Il 5G potrebbe far fare un salto quantico a industria ed economia. Ma finora se ne sono accorti in pochi…

di Marco de' Francesco ♦︎ Secondo Marc Vos di Bcg, mancano le competenze e soprattutto la consapevolezza della politica e anche di buona parte della classe dirigente economica. Il 5G, completato da adeguate infrastrutture di edge computing, potenzierà l’IIoT e potrebbe produrre enorme ricchezza

Ad un anno dal suo “lancio” ufficiale in Italia, bisogna fare i conti con la realtà: la tecnologia 5G, nuovo standard di telefonia mobile a bassa latenza, non ha ancora innescato alcuna rivoluzione nella manifattura. Certo, il Covid-19 non ha aiutato; ma pure nei sei mesi prima dell’emergenza-virus non è accaduto nulla.

Un primo tema è che il 5G è un enabler, un’autostrada più veloce e scorrevole per il trasporto dati. Ma se non è assistita da adeguate infrastrutture di edge computing che mettono a disposizione di dati vicino all’utente, in modo tale da sfruttare la velocità di accesso o bassa latenza, non può manifestare le sue potenzialità.







Un secondo problema è che, alla fine, non sono ancora state individuate delle soluzioni pratiche in grado di sfruttare tutta la potenzialità del 5G. A ben vedere, molte – non tutte – tecnologie e sistemi idealmente associati al 5G funzionano anche con il 4G, sebbene quest’ultimo standard sia caratterizzato da una più alta latenza. Robot mobili e veicoli a guida autonoma già sono operativi nello shopfloor e nell’intralogistica. Occorre immaginare e far funzionare strumenti per i quali le prestazioni del 5G possano essere promotrici di un “salto quantico”.

Un terzo problema è culturale. La partita del rinnovamento delle comunicazioni non è solo una questione tecnologica e infrastrutturale. Mancano le competenze digitali, anche nel contesto manifatturiero. E manca soprattutto il contesto strategico necessario: nuovi modelli di business e nuovi piani di investimento che facciano leva sull’estrazione di valore dai dati e il connubbio meccanicaelettronica.

Tutto ciò secondo Marc Vos, Managing Director & Senior Partner di Boston Consulting Group a Milano, fra i più noti e autorevoli consulenti strategici in Italia nel campo della tecnologia e delle telecomunicazioni. BCG è una multinazionale statunitense di consulenza strategica con 90 uffici in 50 paesi; è considerata tra le “Big Three” nel mondo del management consulting.   

 

D: Iniziamo con lo spiegare ai nostri lettori che cosa è davvero il 5G

Marc Vos, Managing Director & Senior Partner di Boston Consulting Group a Milano

R: «È un insieme di tecnologie e di standard relativi alla telefonia mobile. Si differenzia dalle generazioni precedenti perché, nel 2025, a regime, la banda disponibile dovrebbe raggiungere fino a 1 Gbit per connessione al secondo; e a causa della bassa latenza (l’intervallo di tempo che intercorre fra il momento in cui viene inviato l’input al sistema e il momento in cui è disponibile il suo output) pari a 1 millisecondo. Infine, è una tecnologia di carrier aggregation: ci si può collegare con tutte le frequenze che si vedono in un certo momento, non con una sola. In pratica, è come disporre di un’autostrada più veloce e scorrevole per i dati».

 

D: Le Telco a livello globale hanno investito circa un trilione di dollari per il 5G;  in Italia, cinque aziende del settore hanno conferito allo Stato 6,5 miliardi di euro per ottenere le frequenze.

R: «Con il 5G, il costo del trasporto di un Gbit di dati sarà 10 volte minore che con lo standard precedente. Inoltre le tariffe si abbassano, quindi quello su cui intervengo è il costo industriale e il 5G è la scelta necessaria perché, rispetto al 4G, è più conveniente. Inoltre il 5G può fare da Fixed Wireless Access quindi emula la fibra su rete 5G cosa che, dal punto di vista di installazione, è molto più semplice».

 

D: Quando sarà veramente operativo il 5G?

