Un nuovo, importante sostegno al commercio internazionale nei mercati emergenti arriva da un accordo Unicredit-Ifc (World Bank), che stanzia 500 milioni di euro a favore di tutte quelle imprese che vogliono esportare i propri prodotti in quei Paesi. L’intesa prevede la creazione di uno schema di risk-sharing facility, che renderà più semplici le operazioni di conferma di lettere di credito export o stand-by L/C legate a transazioni commerciali soggette a garanzia bancaria.
In sostanza, grazie a questa intesa le imprese, preso contatto con la controllata du Unicredit in uno dei 38 Paesi emergenti e 138 sportelli bancari dell’istituto corrispondenti, potranno vedersi attivare un Risk Participation Agreement per la condivisione di rischi di trade finance. Questo consentirà alla banca di coprire i rischi derivanti da lettere di credito e/o stand by letters of credit quando emesse da banche o paesi pre-autorizzati da Ifc (Società finanziaria internazionale è un’agenzia della Banca internazionale per la ricostruzione e lo sviluppo) per importi e durate predeterminati.
La soluzione importante per tutti: per le medie imprese che esportano nei Paesi emergenti, per i partner bancari, che diversamente non potrebbero aumentare l’esposizione verso lo Stato, e per la banca di destinazione dell’esportazione. Secondo Gianni Franco Papa, vice direttore generale e responsabile della Divisione Corporate & Investment Banking di Unicredit, «questo accordo avviene in un momento delicato per l’economia di molti mercati emergenti particolarmente legati al petrolio e alle materie prime in genere. È mirato a dare nuovo impulso all’interscambio commerciale soprattutto verso mercati dove le imprese italiane hanno un’esposizione ancora relativamente contenuta e quindi esistono notevoli opportunità di crescita per l’export».
L’obiettivo di Unicredit è accompagnare la crescita delle aziende italiane nel mondo, grazie alla presenza in 50 mercati internazionali, Africa e Sud Est asiatico soprattutto. I dieci Paesi in questione, infatti (Singapore, Thailandia, Brunei, Filippine, Laos, Birmania, Cambogia, Vietnam, Indonesia e Malesia), stanno tutti attraversando un momento di grossa crescita. Tanto che gli investimenti in quest’area da un paio d’anni hanno superato perfino quelli in Cina: nel 2014 sono stati pari a 136 miliardi di dollari contro i 128 destinati a Pechino. Il Sud Est Asiatico se fosse un Paese sarebbe oggi come oggi la settima economia del mondo, in grado di raggiungere secondo i massimi esperti internazionali il raddoppio del pil entro il 2030.