H2IT, idrogeno: un attacco “a sei punte” per sostenere l’intero comparto

di Marco de' Francesco ♦︎ Un convegno per dettare le linee strategiche necessarie a sviluppare la filiera. Ad esempio impiegando tecnologie come la blockchain per la certificazione della sostenibilità della supply chain: oppure istituendo un quadro normativo chiaro e univoco. Ma, in primis, serve definire i settori di impiego del più leggero tra i gas in natura

Un quadro legislativo certo e semplificato, la certificazione dell’idrogeno verde e un piano di investimenti a lungo termine per sviluppare le infrastrutture e finanziare ricerca e innovazione. È l’estrema sintesi delle raccomandazioni  individuate nel report “Strumenti di supporto al settore idrogeno. Priorità per lo sviluppo della filiera idrogeno in Italia” e dirette al decisore politico in vista dell’elaborazione di una strategia nazionale che sostenga il comparto impegnato nello sfruttamento del più leggero elemento chimico in natura.

Il lavoro è stato presentato qualche ora fa in occasione dell’evento digitale “Idrogeno: il futuro dell’energia è oggi”, organizzato da H2IT – (Associazione Italiana Idrogeno e Celle a Combustibile), che riunisce grandi, medie e piccole imprese, centri di ricerca e università. Conta attualmente 50 soci che rappresentano tutta la catena del valore, dalla produzione fino agli usi finali.







Hanno partecipato all’incontro Alberto Dossi e Luigi Crema, rispettivamente presidente e vicepresidente di H2IT; la Prof.ssa Filomena Maggino, consigliere del Presidente del Consiglio e Presidente della Cabina di regia “Benessere Italia”; nonché gli onorevoli Vanessa Cattoi e Andrea Vallascas, delle Commissioni Bilancio e Affari Costituzionali della Camera. Dossi, nel corso dell’evento, ha peraltro letto una lettera del vice-ministro al Mise Stefano Buffagni, che riportiamo nell’articolo.   

 

Sei linee strategiche per lo sviluppo dellidrogeno

Le raccomandazioni sono declinate in sette diversi segmenti: produzione; trasporto, distribuzione e trattamento; stoccaggio; mobilità; usi energetici; usi industriali, residenziali e feedstock; supply chain e tematiche trasversali. A partire da queste, H2IT suggerisce alle istituzioni alcune priorità strategiche per abbattere le barriere allo sviluppo del settore idrogeno in Italia.

  1. Anzitutto, si tratta di definire il ruolo dell’idrogeno, di tracciare una direzione chiara individuando gli obiettivi per supportare il settore e abilitare gli investimenti. soprattutto all’inizio del percorso, sarà necessario l’intervento pubblico per colmare il gap economico. Attualmente, ad esempio, l’idrogeno verde, quello derivato da fonti rinnovabili, non è concorrenziale in termini di prezzo. Se si vuole che l’industria si impegni in materia, lo Stato deve fare la sua parte.
  2. In secondo luogo, occorre definire un quadro legislativo chiaro. Al momento manca una regolamentazione dell’idrogeno in quanto tale ed è necessaria una strategia ad hoc che presupponga un approccio nuovo, maggiormente incline alla multisettorialità. Si ritiene che solo il riconoscimento di un ecosistema energetico a valenza trasversale possa consentire di risolvere i tanti problemi regolamentari dovuti alla vigenza di discipline autonome per il mercato elettrico e del gas. Occorre poi armonizzare le regole italiane a quelle europee, in modo da consentire alle imprese italiane di competere in un quadro comunitario. 
  3. In terzo luogo, occorre certificare l’idrogeno rinnovabile e a basse emissioni. Il fatto è che un aspetto chiave per la costruzione di una supply chain sostenibile ed efficace è la fiducia. Ciò presuppone l’adozione di un sistema di tracciabilità dell’idrogeno lungo tutta la catena (dal produttore fino all’utilizzatore finale). Nella Strategia europea sull’idrogeno si accenna ad un meccanismo di certificazione di origine.  Secondo lo studio, si potrebbe ricorrere alla tecnologia delle blockchain (sorta di libro mastro digitale) Il passaggio successivo potrebbe essere rappresentato dalla digitalizzazione dei certificati di origine, come si sta facendo nel mercato agroalimentare, per poi eventualmente valutare l’opportunità di riconoscere anche forme dematerializzate di circolazione, oltre che di verifica, di tali atti. In questo modo questi ultimi sarebbero pronti ad essere negoziati su scala europea e si favorirebbe la realizzazione di un mercato unico dell’energia o, perlomeno, l’attrazione di capitali stranieri.
  4. In quarto luogo, occorre supportare la ricerca, la formazione e l’innovazione. Per gli estensori del report, al momento, l’ostacolo maggiore che occorre fronteggiare nello sviluppo di un’economia basata sull’idrogeno, al di là del prezzo delle fonti primarie e del deficit regolamentare, è proprio quello tecnologico. Le istituzioni nazionali e comunitarie sono impegnate a sostenere l’innovazione mediante incentivi e altre forme di finanziamento alle imprese. In un passaggio del Green Deal Europeo, è la stessa Commissione a precisare che “limitarsi agli approcci tradizionali non sarà sufficiente” e che è indispensabile adottare “un’impostazione sistemica”. Bisogna premere con forza il pedale della R&D,  e occorre farlo in forma organizzata dalle istituzioni. L’evoluzione del settore richiederà anche figure professionali specializzate in un’ampia gamma di conoscenze tecniche che si possono creare investendo sull’educazione, dalle scuole superiori fino a quella universitaria per formare i futuri tecnici specializzati. Un’occasione imperdibile per un paese che vuole ripartire creando nuove opportunità d’occupazione.
  5. Si deve poi incoraggiare la collaborazione strategica tra progetti di Hydrogen Valleys. Questi sono ecosistemi in cui l’idrogeno e le celle a combustibile possono trovare il substrato ideale su cui crescere e svilupparsi su larga scala. Si pensi agli hub multimodali quali porti marittimi:  questi rappresentano infatti un punto di snodo strategico tra diversi mezzi di trasporto che possono ad esempio essere elettrificati mediante celle a combustibile, con importanti vantaggi economici e ambientali. Inoltre, la possibilità di rifornire di energia elettrica le grandi navi attraccate mediante celle permetterebbe loro di spegnere i motori e ridurre l’inquinamento dell’area portuale (cold ironing). Ragionamenti simili possono essere fatti per interporti e aeroporti. Comunque sia, per uno sviluppo sinergico e per favorire la crescita della domanda e la riduzione dei costi, è bene che queste realtà cooperino.
  6. Infine, si deve sensibilizzare e informare l’opinione pubblica. lo sviluppo della filiera deve essere accompagnato da campagne informative e progetti educativi sulle tecnologie dell’idrogeno e sulle procedure di sicurezza applicate.

