Industry 4.0: fare il proprio mestiere in modo diverso

di Marco de’ Francesco ♦ Carta d’identità del “neo-imprenditore”: non solo quello che investe in apparecchiature, linee, impianti produttivi e sistemi logistici, ma quello che pensa “digitale” riposizionandosi nella filiera per passare dal buon prodotto al buon servizio costruito attorno al prodotto. Crapelli, a.d. Roland Berger Italia, spiega il nuovo modello di business

Per l’industria, per la manifattura in particolare, il 4.0 non è un fine ma un mezzo. Le direttrici di sviluppo – big data, open data, IOT, machine-to-machine, cloud computing, analytics, interazione tra uomo e macchina e manifattura additiva – sono strumenti che consentono all’azienda di competere con maggiore incisività nei mercati di riferimento, a patto che l’impresa elabori adeguate strategie di filiera, ripensando il proprio posizionamento e i rapporti con gli altri segmenti della catena.

L’azienda, correttamente ricollocata, può assumere un nuovo valore all’interno della filiera, che a seguito dell’attuazione del 4.0 può a sua volta diventare più competitiva. E anche la valutazione delle aziende in vista dell’istruttoria degli affidamenti va impostata in rapporto a questi passaggi. E’ questo il pensiero, ad esempio, di Roberto Crapelli, a.d. di Roland Berger Italia – società tedesca di consulenza strategica diretta, per lo più, al top management di aziende, multinazionali ed istituzioni pubbliche.







Piano nazionale Industria 4.0

Si deve “pensare digitale

L’esposizione di Crapelli, resa nel corso di un convegno a Cortina d’ Ampezzo, (da questo intervento pubblico, e dalle slide proiettate in loco, sono tratte tutte le informazioni pubblicate in questo articolo, che noi abbiamo rielaborato e arricchito) ci aiuta a mettere in lista tutte le implicazioni di Industry 4.0: l’allargamento del catalogo prodotti; una maggiore flessibilità organizzativa; nuovi mercati e clienti; una migliore interazione con i fornitori, distributori e clienti; una migliore pianificazione della manutenzione; un minor costo del lavoro e del personale; una risposta più rapida al mercato; un maggiore produttività dei processi interni e soprattutto un nuovo modello di business, e cioè un nuovo modo di fare affari.

Una cosa però va subito chiarita: «Industry 4.0. – dice Crapelli – non solo è un investimento in macchine, linee, impianti produttivi e sistemi logistici. Certo, è anche questo, ma sopra ogni cosa rappresenta uno strumento che consente di fare il proprio mestiere in modo diverso, con prodotti e servizi differenti rispetto a quelli in uso prima dei recenti cambiamenti. Il 4.0, in buona sostanza, consente all’azienda di riposizionarsi nella filiera. Con i clienti a valle e i fornitori a monte, si può fornire il cliente del nostro cliente, e rivolgersi al fornitore del nostro fornitore.»

I “neo-imprenditori” Industry 4.0

«Consideriamo una azienda che produce robot. -prosegue Crapelli nel suo intervento – Se li dota di sensori e di software sofisticati, può rivolgersi al cliente e dirgli: ci penso io alla manutenzione che, grazie al mio avanzamento tecnologico, posso effettuare in via preventiva o predittiva. E posso anche verificare che le tue maestranze stiano lavorando bene sui nuovi macchinari. Così l’azienda garantisce una migliore funzionalità delle apparecchiature, in vista di processi più efficienti. L’ottimizzazione del piano di manutenzione si traduce in un risparmio per il cliente. »

«Ma, in quanto azienda produttrice di robot, – conclude – posso fare anche di più, facendo da finanziaria per l’acquisto delle macchine del cliente. Insomma, il 4.0 consiste nel fare più mestieri, grazie ai quali chi ha intrapreso il percorso può mettere fuori gioco i competitor. Solo che, se devo saltare degli anelli della filiera, devo anche, nel riposizionarmi, studiare con attenzione la giusta posizione».

IoT-immagine

Fare impresa 4.0 quindi significa diventare “neo-imprenditori”. Significa passare dal buon prodotto al buon servizio costruito attorno al prodotto; dal contatto con il cliente per vendere a quello con il cliente per sviluppare prodotti; dall’economia di scala alla reingegnerizzazione di prodotti e servizi con una con una componentistica più leggera. Sono movimenti che segnano il salto dal 2.0 e dal 3.0 al 4.0. E non si tratta solo di una transizione verso un sistema di produzione customizzata di massa.

