Viaggio sul treno Big Data, alimentato dalla corrente della conoscenza! E sull’Hpc Leonardo…

di Piero Formica* ♦︎ Nella graduatoria mondiale, il supercomputer installato nel Tecnopolo di Bologna occupa il quarto posto per potenza di calcolo. Le macchine intelligenti raccolgono e analizzano grandi insiemi di dati: utilizzati per prendere decisioni. L’Intelligenza dello Sciame, l’Homo Electronicus e…

Leonardo Hpc

Se imprigionati nelle nostre interpretazioni della realtà, i nostri attaccamenti emotivi e le nostre paure condizionano le nostre azioni future. Intrappolati nelle credenze di suprematismo, gli umani sono indotti ad un’interpretazione restrittiva di un mondo radicalmente incerto e conseguentemente non cambiano il loro atteggiamento. Per liberarsi dalla trappola, l’intelligenza umana richiesta è l’abilità di riconoscere ed adattarsi ad un ambiente che è per nulla meccanicistico. Questa intelligenza non è fissa e misurabile con un test standard, essendo in azione un incessante e mutevole processo relazionale con la natura e, in definitiva, con la salute del nostro pianeta, per abbandonare le credenze, quelle stelle fisse che impediscono ai nostri occhi di rivelare i nuovi schemi. Il loro riconoscimento è un viaggio di scoperta che consiste nell’avere nuovi occhi, direbbe Marcel Proust, ed esprimersi con altro linguaggio rispetto a quello ancora utilizzato e prevalente.

Sul treno di Big Data con a bordo personalità contrastanti…

Nella graduatoria mondiale, il supercomputer Leonardo installato nel Tecnopolo di Bologna occupa il quarto posto per potenza di calcolo. Il treno Big Data ad altissima velocità alimentato dalla corrente della conoscenza ad alta tensione potrà indirizzare velocemente le nostre imprese verso la Città della Conoscenza, una sorta di empireo, sede dei beati Cognoscenti (conoscitori, esperti, intenditori) che emettono luce intellettuale. Del treno si serviranno gli innovatori, a cominciare dalle imprese scientifiche del Made in Science. Chi si troverà alla guida della locomotiva? Si confrontano due personalità. L’una ha il profilo di Wiliam Petty; l’altra, di David Hume e Adam Smith.







Personalità poliedrica del XVII secolo, Petty non si fidava delle parole separate e non sostenute da fatti. Con la sua “Aritmetica politica“, Petty caldeggiava la necessità di misurare rigorosamente la popolazione, il reddito e la ricchezza. Per contro, David Hume dubitava che si potessero trarre affermazioni generali dall’analisi dei dati e Adam Smith fece scarso affidamento sulle decisioni prese con l’”Aritmetica”. A quel tempo, prima ancora dei dati erano le storie a illuminare il comportamento umano. Il matematico Nicolas de Condorcet riteneva che i sentimenti e le emozioni fossero cruciali quanto i calcoli matematici, che erano ben lontani dal produrre idee più precise; idee, per giunta, da accettare acriticamente piuttosto che da sottoporre al vaglio di una discussione incessante.

I primi cinque supercomputer al mondo

che vivono nella certezza dell’incertezza

Con 250 petaflops al secondo e 100 petabyte di capacità di storage, l’hpc Leonardo ci posiziona al quinto posto della classifica mondiale del supercalcolo. Configurazione Prima Consegna

Le macchine intelligenti raccolgono e analizzano grandi insiemi di dati. Ne conseguono decisioni che non è detto siano quelle corrette, cioè allineate con la missione impellente di salvaguardare tutte le specie viventi e gli oggetti naturali (mari, laghi, fiumi, monti e foreste). Dati e statistiche sono manipolabili. Persistono, dunque, dubbi circa la possibilità di trarre dall’analisi dei dati decisioni coerenti con questo compito. Se è sempre aperto il conflitto cognitivo sollevato al tempo degli economisti classici, cosa fare di fronte a molteplici crisi interconnesse che disegnano un futuro del tutto incerto? Al pari di Sesto Empirico, filosofo scettico greco vissuto nel II secolo, dobbiamo allenarci a vivere nella certezza dell’incertezza e, districandoci nella confusione, ad essere addestrati per agire sulle credenze tanto radicate nei nostri modi di vita all’insegna dell’eccezionalismo umano.

Noi possiamo mordere l’incertezza così come mangiamo un uovo, non così i robot umanoidi. Fino a quando?

La planimetria del Tecnopolo di Bologna

Gli algoritmi compiono operazioni con una serie ordinata di passaggi secondo una lista di istruzioni, proprio come si fa per una ricetta di cucina. Tramite l’apprendimento automatico delle macchine, gli algoritmi imparano a diventare più sofisticati. L’apprendimento continuo permetterà di individuare connessioni che sfuggono alla mente umana confusa trovandosi immersa nella nebbia cognitiva dell’incertezza? Che dire della valutazione di quelle connessioni? Afferarne il significato da diversi punti di principio etici, spirituali, affettivi, e rispetto alle interazioni tra tutte le specie viventi e gli oggetti naturali – è, in ultima istanza, la missione propria di ogni essere umano. Noi possiamo mordere l’incertezza così come mangiamo un uovo, nella metafora di Melanie Mitchell del Santa Fe Institute ed ex co-direttore dell’unità di etica dell’Intelligenza Artificiale (IA) di Google. Non gusta un uovo il robot umanoide, una macchina dotata di IA, così definita dall‘English Oxford Living Dictionary: «La teoria e lo sviluppo di sistemi informatici in grado di svolgere compiti che normalmente richiedono l’Intelligenza Umana, come la percezione visiva, il riconoscimento vocale, il processo decisionale e la traduzione da una lingua a un’altra».

