SSI Schäfer compra Incas e punta al grande business della logistica nelle fabbriche smart e interconnesse

di Filippo Astone e Laura Magna ♦ L’azienda tedesca è leader mondiale nell’intralogistica. La società biellese guidata da Ermanno Rondi diventa il capofila delle attività italiane, e fornirà tecnologie e know-how a tutto il gruppo. Obiettivo 100 milioni di ricavi nel 2020

Ormai facciamo fatica a usare il vocabolo 4.0 perché la sua ossessiva ripetizione ha stancato, e perché all’estero non lo utilizza quasi più nessuno. In qualunque modo la si voglia chiamare, la nuova modalità di produzione intelligente e interconnessa comporta anche una rivoluzione nella logistica. Infatti, i due imperativi categorici “Just in time” (quindi magazzino ridotto idealmente a zero) e “personalizzazione di massa“, comportano un flusso costante di merci, in qualche modo parallelo al flusso di dati. Comportano un cambio radicale delle modalità di trasporto sia su strada, e sia soprattutto all’interno della fabbrica. La robotizzazione, infatti, non riguarda soltanto la produzione alla quale pensano tutti, ma anche, il flusso di cose. E comporta non solo avere le attrezzature adatte, ma soprattutto una importante capacità di progettazione.

Ci avevano già pensato, in Italia, ormai svariati anni da, i due fondatori della biellese Incas, ovvero Ermanno Rondi (manager, noto anche nel mondo confindustriale per aver guidato Confindustria Biella e per essere oggi responsabile di formazione ed education a livello nazionale) e Paolo Piana (investitore finanziario, esponente di una nota dinastia biellese di industriali tessili, titolare della Sinterama nonché presidente del premio Biella Letteratura e Industria). Incas nel giro di qualche tempo è diventata un piccolo gioiellino del made in Italy, circa 40 milioni di fatturato e una marginalità significativa, la punta di diamante del made in Italy nel settore, avendo come concorrenti solo, di fatto, multinazionali straniere. Ma Incas, per le sue dimensioni, cominciava ad avere dei limiti, a cominciare dall’incapacità di produrre materialmente le attrezzature, che dovevano essere comprate altrove e, perfino, talvolta, dai concorrenti.







 

Ermanno Rondi

 

Obiettivo 2020: 100 milioni

Come superare il limite delle dimensioni ridotte? Con la quotazione in Borsa? Non sarebbe bastata. Acquisendo a sua volta? Non c’erano target tali da risolvere il problema. E allora? E allora, alla fine, la scelta è stata di farsi comprare dal leader mondiale del settore, la tedesca SSI Schäfer AG, due miliardi di euro di fatturato e una notevole capacità di produzione hardware. La filiale italiana della multinazionale tedesca SSI Schäfer AG (di dimensioni relativamente contenute) verrà integrata nell’italiana Incas, che mantiene logo, management (Piana esce, con soddisfazione per la plusvalenza e per aver puntato sul business giusto) e strategie, diventando un importante centro di competenza per tutto il gruppo. L’obiettivo è di arrivare, nel 2020, a quota 100 milioni di euro di ricavi, più del doppio dell’attuale giro d’affari.

Un’operazione che Ermanno Rondi, amministratore delegato della Incas non ha dubbi a giudicare “win-win”. Perché porta indubbi vantaggi a entrambi i protagonisti della transazione: l’italiana avrà accesso al mercato globale grazie alla posizione di leadership di SSI Schäfer, che fornisce attraverso 70 filiali nel mondo e dieci stabilimenti produttivi ogni pezzo necessario ai clienti per dotarsi di un sistema efficiente di gestione interna dei flussi dei materiali, dai contenitori agli impianti automatici, fino ai sistemi di scaffalatura. Dal canto suo la tedesca potrà entrare in maniera capillare nelle logiche italiane, facendo il suo ingresso nei piccolo impianti che sono il cuore del business di Incas.

A fine 2019 l’integrazione completa

Non è dato conoscere il valore dell’accordo in termini di prezzo, quello che è noto è che Incas continuerà a essere gestita dal management attuale, conserverà marchio, strutture e tutti i 200 dipendenti, ma sarà posseduta al 100% da SSI Schäfer, diventando di fatto la «controllata italiana di un gruppo da 2 miliardi di fatturato con cui condividiamo valori e mission: il che ci consente di continuare il percorso di sviluppo per costruire una realtà industriale unica sul mercato per completezza delle soluzioni, prospettiva di crescita, solidità e flessibilità operativa per rispondere con la più alta professionalità alle esigenze espresse dalle imprese del nostro Paese», dice Rondi a Industria Italiana.

Alla fusione, il vertice della società biellese sta lavorando alacremente, soprattutto per arrivare a fine 2019 all’ integrazione della sede parmense di Schäfer e operare a tutto tondo come il braccio della tedesca su suolo italico. «La strategia del nostro partner prevede che si lasci a ogni Paese una autonomia perché ciascuno ha una sua cultura e un suo modo di affrontare la logistica. I modelli organizzativi sono diversi e noi conosciamo alla perfezione quelli italiani», dice Rondi che poi, snocciolando i suoi numeri, spiega perché proseguire nel percorso da soli non era più possibile. «Nel 2017 il nostro fatturato è ammontato a 40 milioni e puntiamo a chiudere il 2018 tra i 45-50 milioni. Una dimensione tale da farci entrare in competizione con i nostri fornitori di macchinari e che ci ha imposto una riflessione».

