Veicoli autonomi: così il Covid ha convinto gli Oem a puntarci ancora nonostante la crisi

di Marco Scotti ♦︎ Nel futuro post-pandemico dovremo usare trasporti senza conducente per salvaguardare la salute e minimizzare i contatti. Fca, Ford, Audi e Gm sono molto attivi, e collaborano con i nuovi arrivati Google (con Waymo), Apple e altre start-up di intelligenza artificiale. Una survey di Kpmg pone (finalmente) l'Italia sulla mappa degli AV, grazie al decreto Smart Road. Ma la strada è ancora lunghissima. Parla Fabrizio Ricci, partner della multinazionale della consulenza

«Il Coronavirus ci ha fatto immaginare il contributo che i veicoli a guida autonoma avrebbero potuto offrire sia nella logistica, sia nel trasporto delle persone». Fabrizio Ricci, Partner, KPMG, Responsabile del settore Automotive della multinazionale della consulenza, commenta in esclusiva con Industria Italiana i dati dell’Autonomous Vehicles Readiness Index (Avri) 2020, la survey realizzata da Kpmg che analizza il grado di maturazione di 30 paesi rispetto alla guida autonoma, considerando 28 fattori aggregati in 4 macro-categorie. Un’indagine che, per la prima volta, vede la presenza dell’Italia, che si colloca al 24esimo posto complessivo. E che conferma la supremazia dei soliti sei Paesi che si scambiano (di poco) le posizioni rispetto allo scorso anno: quest’anno primeggia Singapore, seguito da Olanda, Norvegia, Stati Uniti, Finlandia e Svezia. La presenza del nostro Paese in un comparto che vale tra i 75 e gli 80 miliardi di investimenti nei prossimi tre o quattro anni si deve al fatto che nel 2018 è stato lanciato il decreto Smart Road, che ha poi portato alla nascita di un osservatorio presso il Ministero dei Trasporti. Ovviamente, paghiamo la mancanza di digitalizzazione delle infrastrutture, ma intanto qualcosa si muove.

Il Coronavirus ha avuto ovviamente un impatto, soprattutto sulle sperimentazioni dei veicoli autonomi in tutto il mondo, ma ha mostrato anche la necessità, soprattutto nella parte b2b, dell’adozione di mezzi di trasporto che garantiscano la possibilità di minimizzare i contatti. E questo è evidenziato non soltanto dall’ovvia necessità contingente, ma anche dal fatto che molta parte delle sperimentazioni si stiano concentrando soprattutto su bus e minivan per il trasporto di merci e di passeggeri. Gli Oem tradizionali, che pure mantengono un ruolo preminente grazie al know-how accumulato in oltre un secolo di storia, devono necessariamente scendere a compromesso con i nuovi giganti tecnologici, da Google ad Apple, per creare i veicoli a guida autonomia. Senza contare che il cambio di modello di business che porta le persone a ridurre l’acquisto di auto e a impiegarle sempre più come un servizio accessorio, deve far mutare le strategie.







 

Il Decreto Smart Road

foto Fabrizio Ricci KPMG
Fabrizio Ricci, partner di Kpmg

L’Italia, una nuova arrivata in questa edizione dell’Avri, si sta muovendo bene grazie all’introduzione delle misure incentrate sui veicoli a guida autonoma, riflettendo il lavoro del Ministero dei Trasporti in questo settore come il decreto Smart Road del febbraio 2018, che autorizza i test degli autonomous vehicle purché i veicoli abbiano controlli e un operatore in grado di gestirli se necessario. Ha anche creato un Osservatorio per le strade intelligenti per monitorare tutti gli esperimenti in Italia ed esaminare quelli in altri paesi per sviluppare le migliori pratiche.

«Dopo il via libera del Mit – ci spiega Ricci – e l’istituzione dell’Osservatorio, bisogna verificare i processi di digitalizzazione delle infrastrutture e rendere il clima favorevole alle iniziative collegate alle strade intelligenti e ai veicoli autonomi. Le società che operano in questo contesto, produttori o gestori della rete che siano, possono proporre progetti su cui poi si pronuncia l’Osservatorio. In questo modo abbiamo ottenuto alcuni via libera su progetti interessanti, che devono rispondere a criteri di etica, privacy, cybersecurity e logistica».