Da un’altra prospettiva, il fisico Stephen Hawking ha sottolineato il nostro ritardo culturale misurato in decenni nel renderci consapevoli di minacce della portata dell’IA, una nuova forma di vita che potrebbe sostituire gli esseri umani. Questi ultimi progettando virus informatici, permetterebbero a qualcuno di mettere a punto un’IA che si automigliora, si replica e in congiunzione con la raccolta di una gran quantità di dati pianifica la vita personale, sociale ed economica facendo a meno delle idee che stanno nella testa delle persone. Intanto, in un laboratorio di chimica, ricercatori dell’Università di Liverpool hanno sviluppato un robot-scienziato che autonomamente conduce esperimenti. In una vignetta sul settimanale The New Yorker si vede un robot al tavolo di lavoro, annoiato e assonnato. Due assistenti umani commentano: più rendiamo smart l’IA, meno il robot vuol fare il nostro lavoro (ripetitivo).

L’Intelligenza dello Sciame, terzo giocatore in campo…..

Hpe Cray Frontier

Quella tra Intelligenza Umana e Intelligenza Artificiale è una partita aperta, con un terzo giocatore in campo: l’Intelligenza dello Sciame. È in definitivo vantaggio sugli esseri umani l’IA che con l’ausilio dei big data individua la formula che le permette inequivocabilmente di regolare la vita? Oppure, si trova a miglior partito l’IU che detiene contemporaneamente idee opposte, mantenendo la capacità di funzionare, come traspare dal pensiero dello scrittore americano Francis Scott Fitzgerald? Alla mancata speranza di poterle conciliare si contrappone la risolutezza di farle andare diversamente. Si preannuncia così un cambiamento di prim’ordine in cui le idee contradditorie diventavano due facce della stessa verità, La flessibilità degli umani di larghe vedute riuscirebbe a cogliere istintivamente tutti i lati contrastanti del problema per arrivare ad un cambiamento inaspettato, anche con il ricorso alla conoscenza apparentemente inutile che, diceva il filosofo inglese Bertrand Russell, promuove un’abitudine contemplativa della mente. Quest’obiettivo è alla portata di gruppi i cui componenti si fidano l’uno dell’altro, operano in concerto senza che ci sia un agente coordinatore e seguono comportamenti altruistici. Mutuandola dal regno animale, per esempio da uno sciame di api, la loro è stata definita “Intelligenza dello Sciame” che è istintiva ed emotiva, quindi lontana dalla formulazione di un piano coordinato secondo il diagramma di flusso che è una rappresentazione grafica delle operazioni da eseguire per l’esecuzione di un algoritmo.

nel corso della vicenda umana d’apprendimento

Il processo di apprendimento dell’essere umano ha una lunga storia alle spalle e un futuro sfidante. L’Hominide (10 M- 6 M BC) apprende con il naso come rispondere agli stimoli. La sua è una comunicazione istintiva. L’australopiteco (6 M- 2,5 M BC) ricorre al suono recepito dall’orecchio. Una varietà dei suoni recepita dall’orecchio permette all’Homo Habilis (2,5 M- 1,8 M BC) di comunicare con le mani. Con l’Homo Erectus (1,8 M- 200 K BC) entra in gioco l’intelligenza del cervello per sopravvivere. Per migrare alla scoperta di nuovi territori, l’Homo Sapiens (200 K – 60 K BC) entra nella stanza della saggezza del cervello. È con il linguaggio che passa dalla bocca che l’Homo Verbalis (100 K – 4 K BC) avvia la comunicazione simbolica. Con il linguaggio civilizzato, l’Homo Tribalis and Scriba (4 K BC – 1454 AD) apprende a comunicare socialmente e scrivere in modo educato e pacato. Stampa e registrazioni facilitano all’Homo Libris (1452-2000 AD) la comunicazione delle informazioni. Nel cyberspace, l’Homo Electronicus e l’Homo Communicator apprendono a comunicare e socializzare avvalendosi di una rete di computer.

All’essere umano si è affiancato l’umanoide – un robot, talvolta chiamato androide, che gli assomiglia. Uno dei primi fu esposto nel 1928 alla mostra annuale della Model Engineers Society di Londra. Andando a ritroso nel tempo, pare che il primo robot umanoide sia stato un soldato con una tromba, realizzato nel 1810 da Friedrich Kaufmann a Dresda, in Germania. L’umanoide è un robot di servizio, impiegato per automatizzare le attività in modo da ridurre i costi e aumentare la produttività. Da compiti di routine laboriosi e pericolosi l’umanoide o altra entità non assimilabile all’uomo dotata di tecnologie di IA e apprendimento automatico raggiungerà e anche supererà il livello delle conoscenze in nostro possesso? Questo interrogativo è un grande ‘se’. Molto dipende dal come gestiremo una tale entità. La specie umana si evolverà mettendo in atto pratiche culturali che si gioveranno di tutte le intelligenze a disposizione per intuire e anticipare ciò di cui avremo bisogno in futuro. In definitiva, non soggiaceremo all’IA se al centro della nostra attività intellettuale ci sarà l’ideazione, la creazione di idee e la loro traduzione in azioni. Il bello delle idee che cambiano il mondo è nel circuito di energia da esse innescato affinché la nostra specie possa progredire.

*Piero Formica è Professore di Economia della conoscenza. Senior Research Fellow dell’International Value Institute, Maynooth University, Irlanda. Docente e advisor, Cambridge Learning Gateway, Cambridge, UK. Presso il Contamination Lab dell’Università di Padova e la Business School Esam di Parigi svolge attività di laboratorio per la sperimentazione dei processi di ideazione imprenditoriale














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