STMicroelectronics a caccia di piccole imprese da coinvolgere nel 4.0

di Marco Scotti ♦ L’azienda leader nella produzione di semiconduttori ha inaugurato un nuovo modello di business coinvolgendo le Pmi. La Piccola Impresa di Assolombarda lavora come “acceleratore” di questa collaborazione. I prodotti innovativi della quotidianità con al centro l’IoT asse di sviluppo delle collaborazioni

«Abbiamo tanta esperienza e stiamo cercando nuove occasioni di partnership e networking per ampliare la nostra base produttiva». Carmelo Papa, amministratore delegato e direttore generale STMicroelectronics, spiega così il nuovo modello di business che l’azienda da lui condotta ha deciso di varare in Italia. L’obiettivo è costruire un ecosistema virtuoso che incentivi la collaborazione tra imprese piccole e grandi: un target ambizioso che nasce con l’incoraggiamento di Piccola Industria Assolombarda. STMicroelectronics, uno dei più importanti player a livello mondiale nel settore dei semiconduttori vuole incentivare le Pmi a realizzare le proprie idee nel campo delle nuove tecnologie, in particolare per quanto riguarda l’IoT. I settori in cui il nostro paese eccelle, come agroalimentare, architettura e arredo, sono quelli da cui partire per cercare di “dare vita” agli oggetti di uso comune che, grazie anche alla diminuzione dei costi di avviamento, possono essere implementati in particolar modo in ottica Internet of Things.

Il rapporto tra Pmi e grandi aziende è cambiato radicalmente con l’avvento del digitale: un tempo i “piccoli” non avrebbero mai pensato di poter lavorare in sinergia con i “colossi”, che erano visti come distanti e inarrivabili. Ma l’avvento delle nuove tecnologie e dell’industria 4.0 ha scardinato i paradigmi e i rapporti di forza. Le grandi imprese, infatti, guardano a soggetti più agili e dinamici, più propensi all’innovazione e che costituiscono un ampio mercato potenziale. D’altro canto, le piccole imprese vedono favorevolmente il trasferimento tecnologico che una partnership con soggetti dimensionalmente più rilevanti consente loro di ottenere. I costi di una digital transformation per le PMI, che rimangono comunque considerevoli, sono in parte mitigati dalla possibilità di accedere agli sgravi e alla finanza agevolata che il piano Impresa 4.0 ha previsto e che comporta detrazioni anche del 100%.







Assolombarda Piccola Impresa, dunque, vuole porsi come “acceleratore” del rapporto tra piccoli e grandi: questi ultimi, infatti, possono svolgere un ruolo importante trasferendo alle Pmi le competenze e le conoscenze di base. Le piccole imprese, dal canto loro, possono offrire una maggiore tensione verso l’innovazione, facendo proprie parole chiave come Internet of Things e Industria 4.0. Il rapporto tra grandi e piccoli, dunque, non sarà più di mero scambio commerciale, ma di partnership, in un’ottica che mette a fattor comune le specificità di ogni soggetto e che garantisce una collaborazione fattiva.

 

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Carmelo Papa, amministratore delegato e direttore generale STMicroelectronics

 

STMicroelectronics

STMicroelectronics ha quindi proposto la realizzazione di un ecosistema di competenze che si spinge fino alle aziende che hanno introdotto da poco l’elettronica nei loro prodotti, offrendo in maniera diffusa e allargata la possibilità di accedere a modelli di business non convenzionali. Il colosso franco-italiano (presidente e CEO  Carlo Bozotti ) ha deciso di incentrare la propria strategia per i prossimi anni proprio su IoT e Smart Driving. «In Italia – ci spiega Carmelo Papa – realizziamo circa l’1% del fatturato complessivo mondiale, che è di 8,35 miliardi, in crescita del 19,7% rispetto al 2016. Soltanto nel nostro paese abbiamo circa 10mila dipendenti. Questo è possibile perché facciamo tanta innovazione, soprattutto in ambito IoT e Industria 4.0. Noi facciamo componenti, non sistemi, ma abbiamo tanta esperienza e stiamo cercando nuove occasioni di partnership e networking per ampliare la nostra base produttiva». ST ha un flottante del 74%, mentre il 26% è diviso in parti uguali tra stato italiano e stato francese. Questa divisione dell’azionariato consente di mantenere il controllo senza avere la maggioranza assoluta del capitale.

 

Dalla sua creazione, l’azienda ha depositato oltre 17.000 brevetti, e mediamente ogni anno ne produce un centinaio nella sede di Catania e oltre 150 ad Agrate Brianza. A livello mondiale ST ha oltre 45mila dipendenti, con una forte presenza in Asia con gli stabilimenti a Shenzhen, nelle Filippine, in Malesia, a Malta e a Casablanca. Il 16% dei lavoratori è impiegato nell’ambito della ricerca e sviluppo. La società, tra i maggiori produttori al mondo di semiconduttori, ha da tempo avviato una diversificazione del proprio business che è equamente diviso tra i primi dieci clienti (che da soli valgono il 36% del fatturato complessivo), la distribuzione (34% del totale) e altri clienti di dimensioni più contenute (30%). Attualmente il settore più redditizio è l’automotive, che vale da solo il 37% del fatturato complessivo, seguito da microcontrollori (32%).

