Lombardia regina dell’industria agroalimentare: ora punta su IoT, Ai, transizione green e…

di Marco de' Francesco ♦︎ La filiera della Regione vale 28 miliardi: è la prima in Italia e la quarta in Europa per numero di addetti (35mila). Si è riunita in Afil, con coordinatore industriale Tecnoalimenti. Obiettivo: trasferire le tecnologie innovative del manifatturiero nel settore dell’alimentare. Sirti: idrogeno verde stoccato in container modulari. Tim: sistema e2e per il tracciamento nella logistica distributiva

La filiera dell’agro-alimentare lombarda – che vale 28 miliardi – si è riunita in Afil, per affrontare due temi di grande attualità: la transizione green (anche con riferimento alle opportunità previste del Pnrr) e le tecnologie IoT e AI, sempre nell’ottica della gestione energetica e dell’automazione industriale 4.0. Afil, l’Associazione Fabbrica Intelligente Lombardia presieduta dall’imprenditore Diego Andreis, porta all’attenzione della Regione le priorità della ricerca e innovazione della manifattura. In particolare, Afil ha dato vita alla strategic communitySecure and Sustainable Food Manufacturing”.  

Le strategic community costituiscono una delle innovazioni del presidente Andreis: sono i motori della progettualità di Afil. Si tratta di comunità di esperti di imprese che individuano le esigenze di settore per consentire all’ente territoriale di sviluppare una programmazione di medio e lungo termine; inoltre, implementano iniziative di R&I in ottica di filiera e sfruttano le opportunità di finanziamento offerte dallo scacchiere regionale, ma anche nazionale ed europeo. Quella sull’agrolimentare ha come coordinatore industriale Tecnoalimenti, una società consortile no-profit che ispira, coordina e sviluppa progetti di ricerca di interesse industriale nel settore. La strategic community di Afil ha come obiettivo principale la creazione di un ambiente di cross-fertilisation in cui le tecnologie innovative dell’industria manifatturiera vengano trasferite nel settore della trasformazione alimentare.







Quanto alla transizione green, l’agroalimentare è un settore che sta soffrendo molto l’attuale crisi energetica: sia per i costi per il funzionamento delle macchine, che per quelli legati alla cottura, alla catena del freddo e alla logistica distributiva. L’idea è che occorra “recuperare” energia, con la adozione da parte delle aziende di complessi sistemi di fonti rinnovabili (solare, pavimenti fotovoltaici, micro-eolico per intercettare flussi costanti all’interno dello stabilimento) e di stoccaggio (ad esempio, con l’idrogeno). Quanto invece alla AI e IoT, l’adozione di queste tecnologie va realizzata nel contesto di una trasformazione complessiva dell’azienda in un fabbrica smart, che realizzi una convergenza molto serrata tra gli ambienti IT e OT.  Proprio con queste prospettive giorni fa Tecnoalimenti ha organizzato il suo Technology Day in collaborazione con Afil, nel Competence Center lombardo Made, anch’esso socio del Cluster.  

 

Il settore agroalimentare in Lombardia

1)      Il settore agroalimentare lombardo è il primo in Italia e il quarto in Europa per numero di addetti

Il manifatturiero lombardo, con 88mila aziende, 900mila dipendenti, 250 miliardi di euro di turnover, 60 miliardi di valore aggiunto e il 28% dell’intero export nazionale, è il secondo in Europa per numero di occupati dopo l’Île-de-France e prima del Baden-Württemberg e del Veneto. Quanto a fatturato e value added, invece, non ha rivali in Italia, con valori doppi rispetto a quelli del Veneto e dell’Emilia Romagna. Per numero di occupati (70mila, l’8%), il terzo settore lombardo, dopo la metallurgia e il machinery, è il manifacture of food products, che vale l’11% del fatturato industriale regionale e l’8% del valore aggiunto. In Europa, l’agroalimentare lombardo è il quarto per occupazione, dopo l’Île-de-France, la Catalogna e i Paesi della Loira. Ma in Italia è il primo, con valori più che doppi rispetto al secondo (35mila), il Piemonte.

