TOBi, l’amico geniale di Vodafone by Microsoft

di Marco de’ Francesco ♦ Non è un solo un chatbot, ma un assistente digitale a tutti gli effetti che risponde e interpreta le esigenze dei clienti della compagnia telefonica. E’ animato da intelligenza artificiale, funziona per reti neurali, dialoga con Alexa e…viene costantemente allenato. Ci spiegano come funziona Claudio Raimondi e Fabio Moioli

Cosa c’è dentro TOBi, l’assistente digitale che risponde alle domande dei clienti di Vodafone? Come può funzionare? Per il cliente è un sistema semplice, che risponde ogni giorno e a qualsiasi ora a richieste relative, ad esempio, al piano tariffario, ai consumi, o all’attivazione di offerte. Sembra una chat qualsiasi, e il richiedente ha l’impressione di avere a che fare con un essere umano. Se  TOBi non è in grado di fare un’operazione particolare che gli viene richiesta, automaticamente collega l’utente con un operatore. “Dentro”, però, si cela una macchina complessa: c’è di mezzo l’intelligenza artificiale, che permette di interpretare e riconoscere il linguaggio naturale e che dispone della capacità di apprendere dai propri errori.

E c’è una rete neurale, che è in buona sostanza un modello matematico composto da tanti neuroni artificiali, che per certi versi replicano il funzionamento di quelli biologici, e cioè delle piccole componenti del cervello che ci consentono di ragionare. Come si vedrà, questa rete va continuamente allenata, addestrata. Ad oggi  TOBi , che nasce dalla collaborazione di Vodafone con Microsoft, riceve oltre un milione di visite mensili. Ed è disponibile, come vedremo, sull’app My Vodafone, su Facebook Messenger, sul sito Vodafone e su Alexa, dove l’assistenza è vocale. Ne abbiamo parlato con Claudio Raimondi di Vodafone Italia e con Fabio Moioli di Microsoft Italia.







 

Rispetto ad un comune call center, TOBi presenta un vantaggio intrinseco, quello di essere operativo ogni giorno e 24 ore al giorno

Domande e risposte via chatbot, ogni giorno e a qualsiasi ora

«Tobi, hai aggiornamenti sulla mia pratica? Quali sono le mie offerte attive? Qual è il mio puk (codice di sblocco; ndr)? Quanto pago per telefonare in Cina? E per chiamare dalla Cina? Quanto costa aggiungere un giga al mese? Non riesco ad utilizzare il wi-fi». Queste sono solo alcune fra le tante domande e richieste che i clienti di Vodafone inoltrano all’azienda, che sul suo sito ha una applicazione specifica per la loro gestione. Un disco rosso, con un’immagine di un volto stilizzato e sorridente, facilmente individuabile per il contrasto di colori. Sotto, la scritta “chiedi a TOBi  ”. Basta premere sulla scritta è si inizia la chat.

Se si chiede «quanto costa telefonare a Chiang Mai», una città del Nord della Thailandia, TOBi  risponde: «Vuoi conoscere le tariffe dall’estero o verso l’estero?». Poi TOBi   chiede di inserire le credenziali; una volta inserite, mostra le tariffe in base al piano. TOBi  è un assistente digitale che risponde alle esigenze della clientela: controlla spese, attiva offerte, propone configurazioni ed altro. Rispetto ad un comune call center, TOBi  presenta un vantaggio intrinseco, quello di essere operativo ogni giorno e 24 ore al giorno.

E quello di essere facilmente raggiungibile: la risposta è immediata, cosa che non avviene con un call center comune, per raggiungere il quale spesso si perde tanto tempo in attesa che sia individuato l’operatore libero. Ad oggi, TOBi riceve oltre un milione di visite mensili. «Siamo solo all’inizio di una grande rivoluzione – afferma Raimondi, Head of digital & AI di Vodafone Italia nonché visiting professor alla Sda Bocconi –: quella dei bot, che secondo me sarà paragonabile a quella delle app di dieci anni fa».

 

claudio Raimondi, Head of digital & AI di Vodafone Italia e visiting professor alla Sda Bocconi

La rete neurale imita l’intelligenza umana

Ma cos’è esattemente TOBi? C’è di mezzo l’intelligenza artificiale, che permette di interpretare e riconoscere il linguaggio naturale e che è capace di apprendere dai propri errori. Il sistema è in grado di relazionarsi con il cliente e di adattare l’interazione in base all’evoluzione della conversazione. Ma come può fare tutto questo? Dietro di tutto c’è una rete neurale, che è in buona sostanza un modello matematico composto da tanti neuroni artificiali, che per certi versi replicano il funzionamento di quelli biologici, e cioè delle piccole componenti del cervello che ci consentono di ragionare. Come nel caso del cervello umano, il modello artificiale è costituito da interconnessioni di informazioni.

