Singolarità del pensiero umano: la sfida alle macchine intelligenti

di Piero Formica* ♦︎ Le macchine potrebbero creare un nuovo uomo? Con il rapidissimo incremento della potenza di calcolo, non è da escludere che superino gli umani per intelligenza. Ma si tratterebbe di un'intelligenza ultraspecializzata, simile a quella degli esperti. Col il rischio di dare eccessiva fiducia, di non vedere i problemi in modo diverso. Per questo è nata la Carta dei princìpi etici

Gli umani sono consumatori. Sono mezzi per produrre quanto domandato da loro i beni capitali, dalle macchine a vapore del tempo che fu ai robot industriali dell’età corrente, quanto l’intelligenza umana si incontra e si scontra con l’intelligenza artificiale. Il possesso di tali beni conferisce potere. Oggi si sta affermando un nuovo potere detenuto dai proprietari del capitale digitale. Costoro orientano il nostro comportamento ai loro interessi. La fornitura di servizi informatici (server, storage, database, networking, software, analytics) instilla in noi i desideri e le informazioni che i proprietari stabiliscono che dobbiamo avere. Per di più, pubblicando scritti, foto e video sulle loro piattaforme online, mettiamo a disposizione gratuitamente i nostri profili che permettono loro il raggiungimento dei risultati voluti. Si svolge nuovamente la storia tra pochi feudatari e milioni di persone in stato servile.

Il potere dei proprietari del capitale digitale

Verso dove ci condurrebbe un nuovo feudalesimo? Questo interrogativo richiama alla nostra mente il poema Man and Machine il cui autore, lo scrittore e poeta inglese David Herbert Lawrence (1885-1930), così si espresse sul rapporto tra uomini e macchine: «L’uomo ha inventato la macchina e ora la macchina ha inventato l’uomo». Oggi ci si interroga sulle macchine che potrebbero creare un nuovo uomo. Nei confronti delle macchine, gli umani hanno manifestato sentimenti contrastanti. Si nutrono forti dubbi o si nega (al pari di Lawrence) che le macchine possano raggiungere le profondità dell’uomo. C’è chi vuole arrestarne lo sviluppo: un atteggiamento che ci riporta alla disapprovazione, sboccata nella distruzione delle macchine industriali ad opera dei luddisti all’avvio del XIX secolo. Altri elogiano le nuove macchine che, progettate per fare, danno lavoro. Premi vengono assegnati nel corso di competizioni intese a dare intelligenza alle macchine e migliorarla. Non ci sarebbero, invece, ricompensi per la sapienza umana che per Aristotele (383 a.C.-322 a.C.) è il grado più alto di conoscenza e per Socrate (c. 470-399 a.C.) il sapere di non sapere. Nulla vale più di essa.







La suprema autorità dell’esperto e i limiti della sua mente

David Herbert Lawrence (1885-1930) (Fonte: Wikipedia)

Tra questi sentimenti contrastanti si insinua la preoccupazione per la minaccia dell’iperspecializzazione. Processi meccanici sempre più complessi e sofisticati darebbero tanto potere agli esperti da finire in loro balia la gran parte delle persone la cui comprensione dei cambiamenti apportati dalla rivoluzione digitale sarebbe sempre più limitata. Trascurando, per di più, che l’essere competenti non è una benedizione per sempre. L’eccessiva fiducia che viene attribuita agli esperti non permette di dubitare e impedisce di vedere i problemi in modo diverso. Il significato di un nuovo percorso precede il momento in cui si verifica. Gli esperti conoscitori, che non colgono il significato, ammettono la sconfitta solo dopo che l’evento si è manifestato. Al punto di svolta il cambiamento radicale non è più di una possibilità: contrariamente alle nostre aspettative, è una certezza.

L’aumento della potenza di calcolo porterà a macchine intelligenti quanto gli umani?

Aleggia poi il fantasma dell’aumento esponenziale della potenza di calcolo per trattare un sempre più grande e complesso volume di dati, ingestibile dagli umani. Una potenza che, secondo il futurista americano Ray Kurzweil, si tradurrebbe nel 2029 nella creazione di macchine intelligenti quanto le persone. Vedremo macchine che andando oltre l’imitazione dell’intelligenza umana per eseguire compiti non si comportano più come viene loro insegnato dagli umani? Al pari nostro, esse avranno una loro coscienza e svolgeranno attività secondo la propria autonoma intelligenza?

La singolarità del pensiero umano è la sfida alle macchine intelligenti

Il futurista Ray Kurzweil (Fonte: Wikipedia)

Alla luce di queste domande, ci sono ora risposte che intendono contendere il presunto primato delle macchine intelligenti puntando sulle caratteristiche proprie degli umani, sull’unicità del loro modo di pensare, e sul loro spirito critico per mettere in dubbio, contrastarne le affermazioni e scovarne i punti deboli. Circondati dal mistero dell’ispirazione, non è dato per acquisito che gli umani si fermino ad osservare la superficie delle asserzioni formulate dalle macchine. Facendo leva sulla capacità di pensare discordemente, la mente umana crea e inventa mostrando tante facce. Si trascendono idee, regole, schemi e relazioni tradizionali. Si trovano nuove connessioni tra fenomeni non correlati ricorrendo alle idee più disparate per risolvere un nuovo problema. Cose familiari appaiono sotto una nuova luce. Si scoprono e poi si soddisfano bisogni latenti.

Il futuro dell’Homo sapiens sapiens dipende dalla sua assunzione di responsabilità

Nel percorso delle macchine intelligenti verso l’originalità del pensiero, il loro obiettivo puramente commerciale desta preoccupazione. Spostare l’orizzonte in direzione dell’etica e dell’utilità sociale resta un compito che spetta a noi adempiere. Di questa missione si è fatto carico il Vaticano durante un incontro avvenuto nel Gennaio 2023 tra imam, rabbini e il Papa. Come riporta il Financial Times (Madhumita Murgia, The Vatican and the moral conundrums of AI), ne è scaturita la Carta dei princìpi etici da rispettare. Dalle eventuali decisioni prese dalle macchine devono essere responsabili gli esseri umani affinché siano garantite la loro imparzialità, inclusività e riproducibilità.

* Il professor Piero Formica è Thought Leader e Senior Research Fellow dell’Innovation Value Institute della Maynooth University (Irlanda). È inoltre docente e consulente del Cambridge Learning Gateway (Regno Unito), direttore della Summer School del Contamination Lab dell’Università di Padova (Unipd) e docente presso il MOIM – Open Innovation Management /Unipd Executive Learning. Il professore ha vinto l’Innovation Luminary Award 2017, assegnato dall’Open Innovation Science and Policy Group sotto l’egida dell’Unione Europea “per il suo lavoro sulla moderna politica dell’innovazione.














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