In Europa, l’agroalimentare lombardo è il quarto per occupazione, dopo l’Île-de-France, la Catalogna e i Paesi della Loira. Ma in Italia è il primo, con valori più che doppi rispetto al secondo (35mila), il Piemonte

2)      Le opportunità di innovazione tecnologica nell’agroalimentare lombardo sono molto importanti

Per adesso, l’impatto delle tecnologie innovative nnell’agroalimentare è stato limitato: ha riguardato principalmente le vendite online e i social media. Rilievo minore hanno riscontrato l’IoT e i Big Data. Un impatto meno evidente quello della robotica, del Cloud e delle applicazioni web. Bassa è la penetrazione della stampa 3D e la realtà aumentata e virtuale. Secondo il cluster manager di Afil Giacomo Copani «l’impatto delle tecnologie può aumentare con la cross-fertilization, relativa ad esempio a soluzioni e modelli di business tra agroalimentare e machinery. Il primo settore deve dire al secondo di cosa ha bisogno».

Per adesso, l’impatto delle tecnologie innovative nnell’agroalimentare è stato limitato: ha riguardato principalmente le vendite online e i social media. Rilievo minore hanno riscontrato l’IoT e i Big Data. Un impatto meno evidente quello della robotica, del Cloud e delle applicazioni web. Bassa è la penetrazione della stampa 3D e la realtà aumentata e virtuale.

La strategic community “secure and sustainable food manufacturing” di Afil

Si diceva della strategic community di Afil sull’agroalimentare sicuro e sostenibile. Al di là di  Tecnoalimenti, ne fanno parte il Politecnico di Milano, Stiima Cnr, integratori di sistema, provider di tecnologia, aziende. Tra le tecnologie avanzate che la strategic community intende approfondire, quelle sulla detection (x-ray, vision), sull’automazione (robotica, machine learning, AI), sul cleaning, sui controlli di qualità e altro. Secondo Copani, è in questo contesto che gli stakeholder «si scambiano competenze e capacità, si concepiscono e si realizzano i progetti di R&I, si portano i risultati alle aziende, si trovano i partner, i clienti e i fornitori, in Italia e all’estero, e si stimolano i finanziamenti per i progetti di interesse». Naturalmente, in questo ambito la massa critica è fondamentale. Pertanto, tutti gli stakeholder sono invitati a scendere in campo e a prendere parte alle iniziative del cluster regionale.

La filiera dell’agro-alimentare lombarda – che vale 28 miliardi – si è riunita in Afil, per affrontare due temi di grande attualità: la transizione green (anche con riferimento alle opportunità previste del Pnrr) e le tecnologie IoT e AI, sempre nell’ottica della gestione energetica e dell’automazione industriale 4.0

La ricerca e l’innovazione per un sistema alimentare più resiliente e sostenibile

1)      Chi è Tecnoalimenti

il direttore generale di Tecnoalimenti Raffaello Prugger

Tecnoalimenti è stata fondata nel 1981 dal ministero della Ricerca con 15 aziende di comparto, con una connotazione mista pubblico-privato; ora ne raggruppa 31, tra le quali Star, Bauli, Bonomelli, Ponti, Granarolo, Parmalat. Queste rappresentano il 12% del mercato italiano. Fino ad oggi, Tecnoalimenti ha sviluppato più di 300 progetti, organizzato più di 170 convegni e stretto 107 collaborazioni scientifiche anche con enti internazionali. Per Tecnoalimenti il “Tecnology Day”, in era post-pandemia, è caratterizzato da tre driver fondamentali: “coo-petizione”, e cioè collaborazione tra imprese per “market intelligence”, best practice, R&I; “cambio di marcia”, in riferimento alle nuove tecnologie e alla nuova scala globalizzata di opportunità; e infine “rigenerazione”, per creare esternalità positive.

2)      La filiera agroalimentare è una infrastruttura critica

La filiera agroalimentare è infatti esposta a rischi multipli: disastri naturali, blackout, interruzioni, fallimenti di sistema, disordini sociali, schock finanziari, fluttuazioni di costi e strozzature nella logistica. Secondo, afferma il direttore generale di Tecnoalimenti Raffaello Prugger: «da qualche tempo siamo entrati nella “era della scarsità”, a causa della carenza sia di energia che di materie prime. Le recenti tensioni geopolitiche e le tensioni finanziarie hanno creato grossi problemi di approvvigionamento, che hanno messo in difficoltà le imprese di trasformazione ma anche le esportazioni». Secondo Prugger, è la ricerca la chiave per rendere la filiera più resiliente. «Noi individuiamo le tecnologie e le portiamo nell’agroalimentare. Ma i driver della R&I stanno cambiando: dal materiale al digitale, dall’innovazione all’esplorazione di nuovi modi di fare e pensare il prodotto, dalla qualità alla sicurezza, da “consumer centric” al “planet centric”».

