Le tecnologie 4.0 sono indispensabili e possono produrre molto valore. Ma occorre saperle usare

ceo  VMware. Foto presa dal sito di VMware

di Riccardo Sandre ♦ Le nuove tecnologie da sole non bastano per innescare il cambiamento dei modi di produzione nell’industria, è necessaria una cultura digitale diffusa. A Padova, nella prima tappa del “Viaggio nell’Industria 4.0” le indicazioni di KPMG per  la digital transformation. L’esempio di Safilo

Il dato è spiazzante: nel mondo solo un amministratore delegato su dieci si dichiara sicuro di saper governare tutti gli aspetti operativi e tecnologici della digital transformation (secondo una ricerca di Kpmg dal titolo Global Ceo Outlook) mentre circa il 98% delle imprese ritiene l’Industry 4.0 un’opportunità di sviluppo e rivitalizzazione del sistema produttivo. La misura della distanza tra queste due percentuali  rende l’idea delle difficoltà del percorso che l’economia globale si trova ad affrontare già ora e per gli anni immediatamente a venire.

Un contesto articolato, quello dell’ avvento di Industry 4.0,  che vede, per quello che riguarda il nostro Paese da un lato  una crescita incontrovertibile degli investimenti nei macchinari che consentono la trasformazione, come dimostrano i dati dei primi 2 trimestri del 2017 di Ucimu-Sistemi per Produrre (gli ordini nazionali di settore segnano un +22% e un +28,5%, nel primo e nel secondo trimestre del 2017) ma che dall’ altro  palesa nella mancanza di una cultura digitale diffusa, pure ai vertici delle aziende, un freno ad un’evoluzione che si traduce in un atteggiamento ancora troppo timido degli imprenditori nei confronti degli investimenti.







Ma  4.0 non significa solo automazione della produzione, robotica integrata, spostamento del focus del business sui servizi digitali ma pure raccolta, gestione e trasferimento di dati. Un elemento, quest’ultimo, di creazione del valore che già oggi diventa centrale per la creazione di un patrimonio immateriale strategico per lo sviluppo.

 

Carmelo Mariano(KPMG)
Carmelo Mariano(KPMG)

 Per fare le rivoluzioni nell’industria non basta la tecnologia, bisogna imparere a usarla

A utilizzare un esempio evocativo che viene dalla storia è stato Carmelo Mariano, partner di KPMG (società leader a livello globale nei servizi professionali alle imprese con oltre 189 mila professionisti e presente in 152 paesi del mondo), durante l’incontro di apertura del road show nazionale “Viaggio nell’Industria 4.0”, che percorrerà in 4 tappe l’ Italia  a partire da Padova  per fare il punto sugli scenari competitivi e le prospettive della digital transformation nel nostro Paese.

 «L’elemento di novità della seconda rivoluzione industriale è stato, a partire dalla fine dell’800, l’introduzione dell’elettricità per alimentare macchinari fino ad allora mossi dalla forza del vapore» ha spiegato Mariano. «Ma i tassi di crescita del periodo subito successivo ad un evoluzione tecnologica confrontabile a quella dell’introduzione del digitale non furono estremamente elevati. Questo avvenne solo dopo che Frederick Winslow Taylor e Henry Ford sfruttarono l’introduzione dell’elettricità per una rivoluzione epocale della modalità di produzione ma pure del modello di business delle imprese che governavano.»

«Altrettanto si può dire delle opportunità insite nell’introduzione delle tecnologie che vanno sotto il nome ormai consueto di 4.0. Una rivoluzione non solo tecnologica dunque. L’Industry 4.0 e le sue declinazioni legate allo sviluppo dei servizi innovativi, dell’IoT e di molto altro ancora, offrono ad esempio vantaggi specifici nell’ambito dell’acquisizione di dati, un vero e proprio asset strategico delle imprese del futuro il cui patrimonio si valuterà non solo secondo i consueti modelli ma pure sulla base della capacità di accumulare, gestire e utilizzare in modo economicamente vantaggioso le informazioni in proprio possesso. Ed è già ora la capacità di confrontarsi con questo patrimonio lo strumento di base per ideare nuovi servizi e ripensare il proprio approccio al mercato ed al cliente».

