Il futuro dell’uomo? La coevoluzione tra entità naturali e cose fabbricate

di Piero Formica ♦︎ Le sfide poste dallo sviluppo costringono a trovare nuove forme di coabitazione: altrimenti si mette a repentaglio un delicato equilibrio. Negli anni a venire le idee tecnologiche ispirate alla comprensione del ritmo della natura guideranno il progresso industriale. Il primo obiettivo è ridurre l'impiego di materiali e la minimizzazione degli scarti e dell'inquinamento. Con la speranza di perseguire la solidarietà sociale

La natura possiede un’intelligenza interna che le permette di esercitare l’inventiva in tutte le sue nicchie. I manufatti che eseguono una o più operazioni specifiche sono il disegno di un’intelligenza esterna, quella umana. Nel momento in cui gli artefatti da noi progettati invadono quelle nicchie diventano pericolose per la stessa sopravvivenza della specie umana. Questa, per conservarsi, deve accompagnarsi alla natura, non allontanarsi da essa. La cultura industriale è chiamata a sperimentare per trasformare l’imprenditorialità in sintonia con la natura. Il risultato è la nascita di imprese trasformative.

 







Entità naturali e cose fabbricate coevolvono…

Siamo tenuti in vita da tutto ciò che è natura, dalle macchine che congegniamo e da quanto con esse noi costruiamo. Grazie all’azione degli esseri umani, le macchine si evolvono passando, attraverso un incessante processo di innovazione, dall’essere alimentate a petrolio all’alimentazione biologica. Dal canto suo, il mondo biologico è anch’esso toccato da onde innovative che, in qualche misura, lo ingegnerizzano. Assistiamo, dunque, alla coevoluzione tra entità naturali e cose fabbricate. Il futuro dell’Homo Sapiens inizia con l’abbandonare il ruolo di regolatore della natura che con le cose da lui create corre il pericolo di divorarla riducendo lo spazio per l’evoluzione della vita. Si intravede l’età degli artefatti concepiti dall’ecologia industriale in alleanza con le varie forme della natura. Nasce tra loro un’associazione intima. Gli aggeggi da noi creati si conformeranno al ritmo della natura. Idee tecnologiche ispirate alla comprensione dei suoi principi guideranno il progresso industriale.

La Missione 4 del Pnrr mira a rafforzare le condizioni per lo sviluppo di una economia ad alta intensità di conoscenza, di competitività e di resilienza, partendo dal riconoscimento delle criticità del nostro sistema di istruzione, formazione e ricerca. Così l’innovazione guiderà il processo industriale

…in un sistema industriale in bilico tra economia circolare ed entropia…

Gli sviluppi delle modalità d’integrazione tra macchine e biologia permetteranno il ricorso a tecniche di progettazione e produzione di cose biologicamente compatibili impiegando anche meno materiali. Assecondando la visione ecologica, si progetta non solo il montaggio di un prodotto, ma anche come renderlo facilmente scomponibile affinché smontarlo si traduca in uno smaltimento senza sprechi e inquinamento. Come ha scritto Robert Alan Frosch, scienziato americano e amministratore della Nasa dal 1977 al 1981, che ha portato in auge il termine “ecologia industriale”, «in un ecosistema industriale il consumo di energia e di materiali è ottimizzato, la produzione di rifiuti è ridotta al minimo e gli effluenti di un processo servono come materia prima per un altro processo. L’ecosistema industriale funzionerebbe come un analogo degli ecosistemi biologici». Il processo auto-rigenerante dell’economia circolare è messo in dubbio da Joan Martinez Alier e d altri studiosi dell’economia ecologica. In un’intervista a La Lettura del Corriere della Sera, l’economista spagnolo ha sostenuto che «L’economia è entropica. Entropia significa questo: se utilizziamo combustibili fossili, non possiamo bruciarli due volte. Perché stiamo bruciando i prodotti della fotosintesi avvenuta milioni e milioni di anni fa. Questo non è rinnovabile o circolare, è un processo entropico. Dunque, l’economia industriale è entropica. La mancanza di circolarità nell’economia è un argomento che in molti oggi stanno studiando».