R: «Il 5G c’è già: in Italia è stato lanciato dagli operatori nel settembre del 2019, giusto un anno fa. Non si è ancora manifestata alcuna rivoluzione, anche perché mancavano i terminali e anzi la maggior parte della gente neanche lo sa. Parte del mondo industriale lo ignora. La transizione dal 3G al 4G è stata accompagnata da un interesse generale più intenso; se escludiamo i contestatori, quelli che pensano che interferisca con la salute umana, del 5G si discute solo in Parlamento, per questioni di regolamentazione, o in qualche convegno per specialisti. Tutta la vicenda è rimasta sottotraccia, e pare non aver avuto importanti effetti sull’industria».

 

D: Del 5G si parla poco?

R: «Non si parla poco del 5G e probabilmente il tema non è nemmeno se se ne parli poco o tanto. Il 5G sarà forse l’ultimo stadio di un progresso di cui discuteremo. Forse se ne parla poco nei contesti potenzialmente interessati, tipo l’industria. Inoltre, il dibattito è spesso impreciso, quanto agli obiettivi che si vogliono e che si possono conseguire. E a livello politico e di mass media siamo quasi a zero».

D: In che senso?

Entro la fine di quest’anno, nel nuovo stabilimento Rittal di Haiger verrà installata una rete mobile privata 5G

R: «Facciamo un parallelo. Come tutti sanno, nel mondo dei microprocessori c’è stato il 286, poi il 386, poi il 486, e infine, negli anni Novanta, il Pentium, quello con il data path a 64 bit e con l’architettura superscalare. E dopo? Dopo, naturalmente, ci sono state svolte importanti, ma non note ai più: perché le performance che l’utente percepiva non dipendevano esclusivamente dalla potenza del processore. La connessione a internet e il Cloud hanno assunto un rilievo sempre più importante. Ora, nelle comunicazioni, dopo il 2G analogico, il 3G “voce e dati” e il 4G con grandi capacità ma con problemi di latenza, l’arrivo del 5G, che risolve questi ultimi problemi, è senz’altro un passo avanti, ma nel futuro prossimo tutto l’interesse si sposterà su altri fattori e in particolare sul network edge, che fa la differenza in termini di prestazioni. È la frontiera, il punto focale. Mentre il 5G, di per sé, è solo una tecnologia di accesso alla rete, una modalità con cui il telefonino si collega ad una antenna. Gli utenti prenderanno atto dell’esistenza del 5G e se ne scorderanno, così come hanno fatto per il Pentium, senza neppure chiedersi se ci sarà un 6G».

 

D: Perché, secondo Lei, il 5G non ha prodotto grandi effetti?

R: «Perché in passato ci siamo sempre concentrati sul concetto che la trasformazione in questo ambito passasse soprattutto dalle infrastrutture e quindi da tutto il mondo che ruota attorno ad esse, come se dipendesse dai chilometri di fibra depositata e dal numero delle antenne del 5G. Sul fronte, noi siamo messi meglio di tanti altri Paesi. Manca, però, tutto il resto. Non c’è la mentalità giusta per approfittare di queste tecnologie: mancano le competenze digitali. Manca la cultura di sperimentazione e innovazione. E soprattutto non si è ancora compresa la portata del business che può nascere dall’applicazione di queste tecnologie all’industria. Ma queste mie analisi realistiche non devono certo far perdere la speranza. La consapevolezza deve essere il primo passo per l’azione. E io sono convinto che possiamo ancora recuperare».

 

D: Già, la consapevolezza deve essere il primo passo per l’azione. Siamo totalmente d’accordo. Vediamo allora di spiegare quali vantaggi potrebbe ottenere la manifattura con il 5G…

Esempio dell’utilizzo degli Agv in fabbrica

R: «Attualmente, noi utilizziamo la rete mobile fuori casa, mentre in ufficio a o a casa abbiamo il wi-fi. Quest’ultimo, così come è strutturato oggi, è una tecnologia vecchia e lenta, che non consente il roaming da una antenna all’altra in sicurezza. Non ci sono garanzie, e la connessione non è stabile. Con i 5G si può realizzare un network wi-fi in una zona industriale. Le linee di produzione, e quindi le macchine e i robot industriali, resteranno cablate. Ma tutte le apparecchiature e tutti i dispositivi mobili, come ad esempio gli Agv, i veicoli a guida automatica utilizzati per spostare materiali all’interno della fabbrica, o gli Amr, robot mobile autonomo, nonché migliaia e migliaia di sensori disseminati nello shopfloor potrebbero avvantaggiarsi dalle prestazioni consentite con il 5G. Il network wi-fi fondato su questa nuova tecnologia è più robusto, veloce e sicuro».