Il Decreto individua gli standard funzionali per realizzare strade più connesse e sicure che, grazie alle nuove tecnologie introdotte nelle infrastrutture stradali, possano dialogare con gli utenti a bordo dei veicoli, per fornire in tempo reale informazioni su traffico, incidenti, condizioni meteo, fino alle notizie turistiche che caratterizzano i diversi percorsi. Riguarderanno le tratte autostradali o statali di nuova realizzazione oppure oggetto di manutenzione straordinaria. In particolare, in una prima fase, entro il 2025, si interviene sulle infrastrutture italiane appartenenti alla rete europea TEN-T, Trans European Network – Transport, e su tutta la rete autostradale e statale.

Entro il 2030, saranno attivati ulteriori servizi: deviazione dei flussi, intervento sulle velocità medie per evitare congestioni, suggerimento di traiettorie, gestione dinamica degli accessi, dei parcheggi e del rifornimento, anche elettrico.

 

I progetti in campo e gli investimenti previsti in Italia

Il veicolo elettrico Olli inaugurato recentemente a Torino

Il paese sta inoltre sviluppando la connettività digitale per supportare i veicoli autonomi, concentrandosi sulle connessioni V2X (Vehicle to Everything) in cui i veicoli comunicano con altri veicoli e infrastrutture. Anas, la società statale che gestisce le principali strade italiane, prevede di spendere 140 milioni di euro per la tecnologia dei veicoli connessi per circa 2.500 km della sua rete, con lavori specifici su strade tra cui il Grande Raccordo Anulare orbitale di Roma autostrada. Ciò nonostante il governo italiano abbia ottenuto il punteggio più basso per il suo futuro orientamento dal World Economic Forum, una misura che valuta la stabilità delle politiche, la reattività al cambiamento, l’adattabilità del quadro giuridico al cambiamento e la visione a lungo termine del governo.

A seguito del decreto Smart Roads, i primi e finora unici test in Italia sono iniziati nel 2019 a Parma e Torino. Entrambi sono gestiti da VisLab, una società di guida autonoma scorporata dall’Università di Parma nel 2009 e acquisita dalla società americana di semiconduttori Ambarella nel 2015. Nel febbraio 2020, il Comune di Parma ha autorizzato le prove in tutta la sua area. Torino ospita anche una prova di un servizio di minibus autonomi gestito dalla società statunitense Local Motors utilizzando Olli, un veicolo elettrico realizzato interamente con parti stampate in 3D. A Padova, la società italiana Next sta testando minibus modulari che possono attraccare o suddividere e prendere percorsi diversi a seconda delle destinazioni richieste dai passeggeri.

«Quello dei minibus e dei van autonomi – aggiunge Ricci – è sicuramente l’ambito più in fermento e con l’orizzonte temporale più breve. Qualcosa si sta muovendo nel nostro Paese, seppur ancora in un ambito protetto, come ad esempio negli aeroporti, nei grandi parcheggi e nelle società di logistica. È qui che vediamo i principali sviluppi. Quello che invece manca, almeno per ora, è la gestione del traffico intelligente. C’è un progetto in corso sull’Autostrada del Brennero, ma si tratta di qualcosa di piuttosto circoscritto a livello locale».

 

Gli investimenti in campo

Elon Musk, ceo di Tesla

Al di là delle cifre presentate da Anas, diventa difficile riuscire a capire a quanto ammontino le somme messe in campo dai singoli Paesi. D’altronde, tutti i produttori di veicoli hanno una forte impronta globale, così come gli operatori tecnologici che collaborano con i player tradizionali per lo sviluppo dei veicoli autonomi. «Nei prossimi tre o quattro anni – chiosa il partner di Kpmg – verranno messi in campo tra i 75 e gli 80 miliardi di dollari, per sostenere le crescite che ci aspettiamo. D’altronde, dal 2016 in poi si è visto che le somme messe sul piatto per i veicoli autonomi superano quelle per le altre tecnologie. Il pattern è abbastanza simile a quanto è successo con l’elettrificazione dei veicoli: i produttori tradizionali hanno preferito, a parte Tesla, fare accordi con start-up forti nella tecnologia. Anche perché al momento nessuno può permettersi di pensare di partire da zero nella creazione di un veicolo autonomo. Ci sarà sempre una compenetrazione e una coesistenza tra Oem e colossi tecnologici. Bisogna scendere a patti e trovare i protocolli più corretti, come nel caso delle tecnologie 4G o 5G».

 

L’impatto del Covid

Il mondo dell’automotive è stato travolto e squassato dall’epidemia di Coronavirus, che ha tagliato del 30% le vendite e messo a rischio centinaia di migliaia di posti di lavoro. Anche la sperimentazione sui veicoli a guida autonoma ha ovviamente risentito di questo sconvolgimento. Ma ha anche avuto un inatteso “boost” dal distanziamento sociale e dall’esigenza di minimizzare i contatti con le persone.