  

La filiera dellidrogeno oggi

Alberto Dossi, presidente di H2IT

Attualmente, la filiera dell’idrogeno non è molto sviluppata: si pensi che solo l’1% dell’energia è prodotta grazie alla combustione di questo gas, soprattutto nell’industria chimica e siderurgica, e che si tratta per lo più di idrogeno non derivante da fonti rinnovabili, ma dall’elaborazione di prodotti fossili. L’Europa, com’è noto, ha degli obiettivi green: la riduzione delle emissioni del 60% entro il 2030 e del 100% entro il 2050. La prima meta sembra difficilmente conseguibile. In particolare, il percorso tracciato dalla Commissione Europea si pone, in particolare, due traguardi principali: raggiungere entro il 2024 i 6 GW di elettrolizzatori installati per produrre 1 milione di tonnellate di idrogeno verde, ed entro il 2030 40 GW per una produzione di 10 milioni di tonnellate sul territorio europeo. In altre parole, nel 2050, l’idrogeno potrà rappresentare fino al 24% dei consumi finali di energia. Obiettivi ambiziosi, analoghi a quello posto dal Ministero dello Sviluppo Economico per il nostro Paese, che prevede una penetrazione dell’idrogeno del 20% nel 2050. Secondo Dossi, «l’Italia ha il potenziale per posizionarsi strategicamente in tutti i settori di riferimento della filiera idrogeno: produzione, logistica e trasporto, industria, mobilità, residenziale. Abbiamo grandi operatori e aziende determinanti nell’apertura del mercato, pmi e start-up innovative, centri di ricerca di rilevanza internazionale».

 

La lettera del viceministro Stefano Buffagni 

«Il Ministero dello Sviluppo economico ha presentato il 24 novembre u.s. le Linee Guida Preliminari della Strategia Nazionale Idrogeno. Grazie a queste prime linee guida per la realizzazione della Strategia Nazionale Idrogeno, l’Italia si sta ritagliando un ruolo centrale in questa sfida, insieme con i Paesi europei maggiormente avanzati su questo tema. Il nostro Paese può sfruttare la sua posizione geografica, il suo solido know-how progettuale e scientifico e la sua rete infrastrutturale. Lo sviluppo dell’idrogeno rappresenterà una svolta e una rivoluzione positiva, dovremo essere bravi a far nascere una nuova filiera industriale dedicata puntando anche su ricerca, innovazione tecnologica, creazione del know-how e formazione di nuove figure professionali. In questo modo oltre ai benefici ambientali, si potranno avere anche benefici sociali e occupazionali. Per sostenere la crescita dell’idrogeno sono previsti cluster di progettualità già all’interno del “Recovery and Resilience Plan” su cui sono stati allocati circa 2 miliardi di euro per lo sviluppo della Strategia Nazionale Idrogeno e, tra gli altri strumenti di sostegno vi sono anche gli Ipcei (Progetti di Comune Interesse in ambito Europeo) idrogeno».














Articolo precedenteMade: le segrete meraviglie della tomografia industriale computerizzata
Articolo successivoAllianz Risk Barometer 2021: l’interruzione del business spaventa più del Covid






LASCIA UN COMMENTO

Per favore inserisci il tuo commento!
Per favore inserisci il tuo nome qui