 

Una soluzione logistica INCAS

Incas, leader sul mercato italiano

Perché? Perché Incas è già leader sul mercato italiano, grazie a soluzioni di automazione per la logistica e il monitoraggio della produzione personalizzate e complete di software integrato. Più di così non avrebbe potuto crescere: le soluzioni complete ed integrate in tutta la supply chain e dotate anche di assistenza con servizi di help desk telefonico e di collegamento da remoto in tempo reale, sono pensati per aziende che devono ottimizzare e velocizzare processi e operazioni: gestione magazzino (WMS), evasione ordini e spedizioni, picking con terminali RF, Voice o moduli pick to light, monitoraggio linee, movimentazione interna, magazzini automatici, sistemi di smistamento, pianificazione viaggi, tracciabilità mezzi e consegne (TMS). «Siamo un system integrator, quindi abbiamo all’interno tutte le conoscenze e competenze per fare la progettazione meccanica, lo sviluppo della quadristica e il software, ma ci siamo sempre approvvigionati delle macchine sul mercato. Ed è chiaro che queste macchine devono garantire continuità, ovvero assicurare che si trovino i pezzi di ricambio anche dopo 20 anni. Fino a ieri le compravamo da grandi costruttori europei, 3 o 4 player con fatturati tutti sopra i 500 milioni di euro», spiega Rondi. «Grazie a un modello di business pressoché unico siamo cresciuti del 20% annuo nell’ultimo triennio: la scelta era a questo punto tra fermarci o aprirci al mondo. Ora accelereremo di più. E sul fronte occupazione potremmo anche raddoppiare il numero dei dipendenti nei prossimi tre anni».

Dunque la scelta di entrare nell’orbita tedesca è stata quasi inevitabile. «Anche perché dovevamo iniziare a pensare a un ricambio generazionale, proprio per quanto appena detto, ovvero che gli impianti hanno una vita medio-lunga e che in questo periodo il cliente dovrebbe trovare conferma dei propri investimenti. Le alternative erano due: acquisire aziende che producono macchine o integrarsi in un big player. La prima opzione richiedeva molto tempo per la ricerca e cozzava con l’esigenza del cambio generazionale, dunque abbiamo scelto la seconda. Il mercato ha reagito molto bene: la soluzione apprezzata moltissimo e i nostri collaboratori hanno visto continuità e solidità».

 

Incas: stazione ergonomica di picking

I vantaggi reciproci

Con Schafer Incas aveva iniziato una collaborazione già un anno fa per la gestione del magazzino di Ducati, grazie all’offerta di prodotti per grandi impianti che possiede la tedesca. Ducati era uno dei rari grandi impianti con cui Incas aveva a che fare: «ce ne sono uno o due all’anno di dimensioni sui 30-40 milioni, per noi il business lo fanno quelli medi da 4-7 milioni, grazie a cui realizziamo il 95% del fatturato. – spiega Rondi – Almeno fino a oggi, perché il mondo sta cambiando molto rapidamente e cambiano le logiche. I nuovi paradigmi della distribuzione richiedono una logistica frazionata, continua, non più una grossa consegna periodica al punto vendita o all’ecommerce. La soluzione non è aggiungere persone in magazzino ma automatizzarlo per aumentarne velocità e qualità. Poter attingere a un’esperienza di grandi impianti radicata in tutto il mondo specie se si mantiene la capacità di dialogo con le imprese italiane è la condizione ideale per poter stare al passo e fare un ulteriore salto dimensionale».

Dunque l’acquisizione offre il vantaggio ulteriore all’italiana di poter accelerare sui grandi impianti, che sono prevalenti nel Nord Europa. Dal punto di vista di SSI Schäfer, d’altro canto, l’Italia ora diventa più facilmente “aggredibile”, proprio grazie al fatto che Incas sia vicina al tipico cliente italiano, alla sua cultura e ai modelli organizzativi. «Prima avevano difficoltà con pmi e ad approcciare impianti più piccoli. Per loro è un mercato nuovo che si apre. E d’altronde anche i grandi impianti oggi hanno problemi nell’aspetto software per questioni di lingua, cultura e organizzazione.»

 

Ermanno Rondi con Benno Reichmuth, CEO South West Europe di SSI Schäfer

Puntare a una dimensione europea

«La meccanica gira bene se il software è ben integrato e riesce a interpretare il modello organizzativo che cerca l’azienda cliente e che sposa meglio la cultura del Paese: noi ci occuperemo di questo aspetto», dice Rondi. Che non ha paura di affermare, in barba a tutti i proclami obsoleti ma ancora prevalenti sulla perdita di sovranità delle imprese che cedono all’invasore straniero, che «oggi non bisogna più ragionare in termini nazionali ma europei: o sei un player che può spaziare in Europa e nel mondo altrimenti per mestieri come i nostri la crescita si arresta. Se avessimo deciso di rimanere sui 15-20 milioni ci saremmo potuti limitare a una dimensione nazionale, ma nel momento in cui la dimensione aumenta il campo da gioco deve cambiare. Dobbiamo smetterla di essere italiani, dobbiamo essere europei: Schafer in questo è maestra con 70 sussidiarie nel mondo 5 impianti produttivi, un ad olandese, prima svizzero, headquarter in Germania ma con dentro culture di ogni angolo del pianeta».














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