«Il Covid-19 – ci spiega Ricci – ci ha fatto immaginare il contributo che i veicoli a guida autonoma avrebbero potuto offrire sia nella logistica, sia nel trasporto delle persone. La pandemia, in un primo momento, ha rallentato le sperimentazioni a causa del lockdown. Ma trattandosi di prodotti che non sono ancora in commercio, se non in una misura minima, al momento non ci sono stati impatti sul business. E intanto c’è chi sostiene che proprio la paura del contagio potrebbe spingere l’utilizzo di sistemi a guida autonoma, da pulirsi  e disinfettarsi costantemente, dove non c’è un conducente. Siamo ancora in un momento che non ci consente di parlare al passato del Covid, ma sono certo che il trend non si arresterà e che gli investimenti che sono stati annunciati riprenderanno».

Come detto, Europa e Italia sono ancora un po’ indietro, ma in altri Paesi il Coronavirus sta avendo una spinta propulsiva. Certo, ci vorrà ancora parecchio tempo prima di vedere in vendita per il mercato retail veicoli a guida autonoma.

 

Oem e colossi del tech: che relazione?

Mentre dieci anni fa in un’auto si contavano circa 10 milioni di righe di codice software, nei veicoli autonomi saranno tra i 300 e i 500 milioni.
Mentre dieci anni fa in un’auto si contavano circa 10 milioni di righe di codice software, nei veicoli autonomi saranno tra i 300 e i 500 milioni. Fonte Bosch

La coesistenza tra player tradizionali e nuove realtà tecnologiche dovrà proseguire ancora anche in futuro. I secondi, infatti, sono in grado di sviluppare tutti i componenti tech per il veicolo, dai sensori radar alle videocamere fino ai microfoni, e stanno stringendo accordi con gli oem tradizionali. Ad esempio, va citata la partnership tra Fca e Alphabet per mettere su strada, tramite il sistema del retrofitting, modelli in grado di beneficiare della guida autonoma.

«La Chrysler Pacifica – spiega Ricci – è un progetto tra i tanti, così come quello di realizzare minivan a guida autonoma con alti livelli di automazione, ovvero 4 e 5, in cui l’intervento umano è sostanzialmente nullo. I nomi da tenere d’occhio sono i soliti: Waymo; Gm, che ha comprato Cruise Automation e ha oggi la seconda flotta attiva per numero di km percorsi. La start-up del gruppo Alphabet sostiene di averne percorsi 32 milioni ed è di gran lunga al primo posto per percorrenza. Poi c’è anche Ford, che attualmente sta testando un centinaio di veicoli con la divisione Argo. Volkswagen ha investito in una società per lo sviluppo di tecnologie moderne. E Tesla, che è sempre molto brava a vendersi, sta comunque portando avanti diversi progetti».

Non si possono dimenticare, infine, i cinesi, con Baidu che sta giocando il ruolo più importante e che si sta concentrando sui robot-taxi. E poi ci sono tutti gli altri player sia del mondo tradizionale sia di quello tecnologico come Apple, Daimler e Audi. Proprio quest’ultima aveva annunciato per il prossimo anno la definizione di un’autonomia di livello 3 per l’ammiraglia A8, ma è stato tutto congelato perché al momento il progetto non è sostenibile.

 

Come cambiano i modelli di business

Il tema del total cost of ownership e di conseguenza della scelta consapevole da parte degli utenti se sia più conveniente comprare un’auto oppure utilizzarla tramite servizi di noleggio a lungo termine o di car sharing. L’auto a guida autonoma proporrà ancora di più questo tema: perché è inutile girarci attorno, costerà cifre consistenti vista la quantità di tecnologia necessaria per farla muovere. «La tendenza – ci spiega Ricci – è quella di cambiare il concetto di proprietà e di utilizzo. D’altronde, le auto rimangono parcheggiate per il 95%, hanno dei costi di gestione e impongono anche una presa di coscienza sugli aspetti ambientali. Quest’ultimo rimane un tema particolarmente sentito, che scoraggia l’acquisto. Il Covid ha sicuramente dato un’ulteriore spinta a questa tematica che era già estremamente attiva prima della pandemia».

