Innovazione, Industry 5.0 e sostenibilità: cosa stanno facendo le aziende? Con Fanuc, Gnutti Transfer, Cefla, Idea Plast ed E80 Group

di Renzo Zonin ♦︎ Energia da rinnovabili e retrofitting dei robot: questo la strategia di Fanuc per abbattere le emissioni ed essere in linea con la Corporate sustainability reporting directive dell'Ue, Il nuovo sito produttivo green di Gnutti transfer e le iniziative Gnutti Green Thinking. Idea Plast e il riciclo della plastica. Il concetto di rigenerazione secondo E80 Group. La formazione del Centro Nazionale delle Opere Salesiane – Formazione e Aggiornamento Professionale. Se ne è parlato durante il Technovation Forum 2022

Fino a qualche anno fa, alle aziende veniva chiesto di essere, semplicemente, innovative. Adesso, essere innovativi non basta più. È diventato importante il “come” si fa innovazione. Bisogna innovare in modo rispettoso dell’ambiente, in modo ecologico. Senza inquinare l’aria o l’acqua. In una parola, bisogna fare innovazione sostenibile.

Quello della sostenibilità è un mantra che si sta diffondendo a macchia d’olio, anche a livello di Istituzioni, e che sentiremo sempre più spesso in futuro, visto che anche l’annunciata quinta rivoluzione industriale – il paradigma Industry 5.0 – ne fa uno dei suoi capisaldi.







Proprio di innovazione, sostenibilità e Industry 5.0 si è parlato durante il Technovation Forum 2022, l’evento annuale organizzato da Fanuc, multinazionale della robotica, dell’automazione e delle macchine utensili, tenutosi nei giorni scorsi presso la sede italiana dell’azienda, a Lainate.

È stata l’occasione ideale per affrontare la problematica della sostenibilità da varie angolature, con un panel qualificato di aziende ed enti.

In particolare, Assolombarda ci ha ragguagliato sulle ultime novità riguardanti gli aspetti normativi e sui finanziamenti europei in arrivo per progetti ecosostenibili di grandi dimensioni. Aziende come Gnutti Transfer hanno illustrato i loro obiettivi in tema di sostenibilità e decarbonizzazione sia per i siti produttivi che per i macchinari prodotti, mentre Cefla ha mostrato una soluzione a basso impatto ambientale dedicata al settore della verniciatura. Idea Plast ha illustrato la sua esperienza nel dare una seconda vita alla plastica, ed E80 Group ha portato la sua esperienza alla ricerca di una sostenibilità che non sia fatta solo di green, con un percorso articolato tra certificazioni, buone pratiche ed esami di coscienza. Che tutti noi, probabilmente, dovremmo deciderci a praticare.

Fanuc e la sostenibilità

Panorama del quartier generale di Fanuc con vista sul Monte Fuji

Se Industria 5.0 e i temi collegati sono quasi una novità per noi europei, tali non sono per le aziende del Sol Levante. Il Giappone infatti è il Paese dove il concetto del 5.0 è nato, di fatto accorpando in un unico paradigma una serie di “filosofie” che sono in un certo senso intrinseche alla cultura di quel popolo. Come il rispetto per la natura e l’armonia, ma anche la ricerca dell’efficienza e del ben-essere, l’innovazione più spinta unita al rispetto delle tradizioni. E Fanuc a questi concetti si è sempre ispirata, tanto che il suo campus industriale, immerso nel verde ai piedi del monte Fuji, somiglia più a un quartiere residenziale che a un distretto produttivo. In Fanuc raccontano che il fondatore (Seiumon Inaba, inventore del Cnc) scelse appositamente quel posto perché per lui era fondamentale che il progresso dovesse essere in armonia con l’ambiente, e perché la natura che li circondava ricordasse al personale il valore del rispetto e dell’etica. E parliamo di 50 anni fa.

