Bain: per l’idroelettrico servono più di 10 mld euro entro il 2030

In Italia il 70% delle infrastrutture ha più di 40 anni

Luigi Corleto, partner di Bain & Company

La nuova ricerca di Bain & Company evidenzia come il rinnovamento infrastrutturale nell’idroelettrico offra, al contempo, l’opportunità di aumentare le capacità degli impianti e di supportare proattivamente la transizione energetica. L’energia idroelettrica è una fonte a basso impatto ambientale che rappresenta il 16% dell’energia elettrica prodotta a livello globale. Tuttavia, la maggior parte delle infrastrutture idroelettriche in Europa e Nord America hanno più di 40 anni e iniziano a richiedere importanti interventi di manutenzione e ristrutturazione per garantirne sicurezza ed efficienza. Ad oggi, la stima degli investimenti necessari in questo ambito è di oltre 300 miliardi di dollari. In Italia, dove è il 70% delle infrastrutture ad avere oltre 40 anni, sono richiesti investimenti per oltre 10 miliardi di euro entro il 2030.

«L’idroelettrico è uno dei pilastri della produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili, a cui spesso non è data l’importanza che merita», sottolinea Alessandro Cadei, senior partner e responsabile della practice energy & utilities emea di Bain & Company. «Tre caratteristiche lo rendono un vero e proprio asset strategico: il basso impatto ambientale; la flessibilità determinata dalla programmabilità e dai tempi ridotti di avviamento degli impianti, che contribuisce a rendere la rete elettrica complessivamente più stabile e, infine, la capacità di stoccaggio di energia superiore ad altre fonti a basse emissioni. Investire nell’idroelettrico, quindi, non è solo economicamente sostenibile ma è anche una scelta indispensabile per raggiungere gli obbiettivi di decarbonizzazione condivisi e definiti a livello comunitario».







L’Italia e molti altri paesi stanno affrontando sfide sempre più complesse nel settore idroelettrico. Oltre all’obsolescenza degli impianti, la crescente siccità sta diventando un fattore preoccupante – nel 2022, il nostro paese ha visto una contrazione del 40% nella generazione da idroelettrico – che, unito alla scarsa capacità di stoccaggio dell’acqua piovana, sta facendo emergere l’urgenza di investimenti e interventi. Gli impatti entro il 2050 saranno severi anche in settori attigui (ie. basti pensare all’agricoltura). Tuttavia, l’opportunità di tali investimenti non è ancora adeguatamente supportata dal contesto normativo: una delle maggiori cause di incertezza è infatti relativa al rinnovo delle concessioni, l’86% delle quali in scadenza entro il decennio. Nella ricerca di Bain & Company vengono analizzate potenziali soluzioni per sbloccare tempestivamente gli investimenti, attraverso nuove formule contrattuali come Corporate Purchase Power Agreement.

«Concessioni, rapporto con il territorio e ruolo sul mercato elettrico nel medio-lungo termine sono i principali punti di attenzione del settore. È fondamentale trovare soluzioni che riducano l’incertezza e ottemperino i requisiti di ammodernamento degli impianti, anche con il supporto del sistema finanziario» spiega Luigi Corleto, partner di Bain & Company. «Questa potrebbe essere l’occasione perfetta per trasformare e ripensare l’idroelettrico attraverso opere di repowering e ottimizzazione dei bacini, digitalizzazione degli impianti e, dove possibile tecnicamente e ambientalmente sostenibile, l’introduzione di applicazioni Pumped Storage Hydro. Quest’ultima applicazione, in particolare, risulta molto interessante, perché fornisce nuove opzioni di flessibilità per il funzionamento della rete elettrica, bilanciando la variabilità di altre fonti di energia rinnovabile» prosegue Luigi Corleto.














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