Tim, tra l’offerta degli americani e il rischio “spezzatino”: i dossier sul tavolo di Labriola

di Marco Scotti ♦︎ Il maggior veicolo di innovazione e digitalizzazione in Italia è a un bivio. Occorre fare chiarezza sul nuovo piano che verrà presentato ufficialmente il 2 marzo. Comprendere se e come avverrà la divisione dell'azienda in due parti: ServiceCo, dedicata ai servizi, e NetCo per la rete. Sciogliere i dubbi sull'opa di Kkr che valuta l'azienda 11 miliardi. E poi l'ingresso nel mercato del fisso di Iliad, la questione della governance e il dossier Dazn. Parla il presidente dei piccoli azionisti Franco Lombardi

Mancano due settimane al 2 marzo, giorno in cui verrà ufficialmente presentato il piano industriale di Tim messo a punto dal nuovo ceo Pietro Labriola. Le domande sul tavolo sono molte: prima di tutto, capire se e come si procederà alla creazione di due newco, Netco e Serviceco (questi i due nomi provvisori) e comprendere quale saranno le attività che vi confluiranno. I sindacati sono già insorti e parlano di un’azienda a rischio che dà lavoro a oltre 40mila persone e che non può, quindi, essere oggetto di “spezzatini”. Poi bisogna decidere che cosa fare con l’offerta “amichevole” di Kkr, il fondo americano che a fine novembre ha messo sul piatto 0,505 euro per azione per l’intera Tim, valutandola complessivamente circa 11 miliardi – attualmente la capitalizzazione è intorno ai 9,2. Ma sono in parecchi, sia all’interno che all’esterno dell’azienda, che l’offerta è troppo bassa, soprattutto se si pensa che Tim è un’azienda industriale, con una storia antica di ricerca e sviluppo e, soprattutto, è un’impresa strategica per la digitalizzazione del Paese in un momento in cui, con il Pnrr, verranno stanziati circa 40 miliardi per ammodernare l’Italia. L’amministratore delegato Pietro Labriola ha raccolto la pesante eredità di Luigi Gubitosi, il quale ha lasciato dopo quattro anni l’azienda. E l’ha fatto principalmente perché soltanto negli ultimi 4 mesi sono arrivati ben tre profit warning (cioè avvisi di revisione al ribasso) per il bilancio. Gubitosi, però, è stato anche colui che – grazie ai buoni uffici con il fondo americano Kkr – ha portato sul tavolo del board l’offerta da 11 miliardi e, contestualmente, le sue dimissioni. C’è chi dice che l’abbia fatto come “beau geste” per sondare la fiducia della società e c’è chi sostiene che, in caso di via libera all’offerta degli americani, sarebbe proprio lui l’amministratore delegato indicato.

Quello che è certo è che la più importante azienda tecnologica italiana sta vivendo un momento complesso. Voci sempre più insistenti sostengono che i conti del 2021 potrebbero essere peggiori delle attese. Questo principalmente perché l’accordo di ritrasmissione delle partite di Serie A, siglato con Dazn, non sta funzionando come auspicato. Tim ha investito circa 800 milioni per il triennio 2021-2024 e ora si ritrova con un prodotto che non solo non sta vendendo come auspicato, ma che non sta neanche portando a quell’incremento di abbonamenti alla rete fissa che invece erano dati come base di rilancio dell’attività aziendale. A fronte di tutto questo pare quindi che sia già in corso una richiesta di revisione degli accordi con Dazn (che ha tra l’altro chiamato a bordo di recente due ex-Telecom, il più famoso dei quali è Franco Bernabè, già amministratore delegato e poi presidente esecutivo della società) per tagliare di una quarantina di milioni all’anno l’ammontare degli importi dovuti. Per cercare di avere un quadro più chiaro della situazione, Industria Italiana ha intervistato Franco Lombardi, presidente di Asati, l’associazione dei piccoli azionisti di Telecom Italia.







Franco Lombardi, presidente di Asati, associazione dei piccoli azionisti di Tim

D. Ingegner Lombardi, quali sono i punti principali ancora da comprendere in vista del 2 marzo prossimo?

R. C’è ancora parecchia incertezza che deve essere chiarita. Il primo tema fondamentale è la divisione tra NetCo e ServiceCo. Posto che le linee guida generali sembrano essere più o meno assodate, rimane da capire se per rete si intende tutta la rete di accesso fissa (primaria e secondaria) o se invece è la rete d’accesso fissa più la rete che collega i POP (le centrali) nelle quali sono aggregati i Clienti della rete fissa con la Big Internet (rete metro, regionale e Core). La rete mobile dovrebbe essere nella ServiceCo, che offre i servizi ai Clienti delle reti fissa e mobile. La NetCo offre servizi Wholesale, cioè servizi di connettività a tutti gli operatori di TLC e agli Internet Service Provider (ISP). La separazione della rete di TIM consente di ridurre gli obblighi regolatori e potrebbe consentire sviluppi, tutti da valutare, nella partita della rete unica.

