Applicare l’intelligenza artificiale generativa all’industria? Possibile… Con Bcg X

di Barbara Weisz ♦︎ Programmazione no e low code e robotica: sono questi i trend applicativi della generative artificial intelligence. Il software di facile utilizzo abbinato a un'esperienza utente intuitiva apre nuove opportunità di automazione. In particolare per i settori: pharma, finanziario, produzione beni di consumo. La survey di Bcg X: investimenti fino a 121 miliardi nel 2027. Ma bisogna aggiornare le skill… Ne parliamo con Paola Francesca Scarpa e Enzo Barba

Per introdurre l’intelligenza artificiale generativa in azienda «l’upskilling necessario, più che tecnologico, è di change management». Perchè il punto fondamentale è che «cambia il modo di lavorare». Paola Francesca Scarpa, managing director and partner di Bcg X, sottolinea un aspetto ritenuto fondamentale dagli esperti dell’unità di progettazione e design tecnologico del colosso internazionale della consulenza. Per il momento, questa tecnologia (nuovissima ma già universalmente conosciuta) viene introdotta nelle imprese soprattutto fra i colletti bianchi. Ma per l’ingresso in fabbrica è solo questione di tempo. Al principale appuntamento fieristico europeo con l’innovazione industriale, Hannover Messe, Microsoft e Siemens hanno presentato diverse applicazioni di automazione che integrano l’AI generativa. «Secondo me si può immaginare che il prossimo trend sarà l’applicazione dell’intelligenza artificiale generativa alla robotica» segnala Enzo Barba, partner Bcg X, che pensa in particolare ad applicazioni che si vedono già per esempio da parte di Boston Dynamics. «Ma anche la stessa Tesla sta lavorando sulla robotica, che va di pari passo con l’AI generativa. Robot che non solo hanno movimenti molto fluidi, ma anche una sorta di cervello che si appoggi a un’intelligenza generativa potrebbero fare la differenza». I lavoratori tendenzialmente sono ormai preparati all’impatto delle nuove tecnologie sul lavoro, sono molto meno frequenti di qualche anno fa le preoccupazioni legate alla digitalizzazione. Nel 52% dei casi dipendenti, manager e leader, interpellati da Bcg X in tutto il mondo, esprimono fiducia a fronte dell’ingresso dell’intelligenza artificiale sul luogo di lavoro, mentre cinque anni fa la percentuale era decisamente più bassa (35%).

Viceversa, la preoccupazione è scesa di dieci punti in cinque anni. Non solo: i meno preoccupati sono i manager e i leader, così come c’è una correlazione virtuosa fra conoscenza della tecnologia e i timori a fronte dell’ingresso in azienda. Più le persone già utilizzano l’intelligenza artificiale (magari non necessariamente al lavoro), meno ne temono l’impatto sulla propria professione. Sono tutti elementi che emergono da un report condotto proprio da Bcg Group X dedicato all’impatto dell’AI generativa sul mondo del lavoro: “AI at Work: What People Are Saying”. C’è però un aspetto su cui gli esperti insistono: è fondamentale un’informazione corretta sul modo in cui l’impresa intende utilizzare l’AI. Forse anche in considerazione del dibattito internazionale e delle prese di posizione delle autorità regolatorie, le persone sono particolarmente sensibili al tema dell’utilizzo responsabile dell’AI. Fra l’altro, su questi aspetti l’Italia è stata capofila nel mondo: nell’aprile scorso il Garante della privacy ha bloccato ChatGpt (la più nota AI generativa oggi sul mercato) chiedendo una serie di adeguamenti alle policy relative ai dati personali. E, forse non a caso, l’Italia come vedremo è fra i paesi del mondo in cui l’attenzione a questo aspetto è più alta. Anche la competenza tecnologica è importante. Ma la tendenza, con l’evolvere delle tecnologie, va verso la semplicità di utilizzo.







L’intelligenza artificiale generativa risponde direttamente a uno stimolo, senza bisogno di comandi complessi. Quindi, in questo caso la formazione va calibrata rispetto alle specificità di questa tecnologia. E’ utile ripeterlo, perché la formazione è stata spesso uno dei punti deboli che in questi anni hanno accompagnato l’introduzione delle nuove tecnologie in azienda. E’ molto recente la sensibilità dei decisori aziendali su questo tema, i primi anni della digitalizzazione (prendendo come riferimento il 2016, ovvero l’anno del piano Industria 4.0) hanno visto le imprese privilegiare l’acquisto dei macchinari. Ora però anche questa consapevolezza è cambiata, formazione e competenze si stanno affermando come temi centrali, e questo vale anche per le aziende che implementato intelligenza artificiale. «Se un’azienda vuole diventare AI driven – prosegue Scarpa -, ma le persone non utilizzano la tecnologia correttamente, l’investimento non darà i suoi frutti». Vediamo con precisione come le persone che lavorano nelle aziende, in Italia e nel mondo, si stanno preparando all’ingresso nel mondo del lavoro di questa nuova frontiera della tecnologia, sulla base dei risultati dell’indagine di Bcg X e delle analisi di Paola Francesca Scarpa e Enzo Barba. Tendendo presente un dato fondamentale: nel giro di cinque anni gli investimenti delle aziende in questa tecnologia cresceranno del 66%. Più precisamente, si passa dai 9 miliardi del 2022 ai 121 del 2027.

