale con un’elevata sensibilità e un’eccellente stabilità del ciclo, con il segnale tracciato utilizzato anche per controllare e arrestare il sistema durante attività predefinite.

 

Tecnologie e applicazioni

La nuova pelle artificiale sensorizzata si inserisce in questo filone, risolve una serie di problemi (ad esempio, legati al cablaggio), e offre vantaggi competitivi sui seguenti fronti: capacità di multiplexing intrinseco, elevata sensibilità, facilità di integrazione densa e immunità alle interferenze elettromagnetiche (consentendo, ad esempio, la compatibilità della risonanza magnetica nelle applicazioni sanitarie collaborative). Si basa su sensori FBG, strutture microrisonanti con una lunghezza tipica dell’ordine dei millimetri, che vengono incise lungo il nucleo di una fibra ottica per mezzo di un raggio laser che passa attraverso una maschera di fase, e su uno specifico modello di deep learning. Integra intelligenza fisica (il posizionamento dei sensori) e intelligenza artificiale (l’interpretazione del segnale che arriva ai sensori). Può essere utilizzata sia per rivestire robot appositamente progettati sia per retrofit su quelli esistenti.














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