 

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Lavorazione all’interno dello stabilimento STMicroelectronics

Le nuove partnership di ST

«Le tecnologie sviluppate per smartphone – conferma Luciano Pini, South, East Nord Europe & Israel Sales Director di STMicroelectronics – ci hanno permesso di affrontare altre aree con maggiore efficacia, come nel caso dell’IoT. L’internet delle cose deve essere un’opportunità per creare valore, questo perché le tecnologie che già oggi abbiamo a disposizione consentono di popolare oggetti eterogenei, riducendo oltretutto le barriere d’ingresso e i costi di avviamento. Il mondo digitale entra nel mondo fisico e crea nuove opportunità. La cosa importante è la generazione del valore che l’IoT può offrire. Noi abbiamo deciso di puntare su alcuni pilastri fondamentali: smart things, smart home&cities e smart industry. Questi capisaldi si declinano nelle aree di eccellenza italiana, ovvero arredo, abbigliamento, architettura, agroalimentare e automazione.»

«Con l’avvento dell’IoT iniziamo a esplorare ambiti in modi diversi: non offriamo più soluzioni a richieste specifiche dei nostri OEM tradizionali, ma proponiamo nuovi modi di intendere oggetti di uso quotidiano. Una bella sfida. Un altro settore su cui stiamo scoprendo cose incredibili è lo smart agriculture. Una spinta importante è arrivata da Expo, ma è stata un’opportunità fantastica anche per noi: fino a qualche tempo fa eravamo ancorati ai nostri 150 clienti tradizionali, oggi appena giriamo l’angolo troviamo aziende che hanno idee straordinarie. In particolare, stiamo puntando forte sui cosiddetti “product accelerator”, ovvero componenti che permettono a oggetti finali già certificati nella loro parte radio creati da grandi system integrator (Microsoft, Amazon con Alexa, IBM e via dicendo) di entrare immediatamente nel sistema. Questo significa ridurre il time to market e abbatterne i costi, visto che un product accelerator costa tra i 100 e 150 dollari. Inoltre, abbiamo in mente di sviluppare nuove partnership in modo che abbiano una ricaduta anche nel territorio in cui vengono sviluppati. Infine, in tandem con Deloitte, abbiamo aperto uno sportello con l’obiettivo di validare le idee, vedere se sono realizzabili o meno, capire se ha delle possibilità di sviluppo. Con il sistema di prototipazione rapida STM32 abbiamo offerto uno strumento che consente alle aziende di verificare in prima persona se un’idea è fattibile o meno. L’unico problema che non riusciamo a eliminare è la propensione al cambiamento: ancora oggi l’innovatore viene visto come qualcuno che turba lo status quo».

Oltre che per le aziende l’IoT è dedicato anche a funzioni di importanza critica in città e abitazioni: chip combinati per contatori intelligenti che aiutano utenti e gestori a registrare e bilanciare il consumo e la fatturazione di elettricità, acqua o gas, oppure sistemi intelligenti per l’illuminazione stradale in grado di rilevare le condizioni dell’ambiente e di ridurre o azzerare l’intensità luminosa in risposta alle condizioni di luce esterne e alle esigenze delle municipalità, o ancora sensori in grado di misurare il flusso del traffico e di deviarlo in presenza di blocchi stradali. Le fabbriche possono diventare smart anche grazie ai nostri microcontrollori, sensori e attuatori, controlli motore, condizionamento del segnale, soluzioni di comunicazione industriali, soluzioni per la sicurezza, alimentatori, dispositivi di protezione, moduli wireless e controllori per display e LED.

 

Lo stabilimento STMicroelectronics ad Agrate Brianza
Qualche esempio

ST ha già iniziato la realizzazione di alcuni progetti che sfruttano l’IoT. Il primo esempio presentato è quello in collaborazione con Tecno, un’azienda che da sempre si occupa di realizzare ambienti di lavoro. Il progetto coniuga il mondo analogico e digitale e offre arredi intelligenti che consentono di connettere le persone tramite accessi digitali, piani di lavoro e divisori intelligenti, gestione delle variabili che determinano la qualità degli ambienti, come temperatura o illuminazione. Inoltre, sono stati sviluppati sistemi integrati di riconoscimento degli utenti, per una gestione ottimale degli edifici. Un sistema che è adatto anche a chi si occupa di property, che può così ottenere informazioni e migliorare la gestione dell’area e delle risorse. L’IoT è il tassello mancante che trasforma l’utente in una persona riconosciuta e riconoscibile.

