Sostenibilità industria aeronautica: servono 1.300 miliardi di dollari entro il 2050. L’analisi di Bain

Le aziende dovranno investire maggiormente in ricerca e sviluppo e accorciare il ciclo di vita medio degli aeromobili

Pierluigi Serlenga, managing partner Italia e co-responsabile globale della practice aerospace, defense & government services di Bain & Company

Per rendere l’industria aeronautica più sostenibile, l’aviazione commerciale dovrà accelerare il rinnovo delle flotte con aerei più efficienti e investire in ricerca, sviluppo e tecnologie innovative per rendere praticabile l’utilizzo di fonti di energia rinnovabile. Ecco cosa emerge da una nuova ricerca di Bain & Company, che evidenzia come un investimento di 1.300 miliardi di dollari per la produzione di carburante sostenibile (Saf – Sustainable aviation fuel) possa soddisfare solo il 20% della domanda prevista al 2050.

«La transizione sarà lunga e complessa e, nello scenario attuale – caratterizzato da una grande pressione sui player del settore – il rischio di defocalizzazione e di spreco di investimenti è significativo. In questo contesto, il miglioramento dell’efficienza dei consumi è l’approccio più efficace per ridurre le emissioni entro il prossimo decennio», spiega Pierluigi Serlenga, managing partner Italia e co-responsabile globale della practice aerospace, defense & government services di Bain & Company.







L’obiettivo di decarbonizzazione del settore entro il 2050 determina alcune priorità di intervento: in primo luogo, le compagnie aeree dovrebbero accelerare drasticamente i tassi di rinnovo degli aeromobili. In secondo luogo, le aziende e i governi dovrebbero investire nella produzione di Sad, l’opzione più promettente per ridurre le emissioni in modo rapido ed esteso, e aumentare la fornitura di energia rinnovabile. Oggi la maggior parte dei motori è già certificata per l’uso di una miscela composta al 50% da Saf e al 50% da carburante tradizionale per jet, e la certificazione per l’uso del 100% di Saf è prevista entro la fine del decennio. In terzo luogo, gli aeroporti e le compagnie aeree dovrebbero adattare le operazioni a terra per gestire le nuove sfide – in termini di sicurezza, logistica e tempi di consegna – poste da questi nuovi carburanti e dalle future tecnologie propulsive. Storicamente, i produttori di aeromobili commerciali hanno migliorato l’efficienza del consumo di carburante dell’1% all’anno, contribuendo a ridurre le emissioni per miglio passeggeri e a diminuire il costo del trasporto aereo. Tuttavia, questo graduale miglioramento non è sufficiente per raggiungere l’obiettivo di net zero in tempi brevi: l’industria dovrà investire maggiormente in ricerca e sviluppo e accorciare il ciclo di vita medio degli aeromobili. Nuove architetture e tecnologie dei sistemi propulsivi combinate al miglioramento delle prestazioni aerodinamiche dei velivoli e all’utilizzo di materiali più leggeri possono contribuire ad accelerare il ritmo della transizione. Inoltre, le compagnie aeree stanno anche cercando di ottimizzare le operazioni, individuando rotte più efficienti e modalità alternative per rullare gli aeromobili senza utilizzare la potenza del motore.

«L’opzione più interessante per ridurre le emissioni nel medio periodo è quella di combinare le diverse soluzioni oggi possibili», prosegue Serlenga «potenziando lo sforzo volto al miglioramento dell’efficienza dei sistemi attuali e accelerando i cicli di rinnovo della flotta, massimizzando l’uso del Saf – sfruttando al massimo tutto ciò che l’industria riesce a produrre – e attraverso la realizzazione di velivoli con propulsione ibrida-elettrica. L’utilizzo di soluzioni ibride può permettere di ovviare, nel medio termine, ai limiti di stoccaggio energetico nelle batterie che rendono attualmente impossibile l’utilizzo di soluzioni full-electric su aerei commerciali con più di 100 posti. Al contrario, alcune soluzioni ibride possono garantire miglioramenti marginali addizionali in termini di efficienza e potenziale ridondanza, a tutto beneficio della sicurezza. Dopo il 2050, gli sviluppi tecnologici volti a migliorare significativamente la densità di energia delle batterie, potranno probabilmente aprire la strada a velivoli commerciali totalmente elettrici supportando appieno la decarbonizzazione dell’aviazione nel lungo periodo».

L’elettrico a batteria è il chiaro vincitore in termini di efficienza energetica complessiva. L’aviazione beneficerà anche dei progressi delle batterie nel settore automobilistico, con l’accelerazione del passaggio ai veicoli elettrici. Tuttavia, la propulsione elettrica si trova ad affrontare alcune sfide. Innanzitutto, è improbabile che la densità delle batterie si evolva abbastanza rapidamente fino al 2050 per alimentare la maggior parte dei viaggi aerei coperti oggi da jet narrowbody o widebody. Poi, il rifornimento di carburante richiederà investimenti significativi in nuove infrastrutture aeroportuali e inciderà sui tempi di rotazione degli aerei. Infine, le fonti energetiche devono essere green, e il settore dovrà fare i conti con la grande richiesta anche da parte di altri settori. Alcune aziende stanno puntando molto sull’idrogeno per decarbonizzare i propri velivoli: tuttavia, anche se tutti gli attuali turboelica e metà dei jet regionali venissero sostituiti con mezzi a idrogeno – uno scenario molto ottimistico – il passaggio riguarderebbe solo il 2% del mercato misurato in passeggeri-chilometro (Rpk) e il 4% delle emissioni di Co2. Inoltre, le sfide del passaggio all’idrogeno sono notevoli.

«L’idrogeno richiederebbe innanzitutto una nuova architettura dell’aereo per ospitare serbatoi più grandi in grado di gestire range di temperature e pressioni molto diverse da quanto avviene oggi: le aziende dovrebbero quindi scegliere tra la perdita di autonomia di volo o di capacità di trasporto passeggeri. L’idrogeno è anche difficile da trasportare e costoso da liquefare. Gli aeroporti», aggiunge Serlenga «dovrebbero ristrutturare le proprie infrastrutture. Secondo le nostre analisi, il costo della conversione di 53 aeroporti in Europa è compreso tra i 50 e i 65 miliardi di dollari. Questo investimento riguarderebbe solo il 10% del numero di passeggeri trasportato per ogni chilometro volato (RPK) a livello regionale, pari all’1% del volume globale. La ricerca evidenzia come la generazione di 9 milioni di tonnellate metriche di idrogeno verde entro il 2050 costerebbe tra i 250 e i 400 miliardi di dollari, e questo volume coprirebbe al massimo solo il 5% delle Rpk previste. Le compagnie aeree dovranno inoltre affrontare una forte concorrenza per l’idrogeno verde da parte di molte altre industrie. Insomma: i costi economici degli operatori e le difficoltà di approvvigionamento rendono improbabile che l’idrogeno possa compensare una parte significativa delle emissioni dell’aviazione entro il 2050».














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