Le tecnologie 4.0 chiave per la valorizzazione dei dati

Iot, robotica, intelligenza artificiale sono tre delle tecnologie legate di fatto sia alla produzione che all’acquisizione di dati che sono e saranno, nei prossimi 5 anni, trainanti per l’economia globale. Nel luglio di quest’anno la ricerca annuale KPMG “The Changing Landscape of Disruptive Technologies” (un’indagine condotta a livello globale su oltre 800 dirigenti del settore tecnologico, tra cui imprenditori di start-up e dirigenti di aziende incluse nella classifica Fortune 500) ha approfondito i trend e le prospettive dell’innovazione tecnologica, identificando i principali poli tecnologici ed e individuando settori specifici della digital transformation che garantiranno crescite considerevoli.

 

 

Lo schema di Iot
Lo schema di Iot
Iot: in testa ai trend tecnologici del prossimo futuro

In testa ai top trend tecnologici del prossimo futuro sarà l’IoT, l’internet delle cose, che secondo uno studio del Gartner Technology Trends 2017 vedrà entro il 2020 ben 20,4 miliardi di oggetti connessi nel mondo. L’anno successivo, nel 2021, secondo l’ultima indagine, pubblicata a giugno 2017, dell’International Data Corporation (IDC) la spesa per l’IoT nel mondo raggiungerà i 1,4 mila miliardi di dollari, raddoppiando rispetto ad un 2017 che dovrebbe chiudersi con investimenti globali nel settore per circa 800 miliardi di dollari.

Seguono robotica e AI

In seconda posizione la Robotica che nel 2021 si prevede raggiungerà i 226 miliardi di dollari di spesa annua nel mondo mentre gli investimenti in l’Intelligenza Artificiale supereranno i 46 miliardi di dollari contro i 12,5 miliardi di dollari della fine di un 2017 che ha visto comunque un’impennata degli investimenti globali del +56% rispetto al 2016.

 

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Robot ABB, stabilimento di Dalmine, courtesy ABB

Il gap di investimenti italiano: un problema culturale?

In questo contesto le imprese italiane non investono nelle tecnologie di processo e di prodotto tipiche dell’Industry 4.0 che una cifra che va dal 5 al 10% dei propri investimenti industriali annui. Complessivamente, l’indagine di Kpmg, su un campione di 200 imprese di diversi settori presentata a Padova, evidenza come solo il 28% delle imprese investe in questo ambito oltre il 10% del proprio budget, contro un 38% che investe meno del 5% in Industry 4.0. Oltre un’impresa su due in Italia non ha ancora allocato un budget 4.0 mentre solo il 13% delle imprese ha una voce specifica di investimento legato alla digital transformation.

Una timidezza che è principalmente un problema culturale, di mancanza di competenze, e non a caso Confindustria ha spinto molto perché nel prossimo piano di Impresa 4.0, che si prevede sia una proroga sostanziale del precedente Industria 4.0, sia inserito un credito di imposta del 50% per la formazione dei dipendenti in questo senso. Ma Kpmg e Università Ca’ Foscari di Venezia hanno chiesto agli imprenditori anche quali fossero i principali motivi di rallentamento nell’evoluzione digitale della propria azienda e le risposte confermano la presenza di un gap culturale che va colmato in fretta per potere dare l’accelerazione giusta non solo agli investimenti ma alla rivoluzione dei modelli di business che la digital transformation permette e sotto un certo aspetto impone.

Le ragioni di un ritardo

Secondo l’indagine, ridotta cultura aziendale, scarsità di risorse interne preparate per affrontare il cambiamento, difficoltà a valutare le reali implicazioni pratiche e a focalizzarne i benefici, mancanza di disponibilità di competenze sono stati i 4 motivi che sono emersi con maggiore evidenza nelle risposte degli imprenditori e dei manager. Una situazione che tuttavia dà spazio a nicchie di eccellenza come dimostra il fatto che comunque un 30% degli intervistati ha dichiarato di essere leader rispetto ai competitor nell’Industry 4.0 (il 25%) o di rappresentare il “best of breed” nel proprio settore (5%). Il 41% invece ha dichiarato di non avere un’idea chiara del proprio posizionamento, il 18% lo ritiene disomogeneo rispetto ai competitor e un 11% del campione afferma di essere ad oggi solo follower delle tendenze in atto.

