Allarme competenze: il 70% dei lavoratori afferma di non possedere quelle essenziali. L’analisi di GoodHabitz

Secondo i decision maker, le tre competenze su cui investire a lungo termine si discostano da quelle indicate dai dipendenti

I lavoratori italiano sono alle prese con una vera e propria “skills emergency”: 7 dipendenti su 10 sostengono la necessità di rafforzare le proprie competenze per avere maggiore successo in futuro e chiedono supporto ai datori di lavoro per colmare questo divario, offrendo maggiori opportunità di aggiornamento e riqualificazione.
È questo lo scenario delineato dall’ultima ricerca di GoodHabitz, la piattaforma internazionale per la formazione aziendale, che ha coinvolto più di 24.000 dipendenti in tutto il mondo per comprendere le mutevoli tendenze del mercato del lavoro e identificare le lacune e le competenze fondamentali per la crescita futura dei talenti e delle aziende.

Le competenze più richieste in Italia

Lo studio di GoodHabitz indica due aree chiave in cui i lavoratori faticano a tenere il passo: le competenze digitali e le soft skills. La metà degli intervistati (53%) ammette infatti che la mancanza di opportunità di sviluppo personale rende difficile migliorare le soft skills necessarie per il proprio lavoro.
In particolare, secondo i dipendenti, le tre competenze determinanti per il loro futuro sono: al primo posto le competenze digitali (54%), seguite a stretto giro dalle competenze linguistiche (46%) e da flessibilità e efficienza (41%). Non c’è da stupirsi, considerando che il 67% degli italiani si aspetta che il proprio lavoro diventi sempre più incentrato sul digitale nei prossimi due anni, e già più della metà della forza lavoro del Paese (52%) svolge la propria professione completamente o parzialmente da remoto.
Le competenze sulle quali è utile focalizzarsi variano a seconda dell’età? Sembra proprio di sì. Gli under 35, infatti, tendono a considerare importanti le competenze trasversali legate alla salute e al benessere mentale, mentre la fascia 35-49 anni ritiene che le competenze linguistiche diventeranno più importanti in futuro; infine, gli over 50 vorrebbero focalizzarsi maggiormente proprio sulle competenze digitali.
Secondo i responsabili HR e i Learning and Development manager, invece, le tre competenze su cui investire a lungo termine si discostano da quelle indicate dai dipendenti: al primo posto troviamo le competenze di teamwork (43%), seguite da quelle comunicative quasi a pari merito (42%) e da quelle digitali (36%).

L’importanza dello sviluppo personale

Dalla ricerca di GoodHabitz spicca anche una tra le motivazioni più rilevanti che spingono i dipendenti a formarsi: ovvero quella di prepararsi al futuro per continuare ad avere successo nel proprio lavoro. Il 35% ritiene che sia proprio responsabilità del datore di lavoro assicurarsi che l’azienda offra opportunità di sviluppo personale ai collaboratori. Inoltre, il 62% degli italiani concorda sul fatto che le opportunità di sviluppo personale giocano un ruolo influente nella decisione di rimanere nel loro attuale posto di lavoro, e, tra questi, è impattante sottolineare come 8 su 10 lascerebbero il proprio datore di lavoro entro l’anno se questo non garantisse loro possibilità di crescita.
Punti di vista differenti sullo sviluppo personale: dipendenti vs datori di lavoro
La ricerca ha rilevato che, sebbene i datori di lavoro stiano iniziando a riconoscere l’importanza dell’aggiornamento e della riqualificazione, molti non stanno facendo ancora abbastanza per soddisfare la crescente domanda di formazione e sviluppo. Emerge un divario evidente tra i decision maker e i dipendenti: l’80% dei datori di lavoro sostiene che i manager incoraggiano i propri collaboratori a sviluppare nuove competenze, ma solo il 51% dei lavoratori si sente effettivamente spronato a farlo. Molti percepiscono un’ulteriore disparità: quasi un terzo dei professionisti ritiene che l’azienda non investa equamente nelle opportunità di sviluppo personale dei propri collaboratori. Infine, appena il 52% degli italiani intervistati dichiara che il proprio datore di lavoro offre corsi di formazione rilevanti per il proprio lavoro, mentre per il 37% il proprio datore di lavoro non offre alcuna formazione.
«Ascoltare periodicamente i propri talenti è un passaggio che i datori di lavoro non dovrebbero mai sottovalutare. Ciò consente di identificare tempestivamente le competenze richieste e di fornire formazione e opportunità per colmare il gap», afferma Paolo Carnovale, country director di GoodHabitz Italia. «In una società sempre più connessa, diventa fondamentale conoscere le tecnologie emergenti e gli strumenti digitali, ma anche dotarsi di soft skills trasversali come la comunicazione, il lavoro di squadra e la leadership, che permettono di costruire relazioni solide con colleghi e clienti e di gestire situazioni complesse. I benefici non impattano positivamente solo sui dipendenti, ma anche sull’organizzazione, che può così rimanere competitiva e raggiungere efficacemente i propri obiettivi di business».
Il report completo è scaricabile da qui













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