Var Group: risposte chiavi in mano alle sfide di Industry 4.0

di Marco de’ Francesco ♦ Soluzioni innovative e trasmissione delle competenze. Sono i punti ritenuti decisivi  da questo system integrator che con il suo modello “Made in Italy 4.0” offre alle medie aziende il passepartout per accedere alla digital transformation. Un esempio per tutti: Bonfiglioli

La trasformazione digitale non riguarda solo una o più funzioni dell’azienda. È un movimento pervasivo che concerne l’organizzazione nella sua interezza, nonché l’ecosistema che sta attorno all’impresa. Uno schema grafico, presentato alla “Convention Var Group Made in Italy 4.0” di Riccione dà conto della complessità del fenomeno, e assieme delinea gli obiettivi di Var Group, un system integrator che offre soluzioni end-to-end a una platea di imprese che in Italia si calcola in oltre seimila fra clienti e partner.

 







La sede di Var Group a Empoli

 

Per rispondere ad una sfida così articolata, l’azienda di Empoli (Firenze, circa 300 milioni di fatturato, vedi Industria Italiana  qui ) punta a proporre un’offerta sempre più ampia di soluzioni innovative. Ma non basta. Le imprese devono procedere alla riqualificazione di chi già lavora, dotando il personale di nuove competenze digitali. Anche perché in Italia si assiste allo skill-mismatch e cioè alla non corrispondenza fra formazione e posto di lavoro, come ha ricordato il direttore di Industria Italiana Filippo Astone. La strada giusta, secondo il gruppo Var, è quella intrapresa da Bonfiglioli, grossa realtà manifatturiera di Calderara di Reno che è stata in grado di integrare education e nuove tecnologie. E poi, il riferimento di Var è costituito dalle medie aziende; e non solo da quelle rientranti nel cosiddetto Quarto Capitalismo (familiari, ma in grado di combinare flessibilità, innovazione e proiezione globale), ma anche – come ha spiegato l’ad di Var Group Francesca Moriani – «quelle che hanno bisogno di un sostegno più forte».

 

Il modello Var

Il modello di Var per rappresentare l’azienda alle prese con l’industria 4.0

Secondo il presidente di Var Group Giovanni Moriani, «i vecchi modelli di rappresentazione grafica della strategia dell’azienda faticano a rappresentare l’impatto di Industria 4.0». Di conseguenza, è stato necessario delinearne un altro, che tenesse conto della complessità del fenomeno. «Strumenti di questo genere possono trovare utilità sia per l’organizzazione di azienda che è strutturata attorno ad un sistema pensante, che reagisce a sollecitazioni; noi lo abbiamo chiamato “Made in Italy 4.0”. A livello di interface, troviamo tutti gli strumenti in grado di raccogliere dati. Internet delle cose, robot e droni, realtà virtuale e aumentata, manufacturing adattivo e dispositivi indossabili. Questa mole di informazioni va analizzata. Con sistemi di analytics, che vagliano i big data, da una parte si possono ottenere valutazioni cognitive e dall’altra analisi predittive, anche a disposizione di clienti. In termini di infrastruttura, tutto ciò si ottiene con il cloud, verso l’integrazione dei sistemi e dei servizi, e in un contesto di sicurezza, che è importantissima. Naturalmente, tutto questo lavoro, tutta questa elaborazione, è funzionale all’ecosistema di partner e aziende che ruotano attorno ad un’impresa come il gruppo Var, che tipicamente opera secondo uno schema B2b. E dunque, ci si riferisce a tutti i segmenti del Made in Italy: per esempio, food, fashion, meccanica industriale, carta, furniture, servizi, retail e Gdo». Questo lo schema teorico: ma come si traduce nella realtà?

 

Francesca Moriani e Sonia Bonfiglioli alla convention Var Group

L’esempio Bonfiglioli

Secondo Var, la Bonfiglioli di Calderara di Reno è l’esempio di azienda media che ha saputo cogliere le opportunità disponibili grazie al 4.0, puntando sulla formazione e sulle nuove tecnologie. Della Bonfiglioli, importante realtà manifatturiera, Industria Italiana si è già occupata in passato; un’analisi è reperibile qui. Alla convention la presidente del gruppo, Sonia Bonfiglioli, è stata introdotta da Francesca Moriani; secondo quest’ultima, classe 1977, «ci sono degli esempi di aziende illuminate che operano a livello globale che rappresentano la migliore dimostrazione di una traduzione pratica dei principi del 4.0. In vista della digitalizzazione, noi, in quanto Var, vogliamo stare accanto alle medie aziende, anche a quelle che non navigano in buone acque. Tecnologie innovative e digitalizzazione possono fare la differenza per le aziende. Bisogna dare spazio alla creatività, e portare in azienda persone con le competenze adatte alla trasformazione in corso. Tuttavia, non è semplice per la media azienda italiana comprendere dove indirizzare gli investimenti. Il fatto è che la digitalizzazione impatta fortemente sul business e sui processi. Gli investimenti vanno realizzati in maniera precisa, secondo una chiara strategia».