Ora, in un normale contesto informatico, le informazioni vengono immagazzinate in una memoria centrale ed elaborate in un luogo definito: con la rete neurale, invece, si cerca simulare il comportamento dei neuroni con connessioni analoghe alle sinapsi di un neurone biologico tramite una funzione di attivazione, che stabilisce quando il neurone invia un segnale. In pratica, le informazioni sono distribuite in tutti i nodi della rete. Nella forma più semplice, questa funzione di attivazione può essere di generare un “1” se l’input sommato è più grande di un certo valore, o al contrario uno “0” se il segnale ricevuto rimane sotto la soglia della funzione di attivazione.

Si parla di “connessionismo”. Dunque, come può funzionare? In natura l’uomo e gli animali in genere ricevono stimoli dall’ambiente, percepiti tramite gli organi di senso (vista, olfatto, udito, tatto e altri) ed elaborati dai neuroni, che sono interconnessi un una struttura che non è lineare, e che varia a seconda del tipo di stimolo che proviene dall’esterno. Ugualmente, la rete neurale riceve segnali dall’esterno; per esempio una certa parola utilizzata nella conversazione con Tobi. Questi vengono ricevuti da nodi di ingresso, che sono unità di elaborazione; e che sono collegati a altri nodi interni, che procedono con ulteriori elaborazioni. Insomma, alla fine l’output risulta assai più accurato.

 

Come una rete neurale artificiale imita quella biologica

Spiega Paolo Galeone in “Rete neurale convoluzionale per classificazione di immagini e localizzazione di oggetti” che i neuroni biologici sono formati da “dendriti”, fibre che trasportano l’informazione sotto forma di segnale elettrico, dall’esterno verso il nucleo; “sinapsi”, punti di collegamento tra i neuroni; “nucleo”, che «riceve i segnali provenienti dai dendriti, li elabora e produce una risposta che invia all’assone»; e infine “assone”, che è «la parte terminale del neurone che può essere collegata alle sinapsi di altri neuroni». Il fatto è che «i neuroni artificiali sono basati sulla struttura del neurone biologico ed utilizzano funzioni matematiche a valori reali per simularne il comportamento».

Per esempio, al posto dei dendriti, un numero di input che il valore accetta; al posto delle sinapsi, dei valori che si modificano nel tempo, specializzando il neurone; al posto del nucleo, funzioni non lineari che si attivano solo in presenza di certi stimoli; al posto dell’assone, un valore disponibile come ingresso per altri neuroni. Il problema, spiega Galeone, è che il numero di connessioni per ogni neurone umano è enorme: ognuno dispone di circa 100mila sinapsi. Pertanto nelle reti neurali artificiali si è tentato «di approssimare questo enorme numero di connessioni mediante determinate topologie di rete. La più diffusa è la rete completamente connessa, in cui ogni neurone è connesso ad ogni altro neurone».

La rete neurale va addestrata

Un’altra differenza rispetto ad un comune sistema IT, è che la rete neuronale non dispone di un grado di “intelligenza” definito una volta per tutte. Va “allenata”, ed è proprio grazie a questo addestramento che TOBi incrementa la capacità di relazionarsi e di comprendere l’intento del richiedente. Bisogna fornire al sistema sia degli input che informazioni relative ai risultati che si vogliono raggiungere, data una certa richiesta. Il sistema apprende il nesso tra informazione in entrata e risultato. «C’è un grande lavoro dietro TOBi, a livello di addestramento – afferma Raimondi – ; questo viene svolto da un team di operatori Vodafone esperti di “Natural Language Processing” e “Machine Learning”, con sede al Competence Center Vodafone di Pisa. Il team si chiama “Neural Network Training Unit”».

Il Natural Language Processing, o elaborazione del linguaggio naturale, è il processo di trattamento automatico mediante un calcolatore elettronico delle informazioni scritte o parlate in una lingua comune. Il Machine Learning è, semplificando, un insieme di metodi statistici utilizzati per migliorare progressivamente la performance di un algoritmo nell’identificare pattern nei dati. È il cosiddetto apprendimento automatico. «Del gruppo – continua Raimondi – fanno parte tecnici, sviluppatori, grafici ma anche addetti che prima lavoravano al call-center e che oggi aiutano ogni giorno TOBi a crescere».

 

Moioli
Fabio Moioli, direttore Divisione Enterprise Services di Microsoft Italia

L’intelligenza artificiale consente l’utilizzo di un linguaggio naturale

«Tobi è molto più di una semplice chatbot – afferma Moioli, direttore Divisione Enterprise Services di Microsoft Italia -: ce ne sono parecchi in giro di bot semplici che rispondono a domande banali. Tobi invece è una piattaforma neuronale basata su Azure che è in grado di comprendere l’intento di chi pone la domanda. Questi può utilizzare un linguaggio naturale, quello comune delle persone, perché il sistema è in grado di interpretare l’oggetto della richiesta. Il cliente può utilizzare espressioni diverse per indicare la stessa cosa, perché il linguaggio umano è ricco e variegato; ma al sistema non sfugge il senso, la volontà del richiedente». Questo passaggio è fondamentale, perché consente a chiunque, anche a chi ignora del tutto una certa materia e quindi non possiede un linguaggio tecnico, di interrogare il sistema.