 

Il mercato dell’intelligenza artificiale generativa

Enzo Barba, partner Bcg X

Il settore che maggiormente sta puntando su questa tecnologia è il farmaceutico, che nel 2027 arriverà a 32 miliardi. «L’AI comprime i tempi di sviluppo dei farmaci», sottolinea Scarpa. Fra i casi d’uso che vengono citati dal rapporto: grazie all’intelligenza artificiale generativa in 21 giorni è stato identificato un nuovo farmaco per il trattamento di una malattia, la fibrosi polmonare idiopatica: una ricerca che con i metodi tradizionale avrebbe richiesto anni. Al secondo posto, il settore finanziario. Per il momento «ci sono casi d’uso non core – sottolinea Barba -. Per esempio, nel customer support, dove c’è interazione con il cliente. Quando si entra invece in decisioni su investimenti, analisi del rischio, c’è molta più attenzione». Sul terzo gradino del podio, la produzione di beni di consumo, e qui entriamo quindi in un settore industriale.

Sul machinery, invece i tempi sembrano destinati a essere più lunghi. Nel grafico sottostante, la produzione di macchinari è sotto la voce “altri”, insieme a energia e tlc. In termini percentuali, la crescita anno su anno è comunque del 61%. E’ un mercato giovane, che sta nascendo sull’onda di quella che Scarpa definisce «la democratizzazione dell’intelligenza artificiale» alimentata dalla chatbot sviluppata da OpenAi, ong di San Francisco. Che sostanzialmente ha reso alla portata di tutti una tecnologia fino a pochi mesi fa era sostanzialmente maneggiata solo dagli addetti ai lavori. Non che non ci fossero già assistenti virtuali e altri tool dotati di AI, ma non con la potenza di calcolo di ChatGpt.

Il settore che maggiormente sta puntando su questa tecnologia è il farmaceutico, che nel 2027 arriverà a 32 miliardi

Utilizzo dell’Ai generativa nell’industria: i primi passi

Paola Francesca Scarpa, managing director and partner di Bcg X

L’industria si sta a sua volta preparando ad adottarla. «Le aziende stanno favorendo sperimentazioni basate sulla logica di essere più veloci nel fare i programmi di automazione industriale», segnala Scarpa.  Entro la fine del 2023 arriverà sul mercato la nuova app Teamcenter per Microsoft Teams. Grazie all’integrazione con i modelli linguistici di Azure OpenAI Service e con altre funzionalità presenti in Azure AI, il software per la gestione del prodotto di Siemens potrà, per esempio, interagire con un operatore che esprime dei comandi utilizzando il linguaggio naturale. Il colosso tedesco e quello americano stanno anche studiano nuovi applicativi per la generazione del codice destinato ai Plc, Programmable Logic Controllers, che gestiscono le macchine. Enzo Barba vede implementazioni nella robotica, in termini di «arricchimento in ambito meccatronico della componente elettronica del robot». In effetti, lo sviluppo dell’intelligenza artificiale nella robotica è fra i cinque trend del 2023 secondo la Federazione internazionale di robotica. Uno dei motivi fondamentali, è che questa tecnologia semplifica l’utilizzo del robot, lato operatore, e la sua programmazione (low code o no code). Questo, perchè l’AI generativa impara da sola. «Il software di facile utilizzo abbinato a un’esperienza utente intuitiva . spiega l’Ifr – sostituisce l’ampia programmazione robotica e apre nuove opportunità di automazione robotica: le start-up di software stanno entrando in questo mercato con soluzioni specializzate per le esigenze delle piccole e medie imprese».

I ricercatori di Levatas, in Florida, hanno testato ChatGpt sul famoso cane robot Spot di Boston Dynamics (azienda della robotica nata come spin-off del Mit di Boston, e oggi controllata da Hyundai Motor Company). In realtà, nelle linee di produzione si utilizzano da anni tecnologie basate sull’AI che consentono appunto di migliorare le perfomances apprendendo senza bisogno di nuovo codice. Perché quindi un’azienda che ha per esempio già investito in queste tecnologie dovrebbe guardare con interesse all’AI generativa? La differenza fondamentale «è il numero di parametri che si possono utilizzare – sintetizza Scarpa -. Se il machine learning è già sufficiente per le specifiche esigenze di un’impresa, non c’è bisogno di ulteriore AI. Ma per soluzioni maggiormente complesse, che hanno bisogno di più parametri da monitorare, può invece essere una scelta sensata. Il numero di parametri è esponenzialmente superiore: dai 10 milioni si passa a quasi 180 miliardi». Altre possibili applicazioni, sono quelle in cui recentemente stanno investendo le aziende sulla “normale” intelligenza artificiale: «ad esempio – sottolinea la managing director and partner di Bcg X – per efficientare i consumi di energia dei macchinari, in funzione dei picchi». Una possibile applicazione che unisce il trend digital a quello esg. Oppure, «nel mondo delle tlc e delle antenne, decidere dove mandare il traffico in base ai consumi maggiori».

