Una boccata d’ossigeno per l’industria italiana: è in arrivo – di nuovo – l’esercito dei Pir

di Laura Magna ♦︎ Sulle pmi italiane sta approdando una massa di liquidità tra i 2,5 e i 3,5 miliardi di euro. Obbligatorio investire il 3,5% sull' Aim, dove sono quotate aziende come Comer, Ilpra, Gibus, Clabo, Costamp, Energica. E…

Tornano i Pir con la propria promessa di far crescere l’asfittica Borsa italiana portando risorse finanziarie alle imprese e, in definitiva, al Paese. Del loro rinnovato splendore l’industria potrà beneficiare in maniera particolare, perché la Legge di Bilancio 2020 li ha ridisegnati con l’obbligo di investire una quota del 3,5% su Aim, il listino delle small cap italiane su cui il settore più pesante è proprio la manifattura (18%, con 23 società quotate, con nomi come Comer Industries, Ilpra, Gibus, Clabo, Costamp, Energica Motor Company) contrariamente a quanto avviene sul listino principale occupato per un terzo dai finanziari e su cui l’industria è fortemente rappresentata.

Ne abbiamo parlato con Luigi De Bellis, co-responsabile dell’ufficio studi di Equita e con Anna Lambiase, ceo della boutique finanziaria Ir Top Consulting, leader in Italia nella consulenza direzionale per i Capital Markets.







 

Tra i 2,5 e i 3,5 miliardi nel 2020

PIR: composizione universo investibile del 3,5% – Small Cap. Fonte: elaborazioni IR Top Consulting su dati Borsa Italiana e Factset al 09/01/2020

Nel 2020 le attese di raccolta di questi fondi di investimento dedicati alle pmi variano tra i 2,5 e i 3,5 miliardi di euro, dopo un 2019 in cui si sono registrati deflussi per quasi un miliardo e i primi due anni molto positivi (con flussi, rispettivamente di 1 e 3,5 miliardi). A bloccare letteralmente la corsa dei Pir era stata la loro versione 2.0 contenuta nella finanziaria 2019: sostanzialmente si prevedeva che una quota del 3,5% fosse destinata ai fondi venture capital, che investono in start-up. Ma la scelta si è rivelata fallimentare, perché il VC è un asset illiquido e che non quota il Nav, di fatto incompatibile con la natura di un fondo aperto. 

Questo vincolo è stato nuovamente rimosso con la Legge di bilancio del 2020 e subito le case di affari si sono rimesse in carreggiata: a gennaio hanno adeguato i prodotti e riaperto le sottoscrizioni Arca, AcomeA, Sella e Zenit a cui seguiranno a febbraio Eurizon, Amundi, Pramerica, Dws, Mediobanca e via via da tutti gli altri (qui l’elenco di tutte le Sgr che offrono Pir dal Sole24Ore)

 

Cosa sono i Pir

l’elenco di tutte le Sgr che offrono Pir dal Sole24Ore

I piani individuali di risparmio sono stati lanciati nel 2017 per far entrare in connessione la mole di risparmio degli italiani (secondo Banca d’Italia, 4.287 miliardi di euro), con le necessità di finanza delle industrie del Paese, per cui il credito bancario dal 2011 a oggi si è ridotto da 914 miliardi di euro a 668 (la fonte è sempre Bankitalia). A vantaggio delle pmi e dunque in definitiva dell’economia reale. 

Secondo la norma che li istituisce, possono definirsi Pir i panieri di investimenti il cui patrimonio sia, per almeno il 70%, costituito da titoli azionari o obbligazionari, quotati o non quotati, di aziende italiane o con stabile organizzazione in Italia. Un 30% di questa quota (il 21% del totale) doveva inoltre essere destinato a società fuori dal Ftse/Mib. Teoricamente dunque, oggetto dell’investimento, fin da principio, potevano essere tutte le aziende italiane, in pratica però le Sgr si sono limitate a pescare tra quelle quotate, su Mta o anche su Star o sul listino delle mid cap e in parte su Aim. In totale attingendo a un bacino di 380 aziende sulle oltre 5,3 milioni di pmi italiane che conta Prometeia. 

 

Le novità 2020

PIR: composizione universo investibile del 17,5% – MID/SMALL Cap. Fonte: elaborazioni IR Top Consulting su dati Borsa Italiana e Factset al 09/01/2020

Tuttavia, pur con i suoi limiti, nel primo anno di esistenza, il 2017, lo strumento ha raccolto 11 miliardi di euro. A convincere gli italiani, oltre all’aspetto impacting, la totale esenzione dalle tasse se il Pir viene detenuto per almeno cinque anni. Nel 2018 la raccolta si era stabilizzata verso i 3,5 miliardi ma nel 2019, complice il cambiamento normativo, i fondi hanno iniziato a perdere terreno e hanno chiuso l’anno con un miliardo in meno nelle proprie casse. L’ultima normativa dovrebbe rilanciarli grazie sostanzialmente a tre novità: la prima è l’obbligo di investire il 3,5% dell’investimento complessivo in strumenti finanziari di imprese diverse da quelle inserite nell’indice Ftse Mib e Ftse Mid; la seconda è l’abrogazione della quota destinata al VC; la terza l’eliminazione del vincolo che prevedeva per i fondi pensione il limite di investire in un solo Pir (rimane invece il vincolo di investimenti in Pir per un massimo del 10% del patrimonio totale).  