3)      I soldi per la ricerca industriale

Giacomo Copani, cluster manager di Afil

Le risorse stanziate dal Pnrr equivalgono a 222 miliardi di euro. Per capire quanti soldi sono destinati alla ricerca e al trasferimento tecnologico, occorre osservare il quadro M4C2, “dalla ricerca all’impresa”. Per l’ambito di intervento “Rafforzamento della ricerca e diffusione di modelli innovativi per la ricerca di base e applicata condotta in sinergie tra università e imprese” sono previsti 6,91 miliardi; per quello “Sostegno ai processi di innovazione e trasferimento tecnologico”, 2,05 miliardi; per quello “Potenziamento alle condizioni di supporto alla ricerca e all’innovazione”, 2,48 miliardi. Nel complesso, 11,44 miliardi. Quelli per la ricerca industriale vera e propria, però, sono 3,35 miliardi. Secondo Prugger, di particolare rilievo sono i bandi del Mise. Ce ne sono due, da 500 milioni ciascuno. Il primo apre e chiude l’11 maggio. Per il secondo, se ne parla ad autunno.  Il numero dei partecipanti può variare da uno a cinque; le spese ammissibili per ogni progetto non possono essere inferiori a 5 milioni. Il contributo alla spesa a fondo perduto è del 50% quanto ai costi ammissibili della ricerca industriale; del 25% di quelli dello sviluppo sperimentale. Su richiesta, sono possibili eventuali crediti agevolati.

I bandi per la ricerca industriale vera e propria sono 3,35 miliardi. Secondo Prugger, di particolare rilievo sono i bandi del Mise. Ce ne sono due, da 500 milioni ciascuno

Le aziende lombarde possono partecipare anche ai bandi di Made

Made, centro di competenze tecniche e manageriali guidato dal Politecnico di Milano che supporta le imprese nel loro percorso di trasformazione digitale verso l’Industria 4.0. Mette a disposizione un ampio panorama di conoscenze, metodi e strumenti sulle tecnologie digitali che spaziano sull’intero ciclo di vita del prodotto. Il percorso verso la digital transformation si basa su queste fasi: informare e mostrare le tecnologie Industria 4.0, spiegare attraverso attività di formazione ad-hoc, per arrivare a trasferire e implementare attraverso progetti le soluzioni tecnologiche. Fra i tanti partner, Bosch, Kuka, Italtel, Ibm, Inail, Lutech, Brembo, Siemens, Reply, Sap, Whirlpool.  

Quanto ai progetti, a gennaio sono stati riaperti i termini per la presentazione delle domande per il Bando Made 2021; la nuova scadenza è stata fissata all’11 marzo 2022.  Per il business developer and relationship manager Davide Polotto «si finanzia a fondo perduto il 50% delle spese per i progetti di innovazione. Quanto alle aree tecnologiche coinvolte, la cyber security industriale e i Big Data; il monitoraggio smart dei processi e dell’energia, la manutenzione smart, la qualità 4.0, la tracciabilità e l’additive manufacturing; il virtual design e lo sviluppo del prodotto; i gemelli digitali, la virtual commissioning, la produzione snella 4.0, la logistica 4.0; e infine la robotica collaborativa e i sistemi intelligenti di assistenza al lavoratore».   

Nutri score

Generazione h, soluzione a impatto zero per l’industria (agroalimentare)

1)      Chi è Sirti, l’azienda che propone la soluzione Generazione H

In campo energetico, fra le aziende che hanno qualcosa di significativo da dire in riferimento all’industria, c’è sicuramente Sirti, un’azienda storica italiana, fondata nel 1921 da Vittorio Bruni Tedeschi di Ceat e Piero Pirelli di Pirelli con il nome di Società Italiana Reti Telefoniche Interurbane e sede a Milano. Guidata dal ceo Laura Cioli, opera (a livello globale) nei settori delle infrastrutture di rete, dell’energia e delle soluzioni digitali per le aziende. Controllata da Pillarstone Italy, piattaforma finanziaria fondata da Kkr Credit, nel 2020 ha registrato revenue per 706 milioni di euro; alla fine dello stesso anno disponeva di un order backlog pari a 1,5 miliardi. Tra le soluzioni sostenibili di Sirti, il monitoraggio intelligente dei consumi, l’air quality monitoring, l’energy totem (con defibrillatore), l’idrogeno verde, la purificazione dell’aria, lo smart parking, l’illuminazione dinamica, gli impianti fotovoltaici 3D e i pavimenti fotovoltaici calpestabili. Quanto a quest’ultima in particolare, integra celle solari e pavimentazione in plastica riciclata e resistente alla compressione – anche a quella esercitata da veicoli. I citati impianti fotovoltaici 3D possono invece avere varie forme: piramide, dodecaedro, cubo e monolite.