Interazione con il cliente su base permanente

Oggetto di cambiamento è lo stesso modello di servizio, con la transizione dallo stock o dalle collezioni con lanci poco frequenti a risposte sempre più frequenti, sino a diventare giornaliere; implica il passaggio dai cataloghi concentrati a una maggiore varietà di prodotti e servizi. Quanto ai ricavi addizionali, lo schema che ci viene esposto prevede che si passi da quelli in base al budget, seguiti da campagne di vendita e sconti, all’interazione con il cliente su base permanente «attraverso il prodotto o servizio per migliorarne la performance nell’ambiente del cliente consumatore». Soprattutto, si dà vita ad un nuovo paradigma competitivo. «Sì – racconta all’ uditorio  l’a.d. di Roland Berger –: è la filiera il luogo della competitività. Anzi, a seguito del passaggio al 4.0, è essa stessa più competitiva, grazie all’ottimizzazione e alla eliminazione di passaggi e posizioni inutili. Stiamo parlando del futuro».

Piano nazionale Industria 4.0

Un futuro a portata di mano grazie al piano Calenda

Un futuro possibile secondo il relatore . Anzitutto perché le aziende sono agevolate nella trasformazione. Infatti, per Crapelli l’investimento iniziale in 4.0 può essere coperto sino al 60% dai sussidi del decreto Calenda. E’ un lungo elenco di opportunità. L’iperammortamento e cioè (come spiegato dal Mise) la supervalutazione del 250% degli investimenti in beni materiali nuovi, dispositivi e tecnologie abilitanti la trasformazione in chiave 4.0 acquistati o in leasing; il superammortamento, e cioè la supervalutazione del 140% degli investimenti in beni strumentali nuovi acquistati o in leasing.

Il fatto è che chi beneficia dell’iperammortamento ha la possibilità di fruire dell’agevolazione anche per gli investimenti in beni strumentali immateriali (software e sistemi IT). E poi, questi benefici sono cumulabili con la Nuova Sabatini, una misura che agevola i finanziamenti per l’acquisto di macchinari. La Cassa depositi e prestiti ha infatti ha costituito un plafond di risorse che banche aderenti a particolari convenzioni (o le società di leasing in possesso di garanzie rilasciate dalle banche aderenti) possono utilizzare per concedere alle PMI finanziamenti di importo compreso tra 20mila euro e i 2 milioni. Il Ministero dello Sviluppo economico, peraltro, concede un contributo in favore delle PMI, che copre parte degli interessi a carico delle imprese sui finanziamenti bancari. Tale contributo è maggiorato (e cioè calcolato su un tasso di interesse annuo del 3,575%, invece che del 2,75%) a fronte di investimenti in tecnologie digitali.

Automazione Siemens per Maserati
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….ma anche grazie alle opportunità di investimento

E poi perché l’impresa 4.0 «attira capitali». Ad esempio la filiera dell’automotive, dove il rendimento del capitale investito passa, con il 4.0, dal 15 al 43%; la profittabilità dal 6 al 13% mentre il costo del personale è quasi dimezzato, scendendo a quota 55%. Sono percentuali che non stupiscono. In altre occasioni, Industria Italiana ha citato la ricerca “The Digital Advantage: How digital leaders outperform their peers in every industry” di Capgemini Consulting e della business school del Mit, dove emerge che più in generale le aziende leader digitali superano le concorrenti del 9% quanto a revenue, del 26% quanto a redditività e del 12% quanto a valutazioni di mercato.

Ci vuole una nuova generazione di banca d’affari

Qui però l’idea è che l’impresa più attrattiva rende più agevole il credito di breve e medio-lungo termine e finirà per cambiare anche la valutazione delle aziende in vista dell’istruttoria per i finanziamenti. «Il dossier finanziario della banca?  –  si chiede  Crapelli -. L’azienda va letta in chiave di filiera. L’istituto di credito dovrebbe valutare se l’impresa ricopre la posizione più appropriata nella filera». A questo punto, la domanda da porsi è: ci sono, in banca, le competenze necessarie a questo genere di analisi? «Direi di no. – sono le conclusioni – Il capitale di medio e lungo periodo potrà arrivare solo da una nuova generazione di banche d’affari; la banca tradizionale si occuperà della cassa».














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