Gli effetti della raccolta potenziale di questa terza versione dei Pir vanno ben al di là della finanza aziendale: l’arrivo di capitali freschi aumenterà il numero delle Ipo perché le azioni potranno scambiare più facilmente anche su listini come Aim e così il flottante medio delle singole operazioni, per lo stesso motivo: amplificando il valore del mercato e la disponibilità delle risorse per le imprese. E le start-up che al momento restano fuori per l’estromissione del VC possono partecipare alla corsa con gli Eltif, i fondi chiusi europei dedicati all’economia reale che dovrebbero essere altresì incentivati.

 

Le pmi manifatturiere di Aim che potranno ricevere risorse

La crescita delle pmi. Fonte: Osservatorio AIM® IR Top Consulting, update al al 20.01.2020 (passaggio di Orsero su STAR il 23.12.2019)

Abbiamo detto che l’industria potrà avere un beneficio particolare dal fatto che la nuova versione dei Pir prevede che nel paniere finisca il 3,5% di azioni o obbligazioni di società di Aim. Vediamo perché. Nel 2019 su Aim sono arrivate 31 Ipo (delle 36 complessive) per una raccolta di 182 milioni di euro: numeri che fanno del listino il primo hub finanziario europeo per numero di quotazioni tra i mercati non regolamentati, secondo solo al mercato UK, in netta controtendenza rispetto al resto d’Europa. Il 65% delle nuove Ipo si concentra su 3 settori: Tecnologia (8 aziende, 30%), Industria (5 aziende, 19%) e Finanza (5, 19%). 

Delle 133 società quotate complessivamente, con un giro d’affari nel 2018 pari a 6,3 miliardi di euro, una capitalizzazione di 6,8 miliardi di euro e una raccolta di capitali in Ipo pari a 3,8 miliardi di euro, le società industriali sono 23 e rappresentano il 18% del mercato Aim Italia, con una capitalizzazione complessiva di 1,563 miliardi di euro: numeri che fanno dell’industria il settore più importante del listino alternativo italiano (i dati sono dell’Osservatorio Aim di Ir Top consulting).

Tra le pmi manifatturiere che hanno scelto di quotarsi su Aim, citiamo Comer Industries, player globale nella progettazione e produzione di sistemi avanzati di ingegneria e soluzioni di meccatronica per la trasmissione di potenza; Ilpra, dal 1955 leader nel settore del packaging con il 71% dei ricavi realizzati all’estero, che dalla quotazione, avvenuta a febbraio 2019 con l’obiettivo di finanziare un importante progetto di crescita per M&A in nicchie di mercato ad alta marginalità, ha realizzato 5 acquisizioni.

PIR: analisi variabili statiche e dinamiche. Fonte: elaborazioni IR Top Consulting, dati al 09/01/2020

Ancora, Gibus, storico brand dell’outdoor design, i cui ricavi 2019 hanno segnato una crescita anno su anno del 20% a 41 milioni di euro (di cui il 32% all’estero). Clabo, fondata nel 1958 e leader internazionale nel settore degli arredi per la ristorazione, specializzata nella produzione e commercializzazione di vetrine espositive professionali per gelaterie, pasticcerie, bar, caffetterie e hotel. Costamp, leader nella progettazione, ingegnerizzazione e produzione di stampi per la componentistica nel settore automotive. A livello mondiale è l’unico player in grado di fornire un’offerta completa in termini di processi e prodotti (alluminio, magnesio, ghisa, plastica). Ed Energica Motor Company, la prima casa costruttrice al mondo di moto elettriche a elevate prestazioni e il costruttore unico della Fim Enel MotoE World Cup. Nomi che dimostrano un fatto: ovvero che Aim sia la destinazione naturale delle molte pmi manifatturiere italiane, spesso leader assolute in una nicchia di mercato con un’estensione globale.