Sirti fotovoltaico 3d

2)      Tutta la struttura è “fisicamente” coinvolta nella produzione di energia, che viene stoccata come idrogeno verde

Una soluzione per le aziende è Generazione H, quella «a impatto zero per l’industria sostenibile». In pratica, grazie a fonti rinnovabili (fotovoltaico da tetto, verticale e calpestabile; nonché il micro-eolico) si ricava energia che si traduce, con appositi elettrolizzatori, in idrogeno verde che viene stoccato in container modulari. Il sistema sopperisce ad uno dei problemi tipici delle rinnovabili, e cioè l’intermittenza della produzione – a fronte della costanza della curva dei consumi energetici industriali.  Si possono coprire i picchi, si possono attivare impianti di co-generazione, e l’idrogeno può essere utilizzato anche per l’alimentazione di muletti e altri mezzi di trasporto. «Nelle poche ore di luce solare l’azienda produce idrogeno che immette in un serbatoio a bassa pressione; per poi sfruttarlo come fonte di energia quando è utile o necessario» – ha affermato Fabio Paradiso, innovation manager di Sirti.

Migliorando l’impatto ambientale dell’azienda, nell’attuale contesto si possono immaginare anche benefici reputazionali e di valorizzazione del brand. Sono partner del progetto Ecopro (società marchigiana costituita nel 2003 per fornire servizi di engineering, progettazione integrata, consulenza tecnica nei settori delle energie rinnovabili, dell’economia circolare e della sostenibilità ambientale), BluEnergy Revolution (una cooperativa, nata come start-up innovativa e Spin-off dell’Università di Genova), Deagle (una start up innovativa con sede a Napoli); e, in quanto ente di ricerca, la citata Tecnoalimenti.

Una soluzione per le aziende è Generazione H, quella «a impatto zero per l’industria sostenibile». In pratica, grazie a fonti rinnovabili (fotovoltaico da tetto, verticale e calpestabile; nonché il micro-eolico) si ricava energia che si traduce, con appositi elettrolizzatori, in idrogeno verde che viene stoccato in container modulari

3)      Le aziende, partecipando alle Comunità energetiche rinnovabili, possono produrre energia con incentivazioni

Un altro modello abilitante promosso da Sirti è quello delle Comunità energetiche rinnovabili, previste dalla direttiva europea Red II (2018/2001/Ue), associazione tra cittadini, pubbliche amministrazioni locali, attività commerciali e piccole e medie imprese che decidono di unire le proprie forze per dotarsi di uno o più impianti condivisi per la produzione e l’autoconsumo di energia da fonti rinnovabili. Dunque, il modello consente un utilizzo dell’energia alternativo all’immissione in rete, e ciò comporta flussi economici positivi per gli utenti. È possibile che la generazione distribuita favorisca lo sviluppo di energia a chilometro zero e di reti intelligenti. Nel luglio 2021 l’Ue ha dato il via a nuovi bandi per le comunità energetiche: fanno parte del programma Life per l’ambiente e l’azione per il clima 2021/2027, con una dotazione complessiva di fondi per il periodo d’interesse pari a 5,4 miliardi di euro.

In Italia il Decreto Milleproroghe 162/2019 ha recepito la direttiva europea. È previsto un beneficio tariffario ventennale gestito da Gse (Gestore servizi energetici), con un corrispettivo unitario e una tariffa premio, quest’ultima pari a 100 euro/MWh per i gruppi di auto consumatori e 110 euro/MWh per le comunità energetiche. «La comunità energetica è un soggetto giuridicamente autonomo, ma i partecipanti mantengono i loro diritti come clienti finali, compresi quelli di scegliere il proprio fornitore e uscire dalla comunità. La proprietà degli impianti può essere di soggetti diversi dagli associati, ma il controllo deve rimanere in capo alla comunità» – afferma Paradiso. È peraltro possibile includere all’interno della Comunità impianti preesistenti alla data di introduzione della legge in materia, ma l’energia prodotta sarà incentivata limitatamente al 30% della nuova potenza installata. 