Economia circolare come “new deal” manifatturiero, dunque, in grado di promuovere l’innovazione di prodotto e generare modelli di business “manufacturing as a service” allineati ai principi della sostenibilità. Ecco lo scenario e le prospettive di questo mercato emergente e le 10 raccomandazioni chiave della World Manufacturing Foundation per accelerarne la diffusione

…mentre le imprese trasformative progettano l’ingegneria relazionale tra gli organismi viventi…

Nello stretto corridoio tra la promessa dell’economia circolare di flussi di materiali sempre più puri e di qualità che alzano il valore aggiunto e l’alternativa di una decrescita sostenibile si muovono le imprese risolute ad affrontare una duplice trasformazione: l’una tecnologica indirizzata all’abbandono dei combustibili solidi e l’altra digitale. In altri articoli comparsi su Industria Italiana ho avuto modo di soffermarmi sulle imprese trasformative. Qui ritorno sull’argomento dal punto di vista della loro visione dell’economia, in linea con la prospettiva ecologica. La missione delle imprese trasformative è di porsi esse stesse quali organismi viventi in sintonia con gli altri. È una genuina fonte di valore la cura che esse prestano alla rete intrecciata dalla vita. È questa una rete biologica di relazioni che sostengono un incessante processo di manutenzione, riparazione e rinnovamento delle condizioni ambientali che permettono a tutte le specie di prosperare. Le imprese trasformative coltivano pensieri progettuali intorno all’ingegneria relazionale che si dedica alle innumerevoli interdipendenze degli organismi viventi. Interdipendenza e adattamento presuppongono regole di comportamento tali da permettere a tutti gli agenti (umani, animali, vegetali e cose inanimate) componenti la natura di avere successo insieme.

 

…perseguendo anche la solidarietà sociale

Accanto al vivere in comunità d’intenti con la natura, le imprese trasformative perseguono la solidarietà sociale. Esse fanno loro il sogno di Adam Smith per una società più equa, un sogno che si realizza mettendo in pratica il pensiero di John Stuart Mill. Il filosofo ed economista britannico subordinava la crescita e il conseguente accaparramento di denaro al miglioramento spirituale degli esseri umani tramite lo svolgimento di attività superiori, quali la lettura, la cooperazione tra persone di diversa estrazione e provenienza e il passeggiare nella natura. Le imprese trasformative vogliono, dunque, assicurare a tutti il più alto grado di prosperità intesa non come incessante accumulazione di ricchezza materiale, ma arricchimento della cultura e del lavoro della mente e dello spirito per vivere in un mondo migliore. Una vita che permette alle persone di relazionarsi per sfidarsi nelle loro opinioni e per pensare alla bellezza della natura e godere di ciò che essa offre. Nella sua visione etica del capitalismo, i profitti devono essere allineati con il bene pubblico, il bene sociale e i beni naturali.

il WMF insiste sull’importanza della diffusione di una cultura e di una consapevolezza dei benefici e vantaggi che possono derivare dall’adesione ai principi di un’economia circolare

Le imprese trasformative posano lo sguardo sul mappamondo che include l’utopia

Scriveva Oscar Wilde che «Il progresso è la realizzazione delle utopie». Le imprese trasformative consultano il mappamondo che mostra l’isola Utopia. Esse decidono di far vela verso di essa e approdarvi sconvolgendo, disorganizzando, creando qualcosa di nuovo per cambiare i valori. Esse sono attente a cogliere le opportunità nascenti dall’ascolto della natura di cui ne riconoscono la rilevanza, consapevoli del fatto che la loro attività poggia sul valore generato dagli ecosistemi naturali. Conseguentemente, le imprese trasformative si fanno carico di proteggere la ricchezza donata dalla natura a tutti i viventi e alle generazioni future. Lo fanno con programmi durevoli che imprimono una svolta trasformativa verso il ben-essere.

La potenza dell’industria manifatturiera è stata tale da cambiare il panorama economico e sociale. Con le imprese trasformative, essa ora presenta nuovi modi di pensare che, innovando l’economia e la società, non trascurano il rispetto dovuto alla natura. Una buona innovazione si fonda su motivazioni sufficienti a bilanciare gli inconvenienti causati dal cambiamento. Partendo dalla constatazione che la riduzione su larga scala delle emissioni è un bene pubblico, le imprese trasformative vogliono dimostrare che le loro innovazioni recano un evidente vantaggio a tutto ciò che esiste. I loro pensieri fertili contrastano uno scenario che non è a beneficio di tutti i viventi. L’economia corre il rischio di vedere contrarsi la qualità del benessere sociale e del rapporto del corpo e della mente con la natura, producendo una maggiore quantità di cose che reca addizionali vantaggi per pochi. La prosperità da inseguire ha a fondamento la protezione dalle catastrofi ambientali e sociali. Nel corso di questo secolo, avranno successo le imprese che accelereranno la transizione verso un’economia ecologica, con creatività e con l’impiego di tecnologie che contribuiscono alla salute del nostro pianeta.

 

*Piero Formica è Professore di Economia della conoscenza. Senior Research Fellow dell’International Value Institute, Maynooth University, Irlanda. Docente e advisor, Cambridge Learning Gateway, Cambridge, UK. Presso il Contamination Lab dell’Università di Padova e la Business School Esam di Parigi svolge attività di laboratorio per la sperimentazione dei processi di ideazione imprenditoriale














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