SPS Parma: la nave va, ora vanno bene addestrati gli equipaggi

di Marco Scotti ♦ Buone notizie per la manifattura italiana dal rapporto presentato al convegno che ha aperto la rassegna (22-24 maggio) dell’ automazione digitale per l’industria organizzata da Messe Frankfurt: la ripresa c’è e tiene. Ora è il momento di puntare sulla formazione e le competenze. Gli interventi di Scovenna, Taisch, Bonfiglioli, Busoni, Salati Chiodini, Pepe, Orban

Al via a Parma l’ottava edizione di SPS IPC Drives, la rassegna fieristica dedicata ad automazione e innovazione. I numeri, prima di tutto: 808 stand che si dipanano lungo i 68mila metri quadrati dell’esposizione. Un aumento del 10% dei partecipanti che, da oggi fino al 24 maggio, vedranno passare decine di migliaia di curiosi e addetti ai lavori. Lo scorso anno i visitatori erano stati oltre 34mila, in aumento del 16% rispetto al 2016. Ma l’attesa per questa edizione è che il record venga infranto.«Abbiamo visto – ha raccontato Donald Wich, amministratore delegato di Messe Frankfurt Italia alla conferenza inaugurale della fiera parmense – tantissime novità presso gli stand, abbiamo dedicato unn nuovo padiglione al digital district, tassello fondamentale della digital transformation. SPS era partita come fiera dell’automazione industriale, ma si sta sviluppando sempre più come appuntamento per l’industria digitale, per l’IT e il software ma anche come occasione di connubio tra IT e OT».

 







Wolfgang Marzin,CEO e presidente di Messe Frankfurt

 

Messe Frankfurt, la più antica organizzazione fieristica, con oltre 700 anni di storia, ha iniziato a operare nel nostro pase 20 anni fa a Bari. Oggi organizza quello che è l’appuntamento di riferimento per il comparto dell’automazione, appunto SPS. L’organizzazione teutonica ha un fatturato di oltre 660 milioni di dollari e controlla oltre 2.500 manifestazioni ogni anno nel mondo. Per questo il CEO e presidente di Messe Frankfurt, Wolfgang Marzin, ha ricordato come proprio in questi giorni si stiano inaugurando altre due fiere oltre a quella di Parma: a Pechino per il settore sanitario e ad Atlanta per la tecnologia tessile.«Sono qui per la prima volta – ha detto Marzin – ma questa industria sta crescendo moltissimo. Il 4.0 vede la Germania leader, seguita dall’Italia. Per questo motivo il peso dell’innovazione è destinato a crescere nel portafoglio di Messe Frankfurt, questa industria è troppo importante per tutto il mondo. Sono orgoglioso che Germania e Italia siano così forti da questo punto di vista». Alla presentazione della fiera è intervenuto anche Thomas Schäfer, ministro delle Finanze del distretto di Hessian, che ha ricordato come l’industria 4.0 e l’innovazione siano un fiore all’occhiello della manifattura continentale. «Il fatto che Germania e Italia siano leader – ha ricordato – deve farci molto piacere ma anche costringerci a una profonda riflessione per capire quali strumenti impiegare per aumentare la forza dell’intero comparto».

 

Fabrizio Scovenna, Presidente ANIE Automazione sul palco del convegno inaugurale di SPS Parma ( photo Marco Scotti)

 

Ma il cuore della presentazione di SPS era rappresentato dai dati di ANIE  Automazione sull’industria e sull’automazione. Il presidente dell’Associazione Nazionale Industria Elettrica ed Elettronica Automazione, Fabrizio Scovenna, non ha potuto nascondere la propria soddisfazione per l’attuale situazione economica. «L’Italia ha abbandonato le crescite del pil da “0,” – ha spiegato – ma siamo ancora indietro: la zona europea viaggia a incrementi di oltre il 2%. L’export, per l’ennesimo anno, ha dato un impulso estremamente positivo nello scenario macroeconomico. Calano le esportazioni verso il Nord Africa (-1,1%) e Medio Oriente (-7,6%), mentre crescono Ue e America, ma soprattutto Russia (+20%) nonostante le sanzioni. Alla manifattura italiana, però, mancano ancora 60 miliardi di euro per ritornare ai livelli pre-crisi. Fortunatamente, anche per il futuro il portafoglio ordini continua a essere estremamente positivo. La manifattura italiana si sta riprendendo grazie al ritorno degli investimenti. Dopo il picco del 2008, infatti, abbiamo avuto cinque anni di crescita a partire dal 2013. Abbiamo superato i livelli di produzione pre-crisi (+10% rispetto al 2008)».

