Ultime news sul fronte della depressione: per Istat Pil +0,2% nel 2019

di Chiara Volontè ♦︎ Perfino l’istituto di statistica deve prendere atto che l’Italia va incontro a un anno a crescita (quasi) zero

Altro che “sarà un anno bellissimo” come diceva il premier Giuseppe Conte. Altro che crescita da 1,5%. Il 2019 dell’Italia sta diventando sempre più, con il passare dei mesi, un autentico buco nell’acqua. Gian Carlo Blangiardo, presidente dell’Istat, in audizione sul Def nelle commissioni Bilancio di Camera e Senato prova a difendere l’indifendibile. L’Italia crescerà, se tutto va bene, dello 0,2% quest’anno. Il motivo? Trovarne uno solo sarebbe difficile, ma il risultato è, nella migliore delle ipotesi, un anno perso.







Difficile non leggere la preoccupazione nelle parole di Blangiardo quando prova a parlare di un 2019 che lancia segnali positivi. «Seppure in un quadro caratterizzato da notevoli incertezze – ha ammesso il numero uno dell’Istat –, il recupero dell’attività industriale di inizio anno influenza in misura rilevante il quadro macroeconomico del primo trimestre, per il quale è verosimile un miglioramento dei livelli complessivi dell’attività economica rispetto a quelli di fine 2018, con effetti positivi anche sulla performance economica media annua del 2019».

Insomma, se gli ultimi mesi del 2018 erano stati in recessione, i primi del 2019 fanno pensare al massimo a una minuscola crescita. I toni cauti usati tradiscono preoccupazione: «La stima della crescita del Pil contenuta nel quadro programmatico per il 2019 (+0,2%) appare verosimile. Non possiamo essere eccessivamente ottimisti però non possiamo neanche essere decisamente pessimisti, cerchiamo di vedere il bicchiere mezzo pieno. La sensazione che qualcosa si muova può anche esserci, ma dobbiamo essere pazienti e vedere gli ultimi dati che arriveranno, se confermano quello che è il segnale che ci è sembrato di vedere».

Le uniche notizie positive sembrerebbero arrivare dal fisco, dove «rispetto alla necessità di rilanciare gli investimenti – prosegue Blangiardo – i provvedimenti simulati, riferiti al ripristino dei super-ammortamenti e alle modifiche della mini-Ires, sono attesi generare una riduzione del prelievo fiscale per le imprese pari a 2,2 punti percentuali. La riduzione Ires risulta maggiore per l’industria, soprattutto nei settori a medio-bassa intensità tecnologica (-2,9%), per le imprese di medie dimensioni e le multinazionali».

Ma che cosa succederebbe se, come appare sempre più probabile, ci sarà l’aumento dell’Iva a causa delle ben note clausole di salvaguardia? Qui nemmeno Blangiardo riesce a mostrare un po’ di ottimismo: l’incremento dell’aliquota «porterebbe a un effetto depressivo sui consumi che, nel quadro delineato, potrebbe essere nell’ordine di 0,2 punti percentuali».














Articolo precedenteRittal costruisce la sua smart factory da 250 milioni
Articolo successivoMitsubishi Electric lancia il nuovo software Nc Visualizer






LASCIA UN COMMENTO

Per favore inserisci il tuo commento!
Per favore inserisci il tuo nome qui