 

D: Abbiamo detto che il 5G renderà più veloce e sicura la comunicazione bidirezionale tra i sensori e sistemi di controllo delle macchine, e quindi inciderà molto sul mondo IIoT, nei contesti industriali e manifatturieri in particolare. Non si sta facendo abbastanza, per sfruttare questa opportunità?   

R: «Io sono più realista che visionario, e pertanto mi chiedo se l’IoT industriale abbia un mercato vero. Si pensi a Sigfox. È un operatore di rete globale francese che da dieci anni costruisce reti wireless per collegare oggetti a bassa potenza. Non è mai veramente decollato, nonostante un numero importante di use case relativi alla raccolta di dati per misurare pressione, temperatura e movimenti delle macchine. In realtà, oggi come oggi il mercato dell’Iot dipende per metà dai contatori di acqua, gas e energia elettrica nelle residenze private. Ne sono stati installati più di 30 milioni in Italia. Poi c’è tutto il mondo dei vending machine, che si collegano per sapere quale prodotto va per la maggiore; e poi quello della sensoristica connessa alle sim per auto, che avvertono automaticamente i soccorsi in caso di incidente. Insomma, la fetta per l’industria vera e propria non è così larga come si tende a credere; nella manifattura, l’Iot ha trovato applicazione lì dove serve veramente. E al di là di una questione di share, per gli operatori delle comunicazioni non è un grande affare. Il costo del collegamento di una macchina è di circa un euro all’anno, contro i 3040 euro al mese per una comune linea mobile business».

 

D: Cosa occorrerebbe fare per approfittare dei possibili vantaggi offerti dal 5G?

R: «È fondamentale il collegamento tra 5G e edge computing. Oggi la comunicazione di dati di tipo mobile funziona così: dal telefono ad un grosso server, che è a Francoforte o a Dublino, e da questo al device. Secondo il nuovo standard, le cose andranno così: dal telefono ad un server direttamente fornito dalla Telco posto accanto al device. È questo meccanismo che consentirà di elaborare quantità mai viste di dati; e permetterà una maggiore sicurezza. Anzitutto, mi aspettavo che in vista del lancio del 5G, ci fossero anche implementate già nuove e dirompenti tecnologie di edge computing, cosa che a mio avviso non è avvenuta; in secondo luogo non è chiaro cosa si voglia realizzare nell’industria associando edge e 5G. Si sentono discorsi molto generali, ma di applicazioni che non si possano già realizzare con il 4G non ne ho contezza. È un po’ un controsenso: il 5G è un enabler, non è la soluzione. Se si vogliono conseguire salti quantici, occorre individuare sistemi, tecniche e pratiche capaci di tradurre nella realtà concreta dell’industria l’innovazione potenziale introdotta dal nuovo standard di mobile».

Operazioni di chirurgia da remoto grazie al 5G by Vodafone

D: Non sono state individuate soluzioni adatte alla tecnologia 5G?

R: «No. In generale, si sono immaginati scenari avveniristici, che però possono essere tradotti in realtà anche con il 4G: la macchina self-driving, la sala operatoria gestita in remoto, la realtà aumentata di Oculus di Facebook. Nell’industria, anche una tecnologia complicata, come quella che utilizza Enel per bilanciare la rete elettrica, nella quale convergono apporti diversi da fonti diverse, come il solare e l’eolico, è basata su un sistema di controllo che funziona con il 4G».

 

D: Come definirebbe la situazione attuale?

R: «Possiamo dire che abbiamo disposizione una spina dorsale tecnologia consistente che abbiamo l’opportunità di comprendere e popolare in modo interessante. Quelli che servono sono mani e cervelli che vi si dedichino».














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