 

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Linea di produzione alla Safilo, Padova
  Safilo Group : l’evoluzione di processo di pari passo con quella di prodotto

E tra le imprese presenti all’evento dei giorni scorsi a Padova c’era anche Safilo group, ora nel pieno di un lungo processo di riorganizzazione aziendale che proprio nell’automazione e nell’efficientamento di processi produttivi oggetto di un reshoring recentissimo, si sta impegnando a fondo. Ma l’evoluzione di processo è andata di pari passo con quella di prodotto tanto da permettere al gruppo padovano dell’occhialeria di mettere sul mercato americano, da pochissimo, un nuovo occhiale (Smith Lowdown Focus mpowered by Muse) che rileva le onde cerebrali grazie ad una prima applicazione della tecnologia brain-sensing e che offre a chi lo indossa un coaching mirato a migliorare le prestazioni mentali e il benessere personale.

 

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La sede direzionale Safilo, Padova

Un risultato frutto di una collaborazione che è stata caratterizzata, secondo le parole del suo Front End Director e responsabile per l’innovazione Nicola Belli, da una serie di strutturata di relazioni improntate all’open innovation. Un approccio collaborativo allo sviluppo che necessita di competenze organizzative e legali capaci di governare un processo di evoluzione non solo tecnologica e culturale ma pure di relazione con partner esterni che diventano sempre più centrali nell’evoluzione tecnologica delle imprese.

 

Tommaso Faelli
Tommaso Faelli,Partner di Bonelli Erede

Proteggere i dati condivisi con partner esterni

E proprio la relazione con i partner esterni, la condivisione dei dati ottenuti tramite la digitalizzazione dei processi, normata con estrema rigidità in alcuni settori come quello sanitario o finanziario, ed il ruolo che questi hanno nella strutturazione di processi di evoluzione aziendale sono stati oggetti di un approfondimento di natura legale proposto dall’avvocato Tommaso Faelli, Partner di Bonelli Erede.

«Sempre più spesso le imprese delegano a partner esterni parti importanti delle proprie attività 4.0» ha detto Fanelli. «Ma la relazione che si viene a creare in molti casi, più che essere una struttura a stella, dove al centro sta l’impresa e nelle braccia i fornitori di servizi tecnologici, tende a trasformarsi in un modello a catena: dove l’imprenditore delega ad un main partner la gestione degli altri fornitori e sub fornitori. Un modello che si replica tanto più frequentemente tanto meno il management dell’impresa è formato per le sfide della digital transformation e che tende a presentare rischi sia di natura organizzativa che di strutturazione dei contratti di fornitura.

Contratti che vanno stilati in modo adeguato a garantire continuità e stabilità ai rapporti, che devono tutelare, in caso di rottura, imprese che delegano una parte strategica del proprio business a soggetti terzi e che vedono proprio nelle clausole legate alla gestione ed alla proprietà dei dati un elemento centrale per la determinazione dei compensi per i servizi resi ed in fine della valutazione complessiva del patrimonio immateriale di un’azienda. Sempre più spesso seguiamo non solo le imprese produttive ma anche operazioni di M&A di società digitali che comprano e vendono pacchetti di dati.

Un business in crescita dove i valori in gioco possono essere anche estremamente significativi sia per le imprese che operano esclusivamente in questo ambito che per quelle produttive che si affacciano ai Big Data dopo un processo di investimenti 4.0. Saper raccogliere e gestire dati secondo regole che permettano lo sviluppo di un patrimonio immateriale di informazione è un elemento centrale per lo sviluppo di un asset strategico del business del prossimo futuro».

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                                                       “Viaggio nell’Industria 4.0”

L’incontro iniziale del road show nazionale “Viaggio nell’Industria 4.0”  si replicherà anche a Bari (il 26   ottobre) e poi a Bologna (9 novembre) e a Monza (21 novembre). A Padova il confronto ha visto  protagonisti gli stakeholders istituzionali dei territori ma pure con figure di spicco del tessuto imprenditoriale locale e internazionale. Un evento, quello di apertura che ha visto il contributo del direttore generale del ministero dello Sviluppo Economico Stefano Firpo, che in video conferenza ha assicurato l’apertura dei bandi per i Competence Center regionali entro il prossimo novembre, ma pure di Nicola Belli Front End Director di Safilo Group, di Francesco Barletta Head of ICT, Partnership & Market Developement Wind Tre, di Paola Pietrafesa direttore generale di Allianz Bank Financial Advisors S.p.A, di Alfredo Belsito, Ad di MHT, del padovano Luca Businaro presidente e Ceo di Novation Tech, e dell’avvocato Tommaso Faelli partner BonelliErede.

 

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