Industria 5.0 non è solo essere green, e Fanuc lo ha mostrato per esempio con le iniziative che costituiscono un impegno verso le nuove generazioni, partendo dal mondo della scuola. «Ci siamo impegnati a portare in Italia le Olimpiadi delle Arti e Mestieri (WorldSkills Europe) – ha dichiarato Marco Delaini, managing director di Fanuc in Italia – e abbiamo formato 13 team, fra i quali abbiamo poi selezionato i 6 team da portare alla competizione nazionale a Torino che si è svolta alla fine di novembre. Il team vincitore di Torino rappresenterà l’Italia ai Campionati Europei di Robotica nel 2023 ai Mondiali del 2024. È stata un’iniziativa molto importante per noi. Abbiamo avuto nei team ragazzi di 14, 15 anni che cresceranno avendo un’idea di cosa sono l’automazione, la robotica, le tecnologie legate al sistema produttivo». Naturalmente, l’aspetto di sostenibilità ambientale non viene trascurato, anche in ottica di economia circolare. «Si tratta prima di tutto di un impegno tecnologico: sviluppare prodotti con il minimo impatto ambientale, il minimo consumo di energia, le minime emissioni di CO2. E che possano essere usati per un periodo superiore a quelli attuali, facili da riparare e riutilizzabili».

Marco Delaini, Managing Director di Fanuc Italia

Quindi anche l’affidabilità dei prodotti acquista un ruolo non solo economico ma anche ecologico. E con tempi medi fra i guasti che arrivano a 9,4 anni per le macchine RoboShot Fanuc potrebbe anche considerare vinta la sfida della longevità. Invece, ha recentemente rilanciato annunciando in Italia, prima in Europa, il servizio di Re-generation: in pratica, i suoi robot possono essere riportati alla sede di Lainate per essere sottoposti a un “tagliando” estremamente approfondito, durante il quale vengono completamente smontati e revisionati, e i pezzi usurati o guasti vengono sostituiti – per quanto possibile – da pezzi analoghi ricondizionati e riportati in perfette condizioni, limitando al minimo indispensabile l’uso di parti nuove. Alla fine della procedura, il robot è rimontato, riverniciato e pronto a una seconda vita.  E a proposito della sede di Lainate, inaugurata nel 2019, anch’essa è stata costruita con criteri green:

il 40% dell’energia è autoprodotta da un parco fotovoltaico (entro il 2025 sarà il 100%) e tutta quella usata proviene da fonti rinnovabili. L’edificio raccoglie l’acqua piovana che viene poi usata per irrigazione, acque nere e sistemi antincendio. Questi e altri accorgimenti hanno fruttato alla sede la certificazione Leed Gold, la più alta per un edificio ecologico.

Altri esempi di sostenibilità Fanuc (a livello globale) sono l’impegno ad azzerare entro il 2029 l’impiego di imballaggi non composti di materiali riciclati, e l’obiettivo della carbon neutrality entro il 2050.

Con le sue soluzioni di retrofit, Fanuc ridà nuova vita a vecchi robot, ripristinandoli con parti rigenerate in ottica di economia circolare

Assolombarda

Se è vero che la sostenibilità trova applicazioni concrete nel mondo industriale, è anche vero che da tempo è un argomento all’ordine del giorno in ambito politico. E l’Unione Europea, in particolare, è molto attiva su questo fronte. Ma quali sono le ultime novità sull’argomento? Ebbene, ce ne sono un paio di assoluto rilievo.

«Lo scorso 10 novembre, il Parlamento Europeo ha approvato la direttiva sulla dichiarazione di sostenibilità, la Csrd (Corporate sustainability reporting directive). Manca ancora un passaggio in consiglio, ma per la fine di novembre dovrebbe essere pronta per la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale e quindi dopo 20 giorni sarà del tutto operativa» ha annunciato Alfredo Parodi, responsabile unità ambiente di Assolombarda.