I leader sono i più ottimisti, 62%, seguiti dai manager, 54%, mentre fra gli impiegati si scende al 42%

Il sentiment nelle aziende, dai dipendenti ai leader

Anche le aziende possono imparare dagli errori del recente del passato prima di introdurre nuove tecnologie, non sottovalutando il fatto che, alla fine, a utilizzare le macchine e i software sono sempre gli umani. Al momento, in base alla ricerca di Bcg X, questo non sta succedendo: solo il 14% degli impiegati che hanno contatti con clienti, fornitori, o con il pubblico, dichiara di aver ricevuto una formazione per usare l’AI. Eppure, il sentiment nei confronti della nuova tecnologia è più favorevole di qualche anno fa, quando invece l’idea della digitalizzazione spinta faceva paura (perdita del posto di lavoro, timori legati alla necessità di uscire dalla propria confort zone). Il report di Bcg X è stato realizzato intervistando impiegati, manager e leader. Il dato aggregato è il seguente: il 53%, quindi la maggioranza assoluta, non solo non ha alcun timore ma vede con favore l’introduzione dell’ai (ottimisti). La percentuale di ottimisti è salita di 18 punti in cinque anni. Così come invece quella dei preoccupati è scesa di dieci punti, al 30% (dal 40% del 2018).

Segmentando le risposte si vede che l’ottimismo in realtà è più alto fra coloro che regolarmente (almeno una volta alla settimana) usano l’intelligenza artificiale (62%), mentre viceversa la preoccupazione sale (42%) fra i non users. E ancora: i leader sono i più ottimisti, 62%, seguiti dai manager, 54%, mentre fra gli impiegati si scende al 42%. Al momento, nelle aziende coloro che utilizzano maggiormente questa tecnologia sono i leader (l’80 per cento si dichiara regolar user), contro il 20% dei frontline employees. I quali, come detto, sono anche più raramente destinatari di apposita formazione. Non a caso, i leader hanno più fiducia nel fatto che l’azienda stia utilizzando la tecnologia responsabilmente (68%), mentre fra i white collar c’è un 29% secondo cui questo non sta succedendo. Attenzione: l’Italia ha numeri anche migliori della media, gli ottimisti sono al 58%, dato più alti rispetto a quello di Francia, Spagna, Germania, Gran Bretagna, Olanda. Non solo: il 78% dei lavoratori italiani ritiene che i benefici dell’adozione dell’AI siano superiori ai rischi. Detto questo, il 79% degli intervistati ritiene che siano necessarie normative specifiche per l’AI.

Solo il 14% degli impiegati che hanno contatti con clienti, fornitori, o con il pubblico, dichiara di aver ricevuto una formazione per usare l’AI

Il focus sull’uso responsabile dell’AI

Come detto, è un aspetto che richiede uno specifico tipo di formazione . «Il livello di preoccupazione dei dipendenti rispetto all’uso responsabile dell’AI è impressionante», sottolinea Francesca Scarpa. Che prosegue: «le aziende non riusciranno a sfruttare a pieno il potenziale dell’AI generativa finché i dipendenti potranno dubitare dell’utilizzo che la propria azienda fa di questi strumenti». L’Italia è fra i paesi del mondo in cui questo aspetto è maggiormente evidente. In base ai risultati della survey, siamo al terzo posto a livello internazionale, con l’85% dei rispondenti che segnala questa esigenza. Prima di noi, solo l’India, 89%, e la Spagna, 88%.

le aziende non riusciranno a sfruttare a pieno il potenziale dell’AI generativa finché i dipendenti potranno dubitare dell’utilizzo che la propria azienda fa di questi strumenti». L’Italia è fra i paesi del mondo in cui questo aspetto è maggiormente evidente

Tre le raccomandazioni fondamentali che vengono formulate dagli esperti di Bcg X:

  • Assicurarsi che ci siano spazi di sperimentazione responsabile:; la survey dimostra che la conoscenza dello strumento stimola un sentimento positivo;
  • investire in formazione;
  • considerare prioritaria la creazione di un programma di intelligenza artificiale responsabile: la consapevolezza di un approccio etico è una richiesta pressante.

(ripubblicazione dell’articolo pubblicato il 15 giugno 2023)














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