Tra le soluzioni sostenibili di Sirti, il monitoraggio intelligente dei consumi, l’air quality monitoring, l’energy totem (con defibrillatore), l’idrogeno verde, la purificazione dell’aria, lo smart parking, l’illuminazione dinamica, gli impianti fotovoltaici 3D e i pavimenti fotovoltaici calpestabili.

Il microeolico raccoglie i flussi di aria in fabbrica e li trasforma in energia

l’innovation manager di Tecnoalimenti Marco De Vito

Il micro-eolico non è una tecnologia né nuova né rivoluzionaria. Si tratta di piccole turbine che possono essere installate in particolari zone della fabbrica per intercettare flussi di aria di scarto o dei camini di scarico, pressioni positive e altro per generare energia. «La capacità produttiva non è particolarmente rilevante – ha affermato l’innovation manager di Tecnoalimenti Marco De Vitoma il flusso è costante 24 ore al giorno a differenza dell’eolico tradizionale. In un contesto storico in cui si cerca di recuperare anche la più piccola quantità di energia, il micro-eolico può trovare applicazione».

Le turbine possono essere di diverse dimensioni, che devono essere adatte al particolare tipo di flusso che si intende intercettare. Gli aerogeneratori possono essere al servizio di un’utenza isolata non collegata alla rete elettrica o connessi sia per un’auto-produzione in scambio che per la fornitura di energia elettrica alla rete (con contributo alla cosiddetta generazione distribuita). «Le turbine si trovano sul mercato e sono oggetto di un continua evoluzione in termini di efficienza» – ha affermato De Vita.  

Per l’IoT e l’ai occorre la smart factory, anche nell’agroalimentare

Alessandro Marini, managing director Quantra e senior advisor di Afil

Di cosa ha bisogno un’azienda del settore dell’agroalimentare? Di tracciabilità, anzitutto: quella dei materiali e quella degli inquinanti. Serve controllare i parametri di lavorazione. In termini di qualità, occorrono il controllo e l’ottimizzazione delle condizioni ambientali di lavorazione; ma anche una gestione integrata delle ricette, e il monitoraggio sulle deviazioni di processo. Quanto alla produttività, si deve valutare, ad esempio, lo stato di salute degli impianti. Bisogna poi puntare al miglioramento dell’interfaccia uomo macchina, anche per incrementare la sicurezza sul lavoro e, in termini di sostenibilità, del monitoraggio dell’impianto energetico con ottimizzazione dell’uso delle risorse.

Ma come si può fare per realizzare tutto ciò? La tecnologia c’entra, e anzi il suo contributo è essenziale. Soprattutto quando si parla di IoT e AI. Ma secondo Quantra queste tecnologie vanno implementate nel contesto più vasto, comportante la trasformazione della fabbrica in Smart Factory. Quantra è la divisione dello Studio Maruggi nata nel 2013 per supportare le imprese con la consulenza nell’ambito dei processi di produzione, nel supporto alla informatizzazione dei processi logistici e di servizio al cliente e nel controllo di gestione industriale, focalizzandosi sulle imprese del territorio con particolare riferimento alle PMI. L’impresa si è dedicata allo sviluppo di servizi nell’ambito della Trasformazione Digitale, in particolare dei processi manifatturieri. Quantra ha delle referenze nel settore alimentare: Alfano; Hdi, Holding dolciaria italiana; Ortomad; Industria Alimentare Ferraro; Lazzaroni; Dolciaria Salomoni; La linea verde; Casalini; Sorini; Midi e Feletti.  

Quantra ha messo a punto una metodologia specifica per la progettazione e implementazione della Fabbrica Intelligente, che è stata applicata su progetti di scala molto ampia, sia in piccole che in grandi imprese. Comporta l’interconnessione dei dispositivi, per la raccolta dei dati con l’IoT; la gestione integrata di dati e processi con sistemi cyberfisici (sistema informatico in grado di interagire in modo continuo con gli elementi fisici con cui opera. Il sistema è composto da componenti materiali dotate ciascuna di capacità computazionale, di comunicazione e di controllo); l’ottimizzazione continua, grazie alla gestione avanzata delle informazioni e all’analisi dei Big Data; e il governo di impresa, con la piena convergenza tra l’IT e l’OT, e quindi il controllo effettivo dello shopfloor. Ci sono diversi passaggi per realizzare il progetto della Fabbrica Intelligente, che prevede una architettura digitale specifica e un modello a cinque assi di valorizzazione dei dati (quelli di contesto, di processo, gestionali, energetici sono inoltrati ai livelli gerarchici della fabbrica).