La direttiva ha una scala diversificata di applicazione, perché ci sarà una prima fase (che si apre dal 1° gennaio 2024) che riguarderà tutte le grandi aziende di interesse pubblico: banche, assicurazioni, aziende che comunque sono già abituate a questo tipo di adempimenti, visto che a loro si applica da tempo la direttiva per la rendicontazione non finanziaria. «Poi, dall’1° gennaio 2025, si applicherà alle grandi imprese che oggi non sono ancora soggette alla direttiva sulla rendicontazione non finanziaria» continua. Si tratta, in questo caso, delle aziende con oltre 250 dipendenti e/o un fatturato di 40 milioni di euro e/o 20 milioni di euro di attività totali. «E infine, dal 2026 questa direttiva si applicherà anche alle piccole e medie imprese. Esse però potranno chiedere un po’ più di tempo per prepararsi, e quindi potranno essere esentate fino al 2028» conclude Parodi.

La timeline prevista per la Corporate sustainability reporting directive

La dichiarazione Csrd dovrà essere certificata da un revisore o da un certificatore indipendente. Una cosa interessante è che la normativa riguarderà non solo le aziende europee, ma anche le aziende extraeuropee che operano in Europa o che abbiamo qui società satelliti (succursali eccetera) con fatturati superiori ai 150 milioni di euro. Ma cosa cambia con la Csrd rispetto al precedente sistema della rendicontazione non finanziaria? «Prima di tutto si amplia il numero dei soggetti interessati – spiega Parodi – poi i contenuti della comunicazione, centrati sull’assoluta trasparenza. E ancora, l’obbligo della collocazione dell’informativa nella relazione sulla gestione, cosa molto importante perché dà la possibilità di leggere i dati in maniera integrata. Infine, ci sarà l’applicazione del principio di “doppia materialità”, che farà sì che l’azienda dovrà specificare sia come i fattori della sostenibilità incidono sulla propria innovazione, sul proprio sviluppo, sia quali siano gli impatti dell’azienda nell’ambiente che la circonda». Oltre a questo strumento normativo, un’altra novità interessante è data da un bando europeo dedicato ai progetti di innovazione su larga scala, il “Large Scale Projects 2022″.

«È un bando che la commissione ha avviato il 3 di novembre, ed è uno dei maggiori programmi di finanziamento europei, tutto dedicato alla decarbonizzazione – racconta Parodi – Il bando comprende 4 linee di finanziamento. La prima è dedicata alle innovazioni tecnologiche e di processo dei settori compresi nell’allegato 1 della direttiva ETS, come la mitigazione climatica e il recupero e stoccaggio della CO2. La seconda linea di finanziamento è dedicata a progetti di innovazione dell’elettrificazione industriale, e in particolare all’utilizzo dell’idrogeno. La terza linea punta ai progetti per la produzione di idrogeno, energia rinnovabile e stoccaggio dell’energia. Infine, la quarta linea è dedicata alla costruzione e gestione di impianti caratterizzati da una decarbonizzazione molto spinta». Il budget disponibile per il bando è di circa 3 miliardi di euro, e la scadenza per presentare le proposte è fissata al 16 marzo 2023, alle ore 17. Maggiori informazioni possono essere trovate a partire da questa pagina: Large-scale calls (europa.eu).

Gnutti Transfer

Benedetta Gnutti, strategic business development manager di Gnutti Transfer (Fonte: LinkedIn)

