Vincenzo Visco a ruota libera su Conte, Draghi, Colao, la Ue e la politica industriale che non c’è

di Aldo Agosti ♦︎ L'età industriale che stiamo vivendo è complessa e in declino. Il Covid ha peggiorato le cose. Manca una strategia (a differenza di Francia o Germania) e il Paese annaspa. Siamo andati a sollecitare le opinioni dell'ex ministro delle Finanze e dell'Economia del Pd, oggi animatore del centro studi Nens. Per lui: serve un’Europa su due livelli, le imprese hanno bisogno della liquidità. Al governo dice: basta fare spesa a debito, si usino le risorse dell’Ue. Gli Stati Generali? Speriamo non sia un circo equestre. E...

Giuseppe Conte, ex Presidente del Consiglio

I soldi ci sono, almeno sulla carta. L’Europa, ferita a morte dalla peggiore crisi economica, sociale e industriale dal 1945 ha reagito, un po’ tardivamente ma ha reagito. Il Recovery Fund porterà in dote all’Italia 172 miliardi di euro, 82 dei quali a fondo perduto o quantomeno a poche condizioni. Chi ha scritto tra le quattro e le cinque manovre, come Vincenzo Visco, ex ministro delle Finanze e animatore del Centro Studi Nens, sa bene che era difficile fare di più. Ma forse è tempo di un cambio di assetto in Ue, così come è tempo che i denari messi sul piatto arrivino alle imprese. Finalmente.

 







D. Visco, il Recovery Fund è la giusta reazione dell’Europa a una crisi spaventosa?

R. Tardivamente, ma lo è. E anche con molte opposizioni da parte di Paesi piccoli che però non contano molto. Senza dubbio il Recovery Fund è qualcosa di innovativo, perché dà la possibilità di emettere eurobonds, per la prima volta. Non possiamo negare che l’Europa non abbia fatto un passo in avanti da un punto di vista politico. Certamente vanno fatti alcuni appunti.

 

D. Ovvero?

Vincenzo Visco, ex ministro delle Finanze e animatore del Centro Studi Nens

R. Il denaro prestato andrà pagato e comunque bisognerà trasferire più soldi al bilancio europeo. Senza considerare che tra 25-30 anni occorrerà rimborsare il debito che abbiamo contratto. D’altronde l’alternativa sarebbe stata peggiore. C’è però un aspetto che crea confusione. E cioè che l’Europa e il suo Parlamento sono entità ben più estese dell’Eurogruppo, perché non si spiega come la Svezia possa avere voce in capitolo. Questo strumento è stato pensato per essere allineato a politiche della Bce che sostengono i Paesi del Sud Europa e non quelli del Nord. Questa è un’anomalia seria, che prima o poi andrà rimossa.

 

D. Lei suggerisce qualcosa? 

R. Sì. Dovremmo avere un’Europa a due livelli, da una parte gli scandinavi, dall’altra i Paesi del Sud. Quei Paesi che non vogliono entrare nell’euro facciano pure ma rimangano in un circuito di potere a se stante.

 

D. Visco il grande problema ora sembra essere la liquidità alle imprese. Che non arriva…

R. Qui il governo ha fatto tutto quello che doveva fare, salvo che le banche i soldi non li hanno dati. Mi pare che ci siano degli intoppi normativi, per cui le banche non se la sentono di rischiare. Ma vede, queste criticità si potrebbero risolvere in qualche modo. Ne abbiamo sentito parlare meno in questi giorni, il che vuol dire due cose. O che il problema è risolto o che non importa molto. Poi c’è da dire che molti imprenditori vorrebbero soldi a fondo perduto, il che non sempre si può fare.

 

D. Non le sembra giusto, almeno stavolta?

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Mario Draghi, ex presidente della Bce

R. Stavolta sì, nei limiti del possibile, i soldi devono arrivare al sistema. Ha sentito cosa ha detto il presidente di Confindustria, Carlo Bonomi? Ha chiesto uno stop all’Irap, ottenuto e poi ha attaccato il governo. Mi pare un po’ troppo. Mi pare che ci sia un’opposizione al governo universale, tutti contro il governo. C’è in atto un’opera scientifica di demolizione del governo anche perché gli imprenditori italiani sono tutto sommato leghisti. Io non è che amo troppo i Cinque Stelle ma stare sempre ad attaccare il governo…

 

D. Tra due giorni partiranno gli Stati Generali. Solo un’ammucchiata selvaggia o qualcosa di meglio?

R. Dialogare con le parti sociali è sempre un bene. Però…

 

D. Però?

R. Fare un circo equestre è completamente inutile. Sui gruppi di lavoro, economisti e task force il governo ha fatto un po’ di confusione, anche sui cervelloni per l’App Immuni. La politica poi, mi lasci dire, ha bisogno di poche teste pensanti e allora basta convocare pochi consulenti giusti e non decine di persone.

 

D. Visco, che ne pensa del Piano Colao? 

Vittorio Colao. Photo credits Di Niccolò Caranti – Opera propria, CC BY-SA 3.0, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=6924666

R. Penso che hanno messo insieme una quantità notevole di proposte, tutte quelle che erano sul tappeto e molte delle quali di carattere culturale diverso. Certo, molte proposte sono nuove, ma c’è un aspetto negativo e grave. E cioè che tutti gli interventi sulle imprese si basano su incentivi fiscali, la peggiore logica di questi ultimi anni ovvero l’uso arbitrario del sistema fiscale, che è diventato un colabrodo e infatti l’idea di tagliare le tasse in modo selettivo è grottesca, trasmette una cultura anti-tasse favorevole a tutti gli sfondamenti di bilancio possibili. Questo è il problema e il limite della nostra economia e anche dei piani che vengono presentati.

 

D. Si dice spesso che l’Italia non abbia una politica industriale adeguata o no l’abbia affatto. Francia e Germania quando sono avanti a noi?

R. Siamo indietro perché abbiamo demonizzato il ruolo dello Stato nell’economia e distrutto la Pa. Negli anni addietro, prima delle privatizzazioni, il 50% dell’industria era pubblica. Poi c’è stata una reazione privata risultata eccessiva e che ha prevalso. Un’ideologia mercatista che ha vinto sul dirigismo di Stato. E la politica industriale ne ha pagato lo scotto.

 

D. L’altro Visco, il governatore di Bankitalia, nelle sue ultime Considerazioni ha escluso per il momento un problema debito. Ma non per il futuro, quando senza Pil potrebbero esserci problemi seri, una volta che la Bce non comprerà più i nostri titoli…

R. Ha ragione. Li abbiamo ora e li avremo domani. Questo è garantito, con un debito vicino al 200% non c’è scelta. Ma vede, torno al punto di partenza. Se si cresce il debito è sostenibile. E allora dico, usiamo bene i fondi del Recovery Fund, perché possono salvarci. L’Italia spesso non spende soldi che ha già ed erogati dalla stessa Europa, lo abbiamo visto coi fondi strutturali. Il punto è: se la politica pensa di poter spendere senza avere soldi e dunque a debito, come sostiene Salvini, allora il default è garantito.  Ma se invece usiamo intelligentementi le risorse comunitarie, allora la musica cambia.

 

D. Ultima domanda. Draghi premier. Fantascienza?

R. Non è il suo mestiere e lui non lo farebbe mai, per come lo conosco io. E poi diciamolo, la politica dovrebbe essere in grado di produrre uomini di livello, come nella Prima Repubblica. Viviamo tempi difficili per la classe dirigente.














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