 

Finanza per crescere per le pmi

Luigi De Bellis, co-responsabile dell’ufficio studi di Equita

«Le modifiche apportate dalla Legge di Bilancio 2020 sono rilevanti», dice Luigi De Bellis, coresponsabile ufficio studi di Equita. «In particolare, se l’abolizione del Vc ha reso possibile la ripartenza del mercato; l’obbligo di investire il 3,5% in titoli fuori da Ftse Mib e Ftse Mid, può aumentare i flussi e migliorare la liquidità soprattutto con riferimento alle pmi; mentre l’apertura di diversi Pir per i fondi pensione amplia ulteriormente il mercato». Si tratta, insomma, di un impianto molto positivo per far ripartire i prodotti e la raccolta. 

«I Pir hanno l’obiettivo di mettere in sinergia il risparmio delle famiglie italiane e le pmi, che sono due punti di forza della nostra economia. Con la lunga crisi che abbiamo attraversato, ci sono 1500 miliardi di euro degli italiani depositati sui conti correnti che con i tassi a zero rappresentano praticamente un costo. La prima cosa da fare era dunque incentivare i risparmi delle famiglie e farlo verso le piccole e medie imprese è stata la scelta giusta, perché va a colmare un gap di accesso al credito sempre più difficile anche per i vincoli imposti dal regolatore alle banche». I flussi sui Pir consentono alle pmi di accedere al capitale per finanziare M&A, ricerca, internazionalizzazione, innovazione.

 

 

Effetto boost per la Borsa

In un mercato che resta asfittico: la Borsa italiana capitalizza 670 miliardi di euro, pari al 50% di Apple. Su Ftse/Mib convergono 540 miliardi, che danno all’indice un valore pari a un terzo di quelli tedesco e francese, mentre perfino la Spagna vale il 20% in più. «Questi numeri sono incontrovertibili. Tuttavia al contrario la sottoperformance media dei titoli italiani non rende giustizia della situazione reale. I finanziari, che pesano per un terzo dell’indice principale, hanno segnato una perdita netta negli ultimi anni, ma l’indice delle mid cap e lo Star hanno fatto meglio e di tanto di tutti i mercati globali. Le piccole e medie eccellenze manifatturiere del nostro Paese fanno bene e meglio del resto del mondo. E i Pir sono uno strumento che consente di avere maggior accesso ai capitali».

 

Il tema della ricerca

Andamento dei Pir. Fonte Equita SIM elaborations on Assogestioni data

Ma in un mercato tanto asfittico, esiste un Universo investibile realmente sufficiente per catalizzare la domanda di investimento degli italiani? 

Risponde De Bellis: «La nuova norma prevede una soglia del 17,5% da investire in mid cap e una del 3,5% in small cap. Le mid cap sono oltre 300 titoli e valgono 130 miliardi di capitalizzazione. Le seconde, che trattano su Aim ma anche su Mta fuori dall’indice Mid/Cap sono 250 con capitalizzazione di 27 miliardi. Quindi l’universo investibile dei Pir è ampio ma è necessario selezionare le aziende che possono fare meglio in un’ottica di medio termine». E questo mette in circolo il tema della ricerca: «che andrebbe incentivata e invece è stata bloccata da Mifid 2. Bisognerebbe facilitare chi commissiona e chi pubblica ricerche sulle pmi, che sono sempre più richieste. E bisognerebbe rendere obbligatoria la ricerca per tutti i segmenti di Borsa Italiana, non solo quindi per lo Star e l’Aim. Tutto il pacchetto dovrebbe essere incentivato per rendere il mercato veramente virtuoso».

 

Il ruolo degli Eltif 

Evoluzione Ipo e raccolta su Aim Italia. Fonte: Osservatorio AIM – IR Top Consulting al 31/12/2019

In un mercato virtuoso, gli investitori internazionali arrivano in massa e le quotazioni aumentano in numero e in valore del flottante medio. E non bisogna fermarsi ai Pir, secondo De Bellis, ma spingere anche sugli Eltif (European Long Term Investment Fund), che permettono di investire in altri strumenti finanziari e possono spingere le aziende che non sono in Borsa. 

L’Eltif è un fondo chiuso di lunga durata (superiore ai 5 anni) che investe almeno il 70% dell`attivo in Pmi quotate (con capitalizzazione superiore ai 500 milioni) e non quotate, e include come asset ammissibili equity, quasi-equity, strumenti di debito, quote di altri Eltif. «Riteniamo che la struttura (chiusa) prevista da questi strumenti rappresenti una soluzione efficace per convogliare capitali verso investimenti a lungo termine nell`economia reale, in particolare a supporto delle piccole e medie imprese, che spesso incontrano difficoltà a reperire risorse finanziarie e rappresentano la spina dorsale dell`economia italiana; stimolare la comparsa di nuovi fondi specializzati nelle Pmi italiane; e migliorare la liquidità del mercato soprattutto con riferimento alle small-mid cap», spiega De Bellis.