Fin qui la situazione generale del manifatturiero. Se poi si vanno a considerare l’industria dell’automazione e la manifattura digitale la crescita va dall’11,6 al 13,2% a seconda dei parametri che vengono considerati. «Il fatturato del comparto – ha aggiunto Scovenna – è di 4,097 miliardi. L’export è cresciuto con un tasso aggregato del 4%. Anche il sud sta iniziando a muoversi bene, inizia a versi una ripresa anche se siamo ancora lontani dai livelli del nord. Anche i primi tre mesi del 2018 sembrano confermare questo trend, anche se i costruttori di macchine registrano dati meno incoraggianti. Ma è fisiologico, dopo un 2017 in cui moltissimi hanno puntato sullo svecchiamento della propria infrastruttura».

 

Una slide del rapporto presentato nel corso del convegno inaugurale a SPS Parma relativo agli effetti del Piano Calenda (photo Marco Scotti)

 

Ciò che ha reso possibile un ritorno degli investimenti, oltre a condizioni di mercato finalmente positive, è stato sicuramente il Piano Industria (poi replicato Impresa) 4.0. «Il Piano Calenda – ha spiegato Scovenna – non può che lasciarci estremamente soddisfatti. Le grandi aziende hanno investito, ma anche le pmi non sono rimaste a guaradre. Per il 2018 ci aspettiamo un maggior numero di piccoli che investano in macchinari e in tecnologia. E poi, una fetta consistente delle imprese del comparto hanno intenzione di assumere quest’anno, un dato estremamente positivo. In questo modo abbiamo recuperato un po’ di gap con Francia e Germania, soprattutto per quanto riguarda l’acquisto di macchinari».

Il piano Industria 4.0 ha anche permesso di ritrovare un po’ di competitività e di attrattività agli occhi degli investitori stranieri. «L’Italia – ha commentato Scovenna – non è sempre interessante, difficilmente siamo attrattivi per gli investimenti esteri. Ma il 60% delle banche estere intervistate ha dichiarato di essere disponibile a fare investimenti grazie al piano Industria 4.0. Secondo AT Kearney siamo al decimo posto mondiale per attrattività. E soprattutto, il 92% degli stranieri apprezza la qualità delle risorse umane italiane. La voce più drammatica, invece, è quella relativa al carico fiscale e ai tempi della giustizia civile».

Infine, uno sguardo al futuro: «Per quanto riguarda i prossimi anni – ha concluso Scovenna – , uno studio di Ambrosetti dichiara che nei prossimi 15 anni tre milioni di posti di lavoro saranno coinvolti dall’innovazione. Lo studio evidenzia come ogni posto creato nei settori della tecnologia ne genera in media altri 2,1. Finalmente sembra si parli del 5G, nel 2020 probabilmente riusciremo a risolvere uno dei nostri gap più clamorosi, cioè quello della banda larga. Il nostro consiglio per il prossimo ministro dello Sviluppo Economico è che dia continuità al Piano Industria 4.0. Non mi sembra ci sia nel programma preliminare presentato da Lega e Movimento 5 Stelle, e così si crea incertezza. Fermarsi adesso sarebbe disastroso».

 

_Marco Taisch
Marco Taisch, docente della School of Management del Politecnico di Milano

Focus sulla formazione: Taisch

La seconda parte della mattinata introduttiva di SPS è stata dedicata ai case study di alcune aziende che hanno già iniziato a investire nella seconda parte del Piano Calenda, cioè la formazione, dando vita anche a quei competence center che sono la seconda gamba su cui poggia l’intero progetto. Il primo a intervenire è stato Marco Taisch, docente della School of Management del Politecnico di Milano, e tra i consiglieri del ministro Calenda per la realizzazione del Piano. «Le proposte che sono arrivate quest’anno al MISE – ha spiegato Taisch – sono di qualità, ed è per questo che è stato alzato il budget. Va fatto un plauso agli imprenditori che decidono di investire nei competence center perché per metà sono finanziati da loro. Il punto fondamentale è che non si deve pensare alla tecnologia come a una panacea, perché l’uomo rimane al centro della fabbrica e i KPI da raggiungere rimangono, con o senza tecnologia. Il fatto che il piano 2018 sia stato nominato “Impresa” non era uno slogan, ma un’intenzione precisa. Nel 2017 si è lavorato sulle tecnologie, il 2018 è l’anno dell’altro fattore produttivo, quello della formazione. Il decreto attuativo che va a incrementare il beneficio fiscale del 40% sulle spese di formazione è già operativo e consente di attuare definitivamente il piano

«C’è sempre l’uomo al centro, che deve saper fare le cose e leggere le informazioni, non deve più agire come un “colletto blu”, ma come uno “azzurro” che deve saper mediare tra lavoro e macchina, sapendo leggere i dati. Oggi viviamo un momento di grandissima discontinuità che desta non poche preoccupazioni. Le prime tre rivoluzioni erano abbastanza lente e permettevano di essere introiettate rapidamente. Oggi invece, secondo Confindustria, c’è bisogno di 280.000 tecnici, e quindi dobbiamo rivolgerci ai giovani e formarli. Ma, al tempo stesso, non possiamo non considerare quelle persone che già oggi sono in azienda e che possiedono il know-how. Lavorare sulla formazione dei giovani e di chi sta dentro è un dovere. Piuttosto, mi preoccupa il 50enne tipo, che forse non è così avvezzo alla formazione e quindi è un po’ pigro. Il ruolo dell’imprenditore e del sindacato nel convincere i propri iscritti che il modo di mantenere il posto di lavoro è la formazione è stato ed è fondamentale. Oggi finalmente non c’è più un sindacato tecnofobo».

