Data center o cloud? Questo è il dilemma! Ecco cosa ne pensano Hpe e Altea 365

di Piero Macrì ♦︎ Per la scelta si devono valutare i workload applicativi e le attività e i costi di re-ingegnerizzazione e di riscrittura del codice che si devono mettere in conto per un’eventuale migrazione. Il centro elaborazione dati può inoltre evolversi in un cloud privato: un insieme di server e storage controllato e dimensionato opportunamente. Il cloud privato GreenLake basato su Azure Stack, modello scalabile e pay per use, e il Virtual Desktop Infrastructure per lo smart working. Ne parliamo con Sergio Crippa, IoT e Industry 4.0 Country manager di Hpe, e Matteo Anchieri, ceo della società di Altea Federation

La struttura monolitica del sistema informativo aziendale che aveva caratterizzato i primi 50 anni di storia dell’information technology ha ceduto il passo a un It ibrido. Il cloud cresce a tassi medi annui superiori a quelli dell’on-premise ed è oggi diventata la componente It a maggior valore. Un fenoneno che, nella maggioranza dei casi, corrisponde a una scelta strategica volta a massimizzare i benefici delle due modalità di erogazione delle tecnologie. Ed è in questo mondo ibrido che si cala la visione di Hpe. «Il nuovo modello economico che abbiamo definito con GreenLake crea la possibilità di modernizzare ed espandere i data center con vantaggi molto simili a quelli che si possono avere nel cloud pubblico», dice Sergio Crippa di Hpe Italia.

L’It ibrido si traduce in un ecosistema d’offerta ad alta liquidità che permette di diversificare il sourcing tecnologico a seconda di quelle che sono le specificità delle aziende, allocando singoli workload applicativi e infrastruttura general purpose sulla nuvola o nel data center in base alle preferenze degli utenti. It ibrido, dunque, che coniuga esigenze di agilità e flessibilità, consentendo di realizzare infrastrutture distribuite, ovunque e comunque, secondo un modello as-a-service. Quest’ultimo non è più infatti una prerogativa del cloud pubblico, ma si è esteso all’utilizzo dell’hardware aziendale. «Grazie a GreenLake l’utente può oggi portarsi in casa i più disparati workload – blocchi prefabbricati di appliance iperconveregenti che integrano componenti di server, di storage e  di networking – con un’esperienza di consumo e di gestione assimilabile a quella del cloud pubblico», spiega Crippa.







Quale strada, quindi, percorrere? Modernizzare la dimensione privata di data center o privilegiare la dimensione del cloud pubblico? Come spiega Matteo Anchieri, amministratore delegato di Altea 365, società di Altea Federation, partner di Hpe, specializzata in servizi di progettazione e realizzazione di infrastrutture Ict, data center on-premise e cloud, «Non esiste una risposta univoca e per la maggior parte di medie e grandi aziende l’uno e l’altro vanno visti come opzioni di sourcing tecnologico complementari poiché ciascun modello porta con sé specifici vantaggi. Investimenti nell’uno e nell’altro senso vanno valutati in base al nuovo modello economico as a service. Se però si pensa di andare in cloud per ridurre i costi dell’It è un grosso errore – afferma Anchieri – In molti progetti che abbiamo valutato è vero il contrario, costa di meno avere un data center on-premise»

 

La conversione degli hardware vendor al modello pay per use

Inizialmente appannaggio del solo software, la formula a tariffazione associata all’utilizzo dell’hardware è dettata in primo luogo dalla volontà di acquisire una maggiore competitività nei confronti delle cloud companies (Amazon, Microsoft e Google) che nell’arco di 15 anni hanno creato le infrastrutture hyperscale su cui si sono concentrati molta parte degli investimenti che in passato interessavano i data center aziendali. Una progressione che nel 2020 ha portato il cloud ad essere il primo mercato per l’approvvigionamento delle risorse It. Secondo dati Synergy Research Group, nel 2020 la spesa nel cloud, a livello mondiale, è infatti cresciuta del 35% per un valore di 130 miliardi di dollari mentre gli investimenti nei data center aziendali sono stati di 90 miliardi, in decrescita del 6% rispetto al 2019. In base ai dati forniti dalla società di ricerca il 60% dei server che vengono installati vanno a finire nel cloud. Una tendenza che emerge anche dalle indagini dell’Osservatorio del Politecnico di Milano secondo il quale il cloud continua a consolidarsi all’interno delle strategie di evoluzione del sistema informativo aziendale.

