Ultime da Londra: più tempo per trattare?

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L’ipotesi di una hard Brexit, con l’ uscita del Regno Unito dall’ Unione Europea senza un accordo, sembra non essere più così pericolosamente vicina, dopo le ultime dichiarazioni del Primo Ministro. Anche se il parlamento inglese voterà per  allungare la scadenza  e guadagnare tempo per arrivare a un accordo, per le imprese dell ’ isola  restano le preoccupazioni  per l’incertezza degli scenari e le conseguenze del venire meno della libera circolazione delle merci.

Più si avvicina il 29 marzo – data stabilita per l’uscita definitiva del Regno Unito dalla Comunità Europea – più aumentano le preoccupazioni  dei  sudditi di Sua Maestà e gli europei. E, nel Regno Unito, quello di tutte le imprese. Il count down per l’uscita senza accordo, presentata finora come l’unica possibilità nel caso il Parlamento non approvasse le proposte del Primo Ministro, sembra che ora si possa fermare. Con l’ ennesima giravolta, prendendo atto della possibilità di essere abbandonata dai suoi stessi parlamentari, Theresa May ora ha fatto sapere che, nel caso la sua proposta – attualmente in discussione in sede europea, e che affronterà il verdetto di Westminster a metà marzo – venisse respinta, il Parlamento sarebbe chiamato a votare su di una estensione di almeno due mesi dell’articolo 50, quello che regola il meccanismo di recesso volontario e unilaterale di un paese dall’Unione europea, prolungando i limiti temporali dell’ uscita nella speranza che nel frattempo venga raggiunto un accordo.

 







Il Primo MInistro inglese, Theresa May

 

Hard brexit o no, uno dei comparti che verrà sicuramente toccato da questi eventi è quello dell’industria elettronica. In primo luogo, per quanto concerne la libera circolazione delle merci. Senza accordo, infatti, il Regno Unito uscirà dal mercato unico continentale, con conseguente aumento dei costi amministrativi. Mark Peers, presidente di SupplyPoint, azienda produttrice di sistemi per la gestione intelligente dell’inventario con stabilimenti nel Regno Unito, ha provato a fare chiarezza: «Con la Brexit ormai imminente e l’assenza di dichiarazioni concrete su quali saranno le nuove procedure in materia doganale e di trasporto su entrambi i lati della Manica, si potrebbero verificare ritardi da 1-2 giorni a ben 3-4 settimane. Questa incertezza non ci aiuta a pianificare in anticipo, perciò abbiamo dovuto prendere in considerazione un gran numero di possibili scenari per continuare a fornire un supporto efficace ad aziende e clienti in tutta Europa».

Un altro aspetto legato alla (non più) libera circolazione delle merci attraverso le frontiere dell’Unione Europea riguarda la quasi certa introduzione di dazi doganali su componenti e prodotti, con conseguente aumento dei prezzi al dettaglio che riguarderà tutti i consumatori. Questo sta generando una tendenza “particolare” nei distributori, che stanno acquistando maggiori scorte dai fornitori in modo da aumentare i quantitativi pre-Brexit ed evitare aumento dei prezzi dopo il 29 marzo. Per quanto i lavoratori, poi, con la riduzione della libera circolazione dei lavoratori sarà più complesso individuare professionalità adeguate all’industria elettronica. In particolare, è il Regno Unito a correre il rischio maggiore: il blocco selettivo all’immigrazione potrebbe fungere da deterrente per i giovani professionisti.














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