  Bonfiglioli

Alla tavola rotonda ha preso parte anche Sonia Bonfiglioli, presidente dell’omonima azienda, che ha investito negli ultimi anni 145 milioni di euro in digitalizzazione degli impianti produttivi in Emilia. «Sul versante della formazione – ha spiegato la Bonfiglioli – ci sentivamo carenti e soprattutto avvertivamo la necessità di fare qualcosa. Da qui è nato il progetto pilota, “Digital Re-training”, che ci consente di fare la mappatura di quattro skill fondamentali, due per i white collar, due per i blue. Delle 200 ore previste, il 50% sarà dedicato alla cultura, perché bisogna far capire ai lavoratori che non stiamo vivendo una fase anomala o inedita. Ci sono già state rivoluzioni industriali senza che queste abbiano completamente sovvertito l’ordine costituito. La forza del nostro progetto è anche quello di lavorare a diversi livelli: con i competence center (alcuni in partnership con Porsche Consulting), con le università e con gli stessi partner per creare un ecosistema vincente».

Busoni di Porsche Consulting

Proprio in rappresentanza di Porsche è intervenuto uno dei partner della branch italiana, Giulio Busoni, che ha spiegato come il territorio dell’Emilia Romagna sia stato preso «come pilota. Abbiamo investito due milioni di euro in ciascuno dei nove competence center che abbiamo avviato nel territorio. Ognuno di questi soggetti durerà almeno per 15 anni. È una sfida che abbiamo deciso di lanciare per creare una cultura diffusa dell’industria e dell’imprenditoria».

 

Un momento del dibattito al convegno inaugurale di SPS Parma (photo Marco Scotti)
Pepe di Doucal’s

Proprio la cultura è stato il nodo dell’intervento di Mario Pepe, CFO di Doucal’s, azienda che produce calzature artigianali. Il problema per l’impresa era proprio quello di trasferire un bagaglio culturale storico ai nuovi arrivati. «Ci serviva – ha spiegato Pepe – una banca dati del sapere artigianale. Con Google Glass siamo riusciti a “estrapolare” le procedure con cui lavorano gli artigiani, in modo da risolvere il problema più annoso che avevamo, cioè quello di tramandare la capacità di produrre calzature. La nostra maggiore difficoltà è trovare personale qualificato che voglia continuare questa tradizione. L’età media in azienda è di 36 anni, ma il tempo del training è lento, allora sfruttando la tecnologia vogliamo riuscire ad accorciare la tempistica tra la visualizzazione del come fare e il sapere fare. La digitalizzazione nel nostro settore è ancora poco diffusa. E noi vogliamo essere delle locomotive per gli altri».

Andrea Salati Chiodini, Minerva Omega Group

A proposito di competenze, anche Andrea Salati Chiodini, titolare di Minerva Omega Group e presidente dell’associazione di categoria che tutela i produttori di affettatrici e tritacarni, ha spiegato come l’investimento in nuove tecnologie e in miglioramento delle condizioni di lavoro sia uno dei driver di sviluppo su cui sta puntando l’azienda. «Abbiamo – ha spiegato – speso tre milioni in nuovi macchinari, puntando sempre molto sulla lavorazione in house. Mediamente investiamo l’8-10% in cybersviluppo. Ma siamo delle mosche bianche nel settore. I big player stanno iniziando a capire che bisogna cambiare, mentre i piccoli non sembrano ancora convinti».

David Orban, Ambasciatore della Singularity University in Italia

Infine, per dare una visione più filosofica della tematica, è intervenuto anche David Orban. Ambasciatore della Singularity University in Italia. «Il valore di domani – ha spiegato a conclusione della tavola rotonda – è la fiducia. Che può essere declinata in molti modi: fiducia è quella che compriamo quando investiamo in bitcoin e blockchain, perché le transazioni di un tempo con le carte di credito vecchie di 70 anni non ci davano più certezze. Ma fiducia è anche quella che si mostra nei confronti dei dipendenti. Google ha dato la possibilità ai propri ingegneri di spendere il 20% del loro tempo come meglio credono. Alcuni dei più importanti prodotti di Mountain View sono stati partoriti così. Dare fiducia alle persone che vogliono creare qualcosa di utile non può che essere incentivante».














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