 

Punti di forza e necessarie migliorie

1200px-Waymo_Chrysler_Pacifica_in_Los_Altos,_2017 y Dllu - Own work, CC BY-SA 4.0, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=64517567
Waymo Chrysler Pacifica By Dllu

I progressi sulla sicurezza, che erano il tarlo maggiore degli anni scorsi, sono stati fatti, ma oggi assistiamo a un ulteriore focus sulla sicurezza a 360°, oltretutto ribaltando la prospettiva. Se fino allo scorso anno si metteva in luce l’incidente causato, o non evitato, dall’auto a guida autonoma, oggi ci si focalizza su quanti problemi sono stati minimizzati proprio dai veicoli di nuova concezione. «Rimane ancora il tema della privacy – conclude Ricci – e si è ampliato soprattutto il discorso relativo al tema dei trasporti. Bus e taxi, come dimostrano anche gli esperimenti condotti a Phoenix, saranno al centro della sperimentazione. Waymo, la branch di Google che si occupa di auto a guida autonoma, ha sviluppato nella città dell’Arizona dei prototipi di livello 4 e 5, cioè dotati di altissimi livelli di automazione, proprio nel settore dei taxi».

Inoltre, con l’introduzione dei sistemi di Adas (Advanced Driver Assistance Systems) dal 2022 in Europa sarà introdotto un set basilare di strumenti che dovranno essere installati in tutti i Paesi e, di conseguenza, operativi. Sarà necessario trovare una standardizzazione che, al momento, sembra naturale che debba partire dai cosiddetti “nordics”, gli stati dell’Europa settentrionale che oggi godono di un grande vantaggio competitivo rispetto agli altri Paesi.

 

Il primato di Singapore

SingaporeIl punteggio più alto di Singapore sulla politica e la legislazione riflette gli ulteriori sforzi che ha intrapreso per incoraggiare l’uso di veicoli autonomi. Nel gennaio 2019, il governo della città-stato ha pubblicato la sua bozza di standard nazionali TR68 per tali veicoli, nonché un quadro volontario di governance dell’Ai, con quest’ultimo aggiornato a gennaio 2020 con casi d’uso reali e considerazione di come l’intelligenza artificiale deve generare risultati coerenti.

I siti di test per veicoli autonomi nella maggior parte dei paesi e giurisdizioni sono chiusi o tendono ad occupare aree relativamente piccole, ma nell’ottobre 2019 Singapore ha ampliato la sua area di test per coprire tutte le strade pubbliche nella parte occidentale del territorio, portandolo a circa 1.000 chilometri, il 10% dell’estensione complessiva. Ha anche iniziato a formare 100 conducenti di autobus come operatori di sicurezza per i veicoli a guida autonoma, come parte del suo obiettivo di servire tre nuove città con autobus senza conducente a partire dal 2022. Nel marzo 2019 Volvo ha lanciato un autobus elettrico AV da 12 metri con la Nanyang Technological University di Singapore, che potrebbe essere utilizzato per servire queste aree. Tale lavoro è supportato dall’eccellente infrastruttura stradale di Singapore, classificata come la migliore al mondo nel rapporto sulla competitività globale del Forum economico mondiale.

Il budget di febbraio 2020 di Singapore includeva circa 4,3 milioni di dollari Usa per supportare i banchi di prova dei veicoli a guida autonoma. Con l’obiettivo di eliminare gradualmente tutte le auto con motore a combustione interna entro il 2040, si è impegnata ad espandere il numero di punti di ricarica per veicoli elettrici da 1.600 a 28.000 entro il 2030. Uno schema di incentivi per l’adozione anticipata di veicoli elettrici in vigore fino a dicembre 2023 riduce il costo di acquisto di un media dell’11 percento. Sebbene il budget abbia ridotto le tasse stradali annuali per i veicoli elettrici, ha anche iniziato a introdurre gradualmente una tassa di utilizzo di 500 dollari all’anno per i veicoli completamente elettrici, prima di una tassa di utilizzo basata sulla distanza per compensare la perdita di carburante accise.

Nel marzo 2020 il produttore di veicoli sudcoreano Hyundai ha annunciato un centro di innovazione globale che aprirà a Singapore nel 2022, mentre la società cinese di elettronica per veicoli Desay ha istituito il suo primo centro di ricerca e sviluppo all’estero per lavorare sui veicoli autonomi. Tuttavia, il produttore britannico di consumatori Dyson ha annullato i suoi piani per aprire una fabbrica per veicoli elettrici a Singapore. Gli AV dovrebbero anche essere integrati nel piano generale del trasporto terrestre di Singapore per diventare una “città di 45 minuti” con il 90% dei viaggi completati in questo periodo entro il 2040.














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