A che punto sono le aziende italiane con la digitalizzazione dei processi di procurement?

Da una survey di Sda Bocconi, in collaborazione con Sap Ariba e Accenture, emerge che i Cpo indicano come priorità principali per il loro reparto la riduzione dei costi, la gestione dei rischi e il miglioramento della qualità e dei servizi

L’innovazione tecnologica sta rivoluzionando il modo in cui le aziende operano, il ruolo della funzione procurement all’interno dell’organizzazione e le relazioni tra il procurement con clienti e fornitori. Le aziende italiane sono pronte per affrontare questi cambiamenti? A che punto sono con la digitalizzazione dei processi di procurement?

È a queste, e a molte altre domande, che ha cercato di rispondere lo studio di Sda Bocconi, svolto in collaborazione con Sap Ariba e Accenture. La survey ha coinvolto  oltre 100 Chief Procurement Officers (CPO) di grandi aziende italiane (o filiali di multinazionali) con ricavi superiori a 400 milioni di euro. Le aziende appartengono a 11 settori industriali diversi, che rappresentano alcune delle aree di eccellenza del Made in Italy: dal fashion all’automotive, dal banking ai prodotti di consumo, passando per media e telecomunicazioni.







I CPO indicano come priorità principali per il loro reparto la riduzione dei costi, la gestione dei rischi e il miglioramento della qualità e dei servizi. Nella maggioranza dei casi (57%) si cerca di raggiungere questi obiettivi tramite un cambiamento del modello operativo, espandendo o riadattando quello esistente.

Per quanto riguarda le tecnologie innovative, i responsabili procurement sono convinti che cambieranno il modo il loro modo di lavorare e interagire con l’ecosistema, ma non tutte avranno lo stesso peso in futuro. Il 54% dei CPO ritiene che l’analisi predittiva sia una delle tecnologie di maggior impatto e il 35% è convinto che la Robotic Process Automation (RPA) sarà un fattore chiave. Tuttavia, solo il 21% considera la blockchain una tecnologia promettente e solo il 10% ha nominato l’intelligenza artificiale (AI) o il machine learning. Infine, dei 100 intervistati, solo 6 hanno in corso progetti di blockchain e solo il 18% progetti di RPA.

Il campione intervistato ha anche evidenziato i principali ostacoli per il digital procurement nelle loro aziende dal punto di vista organizzativo, economico e tecnologico. C’è una barriera culturale e una resistenza al cambiamento, mentre solo il 34% considera le competenze – o la loro mancanza – un problema. Per quanto riguarda l’aspetto economico, invece, l’ostacolo maggiormente percepito è il monitoraggio e il calcolo del ROI, mentre solo il 15% lamenta problemi di budget. L’integrazione con le tecnologie esistenti è percepita come la sfida più grande in ambito organizzativo.

Cosa viene richiesto al CPO? Innanzitutto la sola implementazione di tecnologie non è sufficiente se non è accompagnata da adeguati interventi organizzativi: persone, processi, competenze devono innovarsi, affiancando e potenziando le nuove soluzioni. In secondo luogo il CPO deve saper guardare il processo in una logica end-to-end, governando tutte le attività di relazione con i partner di fornitura. Infine, il CPO deve far sì che le funzioni Procurement e IT collaborino in modo stretto, con processi di dialogo snelli, veloci ed efficaci














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