Dietro questa capacità di interpretazione, afferma Moioli, c’è l’intelligenza artificiale di Azure. L’Ai è costituita da algoritmi sempre più complessi e strutturati per consentire alle macchine di realizzare meglio delle persone attività tipicamente umane. Azure invece è il prodotto di punta di Microsoft, che da un quarto di secolo è la maggiore software house del mondo (90 miliardi di ricavi, 21 di utile, 500 di capitalizzazione, 114mila dipendenti). È un’infrastruttura cloud di software e di servizi che consente alle aziende di essere più efficaci e di avvalersi di avanzate innovazioni tecnologiche come, appunto, l’Ai.

La partnership tra Vodafone e Microsoft è stata resa nota nel luglio dell’anno in corso, ma in realtà risale a mesi prima. «È uno dei progetti di Microsoft più innovativi a livello globale – afferma Moioli –, che Microsoft ha guidato a stretto contatto con Redmond, dove l’azienda ha sede. Se ne è discusso con Lily Chang», che è poi senior finance manager, operation controllership della corporation. «Il management di Vodafone era interessato a implementare l’interazione con i clienti grazie a tecnologie innovative. Vodafone ha testato l’intelligenza artificiale di tante aziende e poi ha scelto quella di Microsoft, e così il pilota è diventato un vero progetto».

 

TOBi e Alexa a colloquio per l’utente

Ad oggi oltre il 94% delle interazioni tra Vodafone e i propri clienti avvengono già attraverso i canali digitali (sito, app My Vodafone, Messenger di Facebook), con la app My Vodafone che è diventata il principale canale di assistenza con oltre 100 milioni di visite al mese e un accesso per cliente ogni 3 giorni. Ebbene, TOBi è fruibile in tutti questi canali. In più, da fine ottobre si è aperto un canale aggiuntivo: Alexa. Si tratta di un assistente personale intelligente sviluppato da Amazon, la più grande internet company del mondo, attiva nel commercio elettronico. Alexa è in grado di interagire con la voce, impostare allarmi, riprodurre audiolibri, fornire informazioni sul traffico, previsioni metereologiche e tanto altro. A differenza di TOBi, Alexa è uno smart speaker, e di conseguenza partecipa a conversazioni vocali.

«Ora – afferma Raimondi – ci si potrà rivolgere direttamente ad Alexa con una frase come questa: Alexa, chiedi a TOBi quanti giga mi rimangono? Certo, l’arrivo nel mondo degli smart speaker rappresenta per Vodafone un’ulteriore tappa nella strategia di investimento nell’innovazione quanto a canali digitali. Questa integrazione infatti ci permette di costruire la migliore esperienza conversazionale per il cliente, utilizzando l’interazione vocale oltre a quella testuale. Per parlare con TOBi su un dispositivo che supporta Amazon Alexa, è necessario scaricare la “Skill” di TOBi nell’Alexa Skill Store (attivandola con le stesse credenziali della App My Vodafone o dell’area Fai da Te; Ndr). Per “skill”, in questo caso, si intendono funzionalità integrate che consentono agli utenti di interagire tramite dei semplici comandi vocali». Va peraltro sottolineato che Alexa gira su dispositivi Amazon Echo e Amazon Echo Dot sviluppati dalla sezione Amazon Lab126; dunque i clienti Vodafone possono “dialogare” con TOBi qualora dispongano di dispositivi “Echo compatibili”.

Dove pesca le informazioni TOBi

«Tobi è collegato al sistema Vodafone in generale – afferma Raimondi – e di conseguenza può accedere a tutte le informazioni relative al cliente in tempo reale. Peraltro, dal punto di vista dell’ utente, Tobi non consuma giga; se finisci il credito puoi comunque rivolgerti a TOBi e chiedere nuovi giga, anche se sei all’estero. Come detto, la nostra ambizione è rendere TOBi sempre più conversazionale. In questo senso, uno degli obiettivi, a tendere, è sostituire l’Ivr, la interactive voice response, il sistema capace di recitare informazioni ad un chiamante interagendo anche tramite la tastiera telefonica, facendo sì che sia TOBi a rispondere. In termini di fidelizzazione del cliente, infine, questi si attende che Vodafone, azienda digitalizzata al 100%, sia all’avanguardia in fatto di tecnologie. Utilizza la nostra rete, e si aspetta che questa sia sicura, efficiente, e accessibile. E si attende rapide risposte, soprattutto relative alla propria posizione personale. Alla fine, la clientela seleziona gli operatori in base a questi parametri».














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