La Gnutti Transfer di Ospitaletto (BS) opera da oltre 60 anni nel settore della produzione delle macchine utensili più sofisticate. «Gnutti Transfer ha iniziato più di 5 anni fa il suo percorso di transizione energetica, cercando di lavorare a 360 gradi, sia per il sito produttivo sia per i prodotti» esordisce Benedetta Gnutti, strategic business development manager dell’azienda bresciana. «Per quanto riguarda il sito produttivo, abbiamo iniziato da cose semplici, come eliminare dove sia possibile i materiali plastici, o studiare come approvvigionarci di energia elettrica da fonti rinnovabili. E infatti il nostro nuovo sito produttivo utilizza energia fotovoltaica e geotermica. Abbiamo in programma per il prossimo anno un grosso investimento che ci permetterà di installare due grandi campi fotovoltaici, grazie ai quali ridurremo di più del 50% le nostre emissioni di CO2».  Ma le iniziative di Gnutti Transfer rivolte alla sostenibilità non si fermano qui. «L’anno scorso ci siamo certificati Iso 14001 – prosegue Gnutti – e stiamo anche progettando il nuovo sito produttivo in un’ottica di mobilità sostenibile, con colonnine di ricarica per le auto e con mezzi elettrici dedicati al movimento delle persone all’interno del sito».

Oltre ai siti di produzione, la ricerca di sostenibilità riguarda anche le macchine prodotte dall’azienda. «Cerchiamo di rendere le nostre macchine più efficaci dal punto di vista energetico. Per esempio, abbiamo introdotto tecnologie di accumulo del calore prodotto durante il funzionamento, che poi può essere redistribuito. Un altro aspetto interessante riguarda l’economia circolare. «Questo lo stiamo facendo con alcuni fornitori qualificati. Si tratta di utilizzare componenti rigenerati, dando una seconda vita a parti che diversamente avrebbero un forte impatto dal punto di vista della CO2» conferma Gnutti. Altri piani per il futuro? «Gnutti Transfer si sta impegnando per presentare nel 2024 il suo primo bilancio Esg (Environmental, Social and Governance). È un obiettivo dell’azienda, anche per far arrivare alla comunità questa filosofia di pensiero del prendersi cura non solo del presente, ma anche del futuro. Anche perché, senza retorica, il futuro appartiene alle nuove generazioni, e ci piacerebbe lasciare il mondo un pochino migliore».

Tutte le iniziative di Gnutti relative alla sostenibilità sono inserite in una cornice comune, che va sotto il nome di Gnutti Green Thinking ed è stata lanciata ufficialmente nel 2020, anche se l’orientamento alla sostenibilità è nel Dna aziendale da molto prima. Interessante la “struttura” dell’iniziativa: essa è descritta in una serie di “episodi”, ciascuno dedicato a una stagione. Al termine di ogni episodio viene annunciata un’azione virtuosa intrapresa dall’azienda e dedicata specificatamente a quell’episodio. Sul sito dell’azienda, all’indirizzo www.gnutti.com/green-thinking, è possibile vedere i vari episodi e anche i risultati concreti fin qui ottenuti.

Cefla

Robot Fanuc M710

Con 17 sedi nel mondo, Cefla è un’azienda multi-business con 90 anni di storia, basata a Imola. Le sue business unit sono impegnate nei settori dell’engineering, del finishing, del medicale e del lighting. La società da tempo è impegnata sul fronte della sustainability, tanto che utilizza impianti fotovoltaici dal 2012 e ha redatto il suo primo bilancio di sostenibilità nel 2017.

Recentemente, Cefla ha presentato una interessante soluzione a basso impatto ambientale in un segmento che non ha mai brillato particolarmente per questo aspetto: quello degli impianti di verniciatura.

«Da tempo vogliamo trasferire l’impegno sulla sostenibilità anche ai nostri clienti – ha spiegato Piero Cassani, corporate quality system & sustainability manager di Cefla – Recentemente, la nostra business unit di Finishing ha realizzato, utilizzando un robot Fanuc M710 pilotato da un software specifico, un sistema di verniciatura che si chiama iGiotto. Questa apparecchiatura presenta molti vantaggi rispetto alle soluzioni tradizionali. Per esempio, un ridottissimo uso di prodotto verniciante per eseguire il cambio colore, operazione che tra l’altro avviene in tempi brevissimi, circa 90 secondi. Quindi sostenibilità economica, sia in termini di cambio di produzione, sia in termini di risparmio di vernice, che arriva al 30/40%. Poi riduzione dei costi di manutenzione, fino al 20%, e minor consumo di energia, intorno al 15%». Ma i benefici non riguardano solo il bilancio aziendale e l’ambiente. «C’è un vantaggio anche per le persone, perché un lavoro usurante come la verniciatura a mano può essere evitato, consentendo di riqualificare il personale per ruoli di maggior prestigio e di maggiore tranquillità operativa» conclude Cassani.