Un altro esempio della sperimentazione di ST in ambito IoT è rappresentato dalla realizzazione, in partnership con Piquadro, di uno zaino con una battery pack all’interno. Questa consente di caricare lo smartphone sia in modalità contactless, sia attraverso una presa usb. Inoltre può essere tracciato e localizzato con l’app (per Android e IOS), utilizzando i sensori forniti da ST.

Infine la partnership con Notanota, un’azienda di essenze e profumi, che consente di creare il proprio profumo partendo da un database di fragranze e di condividerlo sui social network tramite smartphone. L’azienda è ovviamente interessata a vendere i propri fissanti ed essenze, ma soprattutto, grazie all’aspetto sociale, può creare nuovi business model in cui non ci sono più nasi di professione, ma sono i clienti stessi a prestarsi, scegliendo di volta in volta le profumazioni e stilando una sorta di “indagine di mercato” che permette all’azienda di sapere quali sono le fragranze preferite dalla clientela.

 

 

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Andrea Dell’Orto, presidente del Presidio di Monza di Assolombarda

 

L’investimento in nuove tecnologie

«Il nostro territorio – ha spiegato in un convegno organizzato presso la sede di ST ad Agrate Brianza il presidente del Presidio di Monza e Brianza di Assolombarda Andrea Dell’Orto – è un sistema industriale integrato, sinergico e robusto che si compone di numerosissime piccole e medie imprese: nell’area di Milano, Lodi, Monza e Brianza hanno sede 415mila Pmi che rappresentano il 99,9% delle unità locali del territorio e occupano 1,4 milioni di addetti, pari all’83% del totale addetti del territorio. La loro forza è quella di far parte di un ecosistema dinamico e integrato. Le 415mila Pmi, infatti, sono sinergiche e connesse con un tessuto di grandi imprese (solo a Milano ne contiamo 90 con un fatturato superiore al miliardo di euro, contro le 15 di Torino e le 50 di Monaco) e con le multinazionali estere (3.600 a Milano, il 33% di quelle attive)».

Nel nostro paese si nota una dinamica positiva per cui le Pmi stanno facendo proprie le istanze della digitalizzazione, soprattutto per quanto riguarda la robotica e l’additive manufacturing. Nel periodo compreso tra il 1997 e il 2016, infatti, l’Italia ha visto una forte prevalenza dei brevetti 4.0 (cioè quelli ad alto tasso innovativo) in ambito robotico (74% del totale), additive manufacturing (13%) e realtà aumentata (10%). Per quanto riguarda la robotica, in particolare, l’Italia è il paese tra i cosiddetti “grandi” che ha puntato di più su questo comparto, sopravanzando di oltre venti punti percentuali gli Stati Uniti, di 27 la Francia e di oltre 30 punti il Giappone. Le specializzazioni produttive tipiche del nostro Paese ci portano a essere in controtendenza rispetto ai dati mondiali dei brevetti in tecnologie 4.0: dal 2012 al 2016, infatti, la maggiore crescita è attribuita ai brevetti relativi ai Big Data Analytics (tasso di crescita annuale composto del 195%) e IoT (131%), mentre la robotica è la specializzazione con la crescita più bassa (16%).

IoT

Secondo i dati diffusi qualche mese fa dal MISE, anche l’IoT sta diventando un comparto in cui gli investimenti stanno iniziando a crescere in misura considerevole. Nel 2017, infatti, il 28% delle imprese manifatturiere investitrici in 4.0 avrebbe deciso di puntare proprio sull’IoT, una quota destinata a crescere ancora di qualche punto percentuale nel 2018 arrivando al 32% circa. «Se l’IoT – continua Dell’Orto – è diffuso e previsto essere in crescita nei prossimi anni sul nostro territorio, potrebbe essere utile per le nostre imprese sviluppare e stimolare la ricerca su questa specializzazione. Si tratta di un percorso che avrebbe ricadute positive nell’ambito dell’ecosistema di competenze tra grandi e piccole imprese, aumentandone il raggio di azione e le potenzialità».

 

Alessandro Enginoli
Alessandro Enginoli, presidente Piccola Industria Assolombarda

 

L’IoT, dunque, come leva fondamentale per la competitività del sistema paese e, a cascata, di ogni impresa, è rappresentata dall’innovazione connessa al concetto stesso di internet delle cose. «Le potenzialità che l’Internet of Things dischiude – ci racconta Alessandro Enginoli, presidente Piccola Industria Assolombarda – interessano il core business delle imprese, richiedono il ripensamento del rapporto azienda-mercato, inducono il passaggio verso un’economia basata su logiche di servizio e non più di offerta di prodotto tout-court. L’IoT, se applicato alle imprese manifatturiere può essere paradigma abilitante per coniugare efficienza produttiva e customizzazione del prodotto, mettendo in luce quanto sia importante il mutuo contributo di piccola e grande impresa per la creazione di un ecosistema di competenze».














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