 Mentre introdurre il VC nei Pir si è dimostrato troppo restrittivo perché non consentiva di rispettare i vincoli su liquidità e valutazione che sono tipici del fondi Ucits aperti, il Vc è un tipico esempio di investimento alternativo che può essere indirizzato dagli Eltif e che va incentivato allo stesso modo. Per esempio, estendendo i benefici fiscali dei Pir anche a questi strumenti. «Cosa che era stata prevista dal Decreto Crescita, ma per la quale manca l’ok della Commissione europea. Dagli Eltif possono arrivare ulteriori 5-7 miliardi di euro ogni anno». 

 

La rivalsa di Aim

Anna Lambiase, ceo della boutique finanziaria Ir Top Consulting

Che il venture capital non fosse compatibile con i portafogli Pir, lo aveva dichiarato con forza e a più riprese nel corso del 2019 Anna Lambiase, founder e ceo di Ir Top Consulting. «Con la modifica apportata nel 2020 è stata rimossa quella che ritengo un’anomalia», spiega Lambiase a Industria Italiana. «Anomalia perché l’investitore dei capital market ha competenze diverse da quelle del VC. Eliminato questo obbligo, già assistiamo alla rinascita dei Pir. La normativa ora aderisce alla formulazione corretta e adeguata all’investimento in economia reale. Abbiamo stimato quale possa essere l’impatto su small cap e in particolare su AIM, pur considerando che i Pir non si limitano ai 126 titoli del listino alternativo ma tutto il mercato regolamentato (319 società) e anche le società italiane quotate su altri mercati europei».

 

Oltre 230 milioni per le microimprese

«Sulla base delle analisi del nostro Osservatorio Aim l’impatto potenziale dei nuovi Pir su Aim Italia è stimato in 231 milioni di euro nel 2020, pari all’8% della previsione, conservativa, di impatto complessiva di 3 miliardi. La nostra stima si fonda su una metodologia di ponderazione che valuta variabili di mercato statiche e dinamiche in relazione all’universo investibile. L’ulteriore afflusso di liquidità derivante dai Pir di terza generazione potrebbe generare nell’arco del triennio 2020-2022 un triplice effetto positivo su Aim Italia, che rappresenta circa la metà dell’universo investibile relativo al 3,5% da allocare su titoli non Mib e non Mid, oggi pari a 258 società quotate sui mercati regolamentati e Mtf», spiega Lambiase.

Secondo Ir Top i nuovi Pir potrebbero generare nel triennio 2020-2022 tre effetti: anzitutto un incremento del numero di società quotate, grazie a una crescita pari al +30% medio annuo del numero di Ipo. «A questo si aggiungono l’incremento della raccolta media, pari al +69%, che stimiamo possa passare da 5,9 milioni nel 2019 a circa 10 milioni e un ampliamento del flottante medio in Ipo, dal 24% al 30%, per soddisfare la domanda di maggiori investimenti. Le stime si fondano sulle nostre proiezioni derivanti sull’analisi storica effettuata sul mercato Aim Italia, in particolare nel biennio 2017-2018, periodo che ha beneficiato degli effetti dei Pir introdotti per la prima volta a fine 2016: la dimensione media della PMI quotata tra il 2017 e il 2018 è stata pari a 39 milioni di euro in termini di ricavi, segnando una crescita di circa 3 volte rispetto a 14 milioni di euro nel 2016, la raccolta media si è attestata a 9,8 milioni di euro (6,4 milioni di euro nel 2016) e il flottante medio in Ipo è stato pari al 26% (15% nel 2016)».

Insomma, il maggior effetto sarà un boost rilevante per il listino delle piccole e micro imprese, che è quello dove peraltro negli ultimi anni si stanno facendo i giochi della Borsa italiana, con il 90% delle nuove operazioni che sono avvenute proprio su questo listino. «Ci attendiamo anche il ritorno delle Spac. Nell’anno di punta dei Pir, il 2017, le operazioni finanziarie con veicoli hanno avuto grosso aumento. Con i Pir, insomma, si può chiudere il gap che ci separa in termini di equity con l’Europa e che è enorme. Insieme al credito di imposta del 50% per le nuove Ipo ancora in vigore per il 2020 e che auspichiamo sarà rinnovato ancora, ci sono tutti i numeri per spingere la pletora di pmi solide ma bisognose di finanza per la crescita verso la Borsa». 

Un vero e proprio circolo virtuoso che, in ultima analisi, farà crescere la nostra economia. In particolare le aziende quotate su Aim hanno segnato nel 2018 una crescita media dei ricavi anno su anno del 29% e un ebitda margin del 15%. Le quotate su Aim hanno segnato un aumento annuo del 18% in termini occupazionali. Conclude Lambiase: «Il legislatore punta sullo strumento con l’obiettivo di finanziare la piccola e media impresa italiana a favore di un progetto di crescita che vede un ritorno in termini di occupazione, fatturato e redditività». 














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