Idea Plast

Idea Plast è una Pmi nata nel 1988 a Lainate, che è partita dalla progettazione di oggetti plastici per le varie aziende del territorio e in seguito è diventata essa stessa produttrice. Si direbbe quindi un’azienda di inquinatori seriali, ma fortunatamente non è così. «Fin dall’inizio, abbiamo affrontato il problema della plastica in modo molto diverso dai nostri competitor – racconta Alessandro Trentini, general manager di Idea Plast – con la consapevolezza dell’importanza della famosa frase di Lavoisier, che diceva che “nulla si crea e nulla si distrugge, ma tutto si trasforma”. Così, già quando ero un giovane progettista mi chiedevo che cosa sarebbe successo di tutta quella plastica che stavamo immettendo nell’ambiente. Per questo ho sempre cercato, prima da solo, poi con Idea Plast e con la collaborazione di varie università, di realizzare soluzioni che permettessero il recupero di questo materiale, e di dargli una seconda vita». Il tema, semisconosciuto per anni, negli ultimi tempi è balzato agli onori delle cronache. Si parla di riciclo, di progettazione con materiali riciclati, ma soprattutto è aumentata negli anni la “cultura” del recupero della plastica. «E questo non solo per un motivo di sostenibilità, ma anche per l’aumento dei prezzi delle materie prime – puntualizza Trentini – che rendono ancora più interessante la ricerca di modi per dare a questo materiale una seconda vita».

Alessandro Trentini eneral manager di Idea Plast

L’Italia è, fra l’altro, uno dei Paesi con la maggiore esperienza sulle materie plastiche: non per nulla il polipropilene è stato inventato da Giulio Natta, del Politecnico di Milano, che per questo prese il Premio Nobel per la chimica nel 1963. Sarà anche per questo che siamo ben piazzati anche nel segmento del recupero delle materie plastiche, con buone percentuali di raccolta differenziata, non molto diverse fra nord e sud. «La plastica è uno dei materiali più semplici da recuperare – afferma Trentini – e ci sono dei consorzi che se ne occupano. Ma una volta fatta la raccolta, bisogna anche capire cosa fare con questa plastica recuperata, prima di portarla nel termo-valorizzatore, o peggio nell’inceneritore, o peggio ancora nella discarica. Noi ci occupiamo proprio di questo.

Abbiamo fatto delle linee di prodotti in plastica riciclata, utilizzando materiale proveniente dalla raccolta differenziata. Quelle bottiglie che voi buttate ogni giorno noi le trasformiamo in profili o in lastre, che poi usiamo per fare prodotti per i parchi». Già, perché Idea Plast produce, usando la plastica riciclata (o “di seconda vita”) oggetti quali scivoli per bambini, tavoli e panche da picnic, cubi galleggianti per realizzare passerelle sull’acqua. E in tempi di pandemia, sono arrivati anche prodotti come le “barriere parafiato”, e le piantane per i flaconi di gel igienizzante. Un’applicazione recentissima e molto particolare, che è stata presentata poche settimane fa alla Fiera di Hannover, è una scarpetta in plastica riciclata per le mucche. Sviluppata con il contributo di Regione Lombardia, questa scarpetta (prodotta unendo scarti di lavorazione dei calzaturifici e dei produttori di pneumatici) consente di isolare gli zoccoli dell’animale dal terreno, prevenendo una serie di disturbi e malattie, dalla zoppia bovina a infezioni di vario tipo. La scarpetta avrà una vita utile di circa 3 o 4 mesi, alla fine della quale verrà recuperata e il materiale verrà riutilizzato per produrre nuove scarpette.

