Stellantis, Tavares inizia la “francesizzazione”: tagli alle spese in Italia. E su Comau…

di Marco Scotti ♦︎ L’amministratore delegato dell’azienda ha iniziato a ridurre le forniture nel nostro Paese partendo dalle commesse per le pulizie e alla mensa. Dopo l’approvazione della distribuzione del dividendo per Faurecia, ora si affronta la partita che riguarda l’eccellenza della robotica

Carlos Tavares, ceo di Stellantis

Tanto tuonò che piovve. Dopo mesi in cui veniva lanciati allarmi – anche dalle colonne di questo giornale – sulla posizione sempre più predominante dei francesi di Psa in Stellantis, ora iniziano a vedersi gli effetti. Il ceo del gruppo, Carlos Tavares, ha concluso un lungo viaggio in Italia per conoscere da vicino gli stabilimenti. Obiettivo: trovare eventuali voci di costo da poter ridurre. Detto fatto, perché appare ormai certo che verranno tagliati i costi relativi alle spese di pulizia (oggi appaltati esternamente) e per le mense.

Non si tratta di un dettaglio di poco conto, perché nei plant di più moderna concezione il pavimento levigato e immacolato è una condizione fondamentale per la corretta circolazione degli agv. Dunque, limare su queste voci di costo può essere perfino controproducente. In effetti, che una “dieta dimagrante” delle spese fosse in vista era ormai assodato, dal momento che Tavares si era impegnato a garantire una riduzione e razionalizzazione dei costi nell’ordine dei cinque miliardi.







John Elkann, presidente di Stellantis

Ma nel frattempo, mentre negli stabilimenti di Cassino, Mirafiori e Melfi continua la cassa integrazione “a singhiozzo”, il ceo di Stellantis, ritornato in Francia, si è affrettato a rassicurare i sindacati che non ci saranno tagli nel personale transalpino. Una notizia che ha fatto tremare ulteriormente le sigle italiane, già perplesse dal progressivo spostamento del baricentro dell’azienda verso la Francia. Inoltre, va sottolineato che mentre il costo del lavoro in Italia è più competitivo che in Germania, Spagna e, appunto, Francia, le spese accessorie per dare vita a un’automobile dalla fabbrica sono decisamente più alti. Il che si traduce in una minore marginalità. Basti pensare che una Maserati che esce da Grugliasco costa 6.000 euro contro i 1.700 di un veicolo analogo che proviene dallo stabilimento di Mulhouse. E su ogni 500 elettrica ci sono 1.000 euro di extra-costi rispetto alla Spagna.

Non basta, perché lo spostamento dell’asse verso la Francia si traduce anche in un pericolo enorme per tutto l’indotto che orbita intorno a Fca. Parliamo di 2.200 aziende, 200mila dipendenti che contribuiscono per il 5,6% al pil italiano. E anche in questo caso le lettere arrivate già da luglio scorso nell’area torinese hanno allarmato enormemente questo ecosistema.

Ancora: Tavares ha nel frattempo nominato una sorta di commissione di vigilanza, la Stellantis Enlarged Europe, che verifica la produttività industriale degli stabilimenti. All’interno ci sono anche 9 italiani (su 25 manager complessivi, a mostrare una volta di più lo scarso peso di Fca). Il compito di questa task force è quella di verificare come aumentare la produzione – quando ce ne sarà bisogno, visto che al momento il mercato è ancora in calo del 12%. Nel frattempo, deve però contenere i costi, come si diceva prima.

Un’ulteriore voce di costo – che fa tremare l’indotto – riguarda le spese di approvvigionamento dei materiali. Quando Psa rilevò Opel da Gm, l’azienda era in perdita da 18 anni. Poi il manager ha riportato l’attivo (1,1 miliardi) attraverso un’ottimizzazione della supply chain che ha portato a una riduzione del personale di 8.000 unità su un totale di 38mila.

Mike Manley, a capo delle operazioni americane di Stellantis

Per quanto riguarda le strategie future, poi, due sono i temi da tenere in considerazione: i marchi e le decisioni sulle partecipate della galassia. Per quanto concerne i brand, Stellantis ha deciso di non far ritornare negli Usa il marchio Peugeot, ma di lasciare quell’area appannaggio soprattutto di Alfa Romeo. D’altronde, a capo del continente americano c’è Mike Manley, ex ceo di Fca, che conosce molto bene le sue macchine e che è quindi il manager adatto a guidare lo sviluppo della marca nel territorio americano.

Infine, per quanto riguarda le partecipate: su Faurecia è arrivato un primo annuncio importante. Stellantis, infatti, ha annunciato di aver dato via libera alla distribuzione incondizionata di cash e azioni. Psa, prima della fusione, deteneva il 46% del più importante fornitore del marchio francese. A seguito del “matrimonio” con Fca è stato ceduto il 7% per 308 milioni di euro. E ora i soci di Stellantis riceveranno sia la parte cash che il restante 39%. I titolari di azioni ordinarie Stellantis, spiega una nota, avranno diritto a 0,017029 azioni ordinarie di Faurecia e 0,096677 euro per ogni azione ordinaria di Stellantis in loro possesso alla record date della distribuzione. La parte in contanti sarà corrisposta lunedì 22 marzo 2021 e i detentori di azioni ordinarie Stellantis scambiate alla Borsa di New York la riceveranno in dollari statunitensi al tasso di cambio ufficiale dollaro/euro pubblicato dalla Bce l’11 marzo 2021.

Sistemata la partita Faurecia, ora Stellantis deve decidere che cosa fare con Comau. L’azienda specializzata in robotica e in soluzioni di automazione (compresi gli esoscheletri) era già stata individuata da Fca come possibile asset da cedere non rientrando direttamente nel core business dell’azienda che aveva invece intenzione di focalizzarsi solo sull’automotive, magari con ulteriori fusioni. Tant’è che a giugno del 2020 vennero annunciati un nuovo ceo, Paolo Carmassi e un nuovo presidente, Alessandro Nasi, in vista di una possibile quotazione in Borsa. Quando poi una fusione è arrivata per davvero, ogni dossier è stato sostanzialmente bloccato. Ma ora, come ha fatto capire lo stesso Tavares recentemente, è tempo di riprendere in mano la discussione. Gli analisti hanno alzato il target price e hanno inserito Stellantis nella categoria “buy”. Questo proprio in virtù delle notizie che provengono da Faurecia, del dividendo straordinario da un miliardo (0,32 euro per azione) che verrà approvato dall’assemblea il prossimo 19 aprile e della possibile decisione portare avanti uno spin-off (tramite quotazione) di Comau oppure addirittura di cederla. Quanto vale? Al momento Mediobanca stima che l’azienda possa valere 250 milioni, in virtù di una capitalizzazione pari all’1% del mercato. Ma Bloomberg, ormai nel 2018, parlava di un valore tra 1,5 e 2 miliardi di euro per il complessivo.

Mate-Xt, il nuovo esoscheletro di Comau

In ogni caso, si profila all’orizzonte un’ulteriore operazione che potrebbe irrobustire i fondamentali economici di Stellantis, in attesa che riparta il mercato dell’auto. Sperando che questo non si tramuti in un’ulteriore riduzione del peso specifico dell’Italia. D’altronde, la presenza nell’azionariato dello stato francese avrebbe dovuto insospettire fin da subito: si sa che l’Eliseo è sempre stato particolarmente attento ai suoi business più strategici (come sa bene Fincantieri con Stx). E dunque per quale motivo dovrebbe avallare un modello diverso da quello in cui Parigi è al centro e l’Italia le orbita attorno?














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