I problemi sono rimasti: turnaround infinito di Burgo

Burgo, headquarters ad Altavilla Vicentina
Burgo, headquarters ad Altavilla Vicentina

di Luigi dell’Olio ♦ Burgo, azienda cartaria vicentina si avvicina all’assemblea con un cambio al vertice e diverse incognite aperte a livello industriale.

La sensazione è che qualcosa non sta funzionando nel piano di rilancio (l’ennesimo) di Burgo, azienda che produce carta e cellulosa con headquarters ad Altavilla Vicentina (foto in alto). Dall’azienda non hanno voglia di parlarne, ma l’addio dell’amministratore delegato Paolo Mattei conferma la difficoltà di riposizionamento del gruppo che fa capo alla famiglia Marchi, soffocato non solo dalla concorrenza a basso prezzo dei Paesi emergenti, ma anche da un peso del debito che soffoca l’operatività industriale.

Verso l’assemblea







In una nota diffusa dalla società, Mattei ha motivato l’addio con ragioni personali, rivendicando il lavoro svolto nei tre anni di direzione, durante i quali “il gruppo ha dovuto affrontare scelte non più rinviabili per il recupero di una competitività, compromessa da fattori esogeni ed endogeni. Il Piano Burgo2020 e l’accordo di risanamento raggiunto con il sistema creditizio hanno tracciato la rotta di questa ripresa”, aggiunge Mattei. Per poi ricordare che “il percorso verso una redditività soddisfacente per tutti gli stakeholder è lungo e non privo di difficoltà, pur se con chiari spiragli di uscita previsti nel 2016”.

Sta di fatto che alla prossima assemblea, in programma il 28 giugno, vi sarà un nuovo capo azienda, nella persona di Ignazio Capuano, 59 anni, dal 2004 amministratore delegato di Reno de Medici, scelto dall’azionista di maggioranza, con il gradimento dei creditori finanziari.

Impianto Burgo a Lugo di Vicenza
Impianto Burgo a Lugo di Vicenza

Il peso dei debiti

Il ruolo delle banche è infatti primario in questa partita e per comprenderlo occorre fare un passo indietro. Fondata nel cuneese ai primi del Novecento, la cartiera Burgo è stata protagonista di due secoli di crescita, che si è interrotta bruscamente sul finire del secolo scorso sotto il peso della concorrenza portata dai mercati emergenti. Nel 2000 si moltiplicano le voci di una possibile Opa da parte di un concorrente straniero, che creano grande preoccupazione tra le comunità dei 15 stabilimenti, da Treviso ad Avezzano (l’Aquila), da Lugo di Vicenza a Duino (Trieste), arrivati a contare 6mila dipendenti (oggi il numero è inferiore alle 3.800 unità). Da qui la decisione di delistare la società con un’operazione “di sistema”, come si usava allora. Vengono così chiamate a raccolta le banche (a cominciare dal salotto buono di Mediobanca), che danno la loro disponibilità a finanziare l’uscita dalla Borsa, ma a patto di caricare il gruppo industriale del debito assunto dai soci. Questo però fa quadriplicare l’indebitamento a oltre 1,6 miliardi di euro, con buona parte dei margini prodotti negli anni a venire che finisce inevitabilmente a pagare gli interessi.

Burgo, impianto di Duino
Burgo, impianto di Duino

Oltre dieci anni di rilanci

Nel 2001 Burgo entra a far parte delle partecipazioni che fanno capo alla famiglia Marchi e da quel momento parte un processo di ristrutturazione/rilancio che non si è ancora concluso. Anche perché nel frattempo l’economia mondiale rallenta bruscamente la crescita e viene a crearsi una situazione di sovrapproduzione della carta a livello mondiale. Dei cinque produttori continenentali (gli altri sono Stora-Enso, Upm Paper, Sappi Fp e Lecta), secondo gli analisti sono destinati a restare in vita solo in tre, ma sta di fatto che tra le parti non si arriva ad alcun accordo di integrazione o quanto meno partnership su alcuni processi produttivi o distributivi.

Burgo decide allora di ridurre l’output, focalizzandosi soprattutto sulle carte speciali, e di conservare undici stabilimenti, mentre con le banche viene messo a punto nel 2014 un programma di rifinanziamento del debito.

I numeri

Proprio al 2014 risale l’ultimo bilancio approvato, che si è chiuso con un fatturato di 2,25 miliardi di euro, in calo dai 2,38 miliardi del 2013, mentre l’ultima riga ha segnato una perdita netta di 77,8 milioni. Un rosso che, sommato a quello degli anni precedenti (-264 milioni è il conto salato in un triennio), ha peggiorato i ratios patrimoniali della società.

I dati del 2015 si conosceranno in assemblea e le voci che filtrano da fonti vicine alla società indicano un fatturato stabile e margini in ripresa. Una tendenza che trova conferma presso le fonti sindacali, che preferiscono non prendere posizione ufficiale (“dopo i ripetuti tentativi di rilancio falliti, siamo prudenti”, è la risposta), ma sottolineano che la produzione sta riprendendo corpo, anche grazie al sensibile calo del costo energetico legato all’andamento delle quotazioni del petrolio. Sulle carte speciali Burgo avrebbe trovato un buon posizionamento di mercato, anche se il loro peso sulla produzione complessiva (circa il 20%) resta limitato e anche il ritmo della crescita internazionale, ben al di sotto del potenziale, non aiuta.

Ora la palla passa al nuovo ad, che in assemblea sarà chiamato a indicare le linee guida che intende seguire. A cominciare dallo stabilimento di Duino, dove è stata fermata la prima linea (gli operai sono in contratto di solidarietà, con scadenza nel 2018), ma c’è la concreta possibilità di uno stop anche per la seconda, nonostante rassicurazioni in merito fornite durante gli incontri con i sindacati e i rappresentanti del governo regionale.

Di sicuro non c’è molto tempo da perdere per riportare in equilibrio i conti. L’accordo di rifinanziamento del 2014 prevede che Mediobanca, Unicredit, Intesa Sanpaolo e Banco Popolare convertiranno 200 milioni a medio e lungo termine in strumenti partecipativi qualora Burgo non riesca a rilanciare la redditività. Fonti vicine agli istituti segnalano tuttavia che si farà di tutto per evitare questa soluzione, che assorbe capitale in una fase in cui gli istituti hanno l’esigenza opposta. Resta da capire quale sarà la via d’uscita.I-numeri-di-Burgo Burgo1

 














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