Cloud public market trend. La formula a tariffazione associata all’utilizzo dell’hardware è dettata in primo luogo dalla volontà di acquisire una maggiore competitività nei confronti delle cloud companies (Amazon, Microsoft e Google) che nell’arco di 15 anni hanno creato le infrastrutture hyperscale su cui si sono concentrati molta parte degli investimenti che in passato interessavano i data center aziendali

Nuovi progetti nascono nel cloud, ma la strategia è ibrida

Secondo l’Osservatorio la maggior parte dei nuovi progetti delle grandi aziende italiane nascono in cloud, una scelta considerata obbligata nel 13% dei casi e preferenziale nel 30%. Solo il 9% delle aziende attua una strategia on-premise mentre il 48% propende per un approccio selettivo, valutando il modello di sourcing caso per caso. Non solo, dall’indagine dell’Osservatorio emerge che l’11% delle imprese non ha più un data center di proprietà in quanto quest’ultimo risiede in un cloud privato e/o pubblico, mentre un ulteriore 27% prevede di avanzare in questa direzione migrando progressivamente tutto il legacy nei prossimi anni. Inoltre, il 50% prevede di attuare una strategia ibrida: una parte del legacy migrerà in cloud e la restante rimarrà on-premise. Solo il 12% si affida a una strategia completamente on-premise.

Il provisioning dell’It può infatti essere declinato nelle formule più diverse: in data center, on-premise o in colocation presso un service provider, oppure in infrastruttura Aws, Azure, Google o di un qualche altro cloud provider. Tra le due modalità esiste una differenza di fondo: il data center on-premise è un gruppo di server detenuti e controllati privatamente, mentre il cloud pubblico è controllato da provider esterni

GreenLake, un’infrastruttura per un It distribuito e collaborativo

GreenLake fornisce servizi di infrastructure as-a-service per carichi di lavoro on-premise, gestiti  secondo un modello pay-per-use, indipendentemente dal luogo in cui risiedono: nell’edge, in colocation o nel data center. Complessivamente sono già circa 3 miliardi di dollari i contratti che Hpe ha stipulato nel mondo secondo la nuova formula commerciale, un valore che tenderà progressivamente a crescere fino a rappresentare una parte sempre più consistente dei ricavi. Con GreenLake, Hpe ha quindi inaugurato una nuova fase del sourcing technologico che permetterà di contenere l’espansionismo del cloud pubblico, assicurando alle organizzazioni It, soprattutto quelle di medie e grandi aziende, di modernizzare e fare evolvere la componente applicativa legacy, così come avviare nuovi progetti facendo leva su architetture di nuova generazione iperconvergenti che in termini di stabilità e di flessibilità sono paragonabili al public cloud.

Hpe GreenLake in numeri. Hpe ha 4 miliardi di dollari di contratti in essere su GreenLake, suddivisi su oltre mille clienti che operano in più di 50 Paesi diversi. Secondo White, il mercato potenziale dovrebbe passare dagli attuali 8 a 22 miliardi di dollari entro il 2023, con un Cagr intorno al 58%

Per capire in quale direzione andare serve capire da dove si parte

Matteo Anchieri, amministratore delegato di Altea 365

Secondo l’esperienza di Altea 365, la scelta tra data center privato e cloud pubblico va fatta in funzione di tutta una serie di variabili. Si devono innanzitutto valutare i workload applicativi, la stessa età tecnologica dell’applicazione, quanto questa sia cloud ready, e quali sono le attività e i costi di re-ingegnerizzazione e di riscrittura del codice che si devono mettere in conto per un’eventuale migrazione. Non ultimo, va fatta un’attenta analisi sulle capacità della rete esistente nel supportare il traffico verso il cloud. «Sono tutti temi che richiedono una valutazione molto approfondita – dice Anchieri – L’approccio iniziale deve prevedere un assessment dettagliato di quella è la situazione infrastrutturale e sistemica esistente. Tutto questo porta a definire il  sourcing tecnologico d’elezione dei differenti workload: cosa conservare on-premise – in house o in colocation – e cosa portare in public». Per quanto riguarda la modernizzazione dell’on-premise, occorre poi tenere presente che sistemi iperconvergenti permettono oggi di introdurre soluzioni  “data center in a box” basate su una logica di gestione software-defined dei diversi livelli infrastrutturali, di server, di storage e di networking che consentono una grande flessibilità ed efficienza per molte delle applicazioni che sono tipicamente in utilizzo presso una qualsiasi azienda.