Ma non c’è solo la produzione nelle attività di Idea Plast. Infatti, l’esperienza ormai trentennale dell’azienda nel settore del riciclaggio delle materie plastiche è da alcuni anni a disposizione di altri produttori che vogliano fare un percorso di sostenibilità e riciclo. «Le aziende che vogliono recuperare rifiuti o scarti di produzione plastica e non sanno come fare, o che hanno la necessità di utilizzare plastica di seconda vita per la produzione dei loro manufatti, possono rivolgersi a noi. Abbiamo qui a Lainate un laboratorio con tecnici qualificati e siamo in grado di sostenerle nel dare una seconda vita a scarti di produzione eccetera, migliorando contemporaneamente il loro bilancio di sostenibilità».

E80 Group

Gabriele Grassi, digital innovation & communication director di E80 Group (Fonte LinkedIn)

E80 Group è un’azienda di Viano (RE), specializzata nella realizzazione di soluzioni logistiche automatizzate per imprese che operano nel beverage, food, tissue e in ambiti diversificati. «Abbiamo realizzato oltre 350 fabbriche completamente integrate, dove abbiamo istallato 6.500 veicoli a guida laser e 2.500 isole robotizzate. Lavoriamo anche sui magazzini ad alta densità – elenca Gabriele Grassi, digital innovation & communication director del gruppo – Nel 2022 abbiamo avuto un turnover di circa 390 milioni di euro». Secondo Grassi, la sostenibilità è sicuramente uno dei temi che ci accompagneranno nel nostro futuro. «Quando parliamo di sostenibilità, spesso ci colleghiamo al campo del green – prosegue Grassi – che in effetti ne costituisce una grande parte. Ma la sostenibilità non è fatta solo di green. Proviamo a vederla come una catena senza anelli deboli. Al suo interno ci son molti temi: il tema delle persone, il tema della sicurezza, il tema dell’innovazione digitale al servizio non solo del prodotto ma anche di altro, per esempio della comunicazione. Quindi, anche se magari la sostenibilità è composta all’80% dal green, per realizzarla appieno dobbiamo lavorare bene sul restante 20%». E questo 20% comprende cose disparate, dal welfare alla filiera corta, passando per la contaminazione incrociata delle idee fra persone e fra generazioni. E questo comprende anche la formazione e il contatto con le scuole. «In azienda diciamo sempre che giovinezza ed esperienza uniti insieme sono un mix particolarmente efficace e competitivo, perché da una parte c’è l’entusiasmo, la ventata d’aria fresca, la flessibilità, la velocità, dall’altra quel pizzico di saggezza che diventa importante per evitare certi errori che possono capitare lungo il percorso. Così il rapporto fra generazioni non è più basato su una parte che crede di sapere già tutto e insegna, e una parte che non sa nulla e impara, ma diventa uno scambio, si impara reciprocamente».