Per il managing director di Quantra e senior advisor di Afil Alessandro Marini «si tratta di liberare la potenza del dato. Sotto questo profilo, molto importante è la data synthesis, che è un processo di contestualizzazione, rilevanza e significatività del dato. In pratica, se il sistema di trattamento del dato mi consente di attribuirgli un certo peso, un determinato significato, poi posso svolgere un’ulteriore elaborazione, che coinvolge tutte le informazioni dello stesso rilievo. Così, posso comprendere se il prodotto è venuto bene o se il processo si è svolto con efficienza». Quantra si occupa anche di change management, un approccio (formativo) strutturato al cambiamento negli individui, nei gruppi, nelle organizzazioni e nelle aziende per rendere possibile la transizione alla Smart Factory. 

Quantra è la divisione dello Studio Maruggi nata nel 2013 per supportare le imprese con la consulenza nell’ambito dei processi di produzione, nel supporto alla informatizzazione dei processi logistici e di servizio al cliente e nel controllo di gestione industriale, focalizzandosi sulle imprese del territorio con particolare riferimento alle PMI

Focus sull’IoT: da Tim soluzioni e2e per il tracciamento nella logistica distributiva

Possono trovare spazio, nell’agroalimentare, anche soluzioni IoT di logistica distributiva. Una di queste è proposta da Tim, azienda italiana di telecomunicazioni, che offre servizi di telefonia fissa, telefonia pubblica, telefonia IP, Internet e televisione via cavo. La società è guidata dall’amministratore delegato e direttore generale Pietro Labriola, dopo le dimissioni, avvenute a novembre del 2021, di Luigi Gubitosi. La soluzione, “Smart Product”, è espressione dell’evoluzione della società, che si sta trasformando da azienda Telco a impresa Itc. La base è il 5G, considerata come una piattaforma abilitante della trasformazione digitale delle aziende clienti. Platform che consente capacità di sviluppo di progetti end-to-end, grazie a competenze interne e a partnership di settore per sviluppare nuove offerte e supportare i verticali. La soluzione è stata sviluppata con Olivetti, il polo digitale del Gruppo Tim, e sfrutta la tecnologia narrow band IoT, «che consente bassi consumi, un’ampia copertura e una lunga durata» – afferma Rinaldo Ragini, marketing product manager di Tim. «La batteria dura fino a 10 anni» – afferma.

La soluzione Tim “Smart Product”, è espressione dell’evoluzione della società, che si sta trasformando da azienda Telco a impresa Itc. La base è il 5G, considerata come una piattaforma abilitante della trasformazione digitale delle aziende clienti

Per Ragini, la soluzione «permette ai clienti di aprirsi al mondo Iot, per implementare i progetti e migliorare i processi e servizi. Rende intelligenti anche oggetti già in loro possesso». Ma come funziona? In pratica, ci sono tre pilastri: hardware, software e connettività. Quanto al primo, si tratta di un mini-gateway abbinabile ad una vasta sensoristica (temperatura e umidità, water metering, allargamento dimensionale, monitoraggio elettrico, people counting e altro); quanto al secondo, è la piattaforma applicativa realizzata da Olivetti, che si occupa dell’esame dei dati grazie ad algoritmi dedicati; quanto al terzo, alla rete ovviamente ci pensa Tim. La soluzione si caratterizza per la bassa manutenzione e per la semplicità di installazione. Per Ragini, «ottimizza i costi e l’impiego delle risorse e migliora la gestione dei consumi energetici, argomento molto importante di questi tempi». Sirti, Quantra e TIM hanno fornito spunti e stimoli in merito a tecnologie e approcci innovativi che potrebbero rivoluzionare il settore della produzione alimentare, se adottate su larga scala.














Articolo precedenteSimbiosi industriale: la strategia della siderurgia lombarda per diventare circolare
Articolo successivoAi e continuità spaziale: così i robot industriali disegnano la fabbrica mobile. Con Comau






LASCIA UN COMMENTO

Per favore inserisci il tuo commento!
Per favore inserisci il tuo nome qui