 

Il cloud privato Greenlake basato su Azure Stack

GreenLake fornisce workload con un’architettura informatica sostanzialmente diversa da quella degli hyperscaler, ma che risponde a tutte quelle esigenze di flessibilità che sono oggi ricercate dalle aziende. «Tuttavia – osserva Crippa – GreenLake non va visto in contrapposizione al cloud. Va da sé che le aziende continueranno a investire nel cloud pubblico. Noi offriamo la possibilità di avere risorse che vanno a complementare il nuovo assetto ibrido, prevedendo tutti quei meccanismi che permettono un’interazione fluida tra i due ambienti». È quanto per esempio realizzato dalla stessa Altea Federation che ha implementato un cloud privato GreenLake basato su Microsoft Azure Stack. «Aggiungiamo risorse e paghiamo in funzione di quello che consumiamo – spiega Anchieri – È il modello It per noi più adatto poiché utilizziamo il cloud in maniera massiva, non solo per gli ambienti di produzione ma anche per lo sviluppo e il test. In contesti di questo tipo, che richiedono una grande flessibilità nel consumo di risorse, il private cloud è perfetto. Con Azure Stack l’It aziendale ha il pieno controllo dei dati e un naturale collegamento con il public poiché è un’infrastruttura progettata nativamente per interagire con la sua controparte pubblica».

GreenLake è cloud ma si posiziona dove richiesto, on prem, in colocation o in public cloud

Uno sviluppo bi-modale, on-premise e in cloud

L’It on-premise può essere implementato secondo logiche avanzate, iperconvergenti e software defined, che garantiscono massima produttività, affidabilità ed efficienza. Il data center può evolversi in un cloud privato, ovvero in un insieme di server e storage, controllato e dimensionato opportunamente, che viene gestito nello stesso identico modo con cui vengono gestite le risorse in un cloud pubblico

Le prime implementazioni di cloud privato – affermano gli analisti di Idc – non prevedevano una stretta integrazione con le piattaforme pubbliche, e corrispondevano di fatto a una modernizzazione dell’It in grado di fornire maggiori prestazioni ed efficienza per singoli workload. Ciò che invece si va oggi configurando è una sempre più ampia convergenza tra privato e pubblico. «La soluzione GreenLake Azure Stack consente alle organizzazioni di gestire servizi “Azure compatibili” all’interno del proprio data center, con un’esperienza di sviluppo, gestione e sicurezza semplificata, conforme ai servizi del cloud pubblico – dice Crippa – Permette di spostare e distribuire facilmente le applicazioni, allo scopo di rispondere alle esigenze sollevate dalle imprese in termini di sicurezza, conformità, costi e prestazioni. Con questa appliance è possibile migliorare l’agilità riducendo le operazioni ripetitive, accelerando il provisioning e la scalabilità dei servizi; significa inoltre semplificare l’implementazione e la gestione delle risorse It con gli stessi servizi di gestione e automazione utilizzati in Azure».

 

La flessibilità finanziaria dell’It ibrido

Per ovviare ai limiti di un’infrastruttura on-premise in termini di capacità computazionale e di storage, Hpe ha messo le aziende nella condizione di poter configurare l’infrastruttura con capacità in eccesso rispetto alle esigenze contingenti in modo da garantirne una espansione in funzione di necessità incrementali. Gli utenti possono quindi installare risorse aggiuntive e pagarle solo nel momento in cui vengono utilizzate. È la flessibilità finanziaria dell’It ibrido che mette insieme l’infrastruttura on-premise necessaria al momento dello start-up e un buffer di capacità espandibile che si paga solo se viene usato. Stessa flessibilità del cloud ma con tutto il controllo che può garantire una gestione privata delle risorse infrastrutturali. «Per applicazioni e servizi che hanno un’alta volatilità di utilizzo e una discontinuità molto accentuata nel consumo di risorse di computing, l’infrastruttura GreenLake ha la capacità di gestire il carico medio e gli eventuali picchi di domanda che si possono riscontrare nell’arco dell’anno – afferma Crippa – La tariffazione è infatti basata su un costo fisso e uno variabile calcolato su una tolleranza di consumo supplementare».