 

Bonfiglioli prodotto
Un prodotto Bonfiglioli

 

Com’è noto, la Bonfiglioli Riduttori è nata il 16 aprile 1956 da un’idea imprenditoriale di Clementino Bonfiglioli, che mise così a frutto l’esperienza maturata nella progettazione e costruzione di ingranaggi e cambi di velocità per macchine agricole e motociclette (Ducati, Gilera a Moto Morini). Gradualmente, di volta in volta, l’azienda ha cavalcato le tecnologie emergenti. «Io – ha  detto Sonia Bonfiglioli – appartengo alla seconda generazione. Ho visto l’azienda adattarsi ai mutamenti, sia con acquisizioni che con nuove competenze interne. Siamo partiti con la meccanica, poi abbiamo integrato tecnologia elettronica; per cui oggi forniamo sistemi come i driver e gli inverter, poi siamo entrati nel settore della meccatronica, e quindi la capacità di integrare queste tecnologie nella formazione e nello sviluppo del prodotto. Ora, invece, stiamo affrontando la sfida del digitale».

La Bonfiglioli ha spiegato di essere venuta a contatto con il digitale già nel 2011, ad Hannover. «All’inizio – ha affermato – il digitale sembrava uno slogan dell’industria tedesca; ci sono voluti un po’ di anni per comprendere la rilevanza dell’impatto della quarta rivoluzione industriale sui processi. Ora, il 4.0 fa parte della realtà delle imprese, non soltanto della manifattura». Sempre secondo la presidente, Bonfiglioli ha un programma di digitalizzazione «che riguarda tutti i livelli dell’azienda, e che si chiama Bonfiglioli Digital Re-training». Il programma (vedi Industria Italiana qui ) è supportato da Porsche Consulting; per l’azienda è il primo progetto in Italia di sinergia tra industria, territorio e sindacati per riqualificare chi già lavora e dotarlo delle nuove competenze digitali, «traendo così vantaggio dai cambiamenti offerti dall´Industria 4.0». Per Sonia Bonfiglioli « la sfida dell’Industry 4.0 deve essere vissuta dai lavoratori come una grande opportunità di crescita in quanto può offrire significativi miglioramenti delle condizioni di lavoro». Secondo la presidente, il gruppo investe tra il 17% e il 19% del fatturato nella svolta digitale: «Circa 145 milioni». Tutto ciò in vista della realizzazione del progetto EVO.

«Uno  stabilimento- si legge nelle note dell’ azienda-  che sorgerà sull’area “Clementino Bonfiglioli” ; avrà una superficie di di 148.700 metri quadrati che accoglieranno entro il 2018, le fondamenta di una modernissima fabbrica. Includendo l’attuale stabilimento di Calderara, a regime l’impianto occuperà una superficie di 58.500 mq con 56mila metri quadrati di zone verdi e piazzali. Il progetto fa parte di una serie di iniziative strategiche finalizzate a migliorare la posizione di mercato dell’azienda, già uno dei maggiori produttori al mondo nel settore». Insomma, lo stabilimento è il luogo dove le tecnologie digitali troveranno adeguata collocazione.

 

il presidente di Var Group Giovanni Moriani con il direttore di Industria Italiana, Filippo Astone, alla convention del gruppo

Non c’è industry 4.0 senza una formazione adeguata

Secondo Filippo Astone,  il Piano Calenda è stato molto efficace, «con un potente ruolo di stimolo, anche psicologico. Ma non è una politica industriale: è, appunto, una politica fiscale orientata su settori. La prima si fa con la conoscenza: il settore pubblico, negli Stati Uniti, in Germania e nelle economie asiatiche emergenti, finanzia le università in modo considerevole, per produrre conoscenza di base; che è fondamentale. La maggior parte delle innovazioni realizzate dalle aziende americane sono in realtà il frutto di finanziamenti pubblici. Nelle aziende c’è un passaggio successivo: la ricerca applicata. Il ruolo del pubblico, anche in Italia, dovrebbe essere quello della capacità di competere finanziando la ricerca».

Invece l’Italia «investe in ricerca meno dell’1% del proprio Pil, e questo costituisce un limite evidente per lo sviluppo. La conoscenza è l’infrastruttura fondamentale». E poi c’è il problema della formazione. «Secondo l’Ocse – ha continuato il direttore di Industria Italiana – in Italia si verifica una percentuale di skill-mismatch e cioè di non corrispondenza fra formazione e posto di lavoro; se risolvessimo questo problema, per cui siamo un unicum nel mondo occidentale, la nostra produttività crescerebbe del 10%. Si tratta di rivedere il sistema universitario, che è fatto per i professori, per i politici e non per i ragazzi. I ragazzi, peraltro, andrebbero indirizzati verso studi ad alto coefficiente di tecnologia. Molti studenti, provenendo dal liceo, sono prevenuti; in realtà nell’analisi dei Big Data e nella programmazione di un software può esistere una componente culturale, analitica e filosofica interessante anche per chi parte da una formazione classica».

Var Group protagonista a Las Vegas

Nel corso della convention   è stato ricordato il successo del gruppo di Empoli al programma “IBM Beacon Awards”, che «premia i Business Partner IBM che offrono soluzioni straordinarie per incrementare il valore aziendale e trasformare il modo in cui operano clienti e industrie». Var è stato premiato per la categoria “Outstanding Watson Internet of Things Solution“, «per lo sviluppo della soluzione Loc&Trace for safety and security, che permette di monitorare persone, veicoli e attrezzature, garantendone la sicurezza anche in condizioni estreme». Alla convention era presente Fabio Massimo Marchetti, l’ideatore del progetto. Inoltre il gruppo di Empoli si è classificato finalista nella categoria “Watson Customer Engagement Cognitive Solution“, con altro progetto, realizzato per l’azienda leader nella progettazione, realizzazione e commercializzazione di pavimenti e rivestimenti in ceramica Iperceramica, rappresentata alla Convention dal  Ceo di quest’ultima azienda Michele Neri.














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