Anche per l’innovazione si possono fare dei distinguo. «Spesso pensiamo solo all’innovazione tecnologica, ma c’è innovazione anche nei metodi, nei tempi e modi, nei processi. Nel modo di comunicare. Questa innovazione va messa a sistema, e dobbiamo allargare il nostro punto di vista e il campo di visione quando vogliamo guardare al futuro. Ripartiamo da noi, ma non è abbastanza. Dobbiamo essere degli esempi di questa tipologia di sostenibilità, perché obiettivamente il nostro pianeta è agli sgoccioli e sta risentendo dei nostri comportamenti degli ultimi anni. Noi recentemente abbiamo accettato una grossa sfida, una certificazione sulla quale siamo in dirittura d’arrivo e probabilmente saremo certificati entro il 2023. Si tratta della sfida più alta per quanto riguarda un certificato di sostenibilità aziendale al mondo. Nasce in Usa e l’Italia è il secondo Paese al mondo che la sta approcciando. L’ottica di questa certificazione è che vogliamo passare da azienda “estrattiva”, cioè solo legata al business, ad azienda “rigenerativa”, ovvero che guarda al business ma cercando di rigenerare, ovvero di essere anche utile per gli altri. Anche per questo, E80 spesso si è messa a disposizione di altre aziende, a livello organizzativo, proprio per aiutarle sui temi della sostenibilità». In quel 20% di “non green”, evidentemente, c’è non solo l’idea di dare l’esempio, ma anche quella di mettersi a disposizione degli altri per il bene comune. «È dal veleno che nasce l’antidoto. Molti di noi hanno contribuito, volontariamente o meno, a creare il veleno. Oggi dobbiamo cominciare a capire come generare l’antidoto. E credo che per generarlo si debba partire da un esame di coscienza, e da un impegno reciproco su tutti i punti che abbiamo citato in precedenza. E se dovremo fare un passo indietro, mi auguro che sia solo per prendere la rincorsa e non per arrenderci» conclude Grassi.

Cnos-Fap Regione Lombardia

Franco Pozzi, che è direttore generale per la Lombardia del Centro Nazionale delle Opere Salesiane – Formazione e Aggiornamento Professionale (Fonte: LinkedIn)

La sostenibilità pone al centro le persone, e quindi le loro competenze e la loro qualificazione sono molto importanti, come accennava più sopra Grassi. Ce ne ha parlato più dettagliatamente Franco Pozzi, che è direttore generale per la Lombardia del Centro Nazionale delle Opere Salesiane – Formazione e Aggiornamento Professionale. Si tratta di una realtà che conta 5 sedi in Lombardia e 63 in tutta Italia. L’ente si occupa di un po’ tutta la filiera della formazione professionale: qualifiche triennali, diplomi professionali quadriennali, formazione superiore con percorsi Fps e biennali di Ets. Secondo Pozzi, quando parliamo di argomenti come sostenibilità e decarbonizzazione si discute già in prospettiva futura, 2025, 2030 eccetera. «Al 2030 mancano 8 anni – rileva Pozzi – questo vuol dire che i ragazzini che ora sono alle medie saranno quelli che si inseriranno nel contesto lavorativo per quella data. Quindi quando si parla di sostenibilità, prevista a livello di budget, strutture eccetera, per il 2030, credo che ragionare anche sul livello di sostenibilità per quelle che saranno le risorse umane da inserire in azienda in quegli anni diventi fondamentale. E non dimentichiamoci che i ragazzi cambiano, quelli di oggi sono diversi da come eravamo noi, i prossimi cambieranno ancora. Quindi da questo punto di vista, quello che dobbiamo fare è prima di tutto continuare a orientarli. Oggi la prospettiva del lavoro si è spostata ancora più in avanti, e i ragazzi escono anche dall’università ancora disorientati, perché ancora non sanno cosa fare. Poi bisogna continuare a formarli, e quando sono inseriti nelle diverse realtà aziendali vanno accompagnati e valorizzati». Questo vuol dire, per esempio, che le aziende dovrebbero investire parte delle loro risorse sul capitale umano che si prepara ad entrare nel mondo produttivo.

L’energia che le aziende riverseranno sui ragazzi sarà quella che permetterà loro di inserirsi lavorativamente, e loro potranno reinvestirla a loro volta per mettersi in gioco. «Le aziende potrebbero per esempio collaborare con scuole, università ed enti di formazione per organizzare visite tecniche, seminari, tirocini, didattica diretta delle aziende nella scuola. Tra l’altro, la filiera dell’istruzione professionale si presta molto anche alla personalizzazione dei percorsi. Noi stiamo partendo con progetti in apprendistato per le acciaierie bresciane, per le fonderie, manutenzione di mezzi pesanti, tutti con il coinvolgimento diretto di aziende che si mettono in gioco per contribuire alla formazione».














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