GreenLake: cruscotto di controllo

Costi fissi e variabili, l’esempio di workload Vdi per lo smart working

Sergio Crippa, IoT e Industry 4.0 Country manager di Hpe

Secondo quanto raccontato dal manager di Hpe, GreenLake è un servizio che è stato molto apprezzato dalle aziende che, improvvisamente, causa Covid, nel corso dell’ultimo anno si sono trovate nella condizione di dover attivare in modo discontinuo più postazioni di lavoro da remoto per consentire al personale di lavorare in smart working. «In questo caso la fornitura di un workload GreenLake di Virtual Desktop Infrastructure (Vdi) ha permesso di ridurre i costi complessivi poiché è stato dimensionato in modo tale da assicurare la gestione della componente di lavoro variabile secondo un modello a consumo. Il costo dell’infrastruttura viene calcolato su base periodica in funzione del consumo reale. «Ovvio, dice Crippa, che per ottimizzare al massimo questa formula deve essere fatta un’analisi puntuale dei consumi standard e di quelli che possono derivare da picchi di consumo. Ma in questo caso viene in aiuto il pannello di controllo che permette di capire se si sta per superare la capacità extra a consumo dando così la possibilità di estendere ulteriormente l’infrastruttura in eccesso. Quello del Vdi è un esempio che può essere generalizzato ai più diversi workload che sono stati implementati in GreenLake, compreso quello dell’high performance computing».

 

Scale-up e scale-down

Stefano Venturi, presidente e amministratore delegato di Hpe Italia

Con GreenLake si dà la possibilità alle aziende di dimensionare la propria infrastruttura in modo dinamico. Le applicazioni legacy, o quelle che hanno un consumo di capacità computazionale e di storage costante nel tempo, possono essere associate a un costo fisso, mentre tutte le applicazioni e attività di sviluppo, che per definizione prevedono un consumo variabile nel tempo, possono disporre della dinamicità infrastrutturale implicita nel modello a tariffazione. Hpe GreenLake offre un’esperienza di consumo assimilabile a quella del cloud pubblico, assecondando una logica di sviluppo incrementale ma al tempo stesso intermittente poiché la parte di infrastruttura in eccesso può essere gestita in scale-up e scale-down. «Sono workload che prevedono buffer di crescita a consumo che consentono di avere una combinazione di tariffazione fissa e variabile – dice Crippa – Inoltre abbiamo un software (Cloud Cruiser) che, monitorando continuamente l’utilizzo di tutte le varie componenti dell’infrastruttura, consente ai responsabili It di predisporre un capacity planning accurato».

Dimensionamento variabile per un ciclo di vita esteso

«Flessibilità e agilità permettono di atomizzare un’applicazione Sap, ormai composta di tantissimi moduli. In questo caso si può pensare di avere una componente Sap pubblica e allo stesso tempo una componente privata, on-premise o in colocation, secondo un modello private cloud. «Tutto ciò – spiega Crippa – rende disponibile una grande libertà di programmazione e pianificazione poiché i workload sono dimensionati secondo una logica di sostenibilità che soddisfa esigenze di computing su base previsionale in un arco di tempo variabile, di 3, 4, 5 o più anni. Nel caso delle start-up, organizzazioni che crescono velocemente e non hanno una grossa capacità di prevedere la componente variabile del servizio, si può partire con una parte fissa di costi molto bassa per andare a modificarla dando la maggiore capacità variabile possibile. Sono tutte soluzioni che vengono condivise con le necessità dei nostri clienti».

Cloud market

Monitoraggio dei consumi e automatismi della gestione applicativa

Microsoft Teams

«L’ambiente ibrido che definisce GreenLake può essere monitorato e gestito nel migliore dei modi», afferma il manager di Hpe. Ecco, quindi, GreenLake Central, il portale che permette di avere visibilità sui consumi associati a workload e infrastruttura ovunque essi risiedano, in public, on premise o in private cloud. Significa poter capire quanto si sta pagando per l’effettivo utilizzo e, quindi, poter comprendere e valutare se un’applicazione sia più conveniente mantenerla on- premise o portarla su cloud, e viceversa. «Non solo, in GreenLake Central – spiega Crippa – ci sono automatismi che permettono di posizionare on premise oppure on cloud le applicazioni, creando in maniera dinamica  nuove sale virtuali o ambienti on premise o cloud in modo automatico, semplificando la vita a chi gestisce questi ambienti, passando da gestioni che richiedevano alcuni giorni a gestioni che richiedono pochi minuti».














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