D. Le piace questa Tim a “due teste”?

R. Gli aspetti positivi che riesco a trovare sono relativi alla possibilità che fondi di investimento acquisiscano azioni di queste due società e che questo crei valore per l’azienda. Oggi Tim è in una situazione difficile, inutile girarci attorno. Non abbiamo ancora evidenza del bilancio 2021 e ci auguriamo che sia migliore delle previsioni degli analisti.

D. Passiamo all’offerta di Kkr: gli 0,505 euro per azione sono sufficienti?

Luigi Gubitosi, ex ceo di Telecom Italia

R. Ma neanche per idea. A questa cifra nessun azionista dovrebbe aderire. I “piccoli”, quantomeno, hanno già detto che non sono d’accordo. Vivendi ha un valore di carico intorno agli 0,8 euro per azione, perché dovrebbe accettare di perdere così tanto sull’investimento?

D. C’è però chi sostiene che Kkr, in quanto azionista di Fibercop, possa legare la sua offerta su Tim alla permanenza in Italia…

R. Mi sembra fantascienza, Kkr ha interesse a rimanere in Fibercop perché si tratta di un fondo che deve massimizzare il proprio investimento.

D. Il fatto che Iliad abbia fatto un’offerta per l’acquisizione del 100% di Vodafone Italia, per un controvalore proprio di 11 miliardi, ha agevolato Tim per strappare eventualmente un prezzo più alto da Kkr?

R. Non direi proprio. Ci sarebbe stato di aiuto se l’operazione fosse andata in porto, ma così non è stato e quindi anche in questo caso Iliad ha prodotto dei danni.

D. Perché dice “anche in questo caso”?

R. Perché la politica aggressiva dei prezzi che sta portando avanti, con abbonamenti sul mobile a circa 7 euro al mese e quelli sul fisso che saranno intorno ai 20 riducono ulteriormente i margini per il settore.

D. Si continua a parlare di aggregazioni per far fronte al calo della marginalità…

Pietro-Labriola, ad di Tim

R. Per forza di cose. Come si fa a competere quando si usa soltanto il prezzo come leva per la riuscita del business?

D. Dal punto di vista tecnologico, la fibra è l’unico strumento per garantire una connessione veloce?

R. È sicuramente il migliore, perché offre anche stabilità. Però ha dei costi: perché la fibra arriva fino a un “pozzetto” che dista dalla casa finale circa 40 metri. Da lì, l’ultimo tratto di strada ha un prezzo elevatissimo, si parla anche di 3-400 euro. I clienti complessivi in Italia quanti sono? Non si è mai capito del tutto, ma c’è chi dice che siano intorno a due milioni, comprensivi anche di quelli che sono stati raggiunti dalla fibra di eBiscom-Fastweb alla fine del secolo scorso a Milano. Anche Francia, Germania e Regno Unito stanno facendo i conti con i costi del FTTH e cercano soluzioni che riducano i costi.

D. Fwa e 5G?

R. Sì, ma non è la stessa cosa. Perché le performance sono decisamente inferiori rispetto alla rete FTTH. Sono però tecnologie che consentono di portare buone connessioni internet nelle zone periferiche o in cui la fibra è difficile da installare a causa della conformazione del territorio.

D. Il ministro Colao si è detto favorevole alla neutralità tecnologica. E lei?

R. Diciamo che dissento dal parere di Vittorio Colao. Il FWA, anche realizzato con il 5G, avrebbe un costo troppo alto se dovesse garantire le stesse prestazioni di una rete FTTH (I Gbit/s per cliente attivo nell’ora di punta). Però non vorrei addentrarmi troppo nella vicenda, non conosco così bene il ministro né il suo pensiero…

D. Torniamo allora all’offerta di Kkr: andrà in porto?

Vittorio Colao, ministro per l’innovazione tecnologica e la transizione digitale

R. Solo se verrà alzata almeno a 0,7-0,8 euro per azione. Allora magari perfino Vivendi sarà disposta a sedersi a un tavolo.

D. Pietro Labriola è un ceo destinato a rimanere a lungo?

R. Partiamo dal fatto che è un amministratore delegato con una competenza straordinaria. Io lo conosco bene e so che domina perfettamente la materia. Sta cercando di portare avanti un’opera di ridefinizione della prima linea manageriale, pescando dall’interno dell’azienda per evitare aggravi di costi. Però è innegabile: è stato indicato da Vivendi come ceo, se i francesi dovessero accettare l’offerta di Kkr vedremo …

D. Si rischia qualche ulteriore spezzatino?

R. Lo hanno scritto in tanti che Olivetti, Sparkle, Noovle potrebbero essere separati da Tim e quotati. È prematuro per dirlo.

D. Voi piccoli azionisti siete preoccupati?

R. Lo siamo molto, temiamo che il titolo possa scendere ancora in vista del 